Alchimia emotiva
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Alchimia emotiva

Come la mente può curare il cuore

  1. 414 pagine
  2. Italian
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Alchimia emotiva

Come la mente può curare il cuore

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Gli alchimisti desideravano scoprire la formula della pietra filosofale e trovare così il rimedio che curasse le malattie fisiche e spirituali: allo stesso modo, Tara Bennett-Goleman spiega a tutti noi come possiamo raggiungere la giusta "alchimia emotiva" che ci consenta di vincere i momenti di confusione e dolore e conquistare la felicità. Fondendo le ultime scoperte delle neuroscienze e del cognitivismo con gli antichi insegnamenti del buddhismo, questo testo ci insegna a sottrarci alla morsa delle abitudini che ci impediscono di raggiungere il benessere interiore: per mezzo di agevoli spiegazioni e semplici esercizi pratici, l'autrice ci aiuta a identificare i comportamenti distruttivi e gli schemi emotivi in cui tendiamo a farci imprigionare, e soprattutto ci indica i metodi per calmare la nostra mente e giungere alla serenità spirituale.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858644171

PREFAZIONE

di Sua Santità il Dalai Lama

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Noi tutti desideriamo la felicità e non vogliamo soffrire. Dal momento che lo scopo della vita è quello di essere felici è importante scoprire quanto ci procurerà il massimo grado di felicità. Piacevole o dolorosa che sia, la nostra esperienza è al contempo mentale e fisica. Su molti di noi, generalmente, è la mente a esercitare la maggiore influenza ed è per questo che è estremamente utile conquistare la pace mentale.
Sebbene il progresso materiale sia importante per la crescita dell’umanità, se prestiamo troppa attenzione alle circostanze e trascuriamo il nostro sviluppo interiore, questo squilibrio creerà dei problemi. La chiave è la pace interiore: se avremo la pace interiore saremo in grado di affrontare ogni situazione con calma e ragionevolezza. Senza pace interiore, a prescindere da quanto confortevole sia la nostra vita, è possibile che continuiamo a essere preoccupati, turbati o infelici per via delle circostanze. Quando abbiamo la pace interiore, possiamo essere in pace con coloro che ci stanno intorno. Quando la nostra comunità è in pace può condividere questa pace con le comunità vicine e così via. Quando amiamo gli altri e siamo gentili con loro non solo li facciamo sentire amati e accuditi ma facciamo crescere in noi felicità e pace.
Come buddhista ho imparato che a minacciare la nostra pace interiore sono soprattutto quelle che noi chiamiamo emozioni disturbanti.
Tutti quei pensieri, emozioni ed eventi mentali che riflettono uno stato mentale negativo o non compassionevole minano inevitabilmente la nostra pace interiore. Tutti i pensieri e le emozioni negativi, come l’odio, la rabbia, l’orgoglio, la lascivia, la brama, l’invidia e così via, disturbano il nostro equilibrio interiore e hanno anche ripercussioni sulla nostra salute fisica. La medicina tibetana da tempo considera i disturbi mentali ed emotivi come causa di molte malattie, cancro incluso. E anche in Occidente un numero sempre più ampio di scienziati e medici condivide questo punto di vista.
Sono proprio le emozioni disturbanti l’origine di una condotta immorale e sono loro le responsabili dell’ansia, della depressione, della confusione e dello stress, ormai una costante della nostra vita.
E tuttavia, dal momento che spesso non siamo in grado di riconoscere il loro potenziale distruttivo, non vediamo la necessità di contrastarle.
In questo libro Tara Bennett-Goleman propone un metodo per calmare la mente e liberarla dalle emozioni disturbanti: una applicazione pratica della piena coscienza nel regno delle emozioni.
Basandosi sull’esperienza personale l’autrice ha accostato intuizioni e metodi del cognitivismo, delle neuroscienze e della psicoterapia a quelli della psicologia e della pratica della piena coscienza buddhiste. E ci insegna come possiamo utilizzare la piena coscienza per sottrarci alla morsa delle abitudini mentali ed emotive che ci impediscono di essere felici.
Un grande maestro di meditazione tibetano affermò una volta che una delle più straordinarie qualità della mente è il fatto che si presti a essere modificata.
Offro le mie preghiere affinché i lettori che metteranno in pratica i consigli di questo libro possano trasformare la loro mente, superare il turbamento delle emozioni e conquistare la pace interiore. Non solo saranno più felici, ma senza dubbio contribuiranno alla pace e alla felicità del mondo nel suo complesso.

