Il tempo e il tempio
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Il tempo e il tempio

Dio e l'uomo

  1. 128 pagine
  2. Italian
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Il tempo e il tempio

Dio e l'uomo

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Informazioni sul libro

Il libro raccoglie meditazioni tenute tra il novembre 1994 e il marzo 1995 e rappresenta una sorta di breve sintesi ideale di quanto don Giussani ha inteso comunicare ai giovani, condividendo con loro bisogni e attese. La vocazione di ogni cristiano battezzato è come la chiamata degli apostoli: non dipende da noi, né ha bisogno di condizioni particolari, ma avviene per l'incontro con una presenza eccezionale dentro un luogo e in un tempo. Il tempio, nel tempo. Questo metodo ha implicazioni quotidiane, a ogni istante. Non c'è più nulla di inutile, e tutto rivela una positività ultima. Sorge, in chi così inizia a seguire il metodo di Dio, una nuova moralità, come avvenne per Simone quando, a Cristo che l'interrogava, rispose: "Sì, lo sai che ti amo". E tutta la vita diviene l'offerta di ogni istante per la gloria di Cristo, perché a Lui sia riconosciuta la capacità di salvare il presente del tempo. Ciò che invece tutta l'epoca moderna cerca, nelle sue più acute espressioni, di negare.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
ISBN
9788858623015

