Salviamo la Chiesa
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Salviamo la Chiesa

  1. 289 pagine
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Salviamo la Chiesa

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Con una nuova prefazione dell'autore. La Chiesa cattolica è gravemente malata. Il suo corpo è attraversato da profonde lacerazioni e la restaurazione imposta negli ultimi trent'anni da Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger ha fatto esplodere le contraddizioni che covavano sotto la sua immagine ufficiale, fino alle drammatiche conseguenze di oggi: i ripetuti scandali legati alla pedofilia dei sacerdoti, l'irrigidimento dogmatico che ha tradito le aspirazioni vitalistiche del Concilio Vaticano II per trincerarsi in una visione retrograda della società, i veleni e le lotte intestine, il vuoto di potere e di credibilità che si nasconde dietro la deriva assolutistica di papa Benedetto XVI. Hans Küng, l'autorevole "teologo ribelle", punta il dito contro le colpe e gli errori del Vaticano. Un'analisi impietosa che assume gli accenti di un appello accorato, un sincero richiamo alle origini del cristianesimo, a Gesù Cristo e alle parole del Vangelo, per esortare la Chiesa a condannare i propri sbagli e a tornare, viva, in mezzo alla sua gente.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
ISBN
9788858632550
Salviamo la Chiesa

Prefazione all’edizione BUR



Dall’uscita di Salviamo la Chiesa, nel 2011, la crisi della Chiesa cattolica si è acuita in modo drammatico. A fare da cupo sfondo alle varie discussioni ci sono sempre gli abusi sessuali all’interno del clero cattolico di tutto il mondo, che hanno inflitto un colpo senza precedenti alla credibilità non solo del clero ma anche dei papi e dei vescovi che li hanno occultati. Contemporaneamente, tuttavia, sia in Italia sia in Germania, si sono verificati altri avvenimenti che rappresentano altrettanti indicatori dell’aggravarsi della crisi.
In Germania, la tanto annunciata visita papale dell’autunno 2011 è avvenuta con un enorme dispendio di mezzi mediatici e di denaro; ma è stata una delusione per i tedeschi pronti alla riforma e per la grande maggioranza dell’opinione pubblica. Durante questo viaggio il papa si è pronunciato chiaramente sia contro le riforme strutturali della Chiesa cattolica sia contro un’intesa seria con le Chiese evangeliche. La delusione ha colto perciò anche i cristiani evangelici.
L’iniziativa di dialogo dei vescovi tedeschi che ne è seguita è finita in un vicolo cieco: nelle riunioni si poteva sì discutere e trattare temi critici, ma le questioni principali della riforma strutturale venivano ampiamente bloccate dalla gerarchia. Al Katholikentag 2012 di Mannheim, tuttavia, il malumore e la collera del popolo della Chiesa si è espresso con tutta la sua forza: i vescovi che si limitavano a scuse superficiali sono stati fischiati. In quell’occasione, le questioni critiche, comprese quelle inerenti alla riforma strutturale della Chiesa, sono state discusse pubblicamente, ma la delusione è stata grande lo stesso perché non si erano ancora fatti progressi in questo senso. Il rifiuto della riforma «dall’alto» ha avuto una conseguenza: i movimenti, che aspirano al rinnovamento «dal basso », godono ora di un consenso sempre maggiore e di uno spazio sempre più ampio anche sui media. Hanno ormai costituito una rete internazionale sul web e reagiscono in tutto il mondo alle iniziative di Roma.
