La dogana volante
eBook - ePub

La dogana volante

  1. 392 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La dogana volante

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Bretagna 1914. La Guerra è alle porte. Una notte il carro dell'Ankou, il messaggero della Morte nella tradizione bretone, si ferma davanti alla casa di Gwen, il giovane apprendista di un guaritore, per portarlo via con sé. Inizia così il suo viaggio nel paese delle Dodici Province, un mondo magico, minaccioso ma affascinante, in cui il giovane Gwen vive avventure straordinarie alla ricerca della strada per diventare uomo. Il suo destino si lega a quello dell'enigmatico Jorn, capo di una speciale dogana che controlla gli abitanti delle Province, fino a quando il pressante desiderio di ritrovare la libertà perduta lo spinge a fuggire per provare a volare finalmente con le sue ali.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La dogana volante di François Place in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura storica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2012
ISBN
9788858627396

La gogna

Ormeggiai la barca. La casa era vuota. Di giorno sembrava ancor più piccola che di notte. Era una capanna di una sola stanza fatta con la paglia e il fango, alla quale era appoggiata una tettoia di legno sotto la quale erano accatastate reti e secchi per il catrame. C’erano anche due ampie tinozze coperte da una rete di vimini, tenuta ferma da un asse su cui era stata posta una pesante pietra; al di sotto, anguille immerse nell’acqua nera si dimenavano, brulicando come un nido di serpenti. Diedi un’occhiata dalla finestra. Non c’era nessuno, e non c’era nemmeno la serratura alla porta: mi bastava aprirla. Entrai e girai attorno alla tavola. La cartina era sempre lì, appesa alla parete in fondo alla stanza. Non era altro che un rettangolo di carta intaccato dalla ruggine e dalla muffa. Nel grigiore del disegno, in alto a sinistra, si stagliava con chiarezza quella regale sporgenza a tre denti, la Bretagna. Strappai i quattro angoli della mappa, la arrotolai e me la feci scivolare contro il petto. Ispezionai in fretta il resto della stanza: non era affatto il rifugio di contrabbandieri che ci si poteva aspettare, soltanto una semplice casa di pescatori. Stavo per andarmene, quando dalla finestra vidi arrivare qualcuno. Quelle grosse mani in fondo alle lunghe braccia che spingevano le canne come fossero remi non potevano che essere di Jeer: Jeer e le sue mani da assassino. Feci appena in tempo a scivolare sotto la cassapanca che fungeva da dispensa per il cibo. Quel nascondiglio puzzava di piscio di topo ed era tappezzato di ragnatele, tanto che dovetti infilarmi un pugno in bocca per non tossire.
Sentii il passo pesante di Jeer e vidi i suoi zoccoli all’altezza dei miei occhi. Qualcun altro entrò subito dietro di lui: era Matias. La voce possente di Jeer disse: «Sei sicuro che sia lui?»
«E chi altro sennò? Questa è la borsa del suo uccello del malaugurio.»
Perbacco, avevano ritrovato la borsa!
«Cosa sarà venuto a fare lo Smarrito?»
«Va’ a sapere. Deve esserci lo zampino di Jorn.»
«Lurido di un doganiere! Siamo pari con lui, gli abbiamo consegnato il moccioso. E ora lo usa per venirci a spiare. Cosa vuole?»
«Non lo so, ma i doganieri non mi piacciono per niente. Non la capisco proprio quella razza!»
«Una bella coltellata nella schiena, ecco quel che si merita!»
«La mappa!»
«Cosa?»
«Il ragazzo ha preso la mappa.»
«È pazzo? Non lo porterà da nessuna parte. Giuro che se metto le mani su quel piccolo verme, non avrà nemmeno il tempo di vedersi morire.»
«Va bene. È tutto tuo, Jeer, fanne quello che vuoi.»
Tesi l’orecchio, ma avevano abbassato la voce. La porta si aprì di nuovo, e stavolta sentii un passo più leggero, seguito da un tintinnio di monete che rotolavano sulla tavola.
