Pensieri sul cristianesimo
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Pensieri sul cristianesimo

  1. 324 pagine
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Pensieri sul cristianesimo

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La summa delle teorie sulla fede e sulla religione di uno dei più importanti filosofi viventi. Qual è la distanza tra Cristo che spronava il giovane ricco a dare tutti i suoi averi ai poveri, e la Chiesa che oggi raccomanda mondanamente di donare il più possibile? Come si uniscono la lotta dichiarata contro ogni forma di totalitarismo e l'aspirazione a una "società cristiana", che totalitaria sarebbe per definizione? Quanto sono inconciliabili la fiducia nella "ragione naturale" e la necessità della Rivelazione? Emanuele Severino si addentra nella massa di contraddizioni che avvolge tanto la religione quanto la sua critica, e riflette sulla dottrina sociale della Chiesa, sulla possibilità della fede, sulle tante fedi che segnano il percorso dell'Occidente. Un libro che confronta le tesi dei maggiori pensatori della nostra storia – Socrate, Paolo, Agostino, Aristotele, Kant, Leopardi, Kierkegaard, Tommaso d'Aquino, Dostoevskij, senza dimenticare i documenti conciliari e papali – portando l'autore al paradosso di affermare che "l'ateo e Dio concordano sul senso delle cose".

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
ISBN
9788858620809

Avvertenza 2010

Nell’«Avvertenza» 1995, riportata qui di seguito, non ho da aggiungere nulla (salvo alcuni «ritocchi» cronologici). Le «aggiunte» autentiche sono piuttosto i libri che ho pubblicato in questi ultimi quindici anni, molti dei quali hanno attinenza con il tema del cristianesimo, trattato in queste pagine. Ne ricordo alcuni: L’anello del ritorno Adelphi 1995, Cosa arcana e stupenda. L’Occidente e Leopardi Rizzoli 1997 (Bur 2006), La buona fede Rizzoli 1999 (Bur 2008), La Gloria. Risoluzione di «Destino della necessità» Adelphi 2001, Oltre l’uomo e oltre Dio il melangolo 2002, Dall’Islam a Prometeo Rizzoli 2003, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa Rizzoli 2005, Sull’embrione Rizzoli 2005, Oltrepassare Adelphi 2007.
E.S.

Avvertenza

Il cristianesimo è un contenuto inevitabile del pensiero. La storia della nostra civiltà mostra, quando lo si sappia cogliere, un significato unitario che avvolge e penetra ogni forma storica e che tanto più si illumina quanto più grande è lo specchio che lo riflette: il cristianesimo è un grande specchio di quel significato. In un senso essenzialmente diverso da quello a cui Nietzsche e Heidegger si rivolgono, il significato unitario dell’Occidente è il nichilismo: il cristianesimo è un grande specchio del nichilismo.
Un tema, questo, presente in molti miei libri1 e che non può non esserlo anche in queste pagine. Nelle quali però, oltre alla rivisitazione, è proposto un ulteriore sviluppo delle complesse articolazioni in cui quel tema si dispiega.
Alcune parti di questo libro, che sostanzialmente si rivolge a un lettore non specialista, sono la rielaborazione di scritti composti in circostanze diverse.

1995
E.S.

I

Prologo (e epilogo)

Dialogo tra il Comandamento di non uccidere, l’Omicidio e la Gente

LA GENTE. Non se ne può più! Ogni giorno qui da noi viene ammazzato qualcuno! Non parliamo di quel che accade appena fuori dei confini e di tutte le guerre che stanno divampando nel mondo! Bisogna fare qualcosa!... Ma ecco il Comandamento di non uccidere che sta venendo qui..., tirandosi dietro un brutto tipo... Benvenuto! Che cosa dobbiamo fare?... ma chi è costui che ti segue?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Non uccidere! Ecco quel che dovete fare! Quanto al mio accompagnatore, egli è l’Omicidio, che mi trascino dietro perché sia condannato.
LA GENTE. Sì, condanniamolo. È ora di finirla! Lasciamogli dire le ultime volontà e intanto prepariamo la corda.
L’OMICIDIO. (Non parla e non sembra spaventato.)
LA GENTE. Sbrigati! Esprimi la tua ultima volontà... Ma perché te ne stai lì zitto?
L’OMICIDIO. Perché penso che l’ultima volontà siamo in due a doverla esprimere...
LA GENTE. Ti sembra il momento di scherzare?!
L’OMICIDIO. No, sto parlando sul serio. Penso che se a me tocca di dire le ultime volontà, tocca di dirle anche al Comandamento di non uccidere...
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Oh questa è bella! Che cosa c’entro io con te?
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L’OMICIDIO. A me pare che tu c’entri, eccome! Voglio dire che se io sono colpevole, lo sei anche tu.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Che miserabile sei! Voler mescolare la mia veneranda maestà con la sozzura della tua anima!
LA GENTE. Basta! Ecco la corda! Altrimenti ci racconterà la solita storiella che, siccome lo impicchiamo per fare giustizia, noi siamo come lui.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. No, state indietro! Proprio per la differenza che c’è tra me e lui, lasciamo che prima di pagare il conto si spieghi.
L’OMICIDIO. Non intendevo raccontare quella storiella. Pensavo a qualcosa di più sostanzioso, che comunque mi porta a ribadire che alla fin dei conti tu (e Chi ti manda e ti impone alla gente) la pensi come me e che nel fondo invisibile del tuo cuore tu gli uomini li uccidi proprio come faccio io alla luce del sole.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Sei un pazzo furioso!... Ma ti ascolteremo.
L’OMICIDIO. Vorrei farti prima una domanda. Tu che comandi di non uccidere, ignori o conosci che cos’è l’uomo?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Via! Lo conosco bene! Tanto che proibisco di ucciderlo!
L’OMICIDIO. Immagino che tu lo proibisca, perché uccidere un uomo equivale a violarne la natura.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Sì, una volta mi esprimevo in questi termini, soprattutto per bocca dei Dottori della Chiesa, che si rifacevano a Platone e Aristotele. Ma si può essere anche più semplici, e dire (tenendo fermo quel concetto) che uccidere equivale a trattare l’uomo come una semplice cosa.
L’OMICIDIO. D’accordo: l’uomo non è una semplice cosa. Tuttavia credo che anche per te l’uomo e le semplici cose abbiano qualcosa in comune. Voglio dire: tu, che proibisci di uccidere, credi o no che gli uomini nascono e muoiono e cioè incominciano e finiscono di essere, come le altre cose del mondo?
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IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Certo che lo credo! Lo credono tutti. Lo credi anche tu, che ti dai un bel da fare perché la loro morte si avveri.
L’OMICIDIO. Indubbiamente io mi do da fare. Ma anche tu, senza darlo a vedere, non scherzi...
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE.... E dàgli con le tue frottole!...
L’OMICIDIO. ... sì, sì, per il momento lasciamo stare; ora volevo ribadire soltanto che anche tu, come me, sei convinto che l’uomo, come tutte le cose del mondo, incomincia ad esistere e finisce di esistere. Ma dimmi: poiché tu proibisci l’omicidio perché è contro natura, che nome dai a quel modo di vivere che rispetta e si adegua ed è conforme alla natura dell’uomo?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Dirò che si chiama vita buona e vita giusta, e chiamerò buono e giusto chi la pratica.
L’OMICIDIO. Quindi chiamerai buono e giusto chi asseconda e favorisce la natura delle cose e dà loro quel che loro spetta.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Certo. Tanto che i sapienti di una volta dicevano che la giustizia è (per usare un’espressione di Tommaso d’Aquino, a cui la Chiesa cattolica continua a ispirarsi) perpetua et constans voluntas ius suum unicuique tribuere, ossia è la volontà perpetua e costante di dare a ciascuno (e a ciascuna cosa) quanto gli spetta; il suo ius, il suo “diritto”.
L’OMICIDIO. Mi pare che tu voglia dire che all’acqua si riconoscono i suoi diritti quando la si tratta come acqua, e non come fuoco o pietra; e al fuoco si riconoscono i suoi diritti quando lo si tratta come fuoco e non come acqua o pietra; e così per tutte le altre cose. E che quindi all’uomo si riconoscono i suoi diritti – il suo ius, come tu dici – quando lo si tratta come uomo e non come semplice cosa, ossia come acqua, fuoco, pietra, o come merce.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Proprio così.
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L’OMICIDIO. E allora dimmi se sbaglio o penso bene quando ritengo che alla natura del fuoco ci si adegua, e si è quindi buoni e giusti con lui, non solo quando lo si accende, ma anche quando lo si spegne.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Pensi bene. Anche perché se, spegnendolo, non si fosse buoni e giusti con lui, per tenerlo sempre in vita occorrerebbe la legna di tutti i boschi della terra e ci troveremmo ad essere sommamente cattivi e ingiusti con la legna. E poi, anche bruciandola tutta non riusciremmo mai nel nostro intento di tenere il fuoco sempre acceso e di essere a questa maniera buoni e giusti con lui.
L’OMICIDIO. Certo, il fuoco, prima o poi, si spegne. Come tutte le cose. Concordavamo infatti, prima, nel dire che tutte le cose del mondo incominciano ad essere e finiscono di essere... Ma ora sta’ a sentire (se mi lasci andare avanti ancora un po’). Mi sembra che tu ed io siamo d’accordo su questo punto: che alla fin fine, la natura fondamentale di tutte le cose del mondo è appunto il loro essere sottoposte a nascita e a morte. Perché, con tutti i progressi della scienza, siam venuti a sapere che sapere veramente quale sia la natura dell’acqua, della pietra, del fuoco e dell’uomo è impresa disperata; mentre si va sul sicuro, e con la benedizione della scienza e di tutta la cultura antica e moderna, se diciamo, come dicevamo, che la natura fondamentale, cioè l’essenza di tutte le cose del mondo, e quindi anche di quella cosa sui generis che è l’uomo, è il loro essere destinato alla nascita e alla morte.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Sì, dici bene. L’essenza di tutte le cose del mondo è il loro divenire, il loro passare dal non essere all’essere, per tornare al non essere. Sì, questa è la loro natura fondamentale.
L’OMICIDIO. Bene! Ma ora sta’ attento: non avevamo detto prima che vita buona e giusta è quella che si adegua e rispetta ed è conforme alla natura delle cose, e che buono e giusto è chi pratica questo tipo di vita?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Che intendi dire?
L’OMICIDIO. Quello che ho detto; e su cui ci siamo trovati fin qui tutti e due d’accordo. Comunque, ripercorriamo insieme la strada. Bontà e giustizia è rispettare e favorire la natura delle cose. E – dicevamo – la natura fondamentale delle cose del mondo è di nascere e morire. Appunto per questo non si è cattivi e ingiusti col fuoco né quando lo si accende e nemmeno quando lo si spegne. Anche quando lo si spegne ci si adegua e si rispetta e si favorisce la sua natura mortale.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. E allora?
L’OMICIDIO. Ma allora non vedi, mio caro, che quel che dicevamo del fuoco lo dobbiamo dire anche di ogni altra cosa e di ogni natura mortale, e dunque anche dell’uomo?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Ma l’uomo non è una semplice cosa!
L’OMICIDIO. Certo, ma prima hai convenuto che, pur essendo molto diverso dalle semplici cose, l’uomo ha in comune con esse il destino di morire e di nascere. Anche l’uomo, cioè, ha una natura mortale. O adesso ti tiri indietro?
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. No, non mi tiro indietro. Anche l’uomo incomincia e finisce di essere. (E Chi ha inventato me e i miei nove fratelli ha voluto che anche l’uomo, come le altre cose, fosse una “creatura”.)
L’OMICIDIO. Ma allora, se così stanno le cose, eccomi alla conclusione. Come noi ci adeguiamo e favoriamo la natura fondamentale del fuoco, e siamo dunque buoni e giusti con lui non solo quando lo accendiamo ma anche quando lo spegniamo, allo stesso modo dobbiamo dire che ci adeguiamo e favoriamo e rispettiamo la natura fondamentale dell’uomo, e siamo buoni e giusti con lui, non solo quando lo facciamo nascere e lo produciamo e lo fabbrichiamo (e lo manipoliamo e trasformiamo) con le mille diavolerie consentite dal progresso della scienza e della tecnica, ma anche quando lo uccidiamo, distruggiamo, devastiamo in tutti i modi che siamo capaci di praticare (anche in questo caso con l’aiuto della tecnica).
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Sei un ignobile e stupido pazzo, perché non vuoi ricordarti che l’uomo vuol vivere, e “favorendone” la morte, come dici tu, tu non ti adegui alla sua volontà di vivere (che un tempo veniva chiamata “inclinazione naturale”), ma pratichi la violenza più orrenda sulla sua natura!
L’OMICIDIO. Capisco. Ma, nel divenire delle cose, la volontà di vivere non si trova in un limbo: essa è ostacolata da forze e da volontà ostili (umane, naturali, e anche divine) che mirano a distruggerla. Essere destinato alla morte significa cioè, per l’uomo, essere in lotta e alla fine sopraffatto da altre forze e volontà. (E il tuo Dio, che è anche il mio, è l’artefice supremo di questa grave distruzione di uomini e cose.) La natura fondamentale dell’uomo, cioè l’incominciare ad essere e il finire, è appunto questa lotta; e quindi la violenza omicida non si adegua certo e non favorisce la volontà di sopravvivenza di chi è ucciso, ma si adegua e favorisce il conflitto in cui tale volontà è coinvolta e al di fuori del quale essa non esiste; e cioè, daccapo, favorisce la natura fondamentale di chi è ucciso, e dunque tale violenza è buona e giusta con lui.
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE.... Semplifichi troppo il problema. D’altra parte hai già parlato abbastanza.
L’OMICIDIO. Finisco subito e poi mi impiccherete. Il motivo in base al quale abbiamo concluso che fabbricare e distruggere l’uomo è cosa buona e giusta è dato, abbiamo visto, dalla nostra convinzione che la natura fondamentale dell’uomo, come quella di tutte le altre cose, è il suo incominciare e finire di esistere. Questa convinzione mi pervade e mi estasia. Ma pervade ed estasia anche te, mio caro, che – me l’hai detto or ora – non ti tiri indietro. Questa convinzione è l’anima di ogni fabbricazione e di ogni distruzione dell’uomo. È l’anima di ogni omicidio. È la mia anima. Ma, caro Comandamento di non uccidere, abbiamo assodato che è anche la tua anima... (ed è anche l’anima di quel gran Fabbricatore e Distruttore di cose e di uomini che è il nostro Dio), ed è la tua anima, sia che tu ti faccia portavoce della “fede”, sia che tu voglia essere invece portavoce della “ragione”... Vedi allora se ero così avventato a dirti quello che ti dicevo all’inizio...
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IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Che cosa?
L’OMICIDIO. Che se mi tocca di dire le ultime volontà, allora anche tu devi fare altrettanto (e, perbacco, anche Dio deve farlo); e che anche tu la pensi come me; e che nel fondo invisibile del tuo cuore tu (divinamente ispirato) gli uomini li uccidi proprio e anche meglio di come faccio io alla luce del sole. Giacché – diciamola dunque questa gran verità – il modo più genuino e originario di uccidere l’uomo è proprio quello di credere che egli sia destinato alla morte, alla consunzione della sua esistenza...
LA GENTE. (Mettono la corda attorno al collo dell’Omicidio e incominciano a tirare.)
L’OMICIDIO. (Con voce strozzata) ... la radice dell’omicidio è proprio la convinzione che le cose incominciano e finiscono, quella convinzione che tu hai in comune con me e io ho in comune con tutte le forme più nobili e venerande della nostra cultura e della nostra civiltà..., preparate una seconda corda!...
IL COMANDAMENTO DI NON UCCIDERE. Fermi tutti! Tiratelo giù! Oggi sono andato molto in giro per il mondo e sono stanco. Ma che non scappi. E per questa notte dormiamoci sopra.

II

Il giovane ricco

Per quanto temibile, la minaccia della proliferazione nucleare appartiene a un fenomeno più ampio e complesso: la pressione che il Terzo Mondo esercita da tempo sulle società avanzate del Pianeta per ridurne il predominio e partecipare al godimento delle loro ricchezze. Gli Stati Uniti continuano a tenere sotto controllo l’Iraq soprattutto per evitare che questo Paese venga a disporre di un armamento atomico; e tale intento è ancora più esplicito nei confronti di Paesi come la Corea del Nord. Ma questi episodi, pur rilevanti, si inscrivono nel grande problema del nostro tempo: lo spostamento della conflittualità planetaria dall’asse Est-Ovest all’asse Nord-Sud (cfr. E.S., La bilancia, Rizzoli, 1992).
La Chiesa cattolica partecipa attivamente e con autorità alla discussione di questo problema e al tentativo di risolverlo. In sostanza essa sollecita, alla luce del principio evangelico della carità, una redistribuzione delle ricchezze del mondo. I ricchi devono dare ai poveri. E non devono pretendere, per dare di meno o per non dare affatto, che il numero dei poveri non abbia a crescere. Non devono pretendere, per il loro egoismo, quel contenimento demografico che la Chiesa cattolica vede come un’ulteriore violazione della legge divina.
A questa sollecitazione evangelica si risponde spesso dicendo che se i popoli ricchi facessero quello che vuole la Chiesa, rovinerebbero la propria economia e trascinerebbero con sé nel baratro anche tutti gli altri. È un discorso, questo, che presuppone la dipendenza economica del Terzo Mondo dal Nord del Pianeta. Ed è indubbio che all’interno dell’economia capitalistica questa dipendenza sussiste. Si tratta però di vedere, replicano altri, se la sopravvivenza dell’uomo, e in particolare dell’uomo non occidentale, sia inevitabilmente legata alle forme e alle procedure dell’economia capitalistica. Ma va osservato che se questo legame non sussistesse – dopotutto, si dice, i popoli ricchi fanno ben poco per quelli poveri, i quali peraltro riescono a sopravvivere e a crescere in modo vertiginoso –, i ricchi non avrebbero più il dovere di aiutare i poveri e tanto meno di mettere a repentaglio, per questo, le proprie economie. Avrebbero piuttosto il dovere di tenersi il più possibile alla larga dei poveri.
Ma come stanno effettivamente le cose nei rapporti tra società avanzate e sottosviluppate? Oggi sono quasi tutti convinti che a rispondere a questo tipo di domande possa essere soltanto la scienza economica, e propriamente l’economia politica. Anche la Chiesa ne è convinta. Sul piano sessuale e del controllo demografico, per stabilire che cosa sia “naturale” e che cosa invece “contro natura” la Chiesa si affida alle scienze medico-biologiche. Analogamente, è alle scienze economiche e sociali che la Chiesa si affida per stabilire se i Paesi sottosviluppati abbiano o meno bisogno, per sopravvivere, dell’aiuto delle società capitalistiche.
A quanto sembra, la Chiesa si affida alla scienza economica ufficiale, per la quale è una follia che la razza umana possa sopravvivere al di fuori e indipendentemente dalle forme economiche del capitalismo. Dicendo che i popoli ricchi devono dare a quelli poveri, la Chiesa mostra infatti di ritenere che quest’ultimi, appunto, non potrebbero continuare a vivere senza l’aiuto dell...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Pensieri sul cristianesimo