1

DIO: IL TEMPIO E IL TEMPO

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La conversazione di questa mattina è un dialogo che voglio istituire tra me e voi che farete la professione1 stasera. Ma, più profondamente, anche se c’è il pericolo che si realizzi sordamente, è un dialogo di richiamo con chi, per dono di Dio chiamato come voi, già anni e anni, e molti anni, ha passato nella grande possibilità di quelle quattro mura della casa; per rozzezza dello spirito, che produce inintelligenza e insensibilità, il tempo può essere passato in una distrazione, che non è tuttavia un’obiezione talmente radicale da istituire un tradimento, che è la parola esattamente contraria a professione.
«Professione» è affermare davanti al mondo e «tradimento» è negare di fronte al mondo. Il «di fronte al mondo» è sinonimo del «davanti a Dio», perché è nel mondo che conosciamo Dio, è nel mondo che noi camminiamo verso Dio, è nel mondo che noi glorifichiamo Cristo, è nel mondo che noi costruiamo il regno di Cristo. Il mondo non è Dio, ma è il luogo di Dio: questo mondo.
Vorrei che quello che diremo stamattina, lentamente incominciasse a gocciolare nella vostra anima, originalmente arida, di una aridità che ha sete, e spoglia, perché deve essere rivestita di verzura, di freschezza, di questa «casa», cui abbiamo accennato ieri sera, come il pezzo di tempo e di spazio, il pezzo di mondo, il pezzo di storia che vi interessa, che attraversa ed entra nel vostro essere, proprio come il luogo dove si dimostra, si espone come in una mostra, si mostra Cristo come Re dell’universo.
Ora, di questa casa, che anticamente era segnata col termine dimora o tempio, qual è la legge? La legge è la descrizione di un meccanismo stabile, di un dinamismo stabile, come dicevo tanti anni fa, quando facevo scuola di religione; se c’è una vita, la legge è la descrizione del dinamismo della vita, segnala il perché la vita cresce, segnala quando la vita cresce e quanto la vita cresce.
La legge. Qual è la legge dinamica perché la casa sia casa? Qual è la legge dinamica per lo sviluppo della casa? Tutto ciò che Dio permette è per uno sviluppo, per una vita, per una storia, per un destino; dalle Sue mani tutto esce come seme, come promessa. Qual è la legge dinamica dell’essere e dello sviluppo della casa? Spero sia chiara la domanda.
C’è un libro scritto per richiamare l’umanità proprio a questo avvenimento, all’avvenimento dell’organismo intero che Dio ha destato perché sia e resti nel mondo il punto di richiamo e il traguardo di sviluppo, la partenza e lo scopo di tutto. C’è un libro scritto per richiamare l’umanità all’avvenimento di questo grande organismo di cui cerchiamo la legge, la legge generativa, la legge che lo protegge da tutto il resto e che fa vincere tutte le resistenze, che non tira via le resistenze, ma fa vincere tutte le resistenze per portarlo a compimento, per portarlo al giorno della giustizia, nel grande giorno di Cristo, il giorno dell’Apocalisse. Questo libro – è chiaro – è la Bibbia. Infatti, tutta la storia del popolo ebraico è il preavviso di ciò che sarebbe successo a tutta l’umanità. Perciò, leggendo con intelligenza e umiltà – e affetto verso il mistero dell’Essere, verso il mistero del Padre – la storia del popolo ebraico, si possono benissimo osservare queste linee di sviluppo, questi contrassegni di scopo. San Paolo chiama la storia del popolo ebraico «il grande pedagogo», il grande maestro che Dio ha creato, formulato, assistito, destinato per preparare l’umanità.2
Badate che la preparazione che il popolo ebraico è per l’Avvenimento grande, la pedagogia che esso rappresenta, vale più per noi, che veniamo dopo, che non per la gente di allora, che non conobbe e non riconobbe il significato del popolo ebraico. Ma il popolo ebraico con la sua storia fu fatto da Dio come pedagogia, come introduzione illuminante la natura del Suo intervento nel mondo, la natura del Suo intervento nella storia. Questa preparazione è fatta più per noi che per quelli di allora. È fatta per tutti, ma per quelli di allora fu come un baluginare nelle tenebre della nebbia; per noi è la verifica di una giornata serena, di una giornata dove la luce è già apparsa e ha già fatto tanto cammino il sole, forse tracciando il suo solco dentro lo spazio della nostra distrazione, ma il percorso lo ha fatto. In ogni momento tu ti puoi redimere e accorgere di quello di cui non ti eri mai accorto. E la parola «casa» è centrale per questo accorgimento, per questa scoperta, per questo ritorno tuo.
Bene, il regno di Cristo è come un grande organismo che ha avuto una legge di essere e di sviluppo: una legge creativa di esso, del suo principio e, quindi, della sua crescita, fino al raggiungimento del suo destino, del suo fine, che è la gloria totale di Cristo. Questa legge possiamo chiamarla la legge della scelta o della elezione.
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Perché Cristo sia tutto in tutti, perché Cristo appaia tutto in tutti, perché la gloria di Cristo appaia come la forma e il contenuto di tutte le cose – «tutto in Lui consiste» 3 –, perché questo appaia, c’è, operata da Dio, dal Mistero, dal Padre, una scelta o elezione. Al di fuori di questa scelta o elezione non può esserci che la realtà di una folla di pezzenti, di mendicanti, che raccolgono le briciole che cadono dalla mensa dei figli, esattamente come diceva la cananea: anche i cani possono cibarsi delle briciole che cadono dalla mensa dei figli.
Vediamo, dunque, di accennare al progressivo arricchimento del contenuto oggettivo di questo gesto del Padre, del Mistero, che si chiama scelta, elezione o chiamata. È da questo che tutto parte. Infatti, la grande chiamata, la grande elezione, la grande scelta che Dio ha fatto per il suo disegno nel mondo è la chiamata, la elezione di Cristo, l’uomo che diceva: «Quello che vedo fare dal Padre mio, io faccio sempre. Io non faccio altro che quello che vedo fare dal Padre mio». Rileggete al riguardo i capitoli 5, 6, 7 e 8 di san Giovanni: «Per questo sono stato mandato»: scelta, elezione, missione.
Ma, premesso questo accenno, quasi intimidito e furtivo, alla grande chiamata che tutto raccoglie e tutto spiega – il mondo, la vita di ogni uomo e di tutti gli uomini, di tutti i popoli, le stesse movenze dei popoli, le stesse grandi migrazioni dei popoli hanno come scopo, dice san Paolo nell’Areopago di Atene, la ricerca del disegno di Dio, la ricerca di Dio, cioè la ricerca del disegno che Dio ha sopra il loro esistere, il loro muoversi4 – ; lasciatolo da parte, cioè lasciata inscritta dentro la volta del cielo, che illumina i nostri passi, questa misteriosa ed eterna elezione di Cristo, vediamo nella storia, in quella storia che porta il nome del mese e il numero dell’anno in cui tu sei nato, in cui io sono nato, in questa storia, nella storia degli uomini, nella storia del mondo, nella storia-storia, vediamo come questa elezione, questa chiamata, che poi diventerà, lo diremo, missione, si può tradurre in elenco, nel senso greco della parola.