In Italia la critica non aveva ancora raggiunto i picchi registrati a nord delle Alpi, ma soprattutto tre recentissimi sviluppi hanno richiamato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sulla crisi della Chiesa cattolica:
– la riconciliazione con la Fraternità sacerdotale san Pio X – una confraternita tradizionale, ultraconservatrice antidemocratica e antisemita –, portata avanti dal papa e dalla curia, incontra dubbi e perplessità crescenti. Ora, in Vaticano si deve prendere atto che non solo la consacrazione dei vescovi ordinati da monsignor Lefebvre è illecita, ma anche nulla dal punto di vista del diritto canonico. La maggioranza dei cattolici non è disposta a riconciliarsi con questi rappresentanti finché non accettano tutti i punti sostanziali del concilio Vaticano II, dalla riforma della liturgia alla libertà religiosa;
– il papa ha cercato di intervenire per mettere fine agli intrighi, in parte criminali della banca vaticana, lo Ior, ma da quanto è emerso di recente non c’è riuscito; il capo della banca vaticana nominato da non molto per eliminare gli abusi è stato destituito dal suo incarico nel maggio 2012 e si deve temere che lo Ior resti, oggi come ieri, sulla lista nera delle banche che operano il riciclaggio del denaro sporco;
– l’affare Vatileaks ha scosso la curia. Non si tratta solo del maggiordomo del papa, ma di difetti sistemici che rendono possibile un simile tradimento: non c’è trasparenza, dalle nomine dei vescovi all’economia finanziaria. Dalla nascita della curia romana nell’XI secolo le caratteristiche di questo sistema sono le consorterie, l’avidità di denaro, la corruzione e appunto l’abitudine a occultare i fatti. La curiosità di vedere come la giustizia vaticana verrà a capo di tutti questi scandali è legittima.
Summa summarum: le analisi critiche condotte in queste pagine hanno ricevuto una spiacevole conferma dagli avvenimenti recenti. Anzi, la crisi della Chiesa è ancora più drammatica di come è presentata nel libro. Ne consegue che è ancora più impellente la necessità di riforme fondamentali del sistema romano come quelle proposte con estrema concretezza nell’ultima parte del libro.
Nonostante tutte le delusioni e le difficoltà io mi mantengo fedele alla Chiesa cattolica, la mia Chiesa tanto provata. E faccio volentieri mio il titolo scelto per l’edizione italiana dalla casa editrice Rizzoli: «Salviamo la Chiesa!».
Tubinga, 1° febbraio 2011 Hans Küng

Cosa mi spinge a scrivere ora



Questo è un libro che avrei preferito non scrivere. Non è piacevole dover dedicare a quella che è rimasta la mia Chiesa una pubblicazione tanto critica nei suoi confronti. Mi riferisco alla Chiesa cattolica, la più grande, la più potente, la più internazionale, e in un certo senso perfino la più antica delle Chiese, la cui storia e le cui sorti influenzano anche tutte le altre.
Avrei preferito dedicare il mio tempo ad altre questioni e ad altri progetti che ho in agenda. Ma la restaurazione avvenuta negli ultimi trent’anni sotto il pontificato di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger con le sue conseguenze funeste e sempre più drammatiche anche per l’intero mondo ecumenico cristiano mi spinge ad assumere di nuovo il ruolo di critico del papa e riformatore della Chiesa; un ruolo che non amo affatto e spesso copre gli aspetti della mia opera teologica che ritengo più importanti.
La grande crisi della Chiesa
Nella situazione attuale non posso assumermi la responsabilità di tacere: da decenni, con successo alterno e, nell’ambito della gerarchia cattolica, modesto, richiamo l’attenzione sulla grande crisi che si è sviluppata all’interno della Chiesa, di fatto una crisi di leadership. È stato necessario che emergessero i numerosi casi di abusi sessuali in seno al clero cattolico, occultati per decenni da Roma e dai vescovi in tutto il mondo, perché questa crisi si palesasse agli occhi di tutti come una crisi sistemica che richiede una risposta su basi teologiche. La straordinaria messinscena delle grandi manifestazioni e dei viaggi papali (organizzati di volta in volta come «pellegrinaggi» o «visite di Stato»), tutte le circolari e le offensive mediatiche non riescono a creare l’illusione che non si tratti di una crisi durevole. Lo rivelano le centinaia di migliaia di persone che solo in Germania nel corso degli ultimi tre anni hanno abbandonato la Chiesa cattolica, e in genere la distanza sempre maggiore della popolazione rispetto all’istituzione ecclesiastica.
