Vedi alla voce: amore
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Vedi alla voce: amore

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Informazioni sul libro

Come parlare dell'Olocausto alle nuove generazioni, a chi è troppo giovane per aver vissuto l'orrore? A questa domanda - una necessità ineludibile - posta dallo scrittore Elie Wiesel, David Grossman ha risposto con Vedi alla voce: amore, un romanzo di sorprendente originalità stilistica e linguistica, dalle architetture straordinarie, accolto, fin dalla sua prima uscita, come un capolavoro della letteratura contemporanea. Protagonista e narratore è il piccolo Momik che, figlio di deportati, sente parlare in modo oscuro e allusivo dell'Olocausto, si interroga sul mistero dei numeri tatuati sulla pelle dei genitori, crede che la "belva nazista" sia realmente un animale feroce, sconosciuto e terribile. Ma per capire davvero dovrà crescere, diventare scrittore e seguire le tracce del nonno in Polonia; poi compiere un viaggio impossibile per mare, lasciarsi trasportare da personaggi immaginari e approdare all'ultima fantastica invenzione del libro: un'enciclopedia dove si raccolgono i fili innumerevoli del romanzo, e della vita. Così, con questa grande creazione etica, con questo libro insieme folle e scientifico, ingenuo e poetico, drammatico e grottesco, Grossman realizza il tentativo di interpretare e inventare una realtà segnata indelebilmente dal dolore.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852010507

L’ENCICLOPEDIA COMPLETA
DELLA VITA DI KASIK

Prima Edizione

Al lettore!

