La strada che porta al vero
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La strada che porta al vero

Come praticare la saggezza nella vita quotidiana

  1. 182 pagine
  2. Italian
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La strada che porta al vero

Come praticare la saggezza nella vita quotidiana

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Tutti gli esseri umani hanno lo stesso desiderio: vivere una vita piena e felice e rifuggire la sofferenza. Un'aspirazione mai appagata, che diventa fonte di perenne insoddisfazione interiore. A questa situazione il Dalai Lama risponde spiegandoci che la possibilità di essere felici è dentro ognuno di noi: basta saperla coltivare. In questo volume Sua Santità insegna a non sopravvalutare l'esteriorità e i beni materiali, a controllare le emozioni, a sviluppare la consapevolezza di noi stessi e l'amore per il prossimo. Attraverso pratiche ed esercizi quotidiani eseguibili da chiunque, guida il lettore alla via che conduce alla calma mentale, in cui dolore, rabbia, paura e odio lasciano il posto a indulgenza e compassione. Il nostro cuore si apre così a una percezione più vera di noi stessi e della realtà che ci circonda, a un atteggiamento più disponibile e comprensivo verso gli altri: l'unico modo per accedere a una felicità vera e duratura.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852011252
Parte seconda
LA PRATICA DELL’ETICA

2

Identificare le varie forme della sofferenza

Visione complessiva dei tipi di etica
Il principio essenziale dell’etica buddhista è quello di aiutare gli altri e, se ciò non è possibile, di non arrecare loro danno. Nei tre tipi di etica del buddhismo questo impegno fondamentale a favore della non violenza è di centrale importanza:
  • L’etica della liberazione individuale (oggetto di questo capitolo) si pratica soprattutto astenendosi da azioni fisiche e verbali che arrechino danni. Tale pratica è detta «individuale» poiché fornisce all’individuo una preparazione per liberarci dalla ripetizione del ciclo di nascita, invecchiamento, malattia e morte, che i buddhisti chiamano esistenza ciclica (o samsara).
  • L’etica dell’attenzione per gli altri – chiamata «etica dei Bodhisattva» (esseri che si occupano primariamente di aiutare il prossimo) – si pratica soprattutto impedendo alla mente di cadere nell’egoismo. Per coloro che la praticano, l’elemento essenziale consiste nell’astenersi dall’autocompiacimento, ma anche dal compiere fisicamente e verbalmente azioni dannose.
  • L’etica del Tantra si articola in tecniche speciali volte a visualizzare uno stato fisico e mentale pienamente sviluppato che consenta di aiutare gli altri in modo efficace. Prevede una tecnica finalizzata al controllo di sé, grazie alla quale possiamo superare la percezione limitata che abbiamo del nostro corpo e della nostra mente e sentirci splendenti di sag­gezza e di compassione.
L’etica della liberazione individuale
La pratica dell’etica della liberazione individuale richiede quella consapevolezza di sé indispensabile per astenersi da azioni fisiche e verbali che arrechino danno agli altri. Ciò significa abbandonare quelle che i buddhisti chiamano le dieci non-virtù. Esse sono divise in tre categorie. Quelle fisiche comprendono l’omicidio, il furto e l’adulterio. Quelle verbali sono la men­zogna, la maldicenza, l’ingiuria e il pettegolezzo. Quelle mentali sono l’invidia, la volontà di nuocere e le concezioni sba­gliate.
Poiché la motivazione precede e guida l’azione, controllarla è il modo migliore per prevenire azioni fisiche e verbali impulsive e potenzialmente offensive. Quando improvvisamente vuoi qualcosa e ti precipiti a prenderlo senza valutare le conseguenze, il tuo desiderio si esprime impulsivamente, senza il beneficio della riflessione. Nella pratica quotidiana impari a esaminare continuamente le tue motivazioni.
