Don Gius
eBook - ePub

Don Gius

Cosa c'entra l'amore con le stelle?

  1. 266 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Don Gius

Cosa c'entra l'amore con le stelle?

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"Vi ricordate i due fidanzati che ho sorpreso abbracciati in viale Lazio? Una sera stavo uscendo dal cancello verde della parrocchia. Il cancello finiva in un muro e, appoggiati al muro, stavano lui e lei, strettamente abbracciati. Io avevo la tonaca - allora si usava ancora portarla - e andavo sempre veloce in bicicletta, così che la tonaca schioccava come una frusta. Passo davanti a loro, un colpo repente, e si staccano. Io, che ero lanciatissimo, freno! Rigirandomi, torno verso di loro e dico: "Scusate, ma se non stavate facendo niente di cattivo, perché siete stati sconfortati dalla tonaca?". Faccio per rigirarmi e andarmene, ma non avevo ancora messo il secondo piede per terra che mi è venuto il lampo di genio più bello della mia vita... C'era un cielo stellato, gremito di stelle, senza nuvole, tanto lucido da esser denso... Girandomi su un piede, mi rivolgo verso di loro, mentre già stavano riabbracciandosi, poveretti, e dico: "Scusatemi ancora un momento: ma quel che state facendo che c'entra con le stelle?". E improvvisamente ho capito che quello era il concetto di virtù: il nesso tra l'azione effimera, tra l'istante nella sua forma esistenziale, e la totalità delle cose". Don Luigi Giussani, da Conversazioni con giovani universitari Fu uno dei sacerdoti più amati e seguiti dai giovani. Con il suo carisma affascinò credenti e laici, lasciando un'impronta indelebile e originale nella Chiesa e nella società del suo tempo. A dieci anni dalla scomparsa, Renato Farina, che lo frequentò fin da liceale e realizzò con lui numerose interviste lungo tre decenni, ne ricostruisce la straordinaria parabola esistenziale.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Don Gius di Renato Farina in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Teologia e religione e Biografie in ambito religioso. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858512678

1

Le stelle sopra i tigli.
Ovvero la vera moralità e il vero amore

Non è chiaro che mese dell’anno fosse. Ho idea fosse luglio del 1951. Il sottotitolo del libro è tratto da uno strano episodio serale, non è stato estrapolato da un saggio teologico. O forse è la stessa cosa: per don Giussani la teologia è sempre stata riflessione su un’esperienza in atto. Ora va forte la frase del cardinal Walter Kasper che ama definire le sue riflessioni “teologia in ginocchio”. Quella del Gius è piuttosto “teologia in bicicletta”, in tram, a volte a letto malato, certe volte, perché no?, “in ginocchio”. Ma sempre con il cuore desto.
Caro Giotto, o come tu ti chiamerai, se assumerai il compito di illustrare il ciclo della vita di don Giussani, immedesimati con la scena che viene. Il perno di tutto sta in questa cosa semplicissima che è un bacio per strada, un prete che vede e la Via Lattea che guarda.
«Che cosa c’entra con le stelle?» fu una frase detta da don Giussani a due innamorati in cui era incocciato quella sera a Milano. Non era ancora nata quella cosa che si chiamerà “Gioventù Studentesca” e poi “Comunione e Liberazione”. Ma don Giussani era già tutto lui. A quei due era quasi inciampato addosso. Innamorati poi non si sa, diciamo che lo si sperava. Se non si è innamorati quando ci si bacia addosso a un muro da ragazzi, quando allora? Almeno tutti pensammo così, quando ascoltammo questo racconto la prima volta.

