Filosofia delle nuvole
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Filosofia delle nuvole

  1. 294 pagine
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Filosofia delle nuvole

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Cosa sono le nuvole? Forse è più interessante chiedersi cosa ci porta a guardarle, mentre passano sulle nostre teste, correndo chissà dove. A volte le fissiamo cercando una forma nascosta, perché speriamo in un segno, oppure le scrutiamo preoccupati che ci guastino una domenica fuori porta. Che sia per gusto o per necessità, non riusciamo a fare a meno di interrogarle, di metterle nei nostri pensieri. Sarà per questo che ci accompagnano sempre: affiorano nei disegni dei bambini, nelle poesie degli adolescenti, nei sogni a occhi aperti degli adulti. Poco importa che siano fatte d'acqua o di immaginazione: il loro peso non cambia. Passano sulle nostre vite gettando ombre, aprendo squarci di luce, portando piogge che di volta in volta si rivelano catastrofiche o provvidenziali. Non siamo semplici spettatori della loro corsa, perché il nostro destino dipende dalle loro rotte, dal loro colore. Ecco perché dobbiamo imparare a decifrarle, a comprenderne il linguaggio. E per farlo dobbiamo rivolgerci alla meteorologia, perché dalle nuvole ha appreso il senso della mutevolezza: cercare conferme accettando gli imprevisti e attraversare il nostro tempo provando a intuirne i cambiamenti. Questa è la filosofia delle nuvole di cui parla Luca Mercalli: non una dottrina, ma un'attitudine. Un invito a osservare, a restare in ascolto, a coltivare il dubbio e a non rinunciare mai al proprio diritto di sdraiarsi a guardare il cielo. Perché avere la testa fra le nuvole non è sempre un difetto.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2011
ISBN
9788858607299

1
Per una filosofia delle nuvole

La nube ci educa alla bellezza.
ANTONINO ANILE (1869-1943)
già ministro della Pubblica Istruzione
Alcune nubi fa scrissi I tempi sono maturi per l’editore CDA-Vivalda, che poi andò esaurito. Nel frattempo nuovi nembi si addensavano e altri si dissolvevano, così è venuto il tempo di aggiornare quel lavoro, arricchirlo e affinarlo, per porgerlo nuovamente ai cieli letterari. Nasce così Filosofia delle nuvole, che non è un manuale, meno che mai un trattato scientifico. Nemmeno un romanzo. Forse è un racconto con nozioni pratiche, che ha per soggetto noi, nubi, venti, piogge e la scienza che li studia. Un orientamento tra le nebbie dei luoghi comuni, dei pregiudizi e delle stupidaggini atmosferiche. Una brezza di entusiasmo e di curiosità in un mondo sempre più piatto e ingrigito dal cemento. Per qualcuno, mi auguro, anche la nascita di una passione o la carriera di una vita.
Insomma, vedete pure le nuvole che scorrono tra queste pagine come un pretesto, un modo per trasmettere una semplice sintesi di un settore della conoscenza scientifica che di recente ha subìto sensibili evoluzioni, un po’ alla moda di quegli scienziati ottocenteschi che pubblicavano le loro «lezioni» divulgative rivolte al pubblico in un’epoca senza televisione: mi viene in mente John Tyndall, con le sei lezioni sul freddo e sul caldo «fatte di fronte a un giovane uditorio durante le vacanze di Natale del 1867», oppure le prolifiche conferenze italiane di padre Francesco Denza, uno dei fondatori della meteorologia italiana, effettuate tra il 1865 e il 1890:
Volgono ormai quattro lustri, da che io mi adopero in ogni maniera di diffondere e di render popolare nel nostro Paese lo studio della meteorologia… È perciò che non ho mai trascurato alcuna occasione propizia per raccomandare codesta disciplina e per inculcarne l’affetto operoso, sia con discorsi e con conferenze, come con apposite pubblicazioni… ed offrirle al pubblico italiano affinché questi possa meglio conoscere i passi non lievi che in questi ultimi tempi hanno fatto le investigazioni meteorologiche.
Denza scrisse queste parole nel 1883, e oltre un secolo più tardi si sono aggiunti altri passi avanti, grazie ai quali la meteorologia è divenuta una scienza matura e d’avanguardia, illuminante anche nella vita quotidiana. E ciò a maggior ragione richiede un aggiornamento. Non temete se qualche vostra certezza cadrà, se qualche proverbio si dimostrerà una fesseria, se da oggi in poi guarderete una nube come un insieme frattalico. Durante un’escursione sulle Alpi, il fisico tedesco Hermann Helmholtz (1821-1894) prese il taccuino e cominciò ad annotare i dati fisici e meteorologici che avevano generato una giornata particolarmente splendida. Uno dei compagni lo invitò a godersi con spensieratezza la gita, lasciando perdere la scienza, e lui rispose che facendo così accresceva il piacere di quel momento.
