I segreti di Karol Wojtyla
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I segreti di Karol Wojtyla

  1. 238 pagine
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I segreti di Karol Wojtyla

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Giovanni Paolo II è stato il primo slavo sulla Cattedra di Pietro, il primo straniero da 500 anni, uno dei papi più giovani per uno dei pontificati più lunghi della storia della Chiesa. Ha contribuito alla caduta pacifica dei sistemi totalitari del blocco comunista, ha portato la Chiesa nel terzo millennio e ha ridato forza al Papato. Ma il suo è stato anche un pontificato annunciato e accompagnato da una serie stupefacente di profezie, di mistici, di avvenimenti soprannaturali vissuti da lui stesso. Antonio Socci lo rivela per la prima volta attraverso testimonianze inedite offrendoci il ritratto inaspettato di un uomo che ha segnato il nostro tempo e che ha percorso sino in fondo il cammino della santità. ANTONIO SOCCI (Siena 1959), giornalista e saggista, è stato vicedirettore di RaiDue, per cui ha ideato e condotto il programma Excalibur. Attualmente per la Rai dirige la Scuola superiore di giornalismo radiotelevisivo di Perugia; collabora con "Libero" e "Il Foglio".

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
ISBN
9788858601785

Da Medjugorje a Civitavecchia:
qual è il messaggio?

«Non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo, anche attraverso persone semplici e segni straordinari che rivelano l’insufficienza di una cultura come la nostra, marchiata di razionalismo.»
Joseph Ratzinzger

La fine o un nuovo inizio?

