2012 la fine del mondo?
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2012 la fine del mondo?

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2012 la fine del mondo?

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Secondo il calendario Maya, il 21 dicembre del 2012 arriverà la fine del Lungo Computo e della Quinta Era: la fine del mondo. O almeno del mondo come lo abbiamo conosciuto fino a ora. Una profezia terribile e affascinante, anche perché verso la stessa direzione portano un numero impressionante di segnali e scoperte provenienti tanto dal mondo esoterico quanto da quello scientifico: le piramidi di Giza e la Sfinge, i templi cambogiani e andini, la Genesi e l'I-Ching, la profezia dei teschi di cristallo e le quartine di Nostradamus, l'inversione dei poli magnetici terrestri, l'assottigliamento dello strato d'ozono e il surriscaldamento del Sistema solare. È come se i miti e le saggezze di popoli lontanissimi nel tempo e nello spazio volessero suggerirci qualcosa di incredibilmente simile. Sono solamente coincidenze? Cosa succederà dopo quella fatidica data? Sarà una catastrofe o una nuova rinascita?
Roberto Giacobbo ci guida nella fascinazione di grandi misteri e nella vertigine di domande inquietanti senza mai farci perdere l'orientamento. Proponendoci infine una sua originale, strabiliante, ipotesi su quello che potrebbe accadere all'alba del 21 dicembre 2012.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852012631

I Maya

Hunab Ku

All’origine di Tutto è Hunab Ku, la Farfalla Cosmica.
Hunab Ku è il dio supremo, il più grande Creatore, un “disco turbinante”, la coscienza che ha organizzato la materia in stelle, pianeti e sistemi solari. È il “Datore Unico di Movimento e Misura”, il principio della vita al di là del Sole.
Hunab Ku è il centro della galassia, è l’energia intelligente che pervade l’universo.
È una divinità androgina composta dalla parte maschile e dal suo doppio femminile, la Dea Madre Ixquic. È la porta per accedere ad altre galassie e alla coscienza universale.
Hunab Ku è il grembo che dà alla luce nuove stelle in continuazione, il grembo che ha dato alla luce il Sole e la Terra.
Dal centro della nostra galassia Hunab Ku guida ogni cosa attraverso l’emanazione di esplosioni di energia di coscienza periodiche.
Da lui ha origine il tempo e da lui il tempo è controllato. Da lui dipendono la storia del genere umano e il suo futuro.
Kuxan Suum, “la via del cielo che porta al cordone ombelicale dell’universo”, è il tessuto galattico che collega l’individuo e i pianeti a Hunab Ku; e lo fa attraverso il Sole.
Hunab Ku è la massima divinità del pantheon maya e la sua storia è narrata da secoli nel Popol Vuh, il “Libro della Comunità”.
Come spesso accade, i popoli che ci hanno preceduto descrivono, attraverso la mitologia, eventi storici e fenomeni naturali. Così è stato per i Maya e per Hunab Ku.
Il 18 ottobre del 2005 Scott Hyman, astronomo e professore di fisica presso lo Sweet Briar College, fa una sorprendente dichiarazione sulla rivista scientifica “Nature”: nel 2002, mentre analizzava le onde radio a bassa frequenza raccolte dal telescopio Very Large Array di Socorro, nel New Mexico, ha rilevato, proprio al centro della nostra galassia, 5 emissioni radio ad alta energia e di uguale intensità, della durata di 10 minuti ciascuna, che apparivano ogni 77 minuti su un periodo di 7 ore, dal 30 settembre al 1° di ottobre.
Un segnale intermittente che sembra possedere tutte le caratteristiche per essere equiparato a un’emissione effettuata in maniera intelligente.
Scott Hyman lo definisce «un sordo brontolio al centro della galassia».
Nel dicembre del 2008 un gruppo di astronomi tedeschi del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics, coordinato da Reinhard Genzel, dopo 16 anni di lavoro ha confermato che al centro della Via Lattea c’è un enorme buco nero, grande 4 milioni di volte il Sole. Il buco nero è stato chiamato Sagittarius A ed è distante 27.000 anni luce da noi.
Un “disco turbinante” che sta assorbendo e dando alla luce le stelle, proprio come Hunab Ku, il grembo della madre maya…
Due storie sorprendentemente simili eppure distanti secoli: una appartiene alla scienza e una alla mitologia; alla mitologia maya.
I Maya, un popolo misterioso e affascinante, con un’ossessione: il tempo.