Una nuvola è bella, e certo non smette di esserlo se conosciamo gli straordinari fenomeni che la generano. Nel caso in cui però capitasse che numeri e misure disturbino la nostra contemplazione, possiamo sempre metterli da parte e tornare a compiacerci del fatto che si tratta semplicemente di una bella giornata, come ci ricorda il celebre incipit dell’Uomo senza qualità di Robert Musil:
Sull’Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isòtere si comportavano a dovere. La temperatura dell’aria era in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l’oscillazione mensile aperiodica. […] Il vapore acqueo nell’aria aveva la tensione massima, e l’umidità atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase che quantunque un po’ antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d’agosto dell’anno 1913.
Qui ci permettiamo di rilevare che Musil, benché ingegnere di formazione, da queste righe non appare essere stato un buon conoscitore della meteorologia, perché quando il vapore acqueo nell’aria ha la tensione (detto meglio: la pressione di vapore) massima, l’umidità relativa non può essere scarsa, ma è anzi pari proprio al 100 per cento!
Ma che cos’è la filosofia delle nuvole? Nessuna dottrina – per carità! – solo qualche pensiero etereo e vaporoso…
Talora alle nuvole si associano sentimenti di fugacità, di malinconia, di cattivo auspicio… una nube ha offuscato la vita, la gioia, la luce…, la vita passa come una nuvola…, nubi nere all’orizzonte…, ma il più delle volte, e in tutti i tempi, le nubi simboleggiano e hanno simboleggiato l’immagine del sogno, del viaggio spirituale, della natura divina, del mistero, del sacro, della fecondità, della libertà, della contemplazione, del cambiamento, della meditazione e della leggerezza.
Nel cortometraggio di Pier Paolo Pasolini Che cosa sono le nuvole (1967), con Totò, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli, Laura Betti e Domenico Modugno, due marionette malconce che rappresentano Otello e Jago (Totò) vengono gettate in una discarica abusiva e mentre ruzzolano sui rifiuti, si trovano a guardare il cielo per la prima volta: «Iiih! E che so’ quelle?» dice Otello ridendo. Risponde Jago: «Quelle sono… sono le nuvole…». «E che so’ ste nuvole?» ribatte Otello. «Mah!» si limita a proferire Jago, che non aveva visto altro in vita sua che il suo teatro. «Quanto so’ belle, quanto so’ belle… quanto so’ belle…» ripete Otello. E Jago: «Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato!».
Ecco, le nuvole sospese nell’aria hanno una loro meravigliosa bellezza, una loro vita silenziosa: ogni giorno nascono, si addensano, corrono per mari e terre lontane, si dissolvono e muoiono sopra di noi. Non le senti, non te ne accorgi, eppure si stanno trasformando, abbastanza lentamente da non attirare l’attenzione, ma abbastanza rapidamente perché, fissandole, rivelino il loro movimento. Spesso non le abbiamo mai osservate con attenzione, nonostante possiamo farlo in ogni momento ma ce ne dimentichiamo, e talora, guardandole all’improvviso scopriamo un nuovo, inatteso, punto di vista, e dopo un po’ che eravamo concentrati su altro scopriamo che talvolta tutto è cambiato, qualcosa è avvenuto in quel tempo trascorso senza guardare il cielo. E la nostra vita è pure così. Silenziosamente, qualcosa accade in noi ogni ora, ogni giorno e ci trasforma, come una nuvola, nel bene e nel male. Ho provato a rendere questo concetto in un film diretto da Guido Chiesa: Le pere di Adamo (2007). A dispetto del titolo, parla di nubi e di persone, che come le goccioline d’acqua talvolta comparendo come dal nulla si aggregano, talaltra possono creare un temporale, e altre volte così, come si erano incontrate, si dissolvono.
Sarà anche che per accorgerci delle nuvole siamo costretti ad alzare gli occhi al cielo, il che è sempre un atto di coraggio, è il guardare verso la dimensione infinita dell’universo. Le nubi passano eppure sono eterne, ciò che cambia continuamente in fondo è ciò che dura, mentre ciò che sembra solido e definitivo, in realtà è condannato a deteriorarsi: «La materia immobile va in rovina, solo ciò che si rinnova rimane» disse oltre otto secoli fa il filosofo hindu Basavanna.
