Dietrologia
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I soldi non finiscono mai

  1. 332 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Dietrologia

I soldi non finiscono mai

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Non poteva scrivere un romanzo, né l'ennesima, inutile autobiografia. Fabri Fibra poteva scrivere solo per dare la scossa, come fa con le sue canzoni. E l'ha fatto con un manifesto politico, in cui il protagonista indiscusso della scena rap italiana, pluri-disco di platino, racconta che la sua musica, quella che ovunque sta dalla parte dei ribelli, in Italia risuona a vuoto. Perché il nostro Paese è rimasto indietro su tutto e non solo non lo ammette, ma accusa di demagogia e populismo chiunque osi criticarlo. Ma è davvero populismo? Piuttosto, questo libro è una sana, rabbiosa esplosione di adrenalina, che ha voglia di sfidare tutto e tutti, per far rinascere il valore della diversità...

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Informazioni

La colpa è dei mass media
Bella figura
Nel libro Gomorra Roberto Saviano dedica molte pagine al problema della contraffazione in Italia. Tutte le persone dotate di buon senso hanno riconosciuto il valore di quelle pagine ma gli italiani hanno un’attrazione fatale per la contraffazione, per acquistarne i prodotti, per produrli, per accettarla, scusarla, incentivarla. La contraffazione permette agli italiani di essere finalmente chi non sono, a basso prezzo. L’italiano onesto va all’outlet e si accontenta di essere un po’ alla moda, almeno a quella dell’anno prima. Ma l’italiano vero vuole pagare poco quello che lo fa valere molto. Anche nel dopo Saviano (oltre un milione e mezzo di copie vendute solo in Italia) non ditemi che non vi è mai capitato di vedere uno sciame di donne impazzite che si ammassano in spiaggia intorno alle borsette fasulle. Scene di questo tipo succedono tutti i giorni in ogni parte del Paese. A Milano in corso Buenos Aires vedi le donne impazzire per le borse taroccate di Louis Vuitton, e ovviamente lo sanno che non sono originali, ma le comprano lo stesso, si fiondano a comprare la borsa di Louis Vuitton come fosse l’ultimo acquisto della loro vita.
Ma se tu sei in spiaggia a prendere il sole e arriva una persona che prova a venderti una borsa che normalmente costa come lo stipendio di un operaio, dovresti chiederti: «ma perché c’è uno che mi vende una borsetta Louis Vuitton a questo prezzo?». Mi domando quanta consapevolezza ci sia dietro un gesto simile. Ma credo che nessuno in realtà si faccia problemi ad acquistare materiale scadente in spiaggia o all’uscita da un concerto.
Non dovreste chiedervi perché questo libro parla molto di contraffazione: la contraffazione è simbolica per gli italiani, rappresenta un po’ il loro mondo, un mondo in cui puoi sembrare ma non essere.
In Italia l’importante non è essere felici ma fare bella figura.
Cosa ci sta dietro tutto questo? Dietro ci sta la camorra, la malavita, e dai, e vabbe’ che sarà mai, esagerato, siamo in Italia, fregatene, alla fine hai evitato di dare a quel bastardo di Louis Vuitton i soldi che voleva e la borsetta superfirmatissima che ti fa sembrare una star te la porti a casa lo stesso. Fottutissimo Louis Vuitton, ti ho fregato! Ma sei felice per questo? L’importante non è certo essere felici davvero ma piuttosto fare bella figura.
Chiedimi se sono felice, no aspetta, ne ho una migliore. Quante volte avete sentito la frase: «mi raccomando fammi fare bella figura»? A scuola, alle feste di compleanno, ai pranzi di famiglia: «non farmi fare brutta figura», scusa, ma che vuoi? Se sono io a fare la figura di merda, sono anche io che prendo gli insulti, mica tu, tu che c’entri? Quindi, fare bella figura significa anche essere ipocriti, mi chiedi di farti fare bella figura, ma poi in realtà tu e io sappiamo che non stanno così le cose… Non importa, l’importante è fare bella figura. Se poi la tua situazione è un disastro, l’importante è che la gente non lo venga a sapere. E neanche lo sospetti.
