Un caso di santa isteria: Gemma Galgani
Il caso
L’analisi del primo caso di santità si colloca propriamente tra l’Ottocento e il Novecento. Si tratta di Gemma Galgani, nata nel 1878 e morta nel 1903. Una santa giovane, quindi; un caso che assume un grande significato nell’àmbito del rapporto santità-follia.
Occorre subito osservare che in questa circostanza parlare di follia e di santità non costituisce una metafora, ma ha un ben preciso riscontro storico. Esiste infatti una diagnosi clinica formulata nel 1899 dallo psichiatra dottor Pietro Pfanner il quale aveva visitato Gemma (allora di ventun anni) su sollecitazione del suo confessore mons. Volpi. E questa diagnosi è «isteria».
La visita avviene in un momento in cui sarebbero state già presenti le stimmate, in corrispondenza delle quali il medico aveva però potuto rilevare solo leggere incrostazioni di sangue sul palmo delle mani. È da questi fatti che nasce anche tra i religiosi vicini a Gemma un contrasto di opinioni riguardo ai suoi comportamenti che, di volta in volta, tendono a essere ricondotti alla santità o a una psicopatologia. Lo stesso mons. Volpi si è schierato a lungo tra gli scettici; mentre un sostenitore senza riserve del carattere sovrannaturale degli eventi sarà quel padre Germano, una specie di padre spirituale aggiunto cui Gemma si mostra più profondamente legata, sempre nettamente contrario a ogni ingerenza di tipo medico.
Il caso si presenta comunque come emblematico di una netta contrapposizione di due concezioni, una ancorata al biologico-clinico, l’altra orientata al trascendente già all’interno della gerarchia cattolica; da un lato, una diagnosi e la conseguente applicazione di terapie, dall’altro, l’interpretazione di fatti e comportamenti in chiave indubitabilmente soprannaturale. Naturalmente, su un piano religioso, ogni conflitto troverà la sua soluzione definitiva nella canonizzazione, il che dimostra come nell’àmbito di un accurato processo di valutazione di tutta l’esistenza di Gemma Galgani gli eventi esaminati siano stati ascritti non tanto alla psicopatologia, ma alla santità.
Dal punto di vista clinico, va sottolineato che il 1899 è un anno particolarmente significativo per porre una diagnosi di isteria: nel 1895 erano stati pubblicati infatti i famosi Studi di Freud e Breuer che le conferivano una nuova dignità nosologica in campo psichiatrico, nel solco di una tradizione che si era andata consolidando nell’ampia discussione tra Charcot che la poneva come un disturbo epilettico e Janet che ne sosteneva invece la natura psicogena. La diagnosi precisa dimostra come il dottor Pietro Pfanner fosse uno psichiatra di valore e piuttosto aggiornato, tanto che indica la possibilità di due tipi di terapia per questa paziente: una fisica (che verrà, di fatto, attuata con l’impiego dei cosiddetti «bottoni di fuoco») o una terapia di suggestione.
È proprio la presenza di uno psichiatra, d’altronde, a riproporre in termini concreti, di cronaca immediata, il problema santità-follia nel personaggio Gemma Galgani. Altre celebri sante, come Caterina da Siena o Teresa d’Avila, sulla cui personalità potrebbe inserirsi un discorso psichiatrico, non sono state certo valutate da medici. Mancava, all’epoca, una psichiatria clinica e soprattutto mancavano le categorie diagnostiche che risalgono, com’è noto, a Pinel, alla fine del Settecento, con la sua classica ripartizione tra mania, melanconia, idiozia (e demenza).
Nel caso di Teresa d’Avila, l’eventuale dubbio non può trovare diretta espressione, mentre per Gemma Galgani esiste una psichiatria piuttosto attenta, la cultura psichiatrica è centrata sull’isteria, c’è uno psichiatra che applica dei criteri scientifici, conosce le opere di Freud, parla di terapia suggestiva. Possono quindi essere messe a confronto due visioni, due letture diverse. Di qui l’interesse peculiare che rivestono il caso di questa santa e quelli degli altri santi del Novecento che tratterò in seguito.
Secondo la metodologia che ho illustrato nella pagine precedenti, comincio con un breve profilo delle fonti cui farò riferimento, ricordando che prenderò in considerazione esclusivamente documenti scritti autografi o testimonianze dirette, tralasciando tutto il corpus della pubblicistica riguardante la santa.
