La collega tatuata
eBook - ePub

La collega tatuata

  1. 196 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La collega tatuata

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

La protagonista e voce narrante di questa storia è una "profia": un'ironica e brillante professoressa quarantenne, una donna informata e curiosa, leggermente frustrata, a volte un po' irritabile e tignosa che ogni tanto si lascia andare alla depressione. Quando a scuola si presenta un'insegnante nuova, bionda, bella, ricca, elegante al punto da potersi permettere di sfoggiare un tatuaggio multicolore, nessuno sembra disposto a trovarla simpatica. Ma quando la nuova collega finisce misteriosamente ammazzata, le cose cambiano. La nostra profia decide allora di mettere le sue doti di intelligenza, tenacia, acume e ostinazione al servizio dell'indagine poliziesca. E scoprirà che condurre indagini può essere molto pericoloso. Soprattutto se il commissario è un uomo insospettabilmente colto, affascinante...

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La collega tatuata di Margherita Oggero in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literatura e Literatura general. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852010330

Capitolo quarto

È la moglie del noto industriale Terenzio Bagnasacco
STRANGOLATA INSEGNANTE DEL FIBONACCI
Il marito non aveva notizie da lunedì. Nella serata di ieri
il tragico ritrovamento del cadavere in una discarica.
Una stretta brutale intorno al collo, una vita distrutta. Poi una corsa in auto e il cadavere gettato in una discarica dietro corso Romania, nei pressi della linea ferroviaria Torino-Milano. Mancava poco alle venti quando Ilario Torassa, pensionato, insospettito dall’uggiolare del suo cane ha trovato il cadavere di una giovane donna bionda in mezzo a materassi sfondati, carcasse di lavatrici e rifiuti di ogni genere. La vittima è Bianca De Lenchantin, trentadue anni, insegnante, moglie dell’industriale Terenzio Bagnasacco con cui viveva in una splendida villa della collina torinese. La morte risale a circa ventiquattro ore prima del ritrovamento del cadavere, che quasi sicuramente è stato gettato nella discarica nella notte tra lunedì e martedì. Il marito della vittima, rientrato nella tarda mattinata di ieri da un viaggio d’affari a Parigi, preoccupato per l’assenza della moglie aveva chiamato invano tutti gli ospedali e poi si era messo in contatto con la polizia. In seguito al ritrovamento del cadavere è stato possibile ricostruire come la vittima abbia trascorso il pomeriggio di lunedì: Bianca De Lenchantin esce col cugino Marco Vaglietti, di professione arredatore, e insieme si recano nel negozio Alì Babà di via dei Mercanti per definire l’acquisto di un pregiato tappeto orientale. Poco dopo le diciotto la donna lascia il negozio, sola, mentre il Vaglietti vi si trattiene più a lungo per ragioni professionali. A questo punto si perdono le tracce della vittima, che era scesa in centro con l’auto del cugino e che non è più rientrata nella sua abitazione, né, contrariamente alle sue abitudini, ha telefonato ai domestici per avvertire del proprio ritardo. La morte, secondo i primi rilievi del medico legale, è avvenuta tra le diciannove e le ventuno della stessa serata. La polizia indaga per scoprire dove la vittima si sia recata dopo essersi separata dal cugino e cerca, su indicazione del marito, un’agenda che la donna portava quasi sempre con sé e su cui aveva l’abitudine di segnare i suoi appuntamenti.
