MACIGNI E SPIRITO DI GRAVITA'
Avvertenza
Queste pagine considerano lo stato attuale del mondo, quale si presenta all’interno dello sguardo fondamentale dell’Occidente (che ormai è diventato l’occhio dell’intero Pianeta); lasciano parlare la logica che a tale sguardo appartiene «di diritto». Contrappongono inoltre nel titolo le due metafore che Nietzsche intende invece come equivalenti. Infatti lo «spirito di gravità» è, nelle pagine che seguono, la potenza che fa precipitare i «macigni», i quali, da parte loro, sono la pretesa di restare immobili al di sopra del divenire del mondo. Dostoevskij li chiama «il muro di pietra».
Tuttavia, come in altri miei scritti, nemmeno in questo si acconsente a ciò che da quello sguardo è mostrato, ma ci si propone di indicare quale debba esserne la configurazione coerente, cioè la logica che «di diritto» gli appartiene anche quando «di fatto» essa va per altre strade. Si tratta infatti dello sguardo della Follia estrema. Esso raggiunge il culmine della coerenza e della penetrazione appunto nello «spirito di gravità», ossia nel modo i cui oggi l’Occidente unisce in sé Filosofia e Tecnica.
Ma un altro sguardo – quello decisivo, il destino della verità – sta al di là di ciò che la stessa coerenza della Follia dell’Occidente, come avamposto della vicenda dei mortali sulla terra, riesce a mostrare. E dunque quest’altro sguardo decisivo della Non-Follia resta al di là anche di ciò che si può trovare in queste pagine, pur trapelandovi, solo negli ultimi due capitoli diventando esplicito.
Gli scritti qui raccolti ripropongono, per lo più, articoli apparsi in questi ultimi tempi sul «Corriere della Sera» e sulla rivista «Kos».
I.
Se i ricchi non aiutano i poveri
I Paesi ricchi continuano a lasciare insoluti i problemi della povertà planetaria. Anche perché gli stanziamenti richiesti per risolverli esigono sacrifici che le masse dei privilegiati non sanno più sopportare. Ma da quando l’URSS non controlla più le spinte dal basso contro la ricchezza mondiale e alla loro testa si è posto l’islam, la sopravvivenza del mondo ricco è in pericolo. E poiché, oltre che ricco, è potente, tenterà come sempre con ogni mezzo di rimanere tale.
Si avvicina il momento in cui gli Stati Uniti – repubblicana o democratica che sia la loro amministrazione – si convinceranno che, non distruggendo le radici del terrorismo islamico, sarà la loro potenza ad essere distrutta. Tali radici coincidono oggi in buona parte con l’Iran. Il Pentagono non ha mai fatto mistero della possibilità di un attacco nucleare americano contro l’Iran. Strano che l’esistenza di una gigantesca potenza distruttiva nucleare, divisa sostanzialmente tra USA e Russia, che è tuttora il bandolo della matassa, sia per lo più rimossa dalle riflessioni intorno al terrorismo internazionale.
Oltre agli USA, c’è solo la Russia a disporre di un arsenale atomico capace di distruggere ogni avversario. L’atteggiamento della Russia verso l’Iran e la sua volontà di diventare una potenza nucleare è, certo, molto più tollerante di quello americano. Proprio perché dispone di un arsenale atomico competitivo rispetto a quello USA (oltre che di risorse ancora quasi tutte da sfruttare), la Russia non si è rassegnata a vedere negli Stati Uniti l’unica superpotenza, ed è difficile che l’Iran non sia una pedina delle sue contromosse. Ma si sarebbe del tutto fuori strada a presagire una sorta di intesa tra Russia e mondo islamico.
Qui mi limito a indicare lo schema del meccanismo che si metterebbe in moto, tra Russia e USA, quando questi ultimi si convincessero – a torto o a ragione – che per non essere distrutti devono distruggere i loro nemici mortali e le radici del terrorismo. È il meccanismo stesso che ha funzionato al tempo della Guerra fredda. Consiste nel principio che nessuno dei due avversari ha interesse a mettere l’altro con le spalle al muro. Se ciò avvenisse, quest’altro reagirebbe infatti con la mossa disperata dell’attacco nucleare che annienterebbe tutti e tutto.