3 giugno 2000
Dalai Lama

PARTE PRIMA

ALCHIMIA EMOTIVA

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Capitolo primo

UN’ALCHIMIA INTERIORE

Dalla finestra della mia stanza d’albergo londinese il Big Ben fa bella mostra di sé, imponente ed elegante si staglia sullo sfondo: il fiume, le nuvole ondeggianti, e la linea frastagliata dell’orizzonte. È un grande capolavoro architettonico, ma il mio sguardo preferisce posarsi sulle ampie distese del cielo e del fiume.
Il panorama che circonda le spigolosità smussate e arrotondate del Big Ben è tutto un luccichio di guglie e ponti che riempiono lo spazio della mia finestra. Registro che la mia mente, al primo sguardo, ha colto l’ampiezza del cielo denso di nuvole e la placidità del fiume sottostante come il dipinto a olio di un paesaggista di fine Ottocento, o l’istantanea di una cartolina.
Ma se osservo con più cura, fissando l’attenzione, mi accorgo che l’apparente tranquillità di questa scena si dissolve in un turbine di moto costante, una serie di minuscoli movimenti, che insieme restituiscono un’immagine ben diversa. Ci sono gli impercettibili mutamenti nella forma delle nuvole che scivolano nel cielo e si aprono talvolta su squarci di azzurro che i raggi del sole attraversano per riversarsi sul paesaggio sottostante, chiazzandolo di luce. C’è lo sgargiante nitore degli edifici, delle strade e degli autobus rosso vivo che si tuffano nella luce. La scena che ho davanti agli occhi brilla di energia cinetica.,
La stessa cosa avviene con i nostri paesaggi interiori. Questo spostamento della mia percezione rispecchia il funzionamento della mente, vale a dire la tendenza a ritenere che essa abbia colto l’intera immagine al primo sguardo, e possa distogliersi senza un’osservazione più ravvicinati, e il fatto sorprendente che continuando a guardare si scopre sempre qualcosa di nuovo dietro le assunzioni iniziali dopo la prima occhiata. Troppo spesso scambiamo le nostre prime impressioni, conclusioni tratte dopo un’occhiata frettolosa, per la verità definitiva.
Ma se continuiamo a guardare e a fare attenzione, notiamo dettagli e sfumature, cambiamenti e ripensamenti, e altro ancora. Possiamo arrivare a comprendere meglio come sono le cose in realtà, rispetto a come sembrano essere; possiamo avere di quell’attimo una maggiore comprensione.
Se manteniamo vigile il nostro sguardo interiore, a volte scopriamo dolore, dietro le maschere che portiamo. Ma se continuiamo a guardare, ci accorgiamo che sono gli stessi meccanismi del dolore a mantenere quella maschera sul nostro viso, e se indaghiamo oltre vediamo quegli stessi meccanismi vacillare e rimettersi in sesto da soli. Vediamo come le nostre reazioni alle emozioni possono tenerci a distanza da noi stessi. E se ci concentriamo ulteriormente, permettendo a noi stessi di aprirci con più onestà, la nostra consapevolezza penetra più a fondo, sbrogliando e dissolvendo, eliminando i vari ostacoli che il nostro sguardo incontra. Iniziamo a entrare in contatto con parti più genuine di noi stessi, dapprima solo dei barlumi. Poi, sostenendo il nostro sguardo, ci colleghiamo con la sorgente che apporta consapevolezza ai diversi strati del nostro essere.
Questo libro riguarda la visione di noi stessi come siamo in realtà, non come sembriamo a prima vista, guardandoci attraverso i filtri delle nostre assunzioni abituali e dei nostri schemi emotivi. Faremo esperienza di come, attraverso la pratica della piena coscienza, un metodo per allenare la mente a espandere la consapevolezza e a rifinirne la precisione, possiamo superare il nostro modo limitato di vederci. Impareremo ad abbandonare le abitudini emotive che minano le fondamenta della nostra vita e delle nostre relazioni. Scopriremo come la piena coscienza, usata con precisione, possa vagliare queste abitudini emotive, apportando una chiarezza intuitiva che permette di distinguere tra la realtà e l’apparenza.