Ieri le nuvole giungevano da mondi remoti e ignoti, oggi le scrutiamo e le seguiamo in ogni momento dai satelliti, eppure ciò nulla toglie al loro fascino, anzi, sapere che la pioggia che cade era pochi giorni prima acqua di un mare lontano, vapore emesso da una foglia di una foresta tropicale, respiro di una donna sconosciuta o di un delinquente o di un serpente, deve essere motivo di stupore quotidiano. Siamo fatti al 70 per cento di acqua e, quando una persona scompare, l’acqua che la costituisce evapora nell’atmosfera e forse poco dopo formerà una nuvola. Nelle nuvole che ammiriamo nel cielo, dunque, si trovano anche le anime delle persone che non ci sono più.
Le nuvole appaiono anche come messaggere dell’invisibile, vascelli che solcano l’oceano d’aria, e trasportano acqua, energia, molecole naturali e artificiali, sabbie desertiche, sale, ceneri vulcaniche, inquinamenti globali, radioattività. Ci sono ahimè anche «nubi ardenti», «nubi tossiche» e «nubi radioattive».
La nuvola è poi una frontiera, un confine tra mondi diversi e come tale è un luogo creativo: aria-acqua-fuoco-terra, un punto d’incontro tra il mare, il sole, il suolo e l’atmosfera e pure l’umano intelletto. Duemilaquattrocento anni fa, Aristofane, nella sua famosa commedia nella quale prende in giro Socrate e la sua nuova filosofia, le descrive così:
Sorgiam, perenni Nuvole,
splendenti di rugiada,
leviamoci dal mugghiante Oceano
padre, ai sublimi vertici dei monti
incoronati d’alberi;
e contempliamo gli orizzonti lontani,
la sacra terra irrigata che nutre i raccolti,
il fragore dei santissimi fiumi,
il fremer cupo dei marini flutti.
E attribuisce loro la funzione di rappresentare le idee un po’ bizzarre e futili che vorrebbero sostituire l’ordine costituito. A Socrate fa dire infatti:
Nuvole celesti, sono, Dee
solenni per gli uomini che non hanno niente da fare. Esse
le idee
ci danno la dialettica, l’arte del parlare, l’ingegno,
la chiacchiera, l’arte d’ingannare e di capire.
«Venerande nuvole»… che danno da vivere ai sapienti, agli indovini, ai medici, agli sfaccendati, agli astronomi ciarlatani, che le celebrano in versi. Nuvole dalle sembianze femminee che però possono trasformarsi quando vogliono in un centauro, un leopardo, un lupo o un toro. «Le sole vere divinità! E Zeus?» domanda Strepsiade. Risponde Socrate: «Ma quale Zeus? Non dire sciocchezze: Zeus non esiste! Ribatte Strepsiade: «E allora chi è che fa piovere?». «Le nuvole, e te lo dimostrerò con prove inconfutabili. Hai mai visto piovere senza che ci fossero nuvole in cielo? Se fosse Zeus, dovrebbe far piovere anche se loro non ci sono, a ciel sereno» dice Socrate, cui risponde Strepsiade: «Argomento ineccepibile. Bravo! E pensare che prima credevo che fosse Zeus a pisciare in un setaccio!». Il dibattito continua, a Socrate vien chiesto chi è che tuona. «Sono loro che tuonano, rotolando. Quando sono piene d’acqua, e devono muoversi così, pendono per forza verso il basso, e, appesantite, sbattono l’una contro l’altra scoppiando con frastuono.» Strepsiade non convinto: «Già, ma perché devono muoversi? Chi le forza? Zeus?». E Socrate: «Macché Zeus! Il vortice d’aria».