Comparsa e scomparsa dei Maya

La civiltà maya nasce nel 1500 a.C. e si sviluppa su un territorio che comprende la penisola messicana dello Yucatán, il Guatemala e alcune regioni degli attuali Honduras e Belize, un territorio vastissimo del Centro America caratterizzato da condizioni climatiche e ambientali molto diverse tra loro. Discende probabilmente da una popolazione grandemente progredita, quella degli Olmechi, dalla quale raccoglie una forte eredità culturale.
Dopo un iniziale nomadismo, le tribù maya si stabiliscono in piccoli gruppi vicino a terreni agricoli, adottando condizioni di vita stanziali che permettono la fioritura di una straordinaria civiltà. Il mais, coltivato soprattutto sugli altipiani del Guatemala, è la loro principale fonte di sostentamento.
Si organizzano in città-stato autonome, governate secondo un sistema teocratico.
Fra il 400 e il 900 d.C. la civiltà maya raggiunge il periodo di massimo splendore. Mentre l’Europa medievale vive la sua regressione e sembra dimenticare progressivamente le antiche conquiste, essa tocca picchi altissimi di sapere astronomico, architettonico e matematico. Alcuni di questi picchi sono stati raggiunti solo di recente dalla scienza occidentale. Nella maggior parte dei siti archeologici maya gli esploratori hanno riscoperto con estremo stupore osservatori sofisticati e precisissimi.
Poi, di colpo, sul finire del IX secolo d.C. intere città vengono abbandonate e la maggior parte delle conoscenze vanno perdute.
A differenza delle altre civiltà precolombiane, i “Grandi” Maya sono già scomparsi quando, dopo il 1492, gli spagnoli arrivano a colonizzare il Nuovo Mondo scoperto da Colombo. Di loro resta una lieve traccia, un’identità culturale che alcuni individui avranno la forza di portare fino ai giorni nostri, ma l’antico splendore e la grandezza svaniscono; non gradualmente, di colpo. L’improvviso dissolvimento di questa civiltà resta uno dei misteri più sconcertanti della storia.
Che cosa ha provocato un abbandono tanto repentino?
Molte le risposte date dagli studiosi: sovrappopolazione, errori nella gestione delle risorse naturali, una lunga guerra, malattie decimanti, ma nessuna spiegazione convince al punto da essere quella definitiva.
Qualunque ne sia stata la causa, il territorio che era stato teatro della straordinaria parabola maya viene abbandonato.
I Maya superstiti si rifugiano fra le colline a sud o nelle pianure della penisola dello Yucatán, a nord.
Una gran parte dell’area nella quale vivevano, studiavano le stelle e costruivano favolosi edifici torna alla giungla, inghiottita dalla fitta vegetazione: lì i templi, le piramidi e i palazzi restano nascosti per secoli e dei Grandi Maya la storia si dimentica. Finché qualcuno non ha tagliato gli alberi, si è fatto largo nella foresta e ha riscoperto un mondo sorprendente, ammantato di mistero.