1. Nelle pagine che seguono il lettore troverà un tentativo, primo nel suo genere, di compilare un’enciclopedia che abbracci tutti i più importanti avvenimenti della vita di un uomo. E non solo gli avvenimenti: ma anche i processi fisici e psichici, i rapporti di quell’uomo con ciò che lo attornia, le sue aspirazioni e i suoi desideri e i suoi sogni ecc. ecc. Tutto ciò che di solito non “si concede” facilmente ai mezzi d’analisi rivela, all’improvviso, una sfaccettatura sconosciuta del suo carattere, scopre la propria arrendevolezza incondizionata alle pretese obbiettive di una seria ricerca; e ciò avviene quando tutto il suddetto viene primieramente introdotto – suo malgrado – in un quadro rigido, privo di compromessi e sicuro di sé, di (all’apparenza!) arbitraria categorizzazione. Si può senz’altro dichiarare che proprio quell’arbitrarietà – o, in altri termini: la categorizzazione delle diverse voci secondo un ordine alfabetico – riduce tutti quegli istinti sfuggevoli e polivalenti a una forma di efficiente e comoda elaborazione; ed è essa che facilita l’individuazione del grado di semplicità caratterizzante i meccanismi che operano nell’intero genere umano.
2. Nelle pagine seguenti sarà dunque offerta al lettore la storia per quanto è possibile completa della vita di Kasik, eroe del racconto di Anshel Wasserman come fu narrato all’Obersturmbannführer Neigel, trovandosi i due nei recinti di un campo di sterminio tedesco (in altri termini: Konzentrazionslager) in territorio polacco, nell’anno 1943.
3. Non sempre è stato possibile separare in modo assoluto la storia della vita di Kasik dall’ambito in cui tale storia fu raccontata, e perciò il lettore troverà che Neigel e Wasserman, nonché alcune loro appendici biografiche, hanno lasciato una loro impronta, in un modo o in un altro, su quanto è scritto nelle pagine di questo volume. Il lettore è, naturalmente, autorizzato a rinunciare alla lettura di tali voci.
4. Il maggior sforzo possibile è stato compiuto allo scopo di assicurare la massima autenticità nella descrizione dei personaggi che hanno influito sulla vita del soggetto di questa ricerca (Kasik), e a tal fine sono stati trascritti qui monologhi e brani di conversazione presi dalla bocca stessa dei suddetti personaggi. Con ciò è fuori di dubbio che il suddetto sistema intacca l’obbiettività accademica di tutta l’opera e la fa divenire in certo qual modo “popolare”; tuttavia non si è per ora trovato il modo di evitare tale pericolo. Un ulteriore sforzo sarà compiuto allo scopo di eseguire opportuna correzione di tale difetto, nelle prossime edizioni dell’Enciclopedia.
5. Per evitare a priori la creazione di tensione letteraria in ogni passo dell’Enciclopedia in cui a tale tensione si possa e sia desiderabile rinunciare, e dovunque tale tensione rischi di sviare l’attenzione dal discorso principale, sarà eseguito qui, fin dall’inizio, tutto ciò che è necessario allo scopo di liberare il discorso stesso dalla zavorra di nozioni passibili di creare la suddetta tensione, nonché l’illusione superflua dell’apparente esistenza, in ogni cosa, di un ultimo fine verso il quale, per così dire, scorre “la vita”. Dichiariamo dunque fin dall’inizio: Kasik venne a morte nel 1827, ventun ore e ventisette minuti primi dopo essere stato portato, appena nato, allo Zoo. Al momento della sua morte aveva raggiunto – secondo il suo peculiare computo del tempo – l’età di sessantaquattro anni; e la sua morte fu provocata da suicidio. Naturalmente, proprio nel fatto che Kasik abbia vissuto una vita umana piena e completa in un lasso così breve di tempo si trovano la giustificazione e la motivazione della modesta impresa scientifica qui presentata, in quanto che si è data qui la rara occasione di compilare un’enciclopedia completa della vita di un uomo, dal momento della sua nascita a quello della sua morte.
6. Alla luce di quanto è detto al par. 5., è chiaro che il lettore è autorizzato a leggere le voci contenute nell’Enciclopedia nell’ordine a lui più comodo, nonché ad anticipare o posticipare la lettura di certe voci come più gli è gradito; ciononostante porgiamo fin d’ora i sensi della nostra gratitudine al lettore disciplinato che seguirà la sicura via maestra dell’ordine alfabetico universalmente riconosciuto.
7. Per un senso di profonda e doverosa attenzione ai fatti storici, la Redazione dell’Enciclopedia si è trovata costretta, talora, a inserire qui voci che riflettono anche le personali opinioni di Anshel Wasserman. In altre voci è possibile individuare le tracce dell’aspro dibattito svoltosi tra la Redazione e il Wasserman, fino a che una delle due parti non ha avuto il sopravvento e ha impresso alla scrittura una certa direzione ideologica. Naturalmente, il fatto di aver riportato qui i brani suddetti non comporta di per sé la loro accettazione, né espressione di parere alcuno, da parte della Redazione, in merito al contenuto dei brani stessi. Il colto lettore giudicherà in merito e si formerà un’accorta opinione.
Per concludere alcune osservazioni personali:
la Redazione è pienamente cosciente del fatto che potranno trovarsi lettori ai quali ripugnerà il concetto stesso che è alla base della compilazione dell’Enciclopedia. La Redazione ben conosce tutti quei disturbatori-dell’ordine-per-il-gusto-di disturbare, o gli eretici per dispetto – tutti coloro per i quali nessun valore morale è più valido.
Per esempio – questo devo assolutamente raccontarvelo, perché a me la cosa ha fatto semplicemente impazzire! – quando ho raccontato per la prima volta ad Ayalah di questa mia idea, sapete cosa ha fatto lei? Ha riso. Lo giuro! È scoppiata in una gran risata. Si è messa molto semplicemente a ridermi in faccia. Bene, in un primo momento ne sono stato abbastanza offeso; poi, però, ho compreso cosa stava succedendo: Ayalah continuava a ridere, ma non più dal piacere bensì con un’espressione di concentrazione e forse – con un po’ di timore. Se ne stava lì e rideva come con sfida, come a scongiurare qualcosa. Il suo era uno strano riso. Perfino – spaventoso. Si arzigogolava, si frammentava, si frastagliava, fermentava come se fosse uno stormo di uccelli variopinti e allegri, o come onde marine, o come – – ah! Compresi subito che dovevo arrestarlo, subito, perché i deliri non hanno fine, e dunque le dissi in tono freddo e duro:
EN-CI-CLO-PE-DIA! E allora accadde: Ayalah tacque. Ancora un attimo le arse negli occhi una scintilla di collera, ma subito si mutò in stupore. Si ritrasse, si spense a mano a mano. Si disfece del tutto, come l’avesse colpita un fulmine mortale. In breve: le successe quello che era successo alla povera zia Retycja, la zia di Bruno, presso alla cassetta delle lettere in Piazza Santa Trinità. Nulla restò di lei. La vittoria della Redazione fu completa.