Primo. L’elezione della Madonna, la scelta di questa giovane donna di 15-17 anni, perché fosse e creasse la prima dimora di Dio nel mondo, il primo tempio di Dio nel mondo, del Dio vero e vivo; perché fosse la prima casa di Dio nel mondo. Maria, tu sei la prima casa di Dio nel mondo, il primo contesto, il primo àmbito, il primo luogo in cui tutto ciò che c’era era di Dio, di Dio che veniva a vivere tra di noi. Tutto ciò che tu sei – tutto! – è per Dio, dimora Sua. Non c’è nessuna falsità in te: «Gratia plena». Il dono di Dio, la scelta di Dio ti ha resa pura tutta; anzi, più che resa, ti ha fatta pura tutta: «Gratia plėna». Perciò sei la bellissima, perché la bellezza è lo splendore della verità: bellissima!
E Nazareth, la casa di Nazareth – che è la cosa che più colpisce in un pellegrinaggio in Palestina; di tutte le cose mi pare che questa sia quella che colpisce di più: quando uno, da poco più in alto, legge sotto: «Il Verbo qui si è reso carne» (Verbum caro hic factum est); qui, qui!, «casa» – ; la casa di Nazareth è il primo sviluppo di quella casa che è il seno di Maria, che è Maria. È il primo sviluppo di quella personalità investita totalmente, che totalmente era per Cristo: fatta, esistente, viva, vivente, creativa, piena di grazie, perché Cristo sia riconosciuto. La casa di Nazareth è il primo sviluppo della casa che è la Madonna.
E pensare, ragazzi, che tre nostri amici hanno fatto una casa a Nazareth quest’anno! Non è questo un segno che ci deve scuotere? Non è un segno di Dio, per il quale nulla accade a vuoto – queste cose, poi, figuratevi! –, non è un segno che vuole che ci risvegliamo tutti, che si risveglino tutti i Memores Domini, perché compiano la loro missione nel mondo con più intelligenza, con più affezione, con più creatività, con più presenza e non con l’opacità in cui annegano la maggior parte delle loro giornate? Ogni frase che in me sembri recriminazione, amici miei, oggi, per rispetto a voi, è un richiamo a voi, è un augurio fatto a voi! Non permane come recriminazione fatta ai vostri compagni maggiori, e a me stesso, quindi.


Secondo. Guardate che questi punti sono quadri da meditare, pezzi di storia da meditare, con cui immedesimarsi, perché ciò che vive oggi vive come sviluppo di quello che abbiamo appena richiamato, che è presente, quindi, e sta all’oggi come la radice sta alla sua pianta. Abbiamo detto di questa realtà della casa di Nazareth, di questa dimora di Nazareth, realtà di tempo e di spazio in cui tutto è per Cristo. E chi è il mediatore, il demiurgo, che rende quello che c’è nel suo ambito tutto per Cristo? L’uomo, l’uomo chiamato! Questo rinnova il mondo, questo partecipa alla redenzione del mondo, questo è il redentore del mondo in atto, che si vede: l’uomo chiamato, l’uomo eletto, tu che rispondi.
Questa realtà della casa di Nazareth si è diffusa in tutto il mondo. Si è diffusa: noi già possiamo dir questo! San Paolo, diceva: «si diffonde», «sta diffondendosi».5 Noi possiamo dire che «si è diffusa» in tutto il mondo – abbiamo due case in Siberia, una casa a Mosca, due case a New York, case e case nell’America del Sud, in Kenia e in Uganda.
Questa realtà della casa di Nazareth si è diffusa in tutto il mondo attraverso la elezione di uomini fatti tutti insieme come una forma unica – la Chiesa –, come una realtà unica: come il corpo di Cristo che si dilata nel tempo e nello spazio, come Colui che è nato dalla Madonna, nella sua continua nascita dentro il mondo. È la Chiesa, l’avvenimento che diventa presente nel mondo, presente al mondo, in tutti i momenti, anni, mesi, giorni, ore, minuti, della sua storia: la Chiesa, corpo misterioso di Cristo.

A questo secondo punto segue un nota bene. Amici miei, di quanta emozione, di quanta commozione, di quanto rimorso, di quanto pentimento, di quanto dolore e di quanta gioia è consapevolmente fatta ogni parola che dico! In tanti anni di vita! Non solo per me, ma anche per i vostri compagni maggiori che hanno la responsabilità di condurre la vostra persona e la vostra compagnia. Ogni parola che dico vuole essere l’ultima parola sulle cose cui accenno, sul tempo cui accenno, sulla realtà dell’uomo che cammina, sul mondo e sulla storia; vuole essere la definizione del destino vostro, del destino vostro in questo mondo e alla fine di questo mondo, quando Cristo sarà, finalmente, tutto in tutti, e tutti Lo vedranno e diranno: «Avevate ragione voi!». Ma già lo dicono, già lo dicono tanti. Li avete sentiti magari anche voi, e la lettera di cui darò lettura alla fine, se avanza tempo, sarà un esempio – fra mille – mirabile. Quelle che vi sembrano frasi dette, sono cose immense, da guardare e da scoprire, da abbracciare, da amare, in cui penetrare come in un lungo viaggio (che è molto meglio di tutti i viaggi turistici che sognate e anche di tutti i pellegrinaggi che sostituiscono, come pretesto, desideri turistici).
Ecco dunque il nota bene. Qual è la forza che permette questo continuo sviluppo, il continuo sviluppo di quell’ organismo, il continuo permanere e rinnovarsi e moltiplicarsi di quelle dimore, delle case, che permette cioè il dilatarsi della Chiesa? Ciò che permette questo continuo sviluppo è il Fatto, l’Ospite di quella casa che fu il seno della Madonna. Quest’Ospite, Re dell’universo, «cunctorum dominator alme»,6 l’Ospite di quella casa che fu il seno della Madonna è morto in croce perché così avvenisse, ed è resuscitato perché tutti capissero che Egli è il Re dell’universo. E dopo poche settimane salì al cielo, cioè discese alla profondità dove le cose nascono, dove tutto è generato, dove tutto è creato, istante per istante, tutto. E da lì manda il suo Spirito nel mondo, che è Spirito creatore: «Veni, creator Spiritus». Il culmine e il senso di questa creazione del suo Spirito, che come vento investe la realtà mondana, la realtà del tempo e dello spazio, la investe trasformandola continuamente, tale culmine è il dilatarsi della Sua Chiesa e il moltiplicarsi delle Sue case, delle Sue dimore. Questa è la storia che porta il senso del mondo, è la storia che porta il senso della storia del mondo. E noi siamo tra quelli che sono stati chiamati: neanche uno è qui che non lo sia stato, neanche tu, fossi lì lì per andartene. Vale più questo, questa parola mia è molto più decisiva, giudicatrice, fattrice, creatrice, di qualsiasi verbo di donna o di uomo.


Terzo. La grande dimora della Chiesa si incarna – per usare il termine con cui viene definito il grande Avvenimento originale per cui tutto è nato e da cui tutto nasce: il Verbo si incarna nel seno di una giovane donna –, la grande dimora della Chiesa si incarna, si realizza; si incarna, cioè si realizza, diventa esistente in terminali capillari (come le vene terminano in sottilissimi capillari), per cui diventa presente in ogni ambiente particolare, in ogni ambiente scelto dal disegno di Dio: il Tibet è promesso, non ancora scelto.
La grande dimora della Chiesa si incarna, si realizza in terminali capillari dentro ogni ambiente particolare, scelto. E, soprattutto, dentro le case, le dimore. Prendiamo queste case, queste dimore in cui i terminali sono veramente terminali e definiscono, fanno capire, la stoffa dell’ambiente in cui si è, del popolo cui si appartiene; queste case, o dimore, possono essere di due specie:
a) la casa di coloro che sono chiamati a fare famiglia e quindi (attenzione!) a plasmare lo strumento – la famiglia è strumento –, a plasmare lo strumento generatore da cui esce il soggetto di tutta l’azione storica, il protagonista del disegno di Dio, che è l’uomo. Questa è la vocazione normale, senza della quale finirebbe la storia: la famiglia, radice del perenne sviluppo della storia, casa di Gesù, dimora del Figlio dell’Uomo;
b) il monastero, che è la parola etimologicamente più significativa tra tutte, perché monastero deriva da monos, solo, solingo, solitario, solo. Il rapporto della umanità con Dio, con il Mistero, diventa infatti coscienza, libertà e amore nel singolo uomo: diventa un «io» nuovo. Ma «monastero» vuol dire tanti «io» che stanno insieme. Anche l’esempio dell’eremita ha una provvisorietà che non fa legge: tutti questi monoi, in un modo o nell’ altro, esprimono e documentano il loro essere una cosa sola tra di loro nella Chiesa di Dio: si mettono insieme. Ecco allora la seconda parola analoga alla parola monastero: «convento» – mettersi insieme –, o compagnia, o famiglia, o casa.
Monastero, convento o casa, secondo la varia modalità della chiamata: chi andasse con padre Emmanuel va in convento, chi andasse con madre Rosy va in monastero, chi andasse con Dario va in una casa.
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Monastero, convento, o casa: fatti, creati, costruiti, generati da chi è stato scelto come pietra viva. Scelto per che cosa? Scelto come pietra viva a formare, a generare una esistenza sperimentabile a tutti, con la quale si dimostri, per la sua stessa forma visibile, che Egli solo è. Nel monastero, nel convento o nelle case, queste pietre vive, coloro che sono stati chiamati e scelti sono stati chiamati a dimostrare con la stessa forma visibile della loro vita – tu che fai la professione oggi sei chiamato a dimostrare con la forma visibile della tua vita, solo con la stessa forma visibile della tua vita – che Egli solo è; cioè che Cristo è...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INTRODUZIONE
  5. 1 - DIO: IL TEMPIO E IL TEMPO
  6. 2 - RICONOSCERE CRISTO
  7. 3 - DIO E L’UOMO
  8. 4 - NEL TEMPO E NEL TEMPIO IL SOGGETTO: L’IO
  9. APPENDICE