«Tutto qui?»
«La dogana ha perquisito il rifugio.»
La voce di una ragazza?
«Vedi, Matias… ne ero sicuro. Quel porco di Jorn ci sta alle calcagna!»
«Non capisco perché. Siamo a posto con lui, gli diamo sempre la sua parte!»
«Sta cercando uno Smarrito» disse la voce giovane.
«Un altro?»
«Bene, quindi non c’entra niente con i nostri affari. È sempre la solita storia.»
«Sarebbe comunque meglio cambiare nascondiglio.»
Sentii i due uomini raccogliere i soldi, alzarsi, uscire e frugare sotto la tettoia. La giovane, ancora nella stanza, girava attorno alla tavola. Ben presto riuscii a vedere le sue caviglie sottili e i piedi calzati di tela. Mi dava le spalle, così tesi il collo, cercando di guardarla dal mio nascondiglio. Era proprio lei, la ragazza dai capelli neri, e aveva in mano la borsa di Daer.
Tra sé e sé sussurrò una strana frase: «Dove sei, piccolo conciaossa?»
Ero lì, rannicchiato, stretto contro il muro, con il fiato mozzato dall’inarrestabile accelerare del mio cuore. Quella frase aveva scavato in me una sorta di pozzo senza fondo e vi sprofondava, rimbalzando di eco in eco; presto capii che alla fine di quel grande vuoto avrebbe trovato le ultime pieghe della mia memoria, dove sarebbe rimasta per sempre, nota dopo nota, parola dopo parola.
Dall’esterno giunse la voce di Matias come un rumore di rami spezzati: «Saskia, smettila di perder tempo. Prendi le tue cose e fila al rifugio. Da’ una bella strigliata ai ragazzi. Se non portate più soldi, non sarà la dogana a venirvi a prendere, sarà Jeer.»
Quest’ultimo sogghignò e la ragazza, che protestò a mezza voce, uscendo rimediò una sberla. Maledetto Jeer. I due uomini raccolsero i soldi e tornarono a darsi da fare sotto la tettoia. Dopo che se ne furono andati, attesi un buon quarto d’ora prima di uscire dal mio nascondiglio per topi. Mi precipitai verso la barca, senza alcun desiderio di attardarmi nei paraggi. Potevano anche nascondere in quel luogo tutti i tesori del mondo, a me non importava, perché io avevo trovato il mio: Saskia. Come mi piaceva quel nome.
La barca non c’era più, così feci il giro dell’isola maledicendo i bretoni, perché da noi è quasi una vergogna imparare a nuotare. Non toccavo in nessun punto del canale, non avevo modo di attraversarlo. Ero bagnato fino alle ossa, infreddolito e ne avevo abbastanza di quel posto. Stava scendendo la sera quando finalmente un traghettatore accettò di prendermi a bordo. Mi chiese cosa ci facessi da quelle parti e con fare evasivo gli risposi che mi ero perso. In mezzo alla chiatta c’era una mucca sdraiata che si faceva trasportare come una principessa, occupando tutto lo spazio disponibile. Mi calai nella barca come potei, mantenendo il fondoschiena in equilibrio sul bordo. L’animale allora voltò il muso, soffiando a lungo dalle narici. L’uomo alla guida fumava la pipa vogando a bratto. Mi feci lasciare nei pressi della casa di Abraham. La mucca si allontanò con il suo placido servitore: sembrava che andassero insieme a vedere il tramonto, animati da un’identica indifferenza per il resto del mondo.
Feci le scale quattro gradini alla volta.
Abraham Sternis era assorto nella scrittura di una di quelle lettere che di solito impiegava ore a redigere. Sentendomi arrivare, sollevò brevemente il naso e mi fece aspettare in un angolo, senza prestare la benché minima attenzione ai sospiri di impazienza che mi sfuggivano, peraltro sempre meno discreti e sempre più ravvicinati. Alla fine si alzò, ripose l’occorrente per scrivere e mi fece cenno di raggiungerlo. Srotolai la mappa sul tavolo. Lui mi chiese da dove venisse, risposi con foga che non erano fatti suoi.
