Che tempo che farà
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Che tempo che farà

Breve storia del clima con uno sguardo al futuro

  1. 291 pagine
  2. Italian
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Che tempo che farà

Breve storia del clima con uno sguardo al futuro

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Informazioni sul libro

Mai come oggi l'atmosfera terrestre, gli oceani e i continenti sono stati tanto sorvegliati dal punto di vista meteorologico e ambientale: le informazioni non mancano, anzi, sono talmente sterminate che è facile perdersi. Tanto la stampa di casa nostra quanto quella internazionale pullula di titoli allarmanti che annunciano prossime catastrofi, ingigantendo dati già di per sé drammatici, oppure minimizzano o negano i cambiamenti climatici. L'aumento della temperatura, il ritiro dei ghiacciai e l'innalzamento dei livelli del mare sono ormai fenomeni assodati, ma perché tutto ciò accade? In che condizioni vivremo fra cinquant'anni? I titoli che leggiamo sono esclusivamente frutto dell'allarmismo o stiamo davvero andando incontro a una mutazione climatica irreversibile, causata dall'uomo? Luca Mercalli, che ogni settimana dagli schermi della trasmissione Che tempo che fa racconta la meteorologia e i fenomeni climatici agli italiani, offre una serie di risposte, semplici ma scientifiche, alle svariate domande sul futuro che ci aspetta. Tracciando una breve storia del clima sul nostro pianeta, con ampie sezioni dedicate al caso particolare dell'Italia, questo libro chiarisce i rischi che ci troveremo ad affrontare un domani non troppo lontano e propone alcuni accorgimenti da prendere fin da ora per limitare le emissioni di gas serra. Perché, se non iniziamo subito a utilizzare gli strumenti di cui già disponiamo, difficilmente otterremo in seguito risultati apprezzabili. Una miniera di informazioni, corredata di un ricco apparato iconografico a colori, per chiunque desideri capire ciò che sta succedendo e cosa fare per migliorare la qualità della vita sulla Terra.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2012
ISBN
9788858637647

Da dove partire?

Quando si tratta di comprendere i perché e i percome del clima, c’è una quantità infinita di cose che bisogna apprendere, ma la vita concede solo un tempo limitato nel quale impararle.