Quando gli USA si sentissero con le spalle al muro, spinti dal fondamentalismo islamico, userebbero contro di esso il loro potenziale atomico. Ma se questo avvenisse, il vero nemico mortale dell’America non sarebbe più l’islam, ma la Russia. Perché sarebbe innanzitutto la Russia, non l’islam, a mettere gli USA con le spalle al muro. Si ripristinerebbe pertanto il meccanismo della Guerra fredda, per il quale a nessuno dei due antagonisti conviene che l’altro abbia l’acqua alla gola.
Nel medio periodo la Russia può sì trarre dei vantaggi dalla gravità dello scontro tra mondo islamico e mondo occidentale – sebbene in Cecenia la Russia si trovi di fronte a problemi analoghi, ma di proporzioni estremamente più ridotte. Però alla fine – anche per il motivo che ho indicato, ma che in qualche modo è dominante rispetto ad altri – la Russia non potrà spingere il gioco oltre un certo limite. Infatti, anch’essa appartiene al mondo ricco e potente che, prima di farsi distruggere, deciderà di usare contro l’integralismo islamico quel potenziale atomico che mai sarebbe stato usato nello scontro tra capitalismo democratico e comunismo.
Un potenziale che invece continua a rivelarsi decisivo anche in un tempo in cui lo scontro USA-URSS è tramontato. Si pensa a torto che altre forme di lotta e di difesa vadano adottate contro il terrorismo mondiale – quasi che quest’ultimo, per uscire dalla fase artigianale, perfezionarsi tecnologicamente e razionalizzarsi, non avesse bisogno di strutture statali e dunque visibili (quelle che gli USA chiamano «Stati canaglia») e quindi esposte all’attacco nucleare americano.
Sinora si è evitato il ricorso alle armi atomiche da parte dei Paesi ricchi, perché il loro uso sarebbe stato controproducente, non per preoccupazioni di carattere morale. Può pensare alla morale uno Stato che si senta minacciato a morte? O non pensa piuttosto a distruggere chi lo minaccia? Non è forse sempre stato così nella storia dell’uomo? Certo, si è sempre sbagliato moralmente, ma quale «dialogo», quale «sapienza», quale «etica» ha mai potuto impedire il perpetuarsi di questo sbaglio? E, certo, sarebbe tanto più grave quanto più inevitabile lo sbaglio costituito dalla distruzione atomica dei nemici dei Paesi ricchi – comprendenti ormai, questi ultimi, anche Cina e India. (Rilevante, comunque, che la Cina comunista, di fronte alla crisi del comunismo e all’avanzata dell’islam incominci a far largo alla propria antica cultura politico-religiosa: Confucio, non Maometto.)
Se i Paesi ricchi continuano a lasciare irrisolti i problemi della povertà del mondo, per l’umanità si prospetta questo futuro terribile. La capacità tecnologica di risolverli è già nelle mani dell’uomo. Ma occorre uno straordinario impegno politico per finanziare la realizzazione di tali capacità. Se la politica si sottrae a questo suo compito suggella la propria fine. L’ultima spiaggia sarebbe allora il governo tecnologico (non politico) della Tecnica. Ma questo superamento della politica arriverà in tempo prima che la politica scateni l’apocalisse?
II.
I vantaggi di una nuova «Guerra fredda»
Nel 2007 G.W. Bush ha affermato che se l’Iran non sospende le sperimentazioni nucleari si arriverà alla Terza guerra mondiale. La quale – è sottinteso – vedrebbe coinvolta anche la Russia, e non certo schierata dalla parte degli Stati Uniti, ma loro principale avversaria. E Vladimir Putin ha annunciato una «grandiosa» modernizzazione dell’apparato militare e dunque nucleare russo. Lo spettro della Guerra fredda si ripresenta.
Ma – chiediamoci – la riconfigurazione della Guerra fredda è proprio il peggiore dei mali o non è forse il meno pericoloso, quello cioè che oggi il mondo deve augurarsi?