Alla luce di queste analisi oggettive, anche di laici, tornando ora all’affresco tracciato dal cardinale Dias, si comprende perché, nelle moderne apparizioni della Madonna, egli veda un soccorso speciale alla Chiesa e all’umanità che si trovano in un’epoca di pericolo mortale, forse la più drammatica della storia cristiana.
Era specialmente Giovanni Paolo II a ritenere che queste apparizioni moderne facessero parte di un unico disegno, di un grande soccorso della Madre di Dio all’umanità del nostro tempo. E che la sola speranza di salvezza (anche terrena) per l’umanità passasse attraverso la Madonna:
Il modo in cui Maria partecipa alla vittoria di Cristo io l’ho conosciuto innanzitutto dall’esperienza della mia nazione. Dalla bocca del cardinale Stefan Wyszyn´ski sapevo anche che il suo predecessore, il cardinale August Hlond, morendo, aveva pronunciato queste significative parole: “La vittoria, se verrà, verrà per mezzo di Maria”. Durante il mio ministero pastorale in Polonia sono stato testimone del modo in cui quelle parole andavano realizzandosi. Mentre entravo nei problemi della Chiesa universale, con l’elezione a Papa, portavo con me una simile convinzione: che, cioè, anche in questa dimensione universale, la vittoria, se verrà, sarà riportata da Maria. Cristo vincerà per mezzo di lei, perché Egli vuole che la vittoria della Chiesa nel mondo contemporaneo e in quello futuro siano unite a lei. Avevo, dunque, tale convinzione, anche se allora sapevo ancora poco di Fatima. Presentivo, però, che c’era una certa continuità, a partire da La Salette, attraverso Lourdes, fino a Fatima.179
Il disegno che sta dietro tutti questi eventi soprannaturali è racchiuso nell’immagine dell’Apocalisse: la grande battaglia fra la donna e il drago. Nell’esortazione «Ecclesia in Europa» papa Wojtyla, prima di rinnovare il solenne affidamento dei nostri popoli alla Madonna, osserva: «La vicenda storica della Chiesa è accompagnata da “segni” che sono sotto gli occhi di tutti, ma che chiedono di essere interpretati. Tra questi l’Apocalisse pone il “segno grandioso” apparso nel cielo che parla di lotta tra la donna e il drago».180
Fra coloro che hanno tentato di «interpretare» il perché di tutte queste apparizioni, di questa speciale e continua presenza di Maria nel nostro tempo e sulla nostra Terra, c’è Jean Guitton che fa un’osservazione molto bella. Egli fa ricorso al Vangelo di Giovanni, dove si mostra «la realtà della madre di Gesù: la quale tutto abbraccia, essendo presente in quei due momenti plenari dell’inizio e della fine: Cana e il Calvario. A Cana la madre di Gesù interviene con potenza e ancor più con la certezza della sua potenza malgrado le pur forti apparenze contrarie (il rifiutodi Gesù). Maria è colei che affretta l’ora fissata (“non è ancora giunta la mia ora”); colei che si preoccupa delle necessità e perfino delle superficialità umane (il vino delle nozze); colei che è la causa provocatrice della prima manifestazione del messia, all’origine della fede di Giovanni e degli apostoli».181
E alla fine? «Similmente al crepuscolo» riprende Guitton «quando si fa tardi, la Vergine riceve da Gesù un nuovo figlio da amare, il discepolo, figura della Chiesa, di cui è costituita “madre”.»182
È per questa sua presenza all’inizio e alla fine che la Madonna, che ha fatto nascere Gesù nel mondo, sarà anche colei che spalanca l’umanità al suo ritorno.
Abbiamo visto che lo stesso Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater (n. 41) dice che Maria, «come è singolarmente unita a Gesù nella sua prima venuta, per la sua continua cooperazione con lui lo sarà anche in attesa della seconda».
Identica cosa scriveva già nel XVII secolo san Luigi M. Grignion de Montfort: «Per mezzo di Maria ebbe inizio la salvezza del mondo; ancora per mezzo di Maria deve avere il suo compimento». Quindi il Montfort annuncia che la devozione alla Vergine crescerà avvicinandosi alla fine dei tempi (il tempo della fine è il tempo di Maria: «Ella compirà le più grandi cose che avverranno negli ultimi tempi»). Il Montfort profetizza che i santi degli ultimi tempi saranno «formati» da Maria stessa e avranno un preciso connotato: saranno totalmente di Maria per appartenere totalmente al Figlio. Totus tuus.
Ora è inevitabile ricordare il ruolo fondamentale che l’opera del Montfort, il Trattato della vera devozione a Maria ha avuto nella formazione del giovane Wojtyla (lo ha riferito lui stesso: «La lettura di quel libro ha segnato nella mia vita una svolta decisiva»).183 È inevitabile ricordare che il suo stesso motto episcopale e pontificio sarà proprio «Totus tuus», che oltretutto è ripreso proprio da quel libro del Montfort, il quale è l’unico autore moderno citato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater (1987).
È anche sorprendente scoprire la somiglianza di quei futuri cavalieri di Maria del Montfort con i connotati peculiari di Karol Wojtyla. I cavalieri e figli di «questa bella stella del mare», preannuncia il Montfort, «si consacreranno interamente al suo servizio», «sperimenteranno le sue dolcezze e bontà materne», «si offriranno a lei anima e corpo, senza nessuna riserva, per appartenere nello stesso modo a Gesù Cristo» (n. 55).
Appunto «Totus tuus».
Costoro «saranno fuoco ardente, ministri del Signore che metteranno dappertutto il fuoco del divino amore. Saranno frecce acute nella mano potente di Maria per trafiggere i suoi nemici, come frecce in mano a un eroe.
«Saranno molto purificati dal fuoco di grandi tribolazioni e molto uniti a Dio. Porteranno nel cuore l’oro dell’amore, l’incenso della preghiera nello spirito e la mirra della mortificazione nel corpo. In ogni luogo saranno il buon profumo di Gesù Cristo per i poveri e i piccoli, mentre saranno odore di morte per i grandi, i ricchi e i superbi mondani» (n. 56).
Infine «insegneranno la via stretta di Dio nella pura verità, secondo il santo Vangelo, e non secondo i canoni del mondo; senza preoccupazioni e senza guardare in faccia a nessuno; senza risparmiare, seguire o temere alcun mortale, per potente che sia. Avranno in bocca la spada a due tagli della Parola di Dio e porteranno sulle spalle lo stendardo insanguinato della Croce, il crocifisso nella mano destra e la corona nella sinistra, i sacri nomi di Gesù e di Maria sul cuore… Ecco i grandi uomini che verranno e che Maria formerà su ordine dell’Altissimo per estendere il suo dominio sopra quello degli empi» (n. 59).
Il ritratto profetico di questi santi degli ultimi tempi sembra davvero l’identikit di papa Wojtyla. A questo si aggiunga il fatto che la Vergine a Medjugorje ha affermato di avere lei stessa «scelto per questi tempi» Giovanni Paolo II, «il mio figlio più caro» e di averlo anche protetto in modo speciale: «I suoi nemici hanno cercato di ucciderlo, ma io l’ho difeso».
Lui è certamente il Papa del tempo di Maria. Da questo si deve evincere, ancora una volta, che è stato pure il Papa che ha preparato l’umanità alla fine? Dobbiamo di nuovo considerarlo la «scintilla» che ha preparato il ritorno di Gesù?
Maria – ci ha spiegato Guitton – ha il potere di affrettare il manifestarsi di Gesù, ma tale manifestazione significa la fine e il suo secondo ritorno, o significa il suo manifestarsi nella storia? Il tempo di Maria annuncia la fine dei tempi o piuttosto annuncia l’unica speranza di salvezza da una fine perversa e violenta, essendo lei la Madre della misericordia?