Quando ero ragazzo, Ling Rinpoche, il mio educatore, era sempre molto severo; non sorrideva mai, nemmeno un poco. La cosa mi dava grande fastidio. Chiedendomi perché fosse così privo di senso dell’umorismo, dentro di me esaminavo sempre di più quanto stavo facendo. Questo mi aiutò a rendermi consapevole delle mie motivazioni. Poco dopo il mio ventesimo compleanno, quando avevo ormai raggiunto la maturità, Ling Rinpoche cambiò completamente; in mia presenza aveva sempre un grande sorriso sulle labbra.
Una pratica efficace dell’etica della liberazione individuale dipende da motivazioni sincere e durature. Non si deve, ad esempio, diventare monaci o suore per evitare di dovere svolgere un lavoro che permetta di acquistare cibo e vestiti. Essere motivati da propositi così futili non aiuta a ­liberarci dall’esistenza ciclica, ragione ultima, questa, per praticare l’etica della liberazione individuale.
Ciò è confermato dalla storia di Buddha. Un giorno Sha­kyamuni si allontanò furtivamente dal palazzo per fare esperienza diretta della vita. Per la prima volta vide un malato, un anziano e un cadavere. Profondamente turbato dalle sofferenze legate alla malattia, all’invecchiamento e alla morte, giunse alla conclusione che la vita mondana è priva di sostanza. In seguito, ispirato da vari praticanti religiosi, Buddha fu colpito dalla possibilità di una vita più elevata, più piena, più spirituale. A quel punto fuggì dal palazzo, lasciando alle proprie spalle la sua normale esistenza per inseguire quella prospettiva di vita.
Che cosa ci insegna tutto ciò? Come Buddha, all’inizio dobbiamo occuparci della sofferenza che deriva dall’esistenza ciclica e volgere le spalle alle distrazioni effimere. Sotto l’influsso di questo nuovo atteggiamento, dobbiamo adottare un sistema etico rinunciando all’esistenza ciclica e fare voto di assumere un comportamento puro, cercare cioè di evitare le dieci non-virtù.
Le quattro nobili verità
Per liberarci dall’esistenza ciclica dobbiamo comprenderne la natura. È necessario: 1) conoscere i tipi specifici di sofferenza che essa comporta; 2) scoprire le cause di quelle sofferenze; 3) vedere se è possibile eliminare tali cause; 4) decidere che cosa va praticato. La rinuncia, dunque, implica una comprensione almeno parziale delle quattro nobili verità:
  1. La vera sofferenza.
  2. Le vere origini della sofferenza.
  3. La vera cessazione della sofferenza e delle sue ori­gini.
  4. Il vero sentiero per mettere in atto la vera cessazione della sofferenza.
Quando Buddha diede il suo primo insegnamento, affrontò le quattro nobili verità nell’ordine in cui sono qui sopra elencate. Tale ordine, tuttavia, non riflette il modo in cui queste verità sono venute alla luce. Nella sequenza temporale la seconda verità – le origini della sofferenza – precede la prima – la sofferenza in sé. Allo stesso modo la quarta verità – i sentieri della pratica – deve precedere il conseguimento della terza – la cessazione della sofferenza. Buddha tuttavia ha insegnato le quattro verità nell’ordine della pratica, e non in quello nel quale sorgono.
Dunque si devono anzitutto individuare le varie forme di sofferenza, per comprendere che questo tipo di vita è dominato dall’infelicità; ciò rende più forte il desiderio naturale di liberarsi dal dolore. Se riconosci la sofferenza per quello che è, come fece Buddha, sarai portato a scoprirne le cause. Così come un dottore deve innanzitutto diagnosticare la malattia, prima di trattare la sofferenza devi comprenderne la causa fondamentale. Finché non hai identificato le origini della sofferenza non riuscirai a renderti conto che essa può cessare. Inoltre, se non capisci chiaramente che eliminare la sofferenza è possibile, potresti considerare la pratica di questo sentiero una fatica inutile. Soltanto allora potrai cercare i veri sentieri per realizzare la vera cessazione delle sofferenze. Ecco perché Buddha ha presentato le quattro verità nell’ordine in cui sono praticate.
Affronterò qui la prima nobile verità, e le altre tre nel terzo capitolo.