L’articolo – su sei colonne, corredato da foto della discarica della vittima e del cugino – continuava per un bel po’, ma lei non riuscì ad andare oltre, il cuore che sembrava perder colpi e lo stomaco contratto la costrinsero a fermarsi. Si appoggiò meccanicamente a uno scaffale mentre il cervello viaggiava in modo confuso e labirintico. Morta. Strangolata. Niente influenza o pretesti generici, non era assente ingiustificata ieri, aveva la più indiscutibile e definitiva delle giustificazioni. Bionda bella ricca e morta ammazzata. Anche stronza, ma non si può più dire: parce sepultis. Non è ancora sepulta. De mortuis nihil nisi bene, omnia mors aequat, post mortem nulla voluptas, post funera virtus, mors omnia solvit, memento mori, pallida mors aequo pulsat pede... ma che sto facendo? È stata ammazzata lunedì sera, tra le sette e le nove, mentre io mi occupavo della cena preparavo la tavola sminuzzavo la carne per Potti. E pensavo a lei. A lei e a Gina. O mioddio no, fa’ che non sia stata Gina, non può essere. Sì le aveva ammazzato un cane e ci aveva tentato con l’altro – forse, non ne abbiamo l’assoluta certezza – ma non è un motivo sufficiente per strangolare qualcuno. “Le torco il collo a quella schifosa e la butto a marcire in un fosso”, proprio così ha detto Ginotta. Ma son cose che si dicono nel momento dell’esasperazione, uno sa di non pensarle realmente già nell’attimo stesso in cui le dice, sono uno sfogo violento ma innocuo dell’ira... E poi non è stata buttata in un fosso ma in una discarica. Anche se non fa molta differenza. Ed essere trovata da un cane, lei che li odiava al punto di ammazzarli: sembra un contrappasso della sorte, una malignità estrema del destino. Gina, dimmi che non sei stata tu! Hai un marito due figli un cane superstite una madre una sorella una schiera innumerevole di zie, non puoi non aver pensato a loro prima di torcerle il collo. Ma ieri, ieri pomeriggio quando sono finalmente riuscita a trovarti, al telefono mi sei sembrata così strana: “No, non l’ho più vista, ho preferito lasciar perdere, non ero proprio sicura che fosse stata lei, non me la sono sentita di iniziare una di quelle liti tra vicini che si tramandano per generazioni, terrò per un po’ Bisin chiuso in casa e pazienza se non fa la guardia, tanto da noi c’è poco da rubare. Scusa se ti lascio, ma devo correre a fare la spesa, ieri non ho avuto tempo e in casa non c’è più niente da mangiare...”. Una remissività, un trangugiare offese così poco in carattere con il tuo carattere, Gina. Lunedì pomeriggio non hai avuto tempo per fare la spesa, che hai fatto allora? L’hai ammazzata, hai messo il cadavere nel bagagliaio della due cavalli, sei andata a buttarlo nella discarica... no, non quadra. Il cadavere nel bagagliaio della tua macchina non ci sta e la stronza, pardon, Bianca è stata uccisa tra le sette e le nove. Tra le sette e le nove tu avevi fra i piedi marito e figli e magari anche la madre che abita vicino e qualche zia di passaggio, non puoi essertene liberata tanto facilmente. O hai coinvolto tutta la famiglia nella vendetta tremenda vendetta? I figli no, non ci credo, uno non si porta dietro i figli per farli assistere allo spettacolo di uno strangolamento dal vivo, non lo fanno neanche i mafiosi del Padrino e tanto meno lo può fare una civile professoressa di lettere, di idee laiche e progressiste, impegnata sul fronte dell’ecologia, dell’integrazione razziale, dei diritti dei palestinesi, della salvaguardia delle foche monache nel Mediterraneo... Neppure la madre e un’eventuale zia puoi esserti tirata dietro, tua madre e tutte le tue zie in blocco sono discrete come le trombe del giudizio universale, mezz’ora dopo la Casa Bianca e il Cremlino avrebbero saputo tutto. Resta Diego. Ma lui è un mite, più portato alla depressione che all’aggressività, e le mani gli tremano talmente che non riesce mai a riempire un bicchiere senza allagare la tovaglia, non ha la forza e fermezza di muscoli per uno strangolamento. E neppure può aver permesso che lo facessi tu mentre lui ti assisteva in funzione di palo. Da sola allora, ma come? Hai detto scusate esco un momento devo sbrigare una faccenda e te ne sei andata via ignorando i loro dove vai cos’hai da fare a quest’ora di che faccenda si tratta? Se non hai risposto ti hanno fatto le stesse domande al tuo ritorno e tu non