La mia insolenza ci lasciò entrambi interdetti, soprattutto dal momento in cui a casa di quell’uomo potevo contare su qualcosa che altrove non avevo mai incontrato: un parlare schietto ma pieno di tatto, senza freddezza né eccessiva educazione, un fare distante e un po’ scontroso ma sempre partecipe. Abraham, infatti, avrebbe parlato del tempo nello stesso modo semplice a un re come a un mendicante, e li avrebbe mandati entrambi a farsi benedire con un tono altrettanto pacato, se fosse venuta loro la malsana idea di pestargli i piedi. Per un momento pensai che saremmo rimasti a guardarci in cagnesco per ore. Il vecchio saggio non apriva bocca e io, naturalmente, mi rifiutavo di cedere. Non aspettava le mie scuse, ma la risposta alla domanda che mi aveva fatto e che io non potevo dargli senza confessare il furto. Alla fine Abraham si alzò per alleggerire la situazione e tornò a chinarsi sull’oggetto con una lente di ingrandimento in mano. Osservò la mappa per diversi minuti, avvicinando la lente in diversi punti.
Tutte le scritte che vi comparivano erano redatte nella strana lingua delle Dodici Province. Quello che a me davvero interessava, però, era sapere dove mi trovavo in quel momento. Il vecchio Abraham tracciò un cerchio con la mano sulla cartina.
«Si tratta di una mappa piuttosto vecchia, Gwen. La parte che ti ho appena indicato, comunque, sono le Dodici Province.»
Mi chinai sulla macchia che il maestro mi aveva mostrato, coperta da un groviglio di linee sottili raffiguranti i canali. Abraham continuava a passarci sopra la mano.
«La mappa non è attendibile. La nostra regione, infatti, si è molto spostata a causa del mare. Guadagniamo terre da un lato e ne perdiamo dall’altro. Vedi questa linea? È una diga che non esiste ormai da molto tempo. Mio nonno non era ancora nato quando ha ceduto. Oggi bisognerebbe raffigurare un enorme lago su tutta questa zona della cartina. Mancano anche moltissime indicazioni nei punti in cui abbiamo avuto la meglio sul mare: qui, qui e anche qui. C’è tutta una fetta di terra che non è rappresentata in questa mappa. Qui a grandi linee sono situati i Giardini di Ferro.»
Seguii la punta del suo dito che si spostava verso nord-est. Contrassegnata da una scritta minuscola, scorsi la città di Waarm in un punto in cui la muffa non lasciava quasi più nulla di decifrabile. Antvals, ovvero il borgo in cui ci trovavamo, era piuttosto lontano, situato più a ovest e verso sud, su un ampio canale che sfociava in un fiume diretto verso nord dove incontrava il mare. Ecco, allora era possibile. Raggiungere il mare, navigare verso occidente, aggirare l’immensa punta attorno alla quale erano disegnati dei kraken, e continuare a far rotta sempre verso ovest, verso la parte sinistra della mappa. Dovevo trovare una nave e imbarcarmi in un modo o nell’altro. Potevo farcela, sì, sì. Riconobbi vagamente la Francia per averla avuta sotto gli occhi ai tempi della scuola: aveva uno strano aspetto, senza l’alsazia e la Lorena. Iniziai a sognare. Forse avevamo recuperato le nostre province. La guerra doveva essere finita e Loïc Kermeur, tornato al villaggio, sarebbe stato bardato di medaglie e ancora più cattivo di quando era partito.
Ripresi a esaminare la mappa: come aveva chiamato la mia Bretagna quel bizzarro cartografo? Incredibile, non ne conosceva nemmeno il nome. La rappresentazione della costa era passabile, quasi corretta, ma le città, i villaggi, i porti… di quelli non sapeva proprio niente. Sulla penisola comparivano solo sette lettere separate da lunghi intervalli, che bisognava scovare tra i buchi e la ruggine: peggio che pescare i granchi. Una affianco all’altra, le lettere che comparivano erano queste: o, u, poco più lontano una d, o forse b, non ero sicuro della stanga, e poi c’erano r, a, e una s, o forse z: non significava niente.
Di colpo, però, le mie gambe vacillarono. Oudbraz: oud, braz, letteralmente “vecchio Braz” nella lingua delle Dodici Province. Ripetei quelle due parole almeno cinque o sei volte. Che cosa ci faceva lì? Tremando, sussurrai una preghiera rivolta al vecchio conciaossa: «vecchio Braz, non so se sei tu a nasconderti dietro quelle lettere impresse sulla mappa o se sono io a essermi perso da qualche parte nella tua testa, non so nemmeno dove sono… ma poco importa… portami via di qui, portami via al più presto…»
«Gwen, non ti senti bene?»
Mi premetti le mani sulle tempie, giusto il tempo di tornare in me. Abraham Sternis mi guardava con aria preoccupata. Avevo bisogno di sapere: «Questa mappa a quando risale?»
«Difficile a dirsi. È in pessime condizioni oltre a essere molto vecchia.»
«Sì, ma vecchia quanto? Decine o forse centinaia di anni?»
«Ragazzo mio, non so proprio cosa dirti. Non sono una tartaruga, non posso risalire il tempo a mio piacimento…»
«Ma è affidabile? Mettiamo che io voglia prendere una barca per arrivare fino a questo punto. È possibile farlo?»
«Possibile? No, non vedo davvero come.»
«Via mare! Le navi esistono, no?»
«Certo, ma dove vuoi arrivare?»
«Voglio sapere cosa mi impedirebbe di partire.»
«Gwen, non si può navigare oltre il mare dei kraken. È risaputo.»
«Capisco, e via terra?»
«Non lo so. Come tu ben sai non si oltrepassano così agevolmente i confini delle Dodici Province… Si mormora che stia per scoppiare una guerra e la dogana volante sorveglia le frontiere.»
«Lei è un uomo saggio. Le lettere che invia, chi le trasporta e dove vanno a finire?»
«A casa di amici con i miei stessi interessi, perbacco. Dove vuoi che le spedisca?»
«Ma dove sono i suoi amici?»
«Nelle Dodici Province!»
«Dove posso trovare una mappa più recente?»
«Da nessuna parte, che io sappia. Ci sono mappe soltanto alla dogana e la loro consultazione è vietata ai privati. Mi chiedo, infatti, come tu sia riuscito ad avere questa…»
«E il suo cannocchiale, le stelle, il cielo, la notte, esiste forse un altro mondo, un un...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. Di ritorno dalla pesca
  5. Il vecchio Braz
  6. I rischi della caccia
  7. Altrove
  8. La dogana volante
  9. Silde
  10. La vecchia signora
  11. La malinconia degli uccelli
  12. L’arte di curare i poveri
  13. I Giardini di Ferro
  14. Naso-di-Cuoio
  15. L’anatomia del pibillo
  16. Il barcone
  17. Il latino facile
  18. La seconda morte di Yvon il Rosso
  19. In fuga
  20. Il sapore dell’acquavite
  21. Il mercato delle stoffe
  22. La lenza e la mosca
  23. In fondo al cannocchiale
  24. La gogna
  25. Il castello dei Pidocchi
  26. Il gran bucato
  27. La clessidra di Abraham
  28. Un inverno di ghiaccio
  29. L’esame di medicina
  30. Il paese dell’Ankou
  31. Il rogo dell’isola dei Cani
  32. Le oche selvatiche
  33. Lo stregone di Antvals
  34. Il mare dei kraken
  35. Il carro nero