I poteri della piena coscienza

Ho visto il potere che questa distinzione ha avuto sulla vita dei miei pazienti. Una di loro era ossessionata dal pensiero di non fare mai nulla abbastanza bene. Sebbene fosse una donna di successo dal punto di vista professionale, era anche la critica più feroce di se stessa. Mi disse, per esempio: «La settimana scorsa dovevo fare una presentazione molto importante, a cui avrebbe partecipato molta gente il cui giudizio era fondamentale per me. Così mi sono preparata più del solito, e alla fine penso di essere riuscita a fare un buon lavoro. Al termine, molti sono venuti a complimentarsi con me. Uno dei presenti, però, ha commentato che avevo fatto un’ottima esposizione, anche se forse un po’ troppo lunga. Non l’avesse mai detto. Da quel momento non sono riuscita a pensare ad altro se non al fatto che avevo parlato troppo. Mi sveglio ancora nel cuore della notte preoccupata».
Ma non si trattava di un episodio isolato. La sensazione di non fare mai niente abbastanza bene la perseguitava sul lavoro, con il marito, nel prendersi cura dei figli, persino in cucina. Era una preoccupazione costante, che rovinava le sue relazioni più intime e che trasformava la sfida più banale in un’occasione per dubitare di se stessa e criticarsi.
Un’indagine più sistematica la aiutò a rendersi conto che alla base della sua sensazione c’era uno schema emotivo nascosto, cioè la profonda convinzione che, indipendentemente da quanta perizia mettesse in ciò che faceva, non avrebbe mai raggiunto i suoi standard così esageratamente elevati. Questa convinzione errata distorceva la sua percezione, in modo da non permetterle di distinguere la sua reale abilità nello svolgimento dei compiti. E questo la spingeva a essere troppo esigente con se stessa, al punto di sottrarle il tempo per i piaceri significativi della vita. La piena coscienza ci aiuta a identificare questi schemi emotivi nascosti, trasportandoli nella sfera della consapevolezza, in modo che possiamo iniziare a liberarci della loro influenza.
In una coppia seriamente minata dai litigi, una reciproca e consapevole coscienza di sé permise di scoprire gli schemi nascosti che avevano portato entrambi a ripetere la stessa discussione all’infinito. Lei iniziava a essere insicura dell’affetto di lui e ne diventava più bisognosa. Lui aveva la sensazione che lei lo controllasse e si sottraeva irritato alla relazione. Il risultato di solito era una discussione furiosa. Ma, osservando attentamente ciò che accadeva dopo il litigio, entrambi si resero conto che sia il sottrarsi di lui sia il bisogno ansioso di lei erano reazioni emotive a una realtà simbolica implicita.
Le loro battaglie continue, dopo un esame più accurato, risultarono avere poco a che fare con la situazione contingente, e molto a che vedere con i suoi significati simbolici. L’ipersensibilità della donna ai segni di rifiuto dell’uomo proveniva da un profondo senso di deprivazione emotiva, e da qui scaturiva la paura di lui di essere controllato. Imparare a identificare queste reazioni emotive abituali nel momento in cui nascevano permise alla coppia di evitare ulteriori discussioni e di comunicare con più efficacia.
Una donna si era dedicata alla meditazione per cercare di alleviare l’angoscia provocata dal suo senso di separazione dagli altri. Faceva lunghi ritiri di meditazione durante i quali si sentiva ancora più ossessionata dalle stesse emozioni di distacco che l’avevano spinta a meditare. Come diceva lei stessa: «La follia ti segue nel tuo percorso spirituale». Ma imparare a distinguere queste reazioni emotive apparentemente spaventose come sensazioni chiare e transitorie ha permesso a questa donna di usarle come «carburante» per la pratica della meditazione, approfondendo il suo senso di compassione per se stessa e per gli altri.
Questa trasformazione ha inizio rimettendo a fuoco le lenti del nostro condizionamento, per avere una visione più chiara dei fatti come sono in realtà. Potreste domandarvi: «Chi sono, se non sono quella persona definita dal mio solito schema di supposizioni e autodefinizioni?». Questa domanda può essere posta da una prospettiva sia psicologica sia spirituale, all’interno del processo di scoperta interiore che spero scaturirà da questo libro.