potevi essere tanto lucida da aver escogitato nel frattempo delle spiegazioni plausibili. Preparare la tavola metter l’acqua a bollire buttare gli spaghetti scolarli condirli dividerli nei piatti: sono gesti consueti che non richiedono alcuna partecipazione, ma si riesce ancora a farli con composta naturalezza dopo un omicidio? Si riesce ancora ad affrontare lo sguardo degli altri, a reggere una conversazione, a riprendere i figli perché parlano con la bocca piena e si sbrodolano le felpe, a rispondere al telefono? Il tuo telefono è stato occupato tutta la sera di lunedì. Lo avevi staccato perché non te la sentivi di rispondere a un’eventuale telefonata o ti procuravi un alibi tardivo parlando con qualche conoscente? Sarebbe stata una pessima idea quella di staccarlo, è sempre su dettagli di questo genere che la polizia nei gialli incastra gli assassini.
Potrebbe averla accoppata il marito, o il cugino, che dalla foto sul giornale sembra un bel tenebroso dall’aria gâté. Di professione arredatore. Oggi non usano più gli arredatori, erano una fauna in voga negli anni delle vacche grasse, quando riempivano le case delle salumiere di mobili barocchi appena fatti a Saluzzo o in Brianza, impallinati a dovere per simulare le tarlature. Oggi si ricorre agli architetti. Con barba abiti casual e linguaggio inconfondibile: “il marmo è troppo brutale per il soft della sua cucina, bisogna che la credenza esploda sulla verginità della parete, la scelta delle piastrelle esige un assoluto rigore cromatico”. Un arredatore è uno che non ha neanche una laurea, al massimo ha frequentato senza eccellere il liceo artistico e si è fermato lì. Forse Bianca si è rivolta a lui perché è suo cugino e in Italia, anche a Torino, conta di più l’appartenenza al clan che la competenza professionale. Oppure è la massima autorità in terra sui tappeti, il Federico Zeri dei Ladik Ghiordes Ferahan e compagnia bella. Non c’è la foto del marito, chissà perché. Magari è l’indiziato numero uno, anche se l’articolo dice che era in viaggio d’affari. La polizia per prima cosa avrà controllato il suo alibi e quello del cugino. E di Ginotta, se salterà fuori la faccenda dei cani.
Erano ormai le otto e mezzo, ma nessuno si preoccupava di far lezione. Colleghi e colleghe si passavano e ripassavano i giornali, ripetevano a turno le stesse ovvie espressioni di stupore e di orrore, si sedevano e si alzavano, formavano e scioglievano gruppetti ambulanti in sala professori. La preside, strizzata in un vestito nero a pois bianchi tipo faraona (intesa come gallina), starnazzava di qua e di là senza accorgersi che gli allievi erano tutti nei corridoi, dove peraltro facevano meno casino del solito. Anche loro, forse, a sproloquiare sul delitto.
Non ci fu verso di far lezione e lei, dopo mezz’ora di tentativi poco convinti, lasciò perdere perché tanto non ci stava con la testa. A casa eseguì automaticamente le solite incombenze: visitina alla madre, passeggiata urinaria con Potti, preparazione del cibo e della tavola. Renzo, quando arrivò, si accorse subito della sua aria stranita.
«Già dato dentro col Puntemes?»
«Neanche un goccio. Mi sono dimenticata. Hai letto i giornali?»
«Certo. Golpe rientrato in Uganda, borse in picchiata in Oriente, taglio delle spese sociali in America, ripresa della guerriglia in Etiopia, Shakespeare figlio di uno sceicco libico, autobomba a Gaza, rissa tra i partiti della maggioranza, proposta di nuove misure contro la criminalità. Tutto come al solito. Va bene il riassunto?»
«Io volevo sapere se hai letto la cronaca nera.»
«La cronaca nera e i necrologi io li salto, a differenza delle vedove, degli ultrasessantenni e di te.»
«Grazie per gli accostamenti. Però oggi la leggi, qui e ora, tanto lo spezzatino con patate non è ancora cotto.»
Lui lesse.
«Morta. L’hai ammazzata tu?»
«Lunedì sera tra le sette e le nove ero qui con te Livietta e mia madre e stavo preparando la cena e poi cenando.»
«Se ricordo bene, non hai preparato granché. Ti sei limitata a togliere dai pacchetti un pollo disgustoso, dei gamberi fetidi e una serie di formaggi degni di pubblicità televisiva. Per la verità hai anche fritto delle patate decenti.»
Memoria formidabile per il cibo. I suoi ricordi ricevono ordine forma e consequenzialità da ossibuchi carbonare brasati e ribollite.
«Quanto spezzatino vuoi?»
«Tanto. Un killer non puoi averlo assoldato perché costa troppo e non possiamo permettercelo. Comunque te ne sei liberata, magari con pratiche vudù.»
«Con il vudù non si strangolano le vittime a distanza.»
«Come fai a saperlo?»
«Ho letto dei libri.»
«Leggi la cronaca nera, i necrologi, i libri di vudù e la guida telefonica. Sono le letture consigliate dal ministero della pubblica istruzione per l’aggiornamento dei docenti o sono una tua iniziativa personale?»
«Leggo quel che mi pare. Hai litigato col tuo assessore, che sei così aggressivo?»
«Solo un pochino.»
«Bravo. E nella tradizione del miglior machismo internazionale poi te la prendi con la moglie e, in assenza della figlia, magari molli un calcio al cane.»
«Non ho mai mollato calci al cane. E tu potresti smetterla di fingere desolazione per la morte della stronza. Hai un’aria di unzione devota come se fossi una beghina di paese.»
«Non sono affatto desolata e neanche unta, ammesso che si dica così. Sono preoccupata.»
«Perché non hai più un soggetto su cui scaricare la tua paranoia? Mangia qualcosa invece di continuare a fissarmi.»
«Sono preoccupata per Gina. Ha detto che la voleva strozzare, e quella è morta strozzata. Lo stesso giorno.»
«Non essere ridicola. È una coincidenza, magari inopportuna, ma soltanto una coincidenza. L’avrà fatta fuori il marito o il cugino o un amante o una rivale del jet set. Non c’è niente dopo lo spezzatino?»
«Ci sono i formaggi dell’altra sera. Tanti da fare indigestione.»
«Invece di sputare veleno, telefona a Gina e chiedile se ha ammazzato o no la stronza, così ti togli il pensiero e torni di umore sopportabile.»
«Non chiamarla più stronza. È morta, ammazzata e buttata in una discarica. Merita pietà, perlomeno formale.»
«Stai diventando come tua madre. Telefona a Gina e falla finita.»
«Potrebbe avere il telefono controllato.»
«Tu confondi la polizia italiana con i servizi segreti israeliani. Telefona o cambia argomento. Oppure beviti un Puntemes fuori orario. Magari è la crisi di astinenza che riduce le tue prestazioni intellettuali e il tuo senso del ridicolo.»
Sgarbato scostante e cinico. Sempre così quando litiga in ufficio e io divento la sua capra espiatoria. Critica le mie letture le mie prestazioni intellettuali le mie apprensioni. E continua a chiamare stronza quella poveretta. Però qualche ragione sul mio fariseismo ce l’ha: la sua morte non mi ha addolorata, non ho provato un’emozione autentica a parte lo sbalordimento, mi sono limitata ad angustiarmi per Gina, senza riflettere sull’orrore reale di quella morte. Non ho pensato a Bianca come a un essere umano, ma come a un supporto vivente di cachemire Rolex e Chagos. La stronza sono io, forse.
Tentare il pisolino era perfettamente inutile: nervosa e preoccupata com’era si sarebbe rigirata senza tregua come l’inferma dantesca, col bel risultato di dover poi rifare il letto. Così s’infognò in un lavoro che detestava, la cui esecuzione avrebbe sicuramente agg...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La collega tatuata
  3. Capitolo primo
  4. Capitolo secondo
  5. Capitolo terzo
  6. Capitolo quarto
  7. Capitolo quinto
  8. Capitolo sesto
  9. Capitolo settimo
  10. Capitolo ottavo
  11. Capitolo nono
  12. Capitolo decimo
  13. Capitolo undicesimo
  14. Capitolo dodicesimo
  15. Capitolo tredicesimo
  16. Capitolo quattordicesimo
  17. Capitolo quindicesimo
  18. Capitolo sedicesimo
  19. Capitolo diciassettesimo
  20. Capitolo diciottesimo
  21. Capitolo diciannovesimo
  22. Capitolo ventesimo
  23. Copyright