«Non disprezzate le profezie» (1 Tess. 5:19-21)

Una cosa è certa: «La nostra epoca si caratterizza come il tempo delle apparizioni mariane» ha scritto il mariologo Stefano De Fiores. E con Giovanni Paolo II queste straordinarie e frequentissime apparizioni della Madonna, con i loro accorati messaggi profetici sul nostro tempo, rivolti alla Chiesa e al mondo intero, sono stati sottratti alla vaga e ambigua categoria delle «rivelazioni private», ovvero quel tipo di comunicazioni mistiche lasciate nel mondo dell’opinabile «fede umana» individuale e circondate di diffidenza.
È con Giovanni Paolo II – ha spiegato il cardinale Ratzinger – che la presenza viva di Maria viene finalmente ben compresa nella «dinamica storica della salvezza, che ci coinvolge e ci addita il nostro posto nella storia, elargendoci doni e ponendoci esigenze».184 E certo l’esperienza mistica dello stesso Wojtyla deve aver avuto un peso decisivo in questo nuovo sguardo.185
Giovanni Paolo II, ha spiegato ancora Ratzinger, ci ha mostrato che «Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi, persona agente. La sua vita non sta solo alle nostre spalle, non sta semplicemente sopra di noi; ella ci precede, come il Papa sottolinea continuamente. Ella ci spiega la nostra ora storica non mediante teorie, bensì agendo e indicandoci il cammino che ci sta davanti».186
In pratica Giovanni Paolo II ricava dalla mariologia una «teologia della storia» e un «imperativo ad agire»,187 egli indica «Maria come guida della storia, come segno dei tempi».188 In questo senso l’anno mariano che papa Wojtyla volle proclamare nel 1987 (decisione che aveva a che fare con Medjugorje)189 significò per il Papa «inalberare nella nostra ora storica il “segno della donna” come il “segno” essenziale “dei tempi”».190
Perciò Giovanni Paolo II, in pellegrinaggio a Fatima dopo l’attentato affermò solennemente: «Sto andando anch’io verso questo posto benedetto per ascoltare una volta ancora in nome dell’intera Chiesa il comando che fu dato da Nostra Madre, preoccupata per i suoi figli. Ora questi comandi sono più importanti e vitali che mai».
Il Papa disse che il messaggio della Madonna consegnato nel 1917 «è più attuale di allora e persino più urgente». Poi aggiunse: «L’appello fatto da Maria, nostra Madre, a Fatima fa sì che tutta la Chiesa si senta obbligata a rispondere alle richieste di Nostra Signora. Il messaggio impone un impegno su di essa».191
Espressioni davvero pesanti, che delineano una terza categoria di fatti soprannaturali fra la rivelazione biblica, definitivamente conclusa con la morte dell’ultimo apostolo, e le cosiddette «rivelazioni private» finora ridotte a messaggi individuali non-vincolanti per nessuno.
Un messaggio che «obbliga» la Chiesa, con dei precisi «comandi», ha ben poco di «privato» e di facoltativo. Non a caso il cardinale Sodano, segretario di Stato vaticano, annunciando solennemente a Fatima, davanti al Papa e al popolo cristiano, la pubblicazione del Terzo segreto, lo ha paragonato alle profezie bibliche e l’ha definito come la più grande profezia dei tempi moderni.192
Questo nuovo approccio di Giovanni Paolo II impone alla teologia di prendere atto della novità rappresentata dall’intensa presenza profetica di Maria nel nostro tempo e nel dramma che l’umanità sta vivendo. Già Hans Urs von Balthasar sosteneva che «l’espressione “rivelazione privata” non è molto felice»193 e che occorreva ripensare tutto.
Nel 1993 il cardinale Ratzinger, nella fondamentale intervista teologica a Niels Christian Hvidt,194 sosteneva che l’idea che, con la morte dell’ultimo apostolo, «viene posto un limite definitivo a ogni ulteriore profezia», escludendone «ogni possibilità», non è condivisibile. Essa mostra, a suo parere, «una comprensione intellettualistica e riduttiva della rivelazione che viene considerata come un tesoro di verità rivelate assolutamente complete a cui non si può più aggiungere nulla.»195
Ratzinger ricorda, come san Paolo scrive agli Efesini, che «la Chiesa è fondata “sugli apostoli e sui profeti”» e con ciò intende apostoli «nel modo più ampio e il concetto di “profeta” va riferito ai profeti della Chiesa». Che poi sono i grandi santi sempre presenti nei diversi secoli della cristianità. Ma è soprattutto la figura di Maria che emerge: «C’è un’antica tradizione patristica» dice Ratzinger «che chiama Maria non sacerdotessa, ma profetessa. Il titolo di profetessa nella tradizione patristica è, pe...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Premessa: Avviso ai naviganti
  4. Da Medjugorje a Civitavecchia: qual è il messaggio?
  5. La paura e la speranza