Lui e lei appoggiati al muro. E un prete

Ecco la voce di don Gius che racconta quarant’anni dopo quei pochi secondi.
«Vi ricordate i due fidanzati che ho sorpreso abbracciati in viale Lazio? Una sera io stavo uscendo dal cancello verde della parrocchia di viale Lazio. Il cancello finiva in un muro e, appoggiati al muro, stavano lui e lei, strettamente abbracciati. Io avevo la tonaca – allora si usava ancora portarla – e andavo sempre veloce, così che la tonaca schioccava come una frusta. Passo davanti a loro, un colpo repente, e si staccano. Io, che ero lanciatissimo, freno! (Era in bicicletta, N.d.R.) Rigirandomi, torno verso di loro e dico: “Scusate, ma se non stavate facendo niente di cattivo, perché siete stati sconfortati dalla tonaca?”. Faccio per rigirarmi e andarmene, ma non avevo ancora messo il secondo piede per terra che mi è venuto il lampo di genio più bello della mia vita (dopo “Spirto gentil”, la considero l’idea più bella della mia vita). C’era un cielo stellato, gremito di stelle, senza nuvole, tanto lucido da esser denso, e in quel vialone, che era allora viale Lazio (pieno di piante con le foglie larghe), era tutto oscuro (per questo gli abitanti della zona a un certo punto fecero domanda al Comune che diradasse gli alberi, perché diventava il crocevia di tutti gli incontri!). Girandomi su un piede, mi rivolto verso di loro, mentre già stavano riabbracciandosi, poveretti, e dico: “Scusatemi ancora un momento: ma quel che state facendo che c’entra con le stelle?”. E improvvisamente ho capito che quello era il concetto di virtù: il nesso tra l’azione effimera, tra l’istante nella sua forma esistenziale, e la totalità delle cose.» (Giussani, Avvenimento di libertà, p. 97.)
In altre occasioni ha aggiunto nuovi particolari. «Era tutto scuro, c’erano le lampade comunali accese, ma era sempre scuro per i tanti e fiorenti tigli: perciò era un buon rifugio – mi capite? – anzi, era zeppo come rifugio; tanto che gli abitanti del quartiere a un certo punto avevano fatto domanda in comune che rastrellasse quella zona, perché era piena di coppiette.» (Giussani, Avvenimento di libertà, p. 130.)
Era fine giugno, più probabilmente i primi di luglio, i tigli fioriscono a Milano in quelle settimane. Ma quali stelle c’erano in cielo. Dice: «Era una serata d’estate, piena di stelle, non c’era la luna e, quindi, il cielo pieno di stelle era dominato dalla Via Lattea, che ti ferisce il cuore come nessun’altra luce clamorosa» (Giussani, Avvenimento di libertà, p. 131).
Un prete. Due ragazzi che si baciano e si stringono addosso alla parrocchia, al buio, al massimo la tenue luce delle stelle e i begli occhi di lei. La cosa migliore sarebbe stato fingere di non vedere. Oppure sorridere in modo complice. Terza possibilità: redarguire. Tre modi di applicare altrettante morali. Andarsene e non dir nulla, poteva essere viltà, oppure il ritenere l’essere prete qualcosa di privato: funziona se metti il gettone, ma quei due non parevano avere intenzione di infilare la moneta per sentire il solito disco. La morale numero due è il mostrare approvazione: ma sì siete giovani, spassatevela, la giovinezza fugge. La Chiesa è comprensiva, l’attimo fuggente va via, carpe diem, meglio avere rimorsi che rimpianti, eccetera. Terza scelta, quella che avrebbero preferito gli abitanti del quartiere: sgridarli, con discrezione, ma spiegar loro che non si fa, che si sciupa la vita così.
Invece no. «Scusate un momento, ma quello che state facendo, cosa c’entra con le stelle?» (Giussani, Avvenimento di libertà, p. 131.)
Non con le stelle della mente, quelle della poesia, quelle del salamino Negronetto. Quelle stelle sopra il tuo naso: ci sono, sono là. Dicono infinito. Cosa c’entra quello che fai, il desiderio che ti spinge a sbattere la pancia contro l’altra pancia, con questo gran teatro dell’universo e quello che sta dietro quel sipario del firmamento?
Don Giussani spiega a noi incantati: «Avevo scoperto cos’era la moralità, cos’era la dignità dell’uomo, cos’era il valore dell’azione più piccola. Non ci può essere un istante umano che sia vuoto! Ogni istante è come il particolare di un grande disegno; senza quel particolare, il grande disegno avrebbe un buco, avrebbe un vuoto. Noi non compiamo nessun gesto se non dentro, all’interno di una connessione universale. La moralità è compiere un gesto in funzione della totalità» (Giussani, Avvenimento di libertà, p. 131).
Per questo il titolo si è imposto da sé. Tutti i grandi episodi della vita di don Giussani hanno avuto per caratteristica un fatto durato sette-otto secondi. Il tempo di una pedalata, quello del sospiro della propria madre. Ma sempre il passaggio dei suoi occhi è stato dal volto di una persona alle stelle, e poi di nuovo giù alle persone.
Ma cosa permette questo guardare in cielo una costellazione, il brillare di Sirio o di Betelgeuse, e poi gli occhi di tua mamma o di un estraneo senza più paura di perdere stelle e occhi nel nulla?