I popoli deboli sono spazzati via. Anche oggi gli Stati si armano, innanzitutto, per sopravvivere e avere più peso: non per distruggere il mondo, ma per non essere distrutti. E l’arma nucleare è decisiva. Inevitabile che il Club di chi già la possiede – Stati Uniti e Russia in testa – voglia evitare che altri ne dispongano. Ma è anche inevitabile che il loro intento fallisca. Produrrebbe una guerra perpetua (soprattutto, con gli USA in prima fila), contro tutti i popoli che, sempre più numerosi, vorranno appartenere a quel Club per crescere in sicurezza, peso internazionale, benessere.
Come i popoli ricchi non possono bloccare ma solo contenere e controllare le migrazioni di quelli poveri, così – anche per la crescente diffusione delle competenze tecnologiche – il Club atomico non può arrestare ma solo rendere «razionale» l’accesso degli altri all’uso civile e militare dell’energia nucleare. Né d’altra parte è questo il vero pericolo, bensì il fanatismo religioso di uno stato-kamikaze disposto a lanciare ovunque i propri ordigni nucleari e per difendersi dal quale agli Stati Uniti, in primo luogo, non resterebbe altra scelta che il deprecato ma inevitabile attacco preventivo.
La Guerra fredda USA-URSS ha avuto come perno proprio questo meccanismo, per cui dato l’equilibrio nucleare tra i due avversari, nessuno dei due avrebbe potuto distruggere l’altro senza essere a sua volta distrutto. In questo modo la Terza guerra mondiale è stata evitata per più di mezzo secolo. Oggi il mondo sembra avviarsi verso una riconfigurazione di quel meccanismo, sebbene più complessa. I due vecchi avversari si sono lasciati alle spalle la conflittualità ideologica e, sia pure in modi molto diversi, si trovano ad essere leader di due gruppi di Paesi a loro volta forniti, o quasi, dell’arma nucleare. Potremmo dire: Israele, Inghilterra, India (e, con affidabilità variamente discutibile, Francia e Pakistan) da una parte; Iran e Cina dall’altra (con Corea del Nord in posizione di stallo).
La leadership statunitense è più consolidata di quella russa. La Russia intende peraltro recuperare il terreno perduto; va comunque profilandosi una situazione in cui non solo i due leader non possono attaccarsi senza essere a loro volta distrutti, ma nemmeno i loro satelliti possono colpire quelli del gruppo antagonista (e tanto meno colpire il leader avversario) senza essere coinvolti nella distruzione totale. La situazione tipica della Guerra fredda.
Un segnale di grande importanza, in questa direzione, è la protezione fornita da tempo dalla Russia al programma nucleare iraniano. Ciò accade perché, innanzitutto, la Russia non crede che in Iran il fanatismo religioso spinga alla pazzia estrema di un attacco all’America. Se lo credesse, favorirebbe un processo in cui gli USA reagirebbero vedendo nella Russia la principale responsabile. Sarebbe la Terza guerra mondiale. Dunque la Russia, sostenendo l’Iran, sa di non accendere la miccia fatale. Ed è ben difficile che si sbagli, perché in questo caso lo sbaglio sarebbe fatale anche per lei.
Ma la Russia non crede nemmeno che il fanatismo religioso o altro spinga l’Iran a un attacco atomico contro Israele (è l’esempio più importante), perché sa che gli USA non possono rinunciare ai vantaggi loro procurati dall’esistenza dello Stato ebraico e che dunque quell’attacco o porterebbe daccapo alla Terza guerra mondiale, oppure sarebbe una sconfitta della Russia; giacché essa sa che gli Stati Uniti collaborerebbero alla reazione nucleare di Israele contro un Iran che, a questo punto, sarebbe da essa abbandonato alla sua sorte. Il prestigio e la credibilità della Russia sarebbero gravemente compromessi – a meno che essa decidesse quello che non vorrà mai decidere: aiutare l’Iran contro gli USA, scatenando un nuovo conflitto mondiale. Se non volesse apparire incapace di frenare il proprio protetto, la Russia risulterebbe infatti responsabile di quanto l’Iran compie. Lo protegge, dunque, perché si ritiene capace di evitare tutto questo e perché non può permettersi di sbagliare sulla propria pelle la diagnosi....