Lettera a un insegnante
eBook - ePub

Lettera a un insegnante

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Lettera a un insegnante

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

'Un sentimento profondo ci accomuna: entrambi amiamo i ragazzi, che devono essere educati a crescere, a maturare, a vivere.'

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Lettera a un insegnante di Vittorino Andreoli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Psychologie e Histoire et théorie en psychologie. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
ISBN
9788858608104
titolo
“Un sentimento profondo ci accomuna: entrambi amiamo i ragazzi, che devono essere educati a crescere, a maturare, a vivere.”
Carissimo,
avverto da tempo un forte desiderio di parlare della scuola, di questa istituzione che mi pare non corrisponda ai bisogni degli alunni che la frequentano e non risponda adeguatamente agli scopi che la comunità dovrebbe perseguire nell’organizzarla e sostenerla.
Sono stato a lungo nel dubbio se scrivere alla scuola, in quanto organismo che include l’insegnante, oppure a te direttamente.
La scuola è costituita da numerosi organi e, come il corpo umano, soffre se non funzionano in sintonia; la sua qualità si impoverisce, fino a diventare «vita apparente», cioè analoga a quella di chi si trovi in coma profondo.
Quando ho tentato di rivolgermi alla scuola così intesa non riuscivo a vedere il mio interlocutore, a sapere bene a chi andasse in mano la mia lettera e, la vedevo chiusa e dimenticata in qualche cartellina.
Insomma, la scuola è molte cose e molte persone insieme, ma anche nessuno, e l’idea di scrivere una lettera a un Nessuno, che magari la protocolla e la archivia, dà una sensazione triste che demotiva e toglie la passione che desidero animi queste pagine.
Non ti nascondo, che nell’immaginare di scrivere alla scuola ero preso da una verve polemica e da atteggiamenti di indignazione e di rivolta, perché riempivo la parola scuola di incongruità. Mi ricordavo del trattamento economico degli insegnanti che stanno diventando i nuovi poveri e nello stesso tempo dei favori e delle folli regalie di cui godono altre professioni, portando chi le esercita nella categoria dei nuovi ricchi o dei sempre più ricchi. E poiché conosco cosa significhi disporre di una insufficiente quantità di denaro in questa società, sarei stato animato da un vero fervore di lotta per la giustizia sociale.
Immaginando la scuola come mio interlocutore, mi vedevo davanti agli occhi gli edifici scolastici: fatiscenti, senza la minima attrazione, in un’epoca in cui le abitazioni sono studiate nel dettaglio e nella forma delle architetture e del design di avanguardia. E mi veniva da pensare agli studi di psicologia degli ambienti da cui risulta chiaro che se un luogo non è attraente non coinvolge, si tende a fuggirlo oppure ad aggredirlo con comportamenti distruttivi. E mi invadeva una vera e propria rabbia per i mancati investimenti dello Stato a favore della scuola, mentre compera carriarmati e aerei spia da impiegare nelle «guerre di pace» o in quelle «preventive», ignorando che se si comincia a uccidere si continuerà a farlo.
Mi ritornava alla mente il labirinto dei concorsi per occupare le cattedre, la stupidità della loro gestione, la provvisorietà delle sedi, che non solo fa percepire la non essenzialità del proprio ruolo, ma pone in una condizione di timore, poiché basta un niente e tu sei dimenticato o cacciato da un foglio protocollato. Una incertezza che fin dall’inizio dell’anno scolastico, e per molti mesi, rende impossibile una relazione insegnante-alunni poiché tutto si svolge come se un attimo dopo potesse finire a causa di un trasferimento.
Insomma, se avessi indirizzato questa lettera alla scuola, sarei entrato in un contenzioso che mi avrebbe visto con qualche bandiera in mano, magari in uno dei tanti cortei di protesta che appaiono inutili anche se mossi da un bisogno di giustizia che sa solo di impotenza.
Credo che sul tema della scuola ci si possa soltanto indignare. L’indignazione fa riferimento all’uomo e al suo umanesimo, inteso come insieme integrato di convinzioni e di princìpi che non possono essere calpestati senza suscitare reazione.
Forse avrei potuto scrivere un saggio sulla scuola, sui suoi mali, sulla follia di chi ne è alla guida, ma tutto ciò avrebbe mostrato emozioni e reazioni persino eclatanti, ma inadeguate per ciò di cui voglio parlare.
Ho scelto la lettera. Io amo lo stile epistolare poiché mentre scrivo vedo il mio interlocutore e lo percepisco in tutta la sua realtà, nel significato che ha o dovrebbe avere. La lettera non è uno strumento di lotta, ma di contatto e di relazione che approfonditi diventano rispetto, amicizia e solidarietà tra chi scrive e l’insegnante a cui questa lettera è inviata. E in tale clima affettivo si inserisce la mia decisione di usare il «tu» nello scriverti.
Io scrivo a te, proprio a te, a un insegnante, non agli insegnanti, poiché credo che massificando si corra il pericolo di parlare di una media statistica che non descrive nessuno.
Una relazione è sempre tra un individuo e un altro e proprio questo vuol indicare un insegnante contrapposto alla categoria e all’insieme, che rimandano a denominatori comuni, perdendo così la ricchezza delle caratteristiche di ciascuno che la scuola deve non solo permettere ma favorire nella loro espressione.
In una catena di montaggio – e la sua rappresentazione più riuscita è quella del magnifico Tempi moderni di Charles Chaplin – la distinzione tra un operaio e quello che lo precede o lo segue è inutile poiché tutto si riduce al gesto di un braccio. Ma nella scuola, dove l’azione è incentrata sulla mente, e dunque su un organo complesso come il cervello, è indispensabile che le caratteristiche della personalità di ciascun insegnante si esprimano e che egli rimanga un soggetto.
Ti devo subito dire che iniziando una relazione con te, sia pure epistolare, avverto un senso di grande serenità, eppure i temi di cui ti parlerò non sono né semplici né tranquilli, ma percepisco che è possibile un clima di reciproco rispetto e di stima, che io sento forte nei tuoi riguardi. Un sentimento basato su punti di vista differenti, poiché ti devo subito dire che io non sono un insegnante e quindi già solo per questo non mi sento di ergermi a tuo giudice o a tuo mentore.
Sono un vecchio psichiatra che si occupa e si è occupato per tanti anni di comportamento umano, soprattutto di comportamento della crescita e per lo più in ragazzi «rotti» che dunque hanno compiuto azioni estreme. Non ho nulla da insegnarti, ma certo qualche cosa da raccontarti delle mie conoscenze e della mia lunga esperienza sui bisogni del mondo giovanile e su quelli che la scuola potrebbe affrontare.
Ancora una volta si pone la differenza tra il riferimento alla scuola – che significa mansionario, circolari, ordinamenti e regolamenti che ti hanno buttato addosso senza nemmeno averti sentito – e a te insegnante come persona, ricca di convinzioni e disposizioni proprie che non dipendono da nessun documento protocollato da qualche burocrate.
Provo forte rispetto per te, per la tua dignità, e con questi sentimenti busso alla porta di un insegnante per chiedergli di poter scrivere le mie convinzioni sui giovani e sulla loro crescita, con la speranza che servano al suo lavoro quotidiano e con la certezza che, se ciò non dovesse accadere, non mi scandalizzerei e non mi sentirei offeso. Continuerei comunque a elaborare i miei pensieri, poiché una cosa mi pare certa: non è possibile che in un periodo tanto lungo e tanto intenso di relazione allievi-insegnanti si dimentichi di tenere conto di ciò di cui i ragazzi hanno necessità, mentre, come in un teatro dell’assurdo, si continua a fornire loro cose che non servono, con modalità che hanno riflessi negativi sulla loro vita. Io ti parlerò dell’esistenza dei tuoi allievi e di che cosa la loro vita, in questo specifico periodo, ha bisogno e che potrebbe trovare nella scuola una risposta adeguata. In una scuola non dell’inutile o del danno, ma che aiuti a vivere.
Forse adesso ti è più chiaro perché, pur ritenendo che la scuola sia un’organizzazione multifattoriale, abbia scelto di scrivere a te.
Tu non sei la scuola, ma sei uno degli attori importanti della classe: un riferimento che comprendo e per il quale ho anch’io strumenti di analisi che mi permetteranno appunto di trasmetterti convinzioni che devono farsi stimolo per le tue valutazioni e considerazioni.
Una lettera non solo non è un manuale, ma è contro ogni manualistica che per voler guidare tutti non fa nulla di utile, poiché non può capire chi sia l’insegnante come individuo, specifico e irripetibile, all’interno di una relazione con l’allievo, e dentro la classe.
La classe è dunque il centro della mia attenzione e delle mie considerazioni.
Lo so, il clima della classe risente anche della struttura fisica dell’edificio e ancor più del gelo delle relazioni tra insegnanti e degli insegnanti con l’autorità scolastica, dal direttore della tua scuola al ministro. Rivolgendomi direttamente a te non ho certo cancellato la loro influenza, semplicemente voglio dedicarmi a ciò che accade nella classe e alle dinamiche che legano l’insegnante all’allievo.
Una semplificazione, come sempre accade quando si voglia studiare una frazione di un insieme complesso, come si fa costantemente in campo scientifico quando si ricerca e ci si deve concentrare su un «particulare» che però, alla fine, deve rientrare nell’insieme e dunque tenerne conto.
Ti sembrerà di ricevere una lettera su qualcosa che fai ogni santo giorno, la novità semmai è che questa volta ne parli con me, con uno «psico-coso» che ama i giovani, ma anche i maestri perché un giovane è anche il proprio o i propri maestri.
Mi devi permettere un ricordo molto vivo nonostante la sua collocazione storica lontana, ai tempi in cui frequentavo la scuola. Rivedo ancora il professor Arturo Pasa, il mio insegnante di filosofia.
Un incontro straordinario non solo per l’interesse del personaggio, ma per il ruolo che ha giocato nella mia esistenza.
Il suo pizzetto rosso, che richiamava i saggi dell’antica Cina; i suoi occhi curiosi e ridenti, la pipa che teneva tra le labbra anche se spenta e che richiamava le sue origini montanare nelle Dolomiti bellunesi. I suoi gesti caratteristici come girare l’indice della mano destra sul palmo della sinistra che diventava lo spazio da esplorare e su cui fare scoperte: sempre con quel dito e sempre su quel palmo di mano. La sua personalità e il suo stile dominavano sulla complessa e noiosa regola che prevede il registro, i voti e soprattutto il programma che rischiava di farci correre senza approfondire nulla e che semplicemente ci illudeva di sapere.
Il tempo delle sue interrogazioni non interrompeva gli approfondimenti, era senza fiscalità, senza il gusto di cogliere «in castagna», di rilevare un buco in chi si sentiva preparato, e sapeva tirare fuori il meglio da chi non si era affaticato sulle pagine del libro di testo.
Una relazione al di là della convenzionalità che tuttavia non era un negare ma un aggiungere: sostituirvi una dimensione più impegnativa, meno scontata, persino nuova.
Parlava sempre di questioni in cui non solo era preparato, ma su cui meditava e faceva pensare. La maniera migliore, sembrava dire, per ricordare le questioni filosofiche o la storia delle idee era di partecipa...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. LETTERA A UN INSEGNANTE