La prima nobile verità: la sofferenza
La sofferenza è come una malattia che tutti abbiamo contratto. Per trovare la cura dobbiamo attentamente valutarla nelle sue varie forme, ossia il dolore vero e proprio, la sofferenza del cambiamento e il condizionamento pervasivo.
  1. Uno dei livelli di sofferenza è quello del dolore vero e proprio che noi tutti riconosciamo come tale. Anche gli animali vogliono superarlo. I dolori fisici e mentali della vita quotidiana, come i mal di testa e le angosce di una separazione, rientrano in questa categoria.
  2. Ciò che normalmente percepiamo come piacere è di solito una diminuzione del dolore. Se ad esempio il buon cibo o le bevande fossero di per sé piacevoli – se il piacere facesse parte della loro natura intrinseca – ci sentiremmo meglio indipendentemente dalle quantità che ne assumiamo, derivandone un aumento della felicità in eguale misura. Capita invece che, se abusiamo di cibi e bevande, cominciamo a soffrire nel corpo e nella mente. Ciò sta a indicare che queste esperienze del piacere hanno una natura intrinsecamente dolorosa. Racconterò la storia della famiglia che compera un televisore nuovo. Rispetto al vecchio apparecchio tutti lo trovano assolutamente fantastico, e per giorni lo guardano senza sosta. Alla fine però si stufano. Ciò significa che il piacere originale ha una natura dolorosa. Tali stati di felicità temporanea sono definiti «la sofferenza del cambiamento».
  3. Oltre al dolore ordinario e alla sofferenza del cambiamento, c’è un livello più profondo di sofferenza chiamato «condizionamento pervasivo». La mente e il corpo a­giscono sotto l’influsso del karma (tendenze create da azioni precedenti) e delle emozioni afflittive, o controproducenti, come l’odio e la bramosia. Nella vita di tutti i giorni nasciamo e ci muoviamo all’interno dell’influsso pervasivo del karma e delle emozioni afflittive. Anche gli stati neutrali delle sensazioni cadono sotto l’influsso di cause e condizioni incontrollabili, e siamo perciò bloccati all’interno di un processo passibile di sofferenza.
La condizione umana
La vita inizia con la nascita, durante la quale soffriamo, e finisce con la morte, che a sua volta produce sofferen­za. Tra questi due estremi si collocano l’invecchiamento e la malattia. Indipendentemente da quanto sei ricco o da quanto sei in salute, in tali circostanze sei destinato a soffrire.
A tutto questo si aggiunge poi l’insoddisfazione, il fatto di volere sempre di più. Questa, in un certo senso, è la vera povertà: la bramosia che non è possibile placare. Altri saranno forse privi di ricchezze ma, poiché si accontentano, hanno meno preoccupazioni, meno nemici, meno problemi e dormono più serenamente. In più di un’occasione ho visitato case splendide in quartieri agiati, e sbirciando nell’armadietto delle medicine in bagno ho trovato farmaci per dare energia durante il giorno e altri per indurre il sonno la sera. Accontentarsi è un metodo più efficace in entrambi i casi poiché riduce l’ansia durante il giorno e di notte assicura sonni tranquilli.
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La frenesia della vita moderna ci fa perdere di vista il vero valore dell’umanità. Le persone contano per quello che producono. Gli esseri umani agiscono come macchine con il compito di guadagnare denaro. È un errore grave. Accumulare denaro diventa in questo modo la felicità del genere umano. Gli esseri umani, invece, non sono fatti per il denaro, ma è il denaro a essere fatto per gli esseri umani. Il denaro ci permette di vivere e dunque è necessario, ma dobbiamo al contempo capire che un eccessivo attaccamento alla ricchezza non è di alcun aiuto. Come affermano i santi dell’India e del Tibet, più si diventa ricchi, più aumentano le sofferenze da affrontare.