La bella figura e l’ipocrisia sono le due facce della stessa medaglia ed è un premio che gli italiani si appuntano sul petto volentieri. È figlia della miseria, quella miseria che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti e che forse non ci lascerà mai. La stessa miseria mentale che ci obbliga a portare via in quantità massicce qualsiasi cosa sia gratis o sotto chiave. Una volta sono andato come visitatore a una fiera, c’era uno stand in cui regalavano i preservativi, uno degli organizzatori mi disse: «Puoi prenderne una scatola se vuoi». Olé, non so bene il motivo, forse perché erano gratis, forse perché sono italiano, fatto sta che alla fine sono uscito con tre scatole. Molti di quei preservativi sono scaduti prima di averli usati. Insomma, una scatola poteva bastare. In quel momento pensavo che prendendone tanti avrei risparmiato soldi.
Risparmiare soldi. I soldi. Tutto in base ai soldi. Ad esempio, quando ritrovano il corpo di una ragazza di provincia uccisa in campagna e subito dopo vedo i parenti in tv a raccontare la loro vita, mi chiedo: ma chi ve lo fa fare? I soldi? Ok. La miseria e l’antimiseria. Non conta quindi che tu sia felice o meno, ciò che conta è che ti si veda, conta solo che tu sia vestito bene, firmato e posato, poi se ti va di culo sei anche felice.
La felicità in Italia è secondaria. Gli italiani preferiscono essere eccitati piuttosto che semplicemente felici. E hanno sempre trovato chi dall’alto li asseconda. Ma come si fa a essere felici? Facendo quello che ti piace, per lavoro intendo. La cosa peggiore invece è svegliarsi ogni mattina sapendo di andare a fare un lavoro che detesti. In Italia è spesso così. Come fai a fare bella figura se non hai un bel lavoro? Voglio dire, la società ti dà delle caselle da riempire, una bella donna, una bella macchina, un bel lavoro. Vorrei sapere quanti sono onesti e sereni alla domanda: «che lavoro fai?». Se il lavoro deve essere un successo allora lo trasformerò con una parola che farà sembrare tutto più interessante, magari usando termini in inglese, ad esempio se faccio l’animatore potrei dire che mi occupo di «public relations». Ok, lo faccio anch’io, proviamo, chiedimi che lavoro faccio… faccio l’artista, anzi no faccio l’autore, anzi no faccio lo scrittore. La gente con un lavoro normale non viene raccontata dalla tv. In televisione si vedono solo personaggi con lavori prestigiosi, lavori da invidiare. Logicamente si vedono anche persone senza soldi, quelli vengono descritti come «sfortunati». La fortuna in fondo è avere un lavoro di prestigio come quelli che si vedono in tv. Il lavoro dovrebbe darci sicurezza, in Italia invece è il contrario.
Gli italiani spesso si vergognano del lavoro che fanno perché vedono coi loro occhi un mondo irreale, fatto di sogni iniettati da vent’anni di tv spazzatura. Vivere al di sopra delle nostre effettive possibilità ci attira, è dura da ammettere ma faremmo di tutto per sembrare altro, per essere sempre altrove. Che fatica. Che spreco di soldi ed energie. I soldi, anche quando sono tanti, quando cominci a spenderli finiscono subito.
Televisione-internet
Cosa ha fatto la televisione negli ultimi vent’anni? È come se avesse selezionato solo bei film, tutti con un lieto fine e avesse trasmesso solo i finali, quelli belli, quelli festosi, felici, in cui tutti sorridono. Immagina di accendere la tv e di vedere solo quelli. Sicuramente prima di quei finali c’erano delle storie, magari erano storie tristi, di sofferenza, di sacrificio. In tv le storie non le hanno mai fatte vedere, hanno trasmesso solo i bei finali in cui tutti fanno bella figura. Dove tutti sono protagonisti.
I giovanissimi di oggi, cresciuti con la tv degli ultimi vent’anni, hanno tutti un comportamento bizzarro, deformato, che tende al protagonismo compulsivo ossessivo. Quasi come me. Se io oggi avessi quindici anni, cresciuto seguendo esempi deformanti, non avrei alcun timore di chi ha più anni di me, non avrei timore, ad esempio, di un venticinquenne. La paura di essere ripreso da qualcuno più grande oggi non c’è più, credeteci: è così.