A

Amore vedi alla voce: Sesso

Applicazione (al-) – masturbarsi
Azione eseguita allo scopo di conseguire autosoddisfazione sessuale.
1. Kasik aveva adottato inizialmente questo mezzo di conseguimento di soddisfazione sessuale dopo il deplorevole incidente occorsogli con Citrin Hannah (v. voce). Ciò avvenne alle ore 06:30, e Kasik aveva allora, secondo il suo peculiare computo del tempo – circa ventotto anni e mezzo. Anche prima dell’incidente con la signora Citrin “si era toccato”, per dirla con le parole della definizione, in certo modo confusa, data da Fried, ma ora si era aggiunto al fatto per sé anche un qualcosa di più chiaramente focoso, di disperato. Si masturbava senza posa: i membri della brigata dei Ragazzi di Cuore cercavano in mille modi di ignorare il fatto, ma non era possibile: dalla punta del suo minuscolo membro sprizzavano fino ad altezze immense zampilli sottili e umidi, che arrivando alla cupola celeste scoppiavano con esplosioni acute, come fuochi d’artificio, poi si coagulavano in variopinte forme di animali e di esseri umani, tutti in certo qual modo difettosi, abbozzati per così dire, però, in quella loro maniera germinale, pieni e ricolmi tutti di vita e di colore, naviganti nello spazio buio agitando le minuscole code, un fluire infinito di uccelli e di pesci, di bambini piccoli e di vegliardi, che splendevano un attimo e subito si spegnevano e venivano inghiottiti dalle tenebre senza lasciare alcun segno di sé, se non un oscuro senso di apprensione subito svanito. Per un certo tempo i membri della brigata avevano sperato che le visioni di Kasik offrissero loro lo spettacolo di un mondo più bello, più colorito e più vivo di quello in cui erano costretti a vivere, ma ben presto si erano resi conto di come quelle visioni fossero affette da miseria, da quella miseria propria della realtà che essi ben conoscevano, e che non vi era racchiusa nessuna nuova possibilità, non vi era insito alcun amore, ma solo il calore della passione che le aveva create, e anche questo andava spegnendosi a ogni istante. Non restava che la mossa dello stropicciare, ossessiva, annoiata, e anche un senso di vuoto, e l’incertezza confusa dell’oppressione che subito svaniva. Anche Kasik lo sentiva, naturalmente. Ma non poteva smettere. Era umiliato.
2. Le masturbazioni di Yedidiah Munin, che erano divenute la sua professione, la sua arte: vedi voce: Munin; vedi anche Cuore, ricostituzione della Brigata de “I Ragazzi di –”.
Armi (sottospecie: pistola)
Arma da fuoco leggera, con canna più o meno corta, azionata con una sola mano.
1. L’arma con cui Neigel si suicidò tornando da una vacanza in famiglia a Monaco di Baviera.
2. L’arma con cui Paola Brieg uccise il leone “Cesare” durante l’assedio tedesco a Varsavia, nel 1939. In quel periodo tutti gli abituali inservienti dello Zoo erano stati mobilitati, e lo Zoo stesso era stato quasi completamente distrutto dai pesanti cannoneggiamenti. Animali affamati scorrazzavano nei sentieri del Giardino, e secondo le testimonianze lasciateci da Fried nel suo Diario (v. voce), si erano verificati moltissimi casi di sbranamento. In un sol giorno (3.10.39) erano rimasti uccisi nello Zoo, in un solo bombardamento, settantaquattro animali. Tra di loro una leonessa e una tigre femmina arrivate solo due mesi prima da Rangoon, e due zebre “Grant” di alto valore. Il leone “Cesare” aveva rifiutato di mangiare carogne di animali uccisi. Fried se l’era aspettato: dalla letteratura specialistica a sua conoscenza sapeva che i leoni mangiano solo scimmie morte e nessun’altra carogna. Ma per caso nei bombardamenti non erano rimaste uccise scimmie. Perciò Otto e Fried avevano deciso di uccidere ogni settimana una scimmia per mantenere in vita il leone. Paola: «Ma io certo non accettavo l’idea; che roba era quella? Di tali Porcherie (v. voce) qui da noi nello Zoo? Con quale diritto, ditemelo voi due, con quale diritto?». Secondo la descrizione contenuta nel diario di Fried, il leone “Cesare” non aveva già più la forza di tenersi sulle quattro zampe e le costole gli trasparivano dalla pelle. Fried spiegò a Paola che il valore di un leone era maggiore di quello di cinquanta scimmie, e Paola, che era solo una donna, disse: «Nemmeno di un milione!». Fried: «Ma qui c’è un solo leone e ci sono settanta scimmie, cerca di pensare almeno una volta con un po’ di logica, Paola!». E lei: «È una questione di vita o di morte, Fried. Non di logica. Ognuna di quelle settanta è precisamente una vita». La cosa finì così, che Paola prese la Parabellum dello Zoo e – Otto: «E con amore, proprio con amore, eravamo lì con lei e abbiamo visto tutto» – sparò al leone “Cesare” e l’uccise.
Arte (intesa come): mestiere e/o professione
I modi espressivi/creativi dello spirito umano, eseguiti sia a scopi estetici e sia d’uso pratico, secondo certe norme e sistemi richiedenti studio ed esercizio.
Durante tutta la sua vita Kasik aveva respirato un’atmosfera di Creazione (v. voce). In pratica, le uniche persone che aveva conosciuto erano gli artisti di Otto Brieg (v. voce). Non c’è dunque da stupirsi se volendo cercare una via d’uscita e un modo d’espressione atti a drenare via tutte le sue oppressioni, tutti i suoi impulsi e tutti i suoi timori, aveva scelto la via dell’arte. All’inizio si era fatto Pittore (v. voce), ma poi era divenuto, senza volerlo, un Caricaturista (v. voce). Gli era divenuto chiaro che l’arte non poteva fornirgli una completa liberazione. Che essa poteva, tutt’al più, abbellire i suoi aneliti e approfondire vieppiù il dolore insito in tali aneliti, ma ciononostante era sempre impossibilitata a farli divenire accessibili. Dunque proprio questa libertà, la libertà dell’artista, gli aveva tolto le consolanti illusioni e lo aveva avvicinato alla conoscenza delle limitazioni della speranza.
Artisti
Coloro che esprimono i modi della creazione artistica, eseguita a scopi sia estetici sia di uso pratico. Esperti ognuno nel proprio campo.
Kasik conosceva solo gli Artisti che Otto Brieg (v. voce) aveva raccolto e condotto al Giardino Zoologico di Varsavia, denominato “lo Zoo”, negli anni 1939-1943. Ne facevano parte (in ordine alfabetico): Brieg Paola, sorella di Otto, la quale intendeva fare con la sua arte atto di protesta contro la grettezza e la crudeltà della natura; Ginzburg (v. voce) Yliah, cercatore di verità; Herotion (v. voce), combattente contro la tirannia dell’avaro meccanismo dei sensi umani; Munin (v. voce) Yedidiah, grande orgasmanista, cercatore di felicità, anelante alla prossimità di Dio; Markus Aharon (v. voce: Sentimenti), che aveva dedicato tutta la vita a tentativi di ampliamento dei limiti del sentimento umano; Seidman (v. voce) Malkiel, esperto nell’Arte dell’oltrepassare i confini tra uomo e uomo; Sergej (v. voce), inventore del grido, ladro del tempo; Fried Albert (v. voce: Biografia), medico: all’inizio si era molto adirato con Otto perché aveva radunato “tutti quegli sporchi matti” nello Zoo, invece di trovarsi forze lavoratrici efficienti e fidate; poi, per un certo periodo, quando Paola era incinta del suo illusorio rampollo, Fried aveva chiuso un occhio e si era concesso di credere; allora aveva ottenuto lui pure il titolo di “Artista”.
Otto chiama i suoi artisti anche “combattenti” e “partigiani”.