Come Giovanni e Andrea sul Giordano

Qui bisogna andare a un episodio di quasi due millenni prima. L’incontro con quella persona eccezionale che è Dio venuto in mezzo a noi. Quell’uomo eccezionale che videro sulle rive del Giordano due pescatori, uno ancora ragazzino, Giovanni, l’altro più anziano, sposato con figli, Andrea. Gente soda. Pratica.
Quell’incontro è accaduto a don Giussani nella sua vita. Non si è imbattuto in un racconto da ripetere, in un messaggio d’amore, ma nell’amore qui e ora, presente e potentissimo nell’ora presente, talmente reale che cambia i cuori, consente di guardare le stelle senza angoscia, senza pretendere di possederle, ma in pace.
Racconteremo poi come capitò a don Giussani di riconoscere la “Beltà” mendicata disperatamente da Giacomo Leopardi. Vedremo di nuovo sulle strade di Cafarnao il trio di Giovanni e Andrea con Gesù che li invita a casa sua. Era circa l’ora decima, le quattro del pomeriggio. Nessuno mai ha raccontato quell’episodio con quella forza di contemporaneità come ha saputo fare lui.
Intanto conviene soffermarci sulla scoperta, concentrata in quella frase. Lì c’è il mistero dell’amore. L’amore vero, l’affettività profonda. L’amore ha una gamma che va da quello di Venere a quello tra le persone della Santa Trinità. Ma sempre amore è. Senza amore non regge nulla. Don Giussani, ottantenne, in un dialogo poi pubblicato, disse: «Dio sopporta se stesso perché è Carità. Per questo l’Essere accetta se stesso, perché è Carità» (Giussani, Un caffé in compagnia, p. 172). Qualcuno arrivò a pensare fosse una bestemmia. E perché mai? Senza amore, le tre persone della Santissima Trinità si sbranerebbero come gli dèi dell’Olimpo.
L’affettività tra il ragazzo e la ragazza non è solo quella roba lì: un pezzo della vita, un capitolo dei corsi prematrimoniali. È il centro del cosmo e della storia. C’entra con le stelle, se è vero.
La morale delle cosa da fare o non fare non salva nessuno. Neanche contraddirla, peraltro. In fondo nemmeno trasgredire un precetto rende la vita più bella, almeno non più di cinque minuti. Intorno a tutto quel conformismo, con i bravi borghesi di Milano scandalizzati dallo schiocco dei baci. E allora? Che fa don Giussani? Guarda il cielo con negli occhi quei ragazzi. Ha dentro di sé quella cosa che lo ha fatto balzare in bicicletta di notte per andare da qualcuno, per ascoltarlo, soccorrerlo, don Gius non lo dice. Sarà stato un sabato sera, perché andava a confessare e a dir messa lì, il sabato e la domenica.
Gli importano le persone, la loro felicità. Siamo nati per questo. Non per salvarci l’anima, e gli altri che si arrangino. Ma per «la felicità dei nostri fratelli uomini», come scrisse al caro amico don Angelo Majo.
Non la felicità di un istante, come quella delle api che si lasciano attrarre dal forte profumo di quei fiori bianchi e giallognoli. Succhiare, produrre miele e morire. No, non siamo nati per l’effimero. Ogni gesto conta, il bacio e il non bacio, la carezza o il pugno. E non è perduto nulla, purché si agganci al cielo.