Quando io avevo quindici anni ero intimorito da qualcuno più grande di me perché sapevo che questo qualcuno aveva più esperienza, sapevo che sarebbe riuscito a farmi fare una pessima figura davanti ai miei amici solo per il fatto che lui nella vita aveva visto più cose di me.
Oggi paradossalmente un quindicenne e un venticinquenne hanno la stessa esperienza di vita, i quindicenni scopano e si filmano con il telefonino, si scambiano i filmini porno amatoriali in cui loro sono protagonisti, studiano nudi e poi finiscono a letto in quattro, fanno cose malate di questo genere che magari neanche un venticinquenne è ancora riuscito a fare. Oggi, quindicenni, ventenni e trentenni finiscono in rete su una stessa chat, si scontrano sui forum parlando di tutto, quindi di nulla, si insultano, si danno del «bimbominkia» (non riesco a capire come la minchia possa avvicinarsi a un bimbo nella stessa parola, forse è la noia, sicuramente è così), non si rispettano, certo che non si rispettano. Io non ti rispetto se non hai qualcosa da insegnarmi, non ti rispetto se sei uguale a me e basta, se non intimorisci non vieni rispettato, se hai la mia stessa esperienza ma hai dieci anni in più non ti rispetto. Se invece sei un moccioso saputello che cerca di spiegare tutto questo a uno più grande di te, ti sentirai dare del «bimbominkia». Se nessuno ha nulla da insegnare agli altri, se il clima nel web è per la maggior parte dei casi come questo, l’andamento che si crea è basato sull’insulto. Tutti sfottono tutti. Cominci a sfottere perché ti senti subito figo. «Hai un sito di merda, sparati!», «fai dischi di merda, sei un fallito!», «sei una bella figa, ti sparerei il mio cazzo nel culo» eccetera… Cominci a sfottere perché sai che in questo modo attiri subito l’attenzione, sei un figo, sai a priori che in giro non ci sono esempi vincenti e più fighi di te, cresciuto nel tuo mondo completamente isolato dalla realtà, davanti ai monitor.
Non ti rispetto se sei uguale a me e basta.
Negli ultimi vent’anni la televisione ha deformato il comportamento dei giovani al punto tale da creare un modo di fare per cui arrivano subito al momento topico, allo spettacolo finale, alla frase d’effetto, al colpo di scena. Le nuove generazioni oggi non sprecano un secondo a costruire rapporti sociali: appena si conoscono si mandano affanculo, fanno la battuta sarcastica, vogliono fare assolutamente il personaggio, osano di continuo senza sapere dove andare a parare, senza sapere come reagire alle conseguenze, in tal caso continuano a insultare. Vogliono fare subito bella figura, impressionare. Non venitemi a dire: «ma che cazzo vuoi Fibra, senti chi parla… Tu dici più parolacce di chiunque». Sì, ma lo faccio nei dischi, non in giro; lo faccio in un determinato contesto, creo un ambiente musicale comunque, la mia è una dimensione che non supera la musica. Io non punto a fare bella figura con le parolacce, lo so bene che non è possibile, infatti le uso come contorno. Molti altri invece non lo sanno perché non hanno mai fatto una brutta figura. Sapete perché oggi tutti vogliono fare bella figura? Perché non sanno che potrebbe trasformarsi in una brutta figura. Innanzitutto non sanno cosa sia una brutta figura, non hanno mai visto uno sconfitto in televisione, sarebbe stata una lezione di vita. La tv deve farti credere che se compri, spendi, investi in determinati ambienti, oggetti e stili di vita sei un vincente a priori.
Oggi MTV, oltre ai videoclip, trasmette programmi che puntano a portare la realtà nel video. Ad esempio con In Italia, il programma che ho condotto su questa rete, ho cercato di fare qualcosa di nuovo, scegliendo come protagonisti ragazzi normali con storie difficili, non tutti erano dei vincenti ma erano ragazzi che cercavano una via per realizzarsi.
Cosa succede ai giovani quando si accorgono di non essere vincenti? Cosa succede quando si accorgono che esiste gente veramente vincente, gente reale, non degli avatar da videogiochi, intendo gente reale, come me. Cosa succede, ad esempio, a un giovane che oggi accende internet e scopre gruppi musicali con artisti rispettati che hanno centinaia di migliaia di fan, che fanno musica di successo, che spaccano, che fanno i tour, i video? Cosa succede? Succede che si ritrovano ad assistere a un fenomeno senza avere gli strumenti necessari per interpretarlo, per capirlo. Scoprono cioè un loro limite ma senza rendersene conto, la reazione quindi è unica, cominciano a dire: «è tutto finto». Per loro è tutto finto perché non sanno cosa sia. Allora vedi qualcuno che fuma una canna vera, per loro è finta. Arriva qualcuno con dei tattoo originali, per loro sono finti. Ci sono delle battles tra artisti, delle sfide tra artisti (dissing) per loro sono finte. La voce di un cantante usa un effetto particolare, per loro la voce è finta. È tutto finto ma piace a tutti, o per lo meno tutti lo seguono. Il passo successivo è di riprovare a fare quello che hanno visto, e quindi ad esempio provano anche loro a fare un disco, che andrà malissimo, perché logicamente hanno saltato mille passaggi fondamentali puntando subito al momento topico. Poi quando realizzano il loro fallimento, spariscono.
Nella vita di chiunque le sconfitte superano sempre le vittorie.
Purtroppo non è sufficiente dare la colpa alla tv. Non sono mancati solo esempi in tv, anche in famiglia. I genitori sono ancora più plasmati da quest’immaginario televisivo. Tutto ciò è molto italiano. I ragazzi non sono allenati a incassare la sconfitta, è incredibile. Anche perché nella vita di chiunque le sconfitte superano sempre le vittorie di larghissima misura e quindi bisognerebbe essere capaci di accettare una sconfitta per trasformarla in esperienza piuttosto che negarla e basta.
Da noi non perde nessuno: i politici che perdono alle elezioni appaiono in tv belli sorridenti a cantare vittoria, e non c’è un solo giornalista che gli legga semplicemente i numeri dicendo: «eh no, stavolta avete preso le mazzate». Quando in Italia danno i premi al cinema, si organizzano in modo tale da dare un premio a chiunque sia presente in sala: premio della giuria, della critica, del pubblico, della categoria, del sindacato, del partito, degli amici… Premio per l’applauso più lungo. Tutti premiati, nessun vinto, tutti fintamente contenti perché hanno fatto bella figura e a casa a mani vuote non ci sono tornati. Nei programmi televisivi in cui fanno delle premiazioni, invitano solo i vincitori. Mi hanno chiamato diverse volte per ritirare premi assurdi dicendomi: «se vieni ti premiamo, altrimenti premiamo qualcun altro». All’estero non è così. Invitare anche gente che non viene premiata può essere una lezione di vita, vedere un big presenziare a eventi del genere per poi uscire a mani vuote è un qualcosa di educativo.
Gli italiani sono complici dello stile di vita alla «turista per sempre». Gli appartiene. Sono fatti così, quindi la tv li rafforza, gli dà ragione. Un po’ come quando le madri vestono le figlie ancora piccole con le scarpe col tacco da velina. Una volta in tv ho visto Chiambretti domandare a una velina, mi sembra fosse la Satta: «cosa pensi delle veline e del fatto che ultimamente siano molto criticate?», lei ha risposto una cosa tipo: «io mi sento di difendere la categoria». Ma cosa cazzo vuoi che ti dica una velina? Una madre che veste la figlia come una velina le sta insegnando a fare la velina, a diventare quello e basta. Esistono addirittura delle scarpine da bambina con il tacco da donna, intendo tacco alto da donna, non intendo donna-donna, intendo donna-escort. Queste madri portano le figlie conciate da donna a fare le sfilate, le vestono già da grandi, le instradano così.
A questo punto sono felicemente costretto ad aprire la parentesi «concorsi di bellezza», anche noti come «concorsi di tristezza». Non posso credere che oggi esistano ancora i concorsi delle miss. Mi ricordano molto le sfilate dei bovini in campagna con il numero e la coccarda, solo che lì ci sono gli allevatori che aprono l’asta per portarsi a casa la mucca migliore, mentre in tv queste poverine vengono costrette anche a esprimere il proprio pensiero, si ritrovano mezze nude, sudate, con i tacchi, il trucco, l’acconciatura, provocanti e sorridenti a dover parlare di geopolitica internazionale o di come si potrebbe risolvere il problema della fame nel mondo. È ovvio che quella che vince poi scoppia in lacrime. Succede sempre. E lo credo, vorrei vedere voi al loro posto.
Molte madri insegnano alle figlie a puntare tutto sull’aspetto fisico, sul vestito provocante, cioè le fanno crescere già spinte alla prostituzione involontaria. Come? Cosa? Prostituzione? Hai detto prostituzione? Chi, io? No-no-no-no-no-no-no-no-no, non intendevo quella prostituzione. Cioè sì, intendevo una prostituzione basata sul guadagno tramite scorciatoie; questa è la prostituzione, è questa la definizione esatta: guadagnare dei soldi tramite delle scorciatoie. Scorciatroie, appunto.
Una volta ho incontrato una ragazza che mi ha detto: «io lavoro con il sesso». Io le ho chiesto: «in che senso scusa?». Lei ha risposto: «vado a letto con gli uomini sposati, solo con quelli sposati perché hanno i soldi e perché tornano subito a casa dalla famiglia», ma questa è un’altra storia.
In famiglia spesso i genitori hanno paura dei figli, sono spaventati dall’educare veramente i figli, preferiscono appoggiarsi ai modelli televisivi, fanno in modo che la tv sia il modello vincente di riferimento per tutta la famiglia. La tv fa passare il male per bene e viceversa. L’esempio di Ruby è uno dei tanti. In tv sono riusciti quasi a farla passare come un esempio positivo. Ho visto vari talkshow pro Ruby in cui facevano capire che lei ha una storia difficile, è in qualche modo da giustificare, poverina lei era poverissima, con genitori chiusi mentalmente, e poi alla fine è una bellissima ragazza, è simpatica e sensibile, si sposerà. Lei ha capito tutto. Ecco, vorrebbero farci credere che sia così, e in molti ci hanno creduto.
La tv fa passare il male per bene e viceversa.
Ho letto da qualche parte la vicenda di un maestro di scuola elementare che non ha saputo come rispondere a un bambino che domandava cosa facesse Ruby nella vita, era il giorno dopo che si era fatta intervistare da Signorini nella sua trasmissione. Molto toccante. Il termine toccante qui ci sta benissimo. Questa ragazza fa parte di un insieme di centinaia di altre donne di cui non abbiamo bisogno, può fare notizia ma non abbiamo bisogno di vedere queste incapaci nei talkshow e sui giornali. La gente invece vuole questa roba. Come lucertole al sole. In Italia non c’è la dittatura. Tutti dicono: «quello è un dittatore, ci sta rovinando». Cazzate. Qui non si è imposto nessuno contro il volere degli italiani, agli italiani piace questa merda. Volevano esattamente arrivare a questo punto, fare cioè il minimo indispensabile con un medio risultato, non per scelta ma per non scelta. Perché? Per il discorso delle tasse, il famoso discorso del Paese più tassato d’Europa, perché sappiamo benissimo che uno stipendio alto e onesto verrà dimezzato dalle tasse. Molto meglio le scorciatoie.
Gli italiani sanno che se guadagni tanto perdi tutto in tasse, allora rinuncio, datemi però qualcosa che mi intrattenga un po’, datemi tutto questo. In tv ci sono solo fighe e belloni. Non ci sono esempi costruttivi. In realtà gli esempi sono due: il primo è la donna bellissima e completamente dipendente dall’uomo e dal suo lavoro, il secondo è l’uomo bello...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. prefazione
  4. Dietrologia
  5. Nuovi ribelli
  6. Essere grandi
  7. Se non soffri, non offri
  8. Il linguaggio
  9. Benvenuti nel matrix
  10. La colpa è dei mass media
  11. Non ce la faccio
  12. Tutto in famiglia
  13. Il mercato della musica
  14. Se non sei commerciale
  15. Fine (inizio)
  16. Indice