Il ritorno di Kukulkán

Kukulkán, strettamente associato con la stella del mattino e della sera, Venere, è il nome che i Maya davano al dio Serpente, un serpente piumato venerato nell’antica Mesoamerica. Egli non è un semplice dio, ma un dio multiplo; non solo uomo ma molti uomini. La mitologia narra che attraverso lo spirito di questo dio gli antenati abbiano ricevuto il sapere; e narra che un giorno, nel 999 d.C., Kukulkán abbia lasciato la sua gente per intraprendere un viaggio verso i luoghi dai quali proveniva. Prima di andare, ha promesso che tornerà.
E i Maya attendono il suo ritorno.
Ma Kukulkán non torna; arriva invece un uomo dalla barba bianca, Fernando Cortes, un venerdì santo dell’anno 1519. All’inizio i Maya credono che sia Kukulkán: un equivoco che quasi annienta quel poco che resta della loro civiltà.
Nel 1843 l’esploratore statunitense John Lloyd Stephens racconta in un libro, Incidents of Travel in Yucatán, la sua riscoperta di Chichén Itzá, un importante centro archeologico del Messico che si estende su un’area di tre chilometri quadrati.
Il monumento principale di Chichén Itzá è una piramide, una piramide dedicata proprio a lui, a Kukulkán. Quello che presto gli studiosi capiscono è grandioso: la piramide è un apparato di misurazione del tempo molto preciso, un orologio astronomico che non fallisce mai nell’indicare l’annuale precessione degli equinozi, raggiungendo livelli di esattezza che appaiono impossibili da calcolare senza l’utilizzo delle strumentazioni di cui siamo oggi in possesso.
Gli equinozi sono i due momenti dell’anno in cui il giorno e la notte hanno uguale durata su tutto il pianeta. La Terra gira intorno al Sole e nel frattempo ruota intorno a se stessa. In questo movimento di rotazione l’asse terrestre subisce una precessione. In fisica la precessione è il cambiamento della direzione dell’asse di rotazione dell’oggetto.
La precessione degli equinozi è dovuta alla concomitanza di due fattori: la forma non perfettamente sferica del nostro pianeta e l’azione delle forze gravitazionali della Luna e del Sole. La conseguenza della variazione dell’asse di rotazione terrestre è il cambiamento dei punti di riferimento sulla sfera celeste.
Per effetto della precessione, l’equinozio viene raggiunto ogni anno con qualche frazione di tempo di anticipo.
Nel frattempo, molto lentamente il Sole si sposta attraverso tutte le 12 costellazioni dello zodiaco; impiega circa 2160 anni per attraversare ogni singola costellazione. Per compiere l’intero ciclo precessionale di 360 gradi sono necessari 25.920 anni.
Adesso noi vediamo il Sole sorgere all’alba dell’equinozio di primavera proiettato verso la costellazione dei Pesci: la prossima costellazione su cui sorgerà sarà quella dell’Acquario.
La precessione degli equinozi è quindi l’unico sistema che scandisce il tempo al di fuori delle convenzioni umane.
Ed è il sistema per scandire il tempo adottato dai Maya, un popolo orientato allo studio delle stelle e capace di conoscerle profondamente.
Man mano che un numero sempre maggiore di città maya è stato sottratto alla giungla e studiato dagli archeologi, si è accertato che l’orientamento dei templi e degli altri edifici era di primaria importanza per queste popolazioni che erano particolarmente interessate al moto del gruppo delle Pleiadi e a quello dei pianeti Mercurio, Venere, Marte e Giove. I loro astronomi tenevano accurate registrazioni dei movimenti del Sole e della Luna e questo consentiva loro di predire con precisione le eclissi: sono riusciti, infatti, a calcolare con qualche millennio di anticipo e con soli 33 secondi di errore l’eclissi solare avvenuta l’11 agosto 1999.
Quel che resta delle loro città esprime una vera fissazione per l’astronomia e per l’eternità: Chichén Itzá ne è una magnifica testimonianza.
La piramide di Kukulkán, a base quadrata, ha 91 gradini su ogni lato, 364 quindi, più quello della piattaforma in alto, per un totale di 365 gradini: 365, come i giorni dell’anno solare. È orientata in modo che nel giorno dell’equinozio il Sole, illuminando la scalinata nord-ovest, crei l’ombra di un serpente gigante.
Che i Maya abbiano posseduto delle conoscenze così sofisticate, necessarie a calcolare e creare un effetto così straordinario, resta un fatto incredibile.
Ma c’è di più.
Il 21 dicembre 2012, nel giorno del solstizio d’inverno, quando il Sole si posizionerà a ovest di Chichén Itzá, l’ombra del margine nord-ovest della piramide proietterà sui gradini un movimento di ombre e luci che si unirà alla grande testa del serpente scolpita alla base della scala; e la illuminerà. Entro un periodo di 34 minuti, il serpente, il dio Kukulkán, formato da questo gioco di luce e ombra, sembrerà discendere verso la Terra, mentre il Sole lascerà ogni gradino, spostandosi dalla cima alla base della piramide. Questo magnifico effetto visivo si ripete, come abbiamo detto, due volte ogni anno, in corrispondenza degli equinozi di primavera e di autunno.
Ma il 21 dicembre 2012 avverrà qualcosa di ancora più straordinario: la coda del serpente proiettata dalla sommità della piramide punterà precisamente verso il gruppo stellare delle Pleiadi e il buco nero al centro della galassia, Hunab Ku, la Farfalla Cosmica, coinciderà con il solstizio invernale. Questo vuol dire che quel giorno il Sole si troverà perfettamente allineato con Hunab Ku.
Sarà quello il giorno in cui Kukulkán, il dio Serpente, quel dio che i Maya attendono da sempre, tornerà per dare avvio a una nuova era, per riconsegnare all’uomo quel sapere che già anticamente aveva donato?
Un giorno che è stato pronosticato più di 1500 anni fa, come più di 1500 anni fa è stato previsto l’allineamento della Terra, del Sole, del gruppo stellare delle Pleiadi e del centro della nostra galassia.
Il Popol Vuh racconta di quando i Signori del Mondo Sotterraneo hanno sfidato il padre dei Gemelli Divini al gioco della pelota; di come egli abbia accettato la sfida, entrando negli inferi. Di come i demoni abbiano barato e lo abbiano decapitato.
Narra le gesta di Hunahpu e Xbalanque, i Gemelli Divini, che hanno sfidato a loro volta i demoni, vincendoli e consentendo così al padre di resuscitare.
A Chichén Itzá vi è un gigantesco campo per il gioco della pelota: misura circa 170 metri di lunghezza e 50 di larghezza, mentre i muri laterali, ornati da una fascia a forma di serpente, sono alti quasi 8 metri; degli anelli sono fissati a 7 metri e mezzo da terra. Scopo del gioco è far passare la palla attraverso quegli anelli di pietra. Vince la squadra che per prima va a segno. Un pannello scolpito raffigura la decapitazione di un giocatore nel cortile centrale: alcuni sostengono che sia il destino degli sconfitti, ma un’interpretazione più recente asserisce che riguardi unicamente il capitano dei vincitori, un sacrificio ben più degno di un dio.
Per molti studiosi il gioco della pelota è una metafora lasciataci dai Maya, la metafora di ciò che accadrà il 21 dicembre del 2012. La storia dei Gemelli Divini sarebbe un’altra allegoria astronomica nella mitologia di questo affascinante popolo.
Il cortile rappresenterebbe la Via Lattea, l’anello di pietra al centr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 2012 LA FINE DEL MONDO?
  4. Prologo
  5. I Maya
  6. La profezia dei teschi di cristallo
  7. Altre profezie: dall’Egitto all’Apocalisse
  8. Il confronto con la scienza
  9. Le reazioni
  10. La profezia di Malachia
  11. Nostradamus
  12. Epilogo
  13. Ringraziamenti
  14. Bibliografia
  15. Inserto fotografico
  16. Copyright