RAYMOND T. PIERREHUMBERT,
Planetary Climate, 2009





Tra i libri della mia biblioteca, a un paio di metri dal computer sul quale sto scrivendo, spicca un volume azzurrino dal titolo The climate of Europe: Past, Present and Future (1984), a cura del tedesco Hermann Flohn (1912-1997), uno dei maggiori climatologi del Novecento che aveva pubblicato già nel 1941 un articolo dal titolo Le attività dell’uomo come fattore climatico, e dell’italiano Roberto Fantechi, allora capo del programma di ricerca climatica della Comunità Europea.
Il libro mette insieme i contributi di alcuni dei più autorevoli studiosi di clima di quegli anni, tra cui il danese Willi Dansgaard (1922), il primo a teorizzare l’analisi geochimica delle carote glaciali, Hubert Lamb (1913-1997), autorevole climatologo inglese, e il nostro Ezio Rosini (1914-2002), statistico del clima all’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria di Roma. Me lo diede Fantechi stesso durante una mia visita a Bruxelles nel febbraio del 1991, e ci sono particolarmente legato, in quanto mi aprì molte vedute su un settore della ricerca allora poco noto e che, a differenza di quanto accade oggi, non suscitava grande interesse.
Rileggendolo ora, mi colpisce come se da un lato l’intento degli autori era quello di mettere insieme quanto si conosceva sui cambiamenti climatici e sollecitare un incisivo sforzo di ricerca per colmare le tante lacune che gravavano sulla disciplina, dall’altro le conclusioni che vi sono esposte, con cautela e molti condizionali, a un venticinquennio di distanza sono ancora valide e in molti casi hanno trovato piena conferma. Vi era correttamente delineato, per esempio, lo scenario di aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, allora a 345 parti per milione e attualmente a 390, a seguito dei crescenti bisogni energetici di una popolazione che contava poco più di quattro miliardi e oggi sfiora i sette. Vi erano ben delineati gli intervalli di aumento termico atteso in futuro, frutto dei primi, imperfetti modelli di simulazione climatica, che tuttavia sono stati sostanzialmente confermati dai supercomputer ora a nostra disposizione, sebbene non fosse ancora precipitato il Ghiacciaio Superiore di Coolidge (luglio 1989), né emersa dai ghiacciai del Sud Tirolo la mummia Ötzi (settembre 1991), né verificata la grave alluvione nel bacino del Po (ottobre 2000), non si fossero ancora dovute affrontare le emergenze dei laghi glaciali Effimero al Monte Rosa (2002) e del Rocciamelone al Moncenisio (2004), né il caldo soffocante dell’estate 2003, o l’anno senza inverno (2006-2007), giusto per citare alcuni fenomeni climatici di casa nostra...
Il proposito di Fantechi ebbe comunque effetto, e la ricerca climatologica internazionale sbocciò negli anni seguenti. Se in quel libro la bibliografia fondamentale contava circa cinquecento titoli, con una produzione annua di poche decine di lavori, oggi questo numero è immensamente più elevato: decine di migliaia di articoli vengono pubblicati in ogni parte del globo da ricercatori delle discipline più diverse – dalla fisica dell’atmosfera alla fisiologia vegetale, dalla paleoglaciologia all’economia – tutti accomunati dal problema del cambiamento climatico naturale e antropogenico. Proprio per questo, nonostante l’avvento di internet e la facilità di reperire in pochi secondi la bibliografia più aggiornata, il dominio dei cambiamenti climatici è diventato talmente vasto, approfondito, articolato e in continuo divenire, da rendere pressoché impossibile l’avere sott’occhio lo stato dell’arte dell’intera problematica.
Ciascun ricercatore padroneggia con competenza il settore ristretto nel quale opera direttamente, mentre riesce a mantenersi informato sul contesto al contorno solo attraverso la lettura dei lavori dei colleghi, il più delle volte ridotti a sintesi di profonde branche del sapere che da sole sono in grado di riempire un’intera vita di studio. Non per niente, nel 1988 fu fondato l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), con il compito di vagliare ed esaminare la produzione scientifica sul clima in graduale aumento, oggi sterminata e pertanto distillata e riassunta nei periodici rapporti sul clima globale.
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Benché il problema del riscaldamento globale sia noto da oltre un secolo, fino a una ventina di anni fa il suo studio occupava un ambito molto marginale della ricerca scientifica e ancora non era divenuto oggetto di divulgazione. Oggi le pubblicazioni sia per addetti ai lavori sia destinate a un vasto pubblico sono diventate innumerevoli
Benché il problema del riscaldamento globale sia noto da oltre un secolo, fino a una ventina di anni fa il suo studio occupava un ambito molto marginale della ricerca scientifica e ancora non era divenuto oggetto di divulgazione. Oggi le pubblicazioni sia per addetti ai lavori sia destinate a un vasto pubblico sono diventate innumerevoli.
Questo per dire che nel libro che vi accingete a leggere troverete per forza di cose una visione schematica e riepilogativa sull’attuale scienza del clima: una sintesi in buona parte basata proprio sul IV rapporto IPCC del 2007, aggiornato con lavori più recenti comparsi dopo la sua pubblicazione – e questo è solo un lavoro compilativo – integrati però con i risultati di ricerche originali sul clima italiano frutto, questa volta, della diretta attività mia e dei miei colleghi nel campo dell’analisi delle serie climatiche storiche e dell’evoluzione dei ghiacciai. Al fine di non trasformare questa lettura in un faticoso rimando a un labirinto bibliografico, si citeranno solo le opere di riferimento più accreditate, lasciando l’approfondimento e l’eventuale verifica dei dettagli alla sterminata potenzialità degli indici bibliografici in rete e alla consultazione delle principali riviste scientifiche di settore.
Mi auguro tuttavia che quanto emergerà da questa panoramica sia il più possibile aderente allo stato dell’arte delle conoscenze, e in qualche modo possa fornire al lettore lo stesso supporto e il medesimo stimolo che il volume di Flohn e Fantechi offrirono a me molti anni fa.



RINGRAZIAMENTI

Questo libro avrebbe dovuto intitolarsi più correttamente Che clima farà, ma abbiamo voluto mantenere l’assonanza con il programma di RAI3, Che tempo che fa, condotto da FABIO FAZIO, che in oltre sei anni e quattrocento puntate ci ha permesso di far conoscere al pubblico italiano numerosi dati sui cambiamenti climatici.
Desideriamo inoltre ringraziare SERGIO CASTELLARI del Focal Point Italiano IPCC a Bologna, VINCENZO FERRARA dell’Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente (ENEA), CLAUDIO CASSARDO e GIOVANNI BADINO del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino. Infine un fraterno riconoscimento all’attivissimo gruppo di esperti della lista di discussione dell’Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio e del Gas (ASPO Italia, www.aspoitalia.net), fonte di eccellenti stimoli intellettuali e dati aggiornati sul clima e sull’uso razionale dell’energia.

1.

La complessa fisica del clima

Il CO2 è come il sale, indispensabile alla nostra vita, ma velenoso se in eccesso.

JAMES LOVELOCK





Nonostante sia stato pubblicato nel 1992, ancora oggi, per farsi un’idea di come funziona il complesso sistema climatico, il più completo manuale resta senza dubbio Physics of Climate di José P. Peixoto (1922-1996), docente di Meteorologia all’Università di Lisbona, e Abraham H. Oort, ex docente di Scienze dell’atmosfera e dell’oceano a Princeton e ricercatore al Geophysical Fluid Dynamics Laboratory, entrambi allievi di Victor P. Starr (1909-1976) al Dipartimento di Meteorologia del MIT.
Proprio a Starr è dedicato il loro testo, che inizia con questa sua citazione, particolarmente adatta a introdurre la materia: «C’è da sperare sia ormai tramontata l’idea ingenua che problemi come la circolazione generale dell’atmosfera possano essere risolti in un sol colpo dalla fortunata manipolazione delle opportune equazioni con il lavoro di un giorno di qualche genio della meccanica dei fluidi. Le soluzioni di problemi relativi a sistemi di una tale complessità non nascono bell’e pronte come Atena dalla testa di Zeus. Piuttosto, esse evolvono lentamente, per gradi, e ciascuna di loro richiede una pausa per esaminare i dati su un lungo periodo al fine di garantire una solida base e per scegliere con cura il passo successivo. È come dipanare una matassa. Se si trova il capo giusto, la separazione del filo può andare avanti abbastanza sistematicamente, ma richiede tempo, talora alcuni decenni, come fu per la circolazione atmosferica».
La materia è certamente complessa, tant’è che Peixoto e Oort si servono delle prime tredici pagine del loro libro solo per elencare la lista dei simboli e degli operatori matematici utilizzati nelle successive 518.
Una piena comprensione dal punto di vista fisico del sistema climatico presuppone infatti la conoscenza della dinamica e delle mutue interazioni di tutti i processi che lo compongono, schematizzati nel disegno in Fig. 1.1; in breve, il sistema climatico è determinato da un insieme complesso di interazioni termoidrodinamiche tra l’energia in ingresso proveniente dal Sole, l’atmosfera, gli oceani e le acque lacustri e fluviali, le nubi, la superficie terrestre, la copertura nevosa, i ghiacci e la biosfera. Il risultato di tutte queste interazioni è il clima, termine con cui comunemente s’intende l’analisi statistica in termini di valori medi e variabilità delle condizioni meteorologiche di una determinata regione, effettuata su dati disponibili per un periodo di tempo sufficientemente lungo – da qualche decina a milioni di anni.
Schema generale dei processi che concorrono a determinare il sistema climatico
1.1 - Schema generale dei processi che concorrono a determinare il sistema climatico.
In genere l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) suggerisce di prendere in considerazione un trentennio per caratterizzare il clima di una località. Al contrario, il tempo meteorologico è definito dalle condizioni istantanee delle variabili atmosferiche o comunque dalla loro variabilità su intervalli molto ristretti, dal minuto alla settimana. In altre parole, il tempo corrisponde alle fluttuazioni casuali su brevi periodi di un sistema dinamico più vasto rappresentato dall’intero clima terrestre. Le condizioni meteo delle singole giornate o stagioni possono anche essere sensibilmente differenti da quelle che ci attendiamo sulla base del clima di una certa zona, ma sul lungo periodo il loro valore medio si allinea con i dati climatici.
Il termine «clima» deriva dal greco antico κλιμα, ovvero «inclinazione», appropriato riferimento al ruolo primario che l’altezza del Sole sull’orizzonte, nelle diverse stagioni e latitudini, ha nel determinare l’intensità della radiazione solare, e di conseguenza le temperature e tutti gli altri aspetti dei fenomeni atmosferici. Grazie all’esistenza di lunghe serie di dati meteorologici e a metodi indiretti che consentono di risalire alla temperatura dei secoli e dei millenni passati (dendrocronologia, analisi dei rapporti isotopici, analisi dei pollini fossili e altri ancora di cui parleremo in seguito), è possibile ricostruire l’andamento del clima sulla Terra, mettendone in evidenza tendenze e ciclicità.
Il clima può mutare sia secondo la dinamica interna dei processi fisici che lo governano, quali la circolazione atmosferica e oceanica soggetta a fluttuazioni turbolente caotiche e a meccanismi di feedback (retroazioni positive o negative, ovvero meccanismi di amplificazione o attenuazione interni al sistema), sia in risposta a cambiamenti che avvengono nei fattori esterni, detti forzanti, che includono fenomeni naturali quali le eruzioni vulcaniche, le variazioni dell’attività solare e dell’assetto orbitale terrestre, ma anche le alterazioni della composizione dell’atmosfera indotte dalle attività umane. I cambiamenti climatici possono avvenire in maniera graduale o brusca e alla variazione di un determinato parametro climatico si può anche accompagnare un mutamento nella sua variabilità (Fig. 1.2).
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I grafici esemplificano differenti tipologie di evoluzione della temperatura: stazionaria sul lungo periodo (1a), in aumento costante (1b) e brusco (1c), ma con variabilità costante; nei disegni 2a, 2b e 2c ai medesimi andamenti è invece associato un aumento nella variabilità, che rende più difficile l’adattamento dell’uomo e delle sue attività
1.2 - Il cambiamento climatico potrebbe alterare non soltanto i valori medi dei parametri, bensì anche la loro variabilità e la distribuzione degli estremi. I grafici qui sopra esemplificano differenti tipologie di evoluzione della temperatura: stazionaria sul lungo periodo (1a), in aumento costante (1b) e brusco (1c), ma con variabilità costante; nei disegni 2a, 2b e 2c ai medesimi andamenti è invece associato un aumento nella variabilità, che rende più difficile l’adattamento dell’uomo e delle sue attività.
Nelle prossime pagine analizzeremo da un punto di vista fisico i principali fattori che determinano il clima e i suoi cambiamenti; si tratta di argomenti che inizialmente possono apparire un po’ ostici o noiosi, ma che ci permetteranno di comprendere più facilmente i temi trattati nei capitoli successivi, accompagnandoci nell’affascinante ricostruzione del clima del passato e nel forse più inquietante scenario del clima futuro.

Il bilancio radiativo Terra-atmosfera e l’effetto serra

Il sistema climatico è alimentato dall’energia proveniente dal Sole; questa interagisce con la superficie terrestre e con l’atmosfera in modo che il sistema Terra-Sole si trovi in equilibrio energetico. Tale equilibrio può essere alterato o da cambiamenti diretti nell’energia in arrivo dal Sole (variazioni dell’attività solare o della configurazione orbitale terrestre) oppure da alterazioni dei processi radiativi che redistribuiscono l’energia solare tra Terra e atmosfera.
Il flusso di energia, ovvero la quantità di energia proveniente dal Sole che ogni secondo incide perpendicolarmente su una superficie posta al limite superiore dell’atmosfera è pari a circa 1367 W/m2 (watt al metro quadro) ed è definita costante solare; la superficie di incidenza di riferimento utilizzata per ottenere questo valore è un disco di raggio pari al raggio terrestre (la cui area è quindi πRT2) posto alla distanza di 150 milioni di chilometri dal Sole, equivalente alla distanza Terra-Sole. Questa energia si ridistribuisce su tutta la Terra, cioè su una sfera la cui superficie è q...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Che tempo che farà