B

Biografia
Composizione descrivente la vita di un uomo.
Secondo quanto argomentava Neigel, uno dei principali difetti della storia raccontata da Wasserman era la trascuratezza insita nel suo modo di descrivere la storia della vita dei personaggi, da quando le loro vie si erano separate nell’infanzia fino a quando esse si erano incontrate di nuovo. «Fried, per esempio» aveva detto Neigel, con tristezza, «di lui non so quasi nulla! Dov’è andata a finire la tua Responsabilità (v. voce) di scrittore, Sheherazadah?» E Wasserman, dopo aver riflettuto un momento, aveva letto dal quaderno vuoto: «Il nostro Dott. Fried, primogenito di un medico e di una pianista dilettante, nacque in un giorno di Sabato… ma a cosa servono tutte quelle biografie così noiose? In tutte regna lo stesso caos che riveste forme di personaggi e altre forme delle più strane, che nella maggior parte dei casi non gli procurano piacere, all’uomo… Così si deve dire, per favore: da settant’anni il Dott. Fried passa fra due file di uomini che lo bastonano».
Nota della Redazione: un certo contributo alla comprensione del carattere di Fried lo dette Paola, quando disse: «Ci sono delle persone che si stiracchiano alzandosi dal letto la mattina. Il mio Friedczek, invece, si rattrappisce».
Brieg, Otto
Polacco di religione cattolica. Capo della Brigata dei Ragazzi di Cuore nelle sue due incarnazioni. Malato di epilessia. Otto è – per dirla con Wasserman – “uno che porta la bandiera fra diecimila”. Sa far tutto. Markus: «Il nostro Otto, niente gli resta impossibile! Se volete – anche dirigere uno Zoo, ma certo. Ma anche fare le ombre cinesi sui muri; e ipnotizzare tigrotti con l’aiuto di una catenella d’oro dondolante; preparare vino di mele e confettura di mais; far scomparire monete stropicciandole nel palmo della mano; calmare cani arrabbiati con un solo lungo fischio; aiutare un’incollerita giraffa a partorire nel bel mezzo di un bombardamento, e ottenerne un piccolo giraffino vivente, sano e vegeto; fare piccole e graziose statuette con le patate; costruire certi aquiloni che gli uccelli si adunavano attorno a loro ad ammirarli; suonare l’armonica a bocca… ma l’ho già detto: non c’è al mondo cosa alcuna, degna di qualche valore, che Otto Brieg non la sappia fare. E il riso di Otto è meraviglioso, lento e – come dire? – attaccaticcio, e parla poco, ma quando parla tutti lo stanno ad ascoltare, e ha in sé grandezza d’animo. Proprio così: grandezza d’animo. Otto non è mai andato all’Università, non so nemmeno se ha mai letto in vita sua un libro intero, ma ha un cervello fino e sa sempre fare la cosa giusta». Si noti che era stato Otto a decidere di radunare di nuovo la Brigata per compiere un’ultima azione (v. voce: Cuore, ricostituzione della Brigata de “I Ragazzi di –”), ed era stato lui che aveva subito compreso che bisognava trovare per Kasik una donna (v. voce: Citrin, Hannah).