La metafora dell’alchimia

«Ogni cosa deve trasformarsi in qualcosa di migliore e acquisire un nuovo destino» scrive Paulo Coelho nel suo romanzo L’alchimista. Coelho descrive il mondo come aspetto visibile di Dio, con forze spirituali invisibili che agiscono rimanendo a noi sconosciute. L’alchimia avviene quando il piano spirituale entra in contatto con quello materiale.
Il libro di Coelho mi fu donato da un cliente che mi disse: «Questo libro mi ricorda il lavoro che abbiamo fatto insieme». In effetti l’alchimia costituisce una metafora azzeccata del processo che descriverò in queste pagine.
Gli alchimisti, come racconta la leggenda, cercarono di usare una pietra magica, detta «filosofale» per trasmutare il piombo in oro. Ma nella scuola alchemica più filosofica, questi due metalli erano metafore di stati interiori, poiché la disciplina dell’alchimista riguardava una trasformazione sia psicologica sia spirituale. Gli alchimisti si resero conto che il mistero che cercavano di risolvere non era nel mondo esterno, ma nella psiche.
Alcune scuole alchemiche paragonano il nostro stato mentale ordinario a un ammasso di carbone e la piena coscienza a un diamante. Nel mondo materiale, non sembrano esistere due materiali più diversi del carbone e del diamante, eppure entrambi non sono altro che combinazioni differenti di molecole identiche, quelle di carbonio. Come il diamante non è altro che una trasformazione del carbone, la piena coscienza può avere origine dal nostro stato di confusione.
Ciò che mi affascina nella metafora dell’alchimia non è tanto l’oro – un obiettivo grandioso - ma soprattutto l’importanza attribuita al processo di trasformazione. Un mio paziente che praticava l’agopuntura e aveva studiato la medicina cinese mi disse che «alchimia» era la parola più adatta per descrivere il processo di integrazione della piena coscienza con il lavoro sulla sfera emotiva. «L’alchimia consiste nell’accettare tutto ciò che sta nel calderone, senza cercare di rifiutarlo o correggerlo, dopo essersi resi conto che anche ciò che è negativo fa parte del processo di apprendimento e guarigione.»
Avere piena coscienza significa vedere le cose come sono, senza tentare di modificarle. Lo scopo è eliminare le nostre reazioni alle emozioni inquietanti, facendo attenzione a non respingere l’emozione stessa. La piena coscienza può cambiare il nostro modo di relazionarci con le nostre emozioni e di percepirle, senza necessariamente eliminarle.
Il tepore dei raggi solari che fa evaporare l’umidità delle nuvole, alchimia della natura, rispecchia il fuoco caldo della piena coscienza, in grado di sciogliere le nubi emotive che oscurano la nostra natura interiore.
Gli effetti di questi momenti di chiarezza di visione possono essere passeggeri e durare solo fino alla formazione della prossima nuvola emotiva. Ma riaccendere la consapevolezza di volta in volta, portandola a influenzare le nostre nubi interiori e facendola penetrare nella nostra mente, per dissolvere la confusione, è il compito più importante a cui mirano i nostri esercizi, diretti anche a prolungare i momenti di chiarezza.
Sono convinta che, avendo a disposizione gli adeguati strumenti che conducono alla consapevolezza, tutti noi abbiamo le potenzialità per diventare alchimisti interiori, in grado di trasformare spontaneamente i nostri momenti di confusione in chiarezza di visione. Mettendo in pratica questi insegnamenti nell’esame dei nostri sentimenti conflittuali, giungeremo gradualmente a comprenderne le cause.
Nella maggior parte dei casi queste intuizioni saranno psicologiche, soprattutto in un primo tempo. Ma se continueremo in questo processo, giungeremo a intuizioni riguardanti il funzionamento della mente, esperienza che può liberarci spiritualmente. È come se nella nostra vita esistessero due piani di realtà: uno è dominato da meccanismi emotivi profondamente radicati, mentre l’altro si muove senza schemi precostituiti. La piena coscienza ci offre un attimo di tregua da questi condizionamenti.
L’alchimia emotiva fa in modo che il nostro smarrimento e le nostre inquietudini si tramutino in chiarezza di visione. «In quasi tutte le situazioni negative» dice il monaco buddhista Nyanoponika Thera «c’è la possibilità di una trasformazione, mediante la quale ciò che non è desiderabile si trasforma in ciò che è desiderabile.»1
Il semplice ma ingegnoso processo dell’alchimia emotiva ricorda un combattimento di judo: si tratta di considerare tutte le esperienze come un percorso di trasformazione, mettendole al centro della piena coscienza. Invece di vedere l’agitazione e l’inquietudine come distrazioni, dobbiamo renderci conto che anche esse possono diventare oggetto di un’accurata osservazione. «In questo modo» puntualizza Nyanoponika «i nemici si trasformano in amici, poiché l’agitazione e le forze antagoniste sono diventate nostre insegnanti.»2

Raffinare la consapevolezza

La fisica ci spiega cosa accade quando il vapore si addensa e le nuvole diventano così dense che inizialmente la luce del sole non riesce a filtrare per far evaporare l’umidità. Dapprima la luce rimbalza letteralmente contro...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Alchimia emotiva