Lo ripeto: avrei preferito non scrivere questo libro. E non l’avrei scritto:
1)se si fosse avverata la speranza che papa Benedetto avrebbe indicato alla Chiesa e a tutti i cristiani la strada per proseguire nello spirito del concilio Vaticano II. L’idea era nata in me durante l’amichevole colloquio di quattro ore avuto con il mio ex collega di Tubinga a Castel Gandolfo, nel 2005. Ma Benedetto XVI ha continuato con testardaggine sulla via della restaurazione tracciata dal suo predecessore, prendendo le distanze dal concilio e dalla maggioranza del popolo della Chiesa in punti importanti e ha fallito riguardo agli abusi sessuali dei membri del clero in tutto il mondo;
2)se i vescovi si fossero davvero fatti carico della responsabilità collegiale nei confronti dell’intera Chiesa conferita loro dal concilio e si fossero espressi in questo senso con le parole e con i fatti. Ma sotto il pontificato di Wojtyla e Ratzinger la maggior parte di loro è tornata al ruolo di funzionari, semplici destinatari degli ordini vaticani, senza dimostrare un profilo autonomo e un’assunzione di responsabilità: anche le loro risposte ai recenti sviluppi all’interno della Chiesa sono state titubanti e poco convincenti;
3)se la categoria dei teologi si fosse opposta con forza, pubblicamente e facendo fronte comune, come accadeva un tempo, alla nuova repressione e all’influsso romano sulla scelta delle nuove generazioni di studiosi nelle facoltà universitarie e nei seminari. Ma la maggior parte dei teologi cattolici nutre il fondato timore che, a trattare criticamente in modo imparziale i temi divenuti tabù nell’ambito della dogmatica e della morale, si venga censurati e marginalizzati. Solo pochi osano sostenere la KirchenVolksBewegung, il Movimento popolare per la riforma della Chiesa cattolica diffuso a livello internazionale. E non ricevono sufficiente sostegno nemmeno dai teologi luterani e dai capi di quella Chiesa perché molti di loro liquidano le domande di riforma come problemi interni al cattolicesimo e nella prassi qualcuno talvolta antepone i buoni rapporti con Roma alla libertà del cristiano. Come in altre discussioni pubbliche, anche nei più recenti dibattiti sulla Chiesa cattolica e le altre Chiese la teologia ha avuto un ruolo ridotto e si è lasciata sfuggire la possibilità di reclamare in modo deciso le necessarie riforme.
Di cosa soffre la Chiesa
Da più parti mi pregano e mi incoraggiano di continuo a prendere una posizione chiara sul presente e il futuro della Chiesa cattolica. Così, alla fine, invece di pubblicare articoli sparsi sulla stampa, mi sono deciso a redigere uno scritto coeso ed esauriente per illustrare e motivare ciò che, dopo un’attenta analisi, considero il nocciolo della crisi: la Chiesa cattolica, questa grande comunità di credenti, è seriamente malata e la causa della sua malattia è il sistema di governo romano che si è affermato nel corso del secondo millennio superando tutte le opposizioni e regge ancora oggi. I suoi tratti salienti sono, come sarà dimostrato, il monopolio del potere e della verità, il giuridismo e il clericalismo, la sessuofobia e la misoginia e un uso della forza religioso e anche profano. Questo sistema è il responsabile, non l’unico certo, ma sicuramente il principale, dei tre grandi scismi del mondo cristiano: il primo, nell’XI secolo, tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente; il secondo, avvenuto in seno alla prima nel XVI secolo, tra cattolici e protestanti; il terzo scisma, infine, nei secoli XVIII e XIX, tra il cattolicesimo romano e il mondo moderno.
Si prenda tuttavia subito nota che io sono un teologo ecumenico e non ho affatto l’ossessione antipapale. In Cristianesimo. Essenza e storia (1994, trad. it. 1997) ho analizzato e illustrato in quasi un migliaio di pagine i diversi periodi, paradigmi e confessioni nella storia del cristianesimo e non si può assolutamente contestare che il papato è l’elemento centrale del paradigma cattolico-romano. Il ministero petrino, così come ha preso forma dalle origini, era e rimane per molti cristiani un’istituzione sensata. Ma a partire dall’XI secolo il papato si è trasformato sempre più in un’istituzione di stampo monarchico-assolutistico, che ha dominato la storia della Chiesa cattolica conducendo alle spaccature dell’ecumene che ho appena menzionato. Il potere del papato nella Chiesa, in costante aumento malgrado i contraccolpi politici e le sconfitte culturali, rappresenta il tratto cruciale della Chiesa cattolica, i cui punti nevralgici, da quell’epoca in poi, non sono tanto i problemi riguardanti la liturgia, la teologia, la devozione popolare, la vita monastica o l’arte, bensì quelli attinenti alla costituzione ecclesiastica, che la storia della Chiesa tradizionale non affronta né analizza con sufficiente spirito critico. E proprio di questi problemi dovrò trattare con particolare cura in questa sede, anche a causa della loro forza ecumenica dirompente.
JOSEPH RATZINGER, il papa attuale, e io eravamo entrambi i più giovani «periti» del concilio Vaticano II (1962-1965), che cercò di correggere il sistema romano in alcuni punti sostanziali. L’intento, purtroppo, fu realizzato solo in parte a causa della resistenza della curia. In epoca postconciliare Roma tornò sui suoi passi, rendendo il rinnovamento sempre più reversibile, un processo che negli ultimi anni ha condotto all’esplosione della preoccupante malattia della Chiesa cattolica che serpeggiava da tempo.
Gli scandali legati agli abusi sessuali del clero cattolico non sono che il suo sintomo più recente. Hanno assunto una dimensione tale che in ogni altra grande organizzazione avrebbero spinto a indagare a fondo e senza riserve le cause di una simile tragedia. Non è stato così all’interno della curia romana e dell’episcopato cattolico, i cui membri prima non hanno ammesso la propria corresponsabilità nell’occultamento sistematico di questi casi e in seguito non hanno nemmeno mostrato grande interesse – a parte poche eccezioni – a individuare i motivi storici e sistemici più profondi di una tale devastante aberrazione.
La deplorevole ostinazione e l’assenza di una volontà riformatrice della leadership cattolica attuale mi costringe a illustrare apertamente la verità storica a partire dalle origini cristiane per combattere tutte le amnesie, le dissimulazioni e gli occultamenti correnti. Questo approccio disilluderà i lettori meno informati dal punto di vista storico, soprattutto quelli cattolici tradizionali e forse anche i vescovi. Chi non si è ancora confrontato seriamente con i fatti della storia a volte si spaventerà per come sono andate le cose, per come le istituzioni e le costituzioni della Chiesa – e in particolare l’istituzione centrale cattolico-romana, il papato – siano «umane, troppo umane». Ma proprio questo è un aspetto positivo, significa infatti che tali istituzioni e costituzioni – incluso in particolare il papato – si possono modificare, sono riformabili in maniera radicale. Il papato non deve essere abolito, bensì rinnovato nel senso di un servizio petrino orientato alla Bibbia. Quello che deve essere abolito, invece, è il sistema di governo medievale romano. La mia «distruzione» critica è perciò al servizio della «costruzione», della riforma e del rinnovamento, nella speranza che la Chiesa cattolica, contro ogni apparenza, si mantenga vitale nel terzo millennio.
Non giudice ma terapeuta
Alcuni lettori si meraviglieranno che in questo libro si faccia continuamente uso di metafore tratte dalla medicina. C’è una ragione: parlando di salute e malattia le similitudini tra l’ente sociale Chiesa e l’organismo umano si impongono da sé. Inoltre, il linguaggio medico, rispetto per esempio a quello giuridico, mi permette di esprimermi meglio e più chiaramente: in questo libro di critica sullo stato della Chiesa non mi considero un giudice ma – in senso lato – una sorta di terapeuta.