C

Caricaturista
Disegnatore/pittore di caricature.
La professione a cui Wasserman aveva intenzione di avviare Kasik dopo l’irruzione di Stauke (v. voce) nella baracca, e dopo che lo Stauke stesso ebbe fatta a Neigel “la proposta” di scegliersi un modo onorevole di morire. Stauke uscì, per aspettare lì fuori finché non si fosse udito lo sparo, ma Neigel non si era affrettato a uccidersi: non si sognava affatto di fare una cosa simile finché non avesse terminato con Wasserman la costruzione della storia. Wasserman non credeva ai propri orecchi, ma Neigel, con un tono misto di supplica e di terrore, ricordò a Wasserman in quale punto era stato interrotto il racconto: «Kasik era un pittore. Aiutava gli altri Artisti a tradurre in pratica i loro sogni. Era riuscito a trovare in ognuno di essi la parte buona. Era felice». «Infelice» lo corregge Wasserman, serio «molto infelice egli era.» Neigel lo guarda con timore, con un folle lampeggiar d’occhi: «Ma doveva essere felice, Herr Wasserman!». «Doveva?» «Doveva! Doveva!» sussurra Neigel, e fa un sorriso adulatore, e con la testa accenna alla porta da cui è uscito Stauke: «Un’ultima grazia, Herr Wasserman. Kasik era felice. Quella sua vita, anche se era così breve, ciononostante aveva racchiuso qualcosa, vero? Bitte, la prego, Herr Wasserman». (Wasserman: «Io osservai quel rottame. Non celerò cosa alcuna. Imperocché non lo odiavo. Fino dall’attimo stesso in cui aveva sparato alla mia Tirzele davanti ai miei occhi, l’odio era morto in me. Si erano fatti ottusi in me la ripugnanza, i terrori, la collera, e anche l’amore, pareva, si era molto offuscato. Erano restate solo le parole erano restate, parole svuotate, fatte a pezzi, e nelle loro rovine nidificato avevo io quale un ultimo uccello superstite di un grande disastro. Olocausto. Tre lune di vita apparente. Il guscio vuoto di un corpo, una buccia vuota, una pelle di serpente vuotata. Strappando i denti d’oro ai morti, contando i minuti nei cacatoi. Come un cadavere ambulante…».) «Ascolti bene, Herr Neigel, quello che le dico. Non ho intenzione di darle dolore, ma la verità deve pure essere detta: Kasik era infelice. Iroso e collerico egli era, né trovava consolazione alcuna. Alcuno dei disegni che aveva eseguito, con la forza della sua sfrenata fantasia, sulla faccia della terra e del cielo, non gli aveva apportato sollievo. E, ciò che è ancora più triste, anche agli Artisti non aveva apportato sollievo. In quanto che fin dall’attimo stesso nel quale ciascuno di loro aveva visto come la sua visione artistica era venuta prendendo forma e vita, e come veniva così a essere vinto il suo destino doloroso, ecco che già gli spuntava dentro un’altra condanna, tremenda più della precedente, qual ferita aperta minacciante di inghiottirlo, ahi, il nostro Kasik mostrava agli occhi del mondo ognuno di noi, ignudo, senza possibilità di celare le nostre vergogne, nