LEZIONE 1
Pensa in modo diverso: segui l’altra mano
Il prestigiatore mi ha richiamato intorno alle 13 e ha lasciato un messaggio.
“Bravo ragazzo: hai scelto il giorno e l’ora giusti. Va’ all’angolo dell’Ottava Avenue con la Trentaquattresima Strada. A New York! Vedrai l’insegna del mio negozio.”
Fine del messaggio. Cercai di ricordare l’incrocio in questione: era una parte della città che non frequentavo, una zona eclettica di Manhattan vicina a Macy’s, al Madison Square Garden e al New Yorker Hotel, il celebre quartier generale del reverendo Moon. In un edificio scialbo, dopo tre piani di una scala traballante, sono entrato dall’unica porta del pianerottolo.
Dentro ho trovato un mondo completamente estraneo, ma che ben presto avrei imparato a conoscere. Alti banconi di vetro coprivano tre lati della stanza ed erano pieni di un incredibile assortimento di accessori magici che mi sarebbero tornati utili: grandi drappi di seta in colori vivaci (in seguito ho imparato a chiamarli foulard) che potevano sparire o cambiare colore a comando; gigantesche sfere d’argento capaci di levitare in aria; enormi carte da gioco; bacchette magiche; cappelli a cilindro; lampadine levitanti; candele che si trasformavano in bastoni volanti; dollari d’argento veri che si infilavano nello stretto collo di una bottiglia. Ciascun trucco aveva un nome, misterioso quanto il suo effetto: l’Incubo del Professore, gli Anelli Intrecciati Cinesi, i Tubi Fantasma, le Scatole dei Dadi, i Cerchi Quadrati, le Caraffe Miracolose, il Gioco delle Tre Tazze e il Gioco delle Bottiglie Passe Passe. Ho temuto che i miei collaboratori mi avrebbero fatto internare in manicomio.
Le pareti erano tappezzate di foto con prestigiatori in cappello a tuba e frac, vestiti da pagliaccio o da fenicottero. Molti di loro erano ritratti nell’atto di infliggere strambe torture alle rispettive assistenti: le trafiggevano con una spada, le tagliavano a metà, le facevano levitare, ruotavano loro la testa di 360 gradi, in modo da assumere posizioni anatomicamente impossibili. Altre foto ritraevano un tizio calvo dall’aria strana che incontrava persone famose, come le foto che si vedono a volte negli uffici. Stringeva la mano ai soliti noti: il sindaco di New York, il presidente degli Stati Uniti e i giocatori di baseball dei New York Yankees.
E poi l’ho visto di persona. Dietro il bancone c’era un uomo di altezza media, con le spalle larghe, il viso rotondo, un grande naso e la testa calva e lucida… con un unico lungo capello arrotolato su se stesso come per nascondere la calvizie. (In seguito ho scoperto che andava ancora dal barbiere per farsi fare un “taglio”.)
Aveva la giacca stropicciata e la camicia macchiata; la cravatta era sciolta e la cerniera lampo dei pantaloni era parzialmente aperta. Dato che ero l’unico cliente nel negozio, ho immaginato che si vergognasse del suo aspetto, perché quando mi ha visto è corso nel retrobottega per sistemarsi. Poco dopo è uscito: la giacca era ancora spiegazzata e sulla camicia c’era ancora una macchia, la lampo era ancora giù. L’unico cambiamento era il nodo stretto della cravatta.
Prima che potessi farmi avanti e presentarmi, George Miles mi ha puntato un dito addosso, come per scegliere me in una folla di spettatori. “Ehi ragazzo, vuoi vedere un trucco?”
Non era una domanda, perché non ha aspettato la risposta. Ha estratto invece un cappello a tuba schiacciato, dell’epoca in cui li costruivano in modo da poterli allungare e accorciare con un movimento del polso. L’ha aperto, mi ha mostrato il fondo e mi ha chiesto se vedevo qualcosa dentro. “No” ho risposto.
“Sim sala bim! Tu sì che sei un ragazzo sveglio.”
Mi ha mostrato un dado bianco e nero, di circa otto centimetri di lato, e l’ha infilato nel cappello. Poi ha tirato fuori una scatola scarlatta, grande come una confezione di Kleenex. I due sportelli sul lato superiore si aprivano verso l’alto; quelli sul davanti si aprivano ognuno sul rispettivo lato verso di me. Quando erano aperti tutti e quattro era visibile completamente l’interno della scatola.
“Cosa c’è dentro la scatola?” mi ha chiesto, aprendo i quattro sportelli.
“Niente” ho risposto.
“Sei un genio” ha ribattuto lui con un sorriso.
Ha estratto il dado dal cappello e l’ha inserito nel lato destro della scatola, riempiendola. Poi ha chiuso tutti gli sportelli. “Hai visto cos’è successo? Il dado è scomparso.”
“No, è sul lato destro della scatola” ho smentito io.
E mentre io indicavo il lato destro, lui inclinava la scatola verso sinistra. Ho udito chiaramente che il dado scorreva dall’altra parte.
“Bongo-Mongo! Mi spiace ma ti sbagli, ragazzo” ha detto lui, aprendo con orgoglio la scatola sul lato destro. Non c’era niente.
“È sul lato sinistro” ho ribattuto subito. Lui ha inclinato la scatola verso destra e, battendo forte il piede a terra (forse per coprire il rumore del dado che scorreva), con un gesto teatrale ha aperto lo sportello sinistro per mostrarmi che non c’era niente.
“È a destra!” ho strillato. Per tutta risposta, lui ha fatto inclinare la scatola nella direzione opposta. Si è sentito di nuovo quel rumore.
“Non c’è proprio niente, qui dentro” mi ha assicurato aprendo lo sportello destro.
A quel punto provavo una serie di emozioni diverse: imbarazzo, frustrazione e rabbia. Il trucco era evidente. Era evidente che quel tizio, George Miles, era un pessimo mago. Era evidente che stavo sprecando tempo e che Wilcox avrebbe perso i soldi dell’assegno prima ancora di completare il primo appuntamento. Come se mi avesse letto nel pensiero, il prestigiatore ha aperto tutti gli sportelli della scatola. Era vuota. Il dado era sparito. Poi ha infilato una mano nel cappello, che per tutto il tempo era rimasto vicino a me, e ha tirato fuori il dado.
“La prima lezione è iniziata” ha detto. “Prima di continuare, perché non mi chiami col mio nome d’arte? Merlino.”
“Va bene, Merlino” ho ripetuto.
Soddisfatto di veder riconosciuto il suo status professionale, Merlino ha ripreso la lezione. “La magia è l’arte di comprendere il comportamento umano e i preconcetti su cui si basa. Il mio ruolo consiste nel farti agire in base ai preconcetti sbagliati, con il risultato di ingannarti.”
Per dimostrarlo, ha tirato fuori la scatola rossa. “Ciò che ho infilato nella scatola forse era il dado, o forse no. Ma tu hai dato per scontato che fosse il dado.” Merlino ha sorriso. “Sulla base di questo tuo preconcetto, sapevo che quando inclinavo la scatola e tu sentivi il rumore avresti pensato che il dado si spostasse da una parte all’altra. Sapevo che, quando tossivo o battevo il piede, tu pensavi che stessi coprendo il rumore. Di fatto, sei stato tu a far succedere la magia, formandoti le impressioni sbagliate. Io ti ho solo condotto fin lì. Il termine tecnico è ‘sviamento’” ha soggiunto, in tono teatrale.
“Ma c’è un’altra scuola di pensiero, che al mio collega Marc DeSouza piace rammentarmi, secondo cui ‘sviamento’ è un nome improprio. Marc, che è un imprenditore edile di successo e direttore del comitato etico dell’Associazione dei maghi americani, fa osservare che il prestigiatore ti orienta proprio a seguire i tuoi preconcetti, e non ti svia.
“Decido io dove focalizzare la tua attenzione, e in questo modo creo la ‘magia’: una forma di intrattenimento innocuo, che fa sorridere la gente, genera un senso di meraviglia e ti lascia con un ricordo indimenticabile.
“Ma negli affari come nella vita, dobbiamo vedercela con quelle forze – dentro di noi e fuori dal nostro controllo – che ci spingono a guardare in una certa direzione e danno forma ai nostri preconcetti. Spesso trattiamo i preconcetti come se fossero verità, anziché come una serie di convinzioni soggettive.
“Ci mettiamo alla disperata ricerca delle chiavi che crediamo perdute, quando in realtà le abbiamo in mano. Diamo per scontato che la persona seduta accanto a noi a una festa ci trovi insopportabili perché non sorride e non parla, quando in realtà è una persona deliziosa ma solo molto timida. In situazioni come queste ci inganniamo da soli, e in molti casi le conseguenze sono innocue. Altre volte no.
“Quali preconcetti aveva IBM quando ha permesso a Bill Gates di cederle in licenza il suo sistema operativo, invece di acquistarlo direttamente?” mi ha chiesto Merlino. “Forse Microsoft non sarebbe l’azienda che è oggi, se le cose fossero andate diversamente.
“AT&T disponeva delle stesse informazioni sul futuro della telefonia mobile di cui disponevano i concorrenti, ma ha rinunciato a investire in questo business, convinta com’era che il servizio cellulare fosse destinato a rimanere locale. Un preconcetto di questo tipo è uno dei motivi per cui AT&T è stata rilevata da un’altra azienda di telecomunicazioni che un tempo possedeva” ha proseguito.
“Pensa a Coca-Cola: come dovevano sentirsi quando pensavano che il sapore fosse tutto? Erano bravissimi a forgiare una relazione emotiva con il consumatore, eppure non si sono mai presi la briga di fare un vero test della ‘Nuova’ Coca rispetto alla ‘Vecchia’. Hanno dato per scontato che l’assaggio alla cieca indicasse che i clienti preferivano il nuovo sapore al vecchio. Questi sono classici casi in cui ci si focalizza nella direzione sbagliata.
“Però, se comprendi come si fa a orientare l’attenzione ti si aprirà un mondo di opportunità per il marketing e le soluzioni di business.”
Ero sconcertato: mi sono chiesto dove volesse arrivare, temevo che mi suggerisse di ingannare i clienti per avere successo. Leggendomi di nuovo nel pensiero, Merlino ha ripreso: “Quello che ora ti mostrerò non è una sciocchezza. Guarda attentamente.
“Prenderò la moneta dalla mano sinistra e la terrò nella destra.”
Seguivo i suoi gesti come un segugio segue le tracce di un criminale. Un minuto prima teneva la moneta nella mano sinistra, un momento dopo la moneta era sparita dentro il pugno chiuso della mano destra.
“Allora, vediamo se sei così bravo da rispondere alla prossima domanda” ha detto Merlino con un sorriso complice. “Il tuo cervello e tutte le tue esperienze precedenti ti dicono che la moneta si trova nella mia mano destra.
“So che nutri questo preconcetto perché i tuoi occhi stanno guardando la mia mano destra che stringe la moneta.
“Ma se tu mettessi in questione questa idea? Se ti opponessi a ciò che ti dice il tuo intelletto? Se ti fermassi a riflettere che la moneta potrebbe non essere nella mano destra? Che conclusioni potresti trarne?”
“Direi che la moneta non è mai uscita dalla tua mano sinistra, anche se adesso appare vuota” ho risposto.
“Precisamente!” ha esclamato Merlino, aprendo la mano destra per rivelare che era vuota. Poi ha diretto la mia attenzione alla sua mano sinistra, dov’era la moneta. “Mettendo in questione il tuo preconcetto hai svelato il trucco e hai scoperto una nuova soluzione, che prima per te non esisteva.”
Ho provato un senso di completezza, e ho avuto l’impressione di essermi appena imbarcato in un difficile viaggio lungo un fiume di nuove possibilità.
“Svi-a-men-to” ha esclamato Merlino. “Non è solo un metodo per praticare la magia. Ci rammenta una semplice domanda che dobbiamo porci continuamente, oppure prepararci alle conseguenze se non lo facciamo. Quale mano sceglieremo? Dobbiamo pensare quel che pensano tutti gli altri, oppure dobbiamo sfidare i loro preconcetti e cercare nuove idee nell’altra mano? Alcune persone considerano un peso questa necessità di farsi domande in continuazione. Be’, tanto peggio per loro; decidere quale mano seguire è la tua occasione di scoprire soluzioni che funzionano. Ed è il modo più rapido per generare nuove idee, il passo più importante per creare la tua magia.
“Questa è la lezione di oggi: quando cerchi una nuova soluzione per la tua azienda, non limitarti a imitare gli altri: segui l’altra mano. Stai pensando di tagliare i costi per aumentare i profitti? Forse dovresti valutare la possibilità di alzare i prezzi. Questo ti costringerà a mettere in questione il preconcetto, spingendoti così a trovare nuove soluzioni.”
Merlino mi ha porto un foglio bianco. “Voglio che tu scriva qui un grande obiettivo che vorresti raggiungere l’anno prossimo. Non preoccuparti che sia realistico, scrivilo e basta.”
Ho riflettuto per un secondo e poi ho scritto: “Voglio che i supermercati richiedano i miei prodotti”.
“Ora, scrivi tutte le ragioni per cui il tuo desiderio non si avvererà.”
Era fin troppo facile. Ho scritto una lista:
troppi prodotti della concorrenza tra cui scegliere;
zero potere di contrattazione;
concorrenti che abbassano continuamente i prezzi;
ai clienti non interessa chi importa il prodotto, purché abbia lo stesso aspetto (l’olio d’oliva è sempre olio d’oliva);
i concorrenti offrono ai supermercati più soldi per ottenere spazio sugli scaffali;
la tecnologia permette ai supermercati e alle gastronomie di andare direttamente alle mie fonti;
non possiamo fissare il prezzo di un articolo che non produciamo noi.
Merlino ha letto la lista da sopra l...