Ricognizione in viale Lazio

La prima volta che udii questo racconto dalla sua viva voce ero uno studente liceale. Ero innamorato come tutti quando si hanno diciotto anni. Eravamo nella cattedrale romanica di Grado, per degli esercizi della settimana santa. Ho trascritto da due differenti registrazioni degli anni ’90, così non corro il rischio di esagerare.
Fu per me uno choc, come per gli altri vicino a me. Non c’era l’amore a Cristo e poi, un passo più in là, al buio, voler bene a una ragazza. Non c’era la verità totale, la bellezza infinita e splendente, e poi la declinazione etica. Tutto c’entra. Tutto c’entra con le stelle. E se rifiuti il paragone, hai perso l’essenziale della vita. Hai perso il profumo dei tigli e l’alito fiorito della tua donna.
Sta parlando a degli universitari. Non mi decido ad abbandonare quel fatto preciso, quell’istante dei primi di luglio del 1951.
Sono andato proprio una sera dei primi di luglio davanti alla chiesa dei Santi Silvestro e Martino. L’oratorio non è più quello di quegli anni, ovvio. C’è un campo di calcetto verde sintetico. I tigli ci sono ancora in mezzo al viale. Ho percorso la strada. Ho cercato di capire che stelle ci fossero in cielo quella sera. Di coppie appiattite sui muri non ce n’erano. La luna è proprio come allora, una luna nuova, c’è solo una lievissima falce che non illumina nulla. La Via Lattea domina. Non so dare i nomi alle stelle. Vado al Planetario per capire come si chiamano. Quel giorno trovo una conferenza: Euridice, Andromeda e le altre: l’amore eterno raccontato dalle costellazioni.
Il fatto è che Dio si è commosso per noi.
C’è un libro che racconta tutto questo. Va acquistato subito, e lasciate pure questo a mezzo. Si chiama Affezione e dimora ed «è nato dallo stupore e dall’entusiasmo di noi che abbiamo partecipato alle conversazioni con don Giussani, stupiti per come ha descritto ed esplicitato l’amore umano, innanzitutto il rapporto uomo-donna e in generale il rapporto tra un io e un tu: dallo stupore assoluto per la novità di questa esperienza». Chi parla è il professor Mario Molteni, docente di Strategia e Politica Aziendale all’Università Cattolica. Questi dialoghi sono accaduti in una casa di “vergini” e lui è uno di questo giro di vergini. Vergine non vuol dire zitella sia nella versione femminile sia maschile – direbbe papa Bergoglio.
Ho messo “vergini” tra virgolette per pudore, perché è una parola troppo forte oggi. Si possono infatti pronunciare espressioni salaci e anche di più senza paura, va bene dappertutto, ma dire “verginità”, e non per scherzare, non sta bene, come se fosse una malattia venerea. Anche i preti dicono al massimo “celibato”. I Memores Domini invece, secondo il linguaggio tutto “parresia”, sincerità e osso delle cose, tipico di don Giussani – che pure aveva finezze straordinarie di atteggiamenti e di lessico – sono i “vergini” di Comunione e Liberazione, l’associazione nata dal grembo dei primi amici intorno a don Gius, che scelsero di vivere i consigli evangelici nel mondo, basandosi sul solo battesimo, senza voti particolari, ma solo con una promessa di obbedienza a una regola nelle mani di don Giussani. Poi tutto questo è stato riconosciuto dalla Chiesa, con un esame approfondito, e ora l’associazione è di diritto pontificio.
I Memores vivono in case, la “dimora” appunto. E come possono sopportarsi? Vale lo stesso discorso che riguarda Dio. Senza amore, senza affezione – Giussani preferisce questo termine più discreto, più raccolto – non si può reggere nessuna convivenza. In realtà è impossibile vivere.