Tali fonti possono essere raggruppate in due distinti periodi: il primo dal 1878 (anno di nascita) al 1899, il secondo dal 1899 al 1903. Gli ultimi quattro anni sono del tutto particolari perché è questo il periodo in cui matura e si esprime in forme molto frequenti quel comportamento che ufficialmente porterà alla proclamazione della santità, ma che può essere letto, come già aveva fatto Pfanner, in termini psichiatrici. A questi anni corrisponde la maggiore abbondanza di fonti. Il periodo precedente può essere definito preparatorio e qui le fonti dirette sono piuttosto limitate.
Per tale primo periodo potrò, in realtà, fare riferimento a due soli documenti: l’Autobiografia e il Diario, scritti nel secondo periodo ma con riferimenti al primo.
La prima è scritta dal 17 febbraio al 15 maggio 1901; il Diario è di poco anteriore e riguarda un periodo che va dal 19 luglio al 3 settembre 1900. Sono entrambi documenti la cui stesura, pur indubbiamente di pugno della santa, avviene in un periodo di manifestazioni iperacute, in cui uno stato particolare poteva orientare sia il criterio di scelta dei fatti da raccontare, sia il significato da attribuirvi. Così, ad esempio, l’episodio della cresima, durante la quale una voce le chiede se è disposta a donare a Gesù la mamma e, un anno dopo, la madre muore. Va tenuto conto che questo fatto, pur rappresentando un ricordo diretto, viene raccontato nel ’91, nel pieno fervore di comportamenti di santificazione, da cui potevano facilmente nascere vissuti e significati ben diversi da quelli degli otto anni di età.
Tra le opere del secondo periodo, vanno ricordate, innanzi tutto, le Lettere. Esse sono indirizzate a due personaggi principali: mons. Volpi, dal maggio 1899 (in tutto 67) e padre Germano, dal gennaio 1900 (in tutto 131), ma con un anno di interruzione. Sempre tra il 1899 e il 1903, anno della morte, esistono numerose altre lettere indirizzate a familiari e conoscenti. Si tratta dunque di un materiale molto abbondante.
A questo vanno aggiunte le Estasi (in tutto 141): una raccolta, che va dal 5 settembre 1899 fino al 12 gennaio 1903, di ciò che Gemma diceva durante quelle modificazioni dello stato di coscienza che, in una visione mistica, vengono lette come un particolare rapporto con il cielo. Da un punto di vista filologico, anche questa raccolta può essere considerata nell’àmbito dei documenti diretti, pur essendo opera altrui: si tratta della trascrizione di ogni parola pronunciata, curata in massima parte da quella signora Cecilia di cui si dirà in seguito. Una trascrizione sicuramente fedele, come dimostra il fatto che vengono segnalate accuratamente le parole non ben comprese o, mediante puntini di sospensione, quelle sfuggite all’ascolto.
Per comprendere il valore delle fonti citate bisogna riferirsi ai personaggi che vi sono collegati. Innanzi tutto, mons. Giovanni Volpi, canonico della cattedrale, che diverrà poi vescovo ausiliare di Lucca e sente Gemma come confessore: in effetti, il rapporto personale con lui appare sempre mediato dalla grata del confessionale. Si tratta di un sacerdote prudente che tende a vedere criticamente le manifestazioni di Gemma. Una critica che può esercitarsi in due direzioni: dalla negazione di un’origine soprannaturale al dubbio che possa trattarsi di espressioni demoniache. Nella relazione si configura come un uomo piuttosto duro, però mantiene sempre la sua disponibilità, per cui le confessioni, in certi periodi, avvenivano anche quotidianamente.
Padre Germano Ruoppolo è invece un padre passionista che vive nel convento di Tarquinia, presso Roma, e ha occasione di incontrare personalmente Gemma a Lucca solo alcune volte, per cui il contatto (a differenza di quello con il confessore) risulta quasi esclusivamente epistolare. Padre Germano è uno che crede molto alla soprannaturalità di ciò che accade a Gemma ed è colui che mette in guardia dal ricorso ai medici e alle loro diagnosi. Il legame con questo religioso è reso più intenso proprio dalla sua appartenenza a quell’Ordine in cui Gemma aspirava vivamente di essere ammessa. Con i padri passionisti aveva avuto il primo incontro in occasione della missione popolare predicata in San Martino a Lucca nel luglio 1899, in preparazione dell’Anno santo 1900, ed era rimasta molto attratta da quella problematica, centrata appunto sulla passione, quindi sul dolore e sulla morte di Cristo. Attraverso i passionisti aveva potuto anche conoscere la famiglia del cav. Giannini, loro benefattore, ed è proprio in casa Giannini che, nel sett...