Nel farsi beffe di Socrate, l’Aristofane conservatore mette in luce come già allora esistesse qualcuno che voleva utilizzare il metodo scientifico per comprendere il mondo invece di accontentarsi dei dogmi. Socrate è un modernissimo scienziato quando individua il rapporto causa-effetto tra nuvole e pioggia, escludendo che Zeus c’entri qualcosa: da un cielo sereno non piove mai! E la descrizione del tuono e del fulmine è errata solo perché mancava ogni percezione dell’elettricità atmosferica e della dilatazione termica dell’aria, ma in nuce, c’è l’intuizione che è il rotolare delle nubi a provocarli, cosa che in effetti oggi è provata dalla separazione di cariche dovuta alle correnti ascendenti e discendenti nella nube temporalesca. Stupefacente poi l’attribuzione del movimento delle nuvole al «vortice d’aria»: le nubi infatti si formano generalmente nelle zone di bassa pressione, dove la circolazione dell’aria è proprio vorticosa. Però le nuove idee che scardinano certezze acquisite e tradizioni antiche fanno sempre fatica a emergere, così il contadino Strepsiade appicca il fuoco al pensatoio di Socrate: «Che idea è stata la vostra di offendere gli dèi, studiare il corso della luna?». Omero, nell’Iliade, rende le nuvole mediatrici della divinità: è Zeus il re del cielo, il dio della pioggia, il raccoglitore di nubi e il dispensatore di fulmini; Afrodite salva Paride nascondendolo in una nube; Poseidone nasconde Enea in una fitta nebbia sottraendolo ai colpi di Achille; anche Apollo avvolge Ettore nella nebbia, proteggendolo dalle ire dell’eroe acheo. Echi di quest’ordine dove il divino dispone delle nuvole, si trovano ancora nel Kalevala, il poema nazionale finnico, trascritto da Lönnrot nel 1849: «Ukko! Ukko, dio supremo, / padre che nel cielo stai, / delle nubi reggitore / e dei nuvoli signore! / Nelle nubi tien’ consiglio / e dai nuvoli decidi: / dall’Oriente, manda nubi, / denso un nembo da grecale, / altre ancora da Occidente / spingine da mezzogiorno: / pioggerella giù dal cielo / goccia, e miele dalle nubi / sopra l’orzo verdeggiante, / sulla spiga sussurrante!».
Chissà, se si fosse dato retta alle venerande nuvole e a Socrate, la fisica dell’atmosfera, e non solo quella, avrebbe fatto un balzo avanti con due millenni di anticipo!
Nel 1990 sarà Fabrizio De André a riprendere Aristofane in chiave moderna con l’album Le nuvole che ci descrive lui stesso:
Le Nuvole, per l’aristocratico Aristofane, erano quei cattivi consiglieri che, secondo lui, insegnavano ai giovani a contestare; in particolare Aristofane ce l’aveva con i sofisti che indicavano alle nuove generazioni un nuovo tipo di atteggiamento mentale e comportamentale sicuramente innovativo e provocatorio nei confronti del governo conservatore dell’Atene di quei tempi. La Nuvola più pericolosa, sempre secondo Aristofane, era Socrate, che ha la sfacciataggine di mettere in mezzo ai sofisti. Ma a parte questo, e a parte il fatto che comunque Aristofane fu un grande artista e quindi inconsapevolmente un grande innovatore egli stesso, le mie Nuvole sono invece da intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella nostra vita sociale, politica ed economica; sono tutti coloro che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire le loro posizioni di potere. Nella seconda parte dell’album, si muove il popolo, che quelle Nuvole subisce senza dare peraltro nessun evidente segno di protesta (da Giancarlo Susanna, Stormy Weather. Intervista a De André, «Music», autunno 1990).
Ho scelto Lalla Pisano e Maria Mereu perché le loro voci mi sembravano in grado di rappresentare bene «la Madre Terra», quella, appunto, che vede continuamente passare le nuvole e rimane ad aspettare che piova. È messo subito in chiaro che «si mettono lì / tra noi e il cielo»: se da una parte ci obbligano ad alzare lo sguardo per osservarle, dall’altra ci impediscono di vedere qualcosa di diverso o più alto di loro. Allora le nuvole diventano entità che decidono al di sopra di noi e cui noi dobbiamo sottostare, ma, pur condizionando la vita di tutti, sono fatte di niente, sono solo apparenza che ci passa sopra con indi...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Fabio Fazio
  4. 1. Per una filosofia delle nuvole
  5. 2. Il tempo e noi: dal fango al climatizzatore
  6. 3. Meteo in cornice, in musica e in pellicola
  7. 4. A chi serve la meteorologia?
  8. 5. Il meteorologo: sciamano o scienziato?
  9. 6. La meteorologia è una scienza esatta?
  10. 7. Guardare le nuvole. Le previsioni fai-da-te
  11. 8. Non ci sono più le mezze stagioni
  12. 9. Neve, pioggia e temperatura percepita
  13. 10. Cannonate contro il tempo
  14. 11. Il clima d’Italia, questo sconosciuto
  15. 12. Tempi d’alta quota
  16. 13. Effetto Serra e Cambiamenti Climatici. Dobbiamo Preoccuparci?
  17. Ringraziamenti
  18. Indice