Anche gli amici possono essere motivo di sofferenza. Di solito gli amici ci portano piacere e felicità, ma a volte possono crearci dei problemi. Oggi il tuo amico ha un volto aperto, sorridente, ma da un momento all’altro la conversazione con lui può inasprirsi e allora si finisce per litigare, senza che dell’amicizia rimanga alcuna traccia. Dai nostri amici traiamo felicità e soddisfazione, ma si tratta di un fenomeno provvisorio, non di vera felicità. Il dolore fa dunque parte della natura profonda dell’amicizia.
Osserva il tuo corpo. Anche se la pelle è morbida e il suo aspetto ottimo, basta una sola goccia di sangue perché perda immediatamente la sua bellezza. Sotto la pelle la carne è viva, e se vai ancora più in profondità, troverai l’osso. Gli scheletri in un museo o in un ospedale ci mettono a disagio, ma noi non siamo certo diversi. C’è chi è grasso, c’è chi è magro, c’è chi è brutto e c’è chi è bello, tuttavia se esamino ognuno di loro ai raggi X vedrò soltanto scheletri, con grandi cavità al posto degli occhi. Tale è la vera natura del nostro corpo.
Consideriamo poi i piaceri della tavola. Oggi ad esempio ho mangiato cibi squisiti. Mentre li assaporavo provavo una sensazione meravigliosa ma, quando sono pas­sati nello stomaco e negli intestini, quella sensazione si è trasformata in qualcosa di meno gradevole.
Quando mangiamo evitiamo di pensare a ciò che accade veramente dentro di noi e ci compiaciamo nel dire a noi stessi: «Ah, proprio un buon pranzo! Sono proprio contento». Eppure quel cibo delizioso attraversa poco per volta il nostro corpo per poi finire nel gabinetto, in una forma tutt’altro che deliziosa. Quella cosa che la gente considera molto sporca è in realtà prodotta dal corpo umano. In un certo senso produrre e­scrementi è una delle funzioni principali del nostro corpo!
Mangiare, lavorare e accumulare denaro sono di per sé attività prive di significato. Invece un atto di compassione, per quanto piccolo, dà un significato e uno scopo all’esistenza.
Tenacia e speranza
Soffermati a riflettere più che puoi. Se lo fai, ti accorgerai che il nostro normale stile di vita è quasi del tutto insensato. Non scoraggiarti per questo. Sarebbe stupido rinunciare proprio ora. Se la speranza ti ha del tutto abbandonato, dovrai compiere un grande sforzo. Siamo così abituati a stati mentali erronei che è difficile cambiare con una pratica di breve durata. Una goccia di sostanza dolce non è in grado di cambiare un gusto fortemente amaro. Tuttavia, nonostante i fallimenti, dobbiamo insistere.
Nei momenti difficili, l’atteggiamento migliore consiste nel cercare di mantenersi il più possibile onesti e sinceri. Se invece reagiamo con durezza o egoisticamente, non facciamo che peggiorare le cose. Ciò è particolarmente evidente in situazioni familiari dolorose. Bisogna rendersi conto che le difficoltà in cui ci troviamo sono dovute ad azioni incontrollate compiute in passato, per cui, quando si attraversa un periodo difficile, è necessario fare il possibile per evitare comportamenti che in seguito potranno appesantire il nostro fardello.
È importante ridurre gli stati incontrollati della mente, ma ancora di più affrontare le avversità con un atteggiamento positivo. Ricorda che far fronte ai problemi con ottimismo e speranza permette di evitare l’insorgere di problemi ancor più gravi. Immagina inoltre che in questo modo puoi alleviare il peso di tutti coloro che sono afflitti da problemi simili. Tale pratica – immaginare che, accettando il dolore, si riduce il karma negativo di tutti coloro che sono destinati a provare un dolore simile – è estremamente utile. A volte, quando sono malato, mi dedico alla pratica di farmi carico delle sofferenze di altri offrendo loro il mio potenziale di felicità; ciò fornisce alla mente una buona dose di sollievo.