La mia critica al sistema romano è molto pesante e naturalmente devo motivarla punto per punto. Secondo coscienza, dunque, in questo libro mi sforzerò sempre di fare una diagnosi onesta e scrupolosa e di consigliare una terapia efficace. Indubbiamente sarà spesso una medicina amara, ma la Chiesa ne ha bisogno se vuole guarire. Si tratta di una storia avvincente, ma come accade spesso con le malattie, per nulla piacevole. Mi esprimo senza mezzi termini non per dogmatismo o per smania di polemica, ma per soddisfare un dovere di coscienza, quello di rendere un servizio – l’ultimo, forse? – alla mia comunità ecclesiale, che ho cercato di servire per tutta la vita.
Da Roma, per esperienza, di fronte a un libro tanto scomodo faranno di tutto se non per condannarlo, almeno per farlo passare sotto silenzio. Spero pertanto nel sostegno della comunità ecclesiale e dell’opinione pubblica, dei teologi, e auspico anche dei vescovi disposti al dialogo, per destare la gerarchia romana – ostinata sulle sue posizioni ideologiche e quasi completamente tutelata sotto l’aspetto giuridico e finanziario – e indurla a non ignorare la patogenesi presentata nelle pagine seguenti, la spiegazione dello sviluppo e delle conseguenze della malattia di cui soffre la Chiesa cattolica, e a non continuare a rifiutare il dialogo e le terapie scomode che s’impongono. C’è speranza per la Chiesa, almeno in Germania?
Agenda per un «dialogo sul futuro»
Esortata dal più alto organo cattolico del Paese composto da laici, il Zentralkomitee der deutschen Katholiken (o ZdK, Comitato centrale dei cattolici tedeschi), la Conferenza episcopale tedesca, nell’autunno del 2010, in una lettera indirizzata a tutti i cattolici dopo la scioccante scoperta della decennale opera di occultamento degli abusi sessuali del clero, ha annunciato l’apertura di un «dialogo ecclesiale sul futuro» da svolgersi nell’arco di due anni. Questa iniziativa di dialogo, seppure tardiva – giunge circa cinquant’anni dopo il concilio Vaticano II – va accolta con soddisfazione perché esprime l’inquietudine dei vescovi di fronte alla frustrazione, all’opposizione e alla fuga del popolo cattolico in seguito agli scandali sessuali e all’immobilismo della Chiesa. Al dialogo dovrebbero partecipare la Conferenza episcopale, gli episcopati, le parrocchie e anche chi è lontano dalla fede.
Ma a cavallo tra 2010 e 2011 si è dovuto prendere atto che questa iniziativa aveva già subìto una battuta d’arresto perché i vescovi tedeschi non sono concordi. Alcuni di loro non riconoscono nemmeno il Comitato centrale dei cattolici tedeschi come partner per il dialogo e la cooperazione, per non parlare del movimento per la riforma della Chiesa cattolica «Noi Siamo Chiesa», una «voce» indipendente del «popolo di Dio» che ha raccolto oltre un milione di firme. I vescovi non sono riusciti ad accordarsi nemmeno su un messaggio da inviare alle parrocchie: l’hanno annunciato per fine novembre 2010, ma verrà inviato soltanto a marzo 2011.
I fedeli tuttavia si ricordano bene che simili iniziative di dialogo – anche in relazione a consultazioni prima delle nomine episcopali – sono già state messe in atto in passato, ma non hanno portato che delusioni, come successe tra l’altro con i risultati del sinodo di Würzburg (1971-1975) e di molti sinodi diocesani, «messi nel cassetto» dalla gerarchia e semplicemente non accettati da Roma. Perciò anche adesso molti cattolici hanno il sospetto che il «dialogo» annunciato dai vescovi sia solo...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Salviamo la Chiesa
  4. Ringraziamenti
  5. Bibliografia