Il metodo di Dio: la preferenza

Come si impara l’amore? L’amore si impara essendo amati, cioè preferiti. L’amore non si attinge con il secchio dal mare, non è l’applicazione di un comandamento. Ma la sostanza del nostro esistere. Noi siamo stati preferiti sin dal primo istante. Infatti siamo stati tratti dal nulla, con un nome. E tutto questo si rivela subito nell’essere chiamati per nome dalla madre.
Il metodo di Dio è quello della preferenza. Una preferenza non per stare seduti con Dio, un cuore e una capanna. Anche tra due innamorati, l’amore vero è l’esperienza di una preferenza reciproca che si proietta in una passione amorosa per tutto. In una missione. Siamo stati preferiti per aprirci alle stelle. Così io e te, amore mio, siamo veri se siamo davanti alle stelle. Io qui ho scritto ciò che ho capito. È la mia sintesi.
Da Affezione e dimora traggo questo brano che fa capire che cosa sia per don Giussani l’affezione, il voler bene, l’amare, l’essere innamorato (sono tutte gamme dello stesso magnifico prodotto divino). Don Giussani definisce l’amore perfetto come amore verginale, lo stesso che ha Dio, lo stesso della Madonna Vergine e Madre. Possesso nel distacco. Un ossimoro, un paradosso. Una meraviglia se la si sperimenta. È lo sguardo di Cristo sulle cose: che non distrugge. Ed è anche quello tra sposi. L’amore per la tua preferita ti proietta oltre la tua casa, diventi “fosforescente” mentre cammini, dirà degli sposi che praticano l’accoglienza dei bambini senza padre e senza madre.
«È già l’esperienza di un possesso completo, perché quello che hai tra le mani, la faccia che hai fra le mani morirà o sta per morire, ma, essendo fatta di Cristo, non la perdi più: è già l’esperienza di un possesso completo. Vuol dire che l’offerta fiorisce come fiore di domanda, appassionata, sull’esperienza del fatto che Cristo è la consistenza di tutte le cose. Così quando san Francesco dice: “Dopo Dio e il firmamento, Chiara”, vuol dire: il firmamento di cosa è fatto? Di Cristo. E Chiara di cosa è fatta? Di Cristo. Perciò stupirsi per il firmamento e amare Chiara è già un’esperienza di possesso completo. C’è tutto il problema del distacco inerente per essere esperienza di possesso completo: nel fatto che Francesco riconosceva che la consistenza di Chiara era Cristo, è implicito quel distacco di cui parlavo..., quando ho fatto il paragone dell’aeroplano, che è uno dei più bei paragoni che mi son venuti in vita mia. (...) Il possesso a cui tende l’amore è molto di più a un metro dall’oggetto che neanche afferrandolo. È come l’aeroplano che, quando parte, dà su di giri ai motori e, quando sono al massimo e tutta la carcassa dell’aereo vibra, tutto vibra, – zac! – si mette in volo. Così, di fronte a una persona amata, è molto più grande l’intensità dell’amore quando ti fermi a un metro e tutto vibra e tutto sembra volerla afferrare e tu ti trattieni dall’afferrare, non per trattenerti dall’afferrare, ma perché c’è un’adorazione e un riconoscimento del significato della cosa. E tu sei lì che vivi questo sentimento di significato e trattieni l’impeto che ti spingerebbe a una presa puramente meccanica. In quel momento vuoi bene alla persona centomila volte di più che neanche se l’afferri con tutte e due le mani. [...] Essere a un metro senza prendere vuol dire essere tutto proteso nel prendere coscienza del segno che essa è di ciò di cui è segno [...]. Per questo niente al mondo la può cancellare, proprio perché è segno di Cristo; e niente al mondo può soverchiarla, perché è segno di Cristo. [...] L’uomo non può adorare la donna che ama se non da un metro di distanza. Non scrivete mica “un metro di distanza”: può essere un metro e mezzo! Capite cosa voglio dire? [...] Badate – per essere completo – che l’avventura umana più bella è tra il metro a cui ci si ferma e l’afferrare l’oggetto; l’avventura più bella è l’abbraccio, un abbraccio che nascesse da questa profondità: Giovanni che mette la testa sulla spalla di Cristo nell’ultima cena. Non mi spiego? Ma, invece delle braccia, supponete che siano gli occhi, [...]: gli occhi afferrano, perciò nel paragone del metro non è il metro la questione, la questione è che il dar su di giri massimo dell’amore sta nella adorazione dell’altro. Adorazione che implica: riconoscere che Cristo è consistenza della presenza e struggimento perché si riveli in questa presenza. Quanto più mi appare come mia, come desiderabile, come bella, tanto più desidero che Cristo si manifesti in essa. Il dar su di giri è l’attardarsi nella presa di coscienza dell’adorazione. Se non si adora un oggetto, non lo si possiede.» (Giussani, Affezione e dimora, pp. 242-246.)
Prego, non tirate via. Rileggete con calma queste parole. C’è tutto. Ami l’altro, ma lo possiedi molto di più non afferrandolo. Non è un di meno.
Don Giussani lo spiega leggendo il vangelo: un esempio bellissimo, e si riferisce alla Maddalena. «Possedette di più la donna da marciapiede, la Maddalena, Cristo che la guardò un istante mentre le passava davanti o tutti gli uomini che l’avevano posseduta? Quando, alcuni giorni dopo, quella gli lavò i piedi piangendo, rispondeva a questa domanda.» (Giussani, Si può vivere così?, p. 421.)

La verginità possiede il mondo e le stelle

Don Giussani in ciascuno di noi vedeva Cristo. Non era un visionario.
E neanche noi eravamo pretesto per suoi trasporti mistici. Infatti se uno mi dice: “In te vedo Cristo, per questo ti amo”, io mi ribello. Voglio essere amato per me stesso, non come rimando a un altro. Mi sembra se no di essere strumentalizzato. Tròvatene un altro per...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Don Gius
  3. Nota di lettura
  4. Introduzione
  5. 1. Le stelle sopra i tigli. Ovvero la vera moralità e il vero amore
  6. 2. Un posto dell’altro mondo. Le tre nascite di Luigi
  7. 3. Seminario di obbedienza e di felicità
  8. 4. Tre poeti. Appuntamento con Leopardi in paradiso
  9. 5. All’ospedale e in bicicletta
  10. 6. Sonata n° 5 per un amico
  11. 7. In pigiama, in ginocchio, lavando i piatti: pregare sempre
  12. 8. Su per i tre gradini del Berchet
  13. 9. L’amico giovane di Capaneo e l’anarchico
  14. 10. Due santi e tre Papi
  15. 11. Come vivere la vecchiaia e la morte nel dolore e nella felicità
  16. 12. Dieci anni da quando Giussani non è morto
  17. Conclusione
  18. Date e fatti notevoli
  19. Bibliografia
  20. Copyright