Tutti i giorni di prima mattina, e ogni volta che trovo il tempo, mi dedico a questa pratica in termini generali prendendo in considerazione tutti gli esseri viventi. Mi concentro tuttavia su alcuni individui in particolare, come capi e funzionari cinesi alle prese con la decisione se torturare o uccidere cittadini tibetani. Li visualizzo e trasferisco su di me la loro ignoranza, i loro pregiudizi, il loro odio e il loro orgoglio. Sento che, grazie all’addestramento da me seguito, i loro atteggiamenti negativi non avrebbero alcun influsso sul mio comportamento né riuscirebbero a trasformarmi in una persona negativa. Assumere su di me le loro negatività non è dunque difficile e serve a ridurre i loro problemi. Mi dedico a questa pratica con tale convinzione che se nel corso della giornata vengo a ­sapere di atrocità da loro commesse, sebbene provi in parte irritazione e rabbia, la mia mente nella sua totalità è ancora sotto l’influsso della pratica mattutina; l’intensità dell’odio si riduce al punto da perdere ogni fondamento.
Non so se questa meditazione aiuti o meno quei funzionari, comunque a me dà la pace mentale. Riesco così a essere più efficiente; il beneficio che ne traggo è immenso.
Non bisogna perdere la speranza in nessuna occasione. La disperazione porta sempre al fallimento. Ricordati che qualsiasi problema è superabile. Mantieni la calma anche quando intorno a te non vedi che confusione e complicazioni; se la tua mente è in pace, l’ambiente esterno avrà un influsso minimo su di te. Se invece la tua mente lascia spazio alla rabbia, la serenità ti sfuggirà anche quando il mondo è in pace e piacevole.
Riepilogo per la pratica quotidiana
1. Esamina le motivazioni da cui sei animato più frequentemente. Prima ancora di scendere dal letto al mattino, predisponiti a un atteggiamento non violento e non offensivo. Alla sera prendi in esame quanto hai fatto nel corso della giornata.
2. Presta attenzione a quanta sofferenza è presente nella tua vita:
  • C’è il dolore fisico e mentale derivante dalla malattia, dall’invecchiamento e dalla morte, che naturalmente cerchi di evitare.
  • Ci sono esperienze passeggere, come ad esempio mangiare del buon cibo, che sembrano di per sé gradevoli ma che, se ti abbandoni a esse senza sosta, si trasformano in dolore: questa è la sofferenza del cambiamento. Quando una situazione passa dal piacere al dolore, rifletti sul fatto che ti si è rivelata la natura profonda di quello che in origine era un piacere. L’attaccamento a piaceri così superficiali non potrà che produrre altro dolore.
  • Rifletti sul fatto che sei prigioniero di un processo pervasivo di condizionamento che, anziché essere sotto il tuo controllo, subisce l’influsso del karma e delle emozioni afflittive.
3. Elabora gradualmente una visione più profonda e realistica del corpo, prendendo in considerazione le parti che lo compongono: la pelle, il sangue, la carne, le ossa e così via.
4. Analizza attentamente la tua esistenza. Se lo fai, difficilmente sprecherai la tua vita diventando un automa o ricercando il denaro come se fosse la via per la felicità.
5. Di fronte alle difficoltà assumi un atteggiamento positivo. Immagina che affrontando con levità una situazione difficile previeni conseguenze più gravi, derivanti da ulteriori karma di cui in futuro potresti fare esperienza. Come esercizio mentale fatti carico della sofferenza di tutti coloro che sono destinati a provare un dolore simile.
6. Valuta periodicamente i possibili effetti negativi e positivi di pulsioni quali la rabbia, la bramosia, la gelosia e l’odio.
  • Quando risulterà evidente che hanno effetti assai dannosi, procedi nell’analisi. Il tuo convincimento si rafforzerà in modo progressivo. Ad esempio se rifletti ripetutamente sugli svantaggi della rabbia, capirai che è un sentimento insensato.
  • Giungere a tale c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Prefazione
  5. Introduzione Il bisogno di pace e gentilezza
  6. Parte prima
  7. Parte seconda
  8. Parte terza
  9. Parte quarta
  10. Parte quinta
  11. Parte sesta
  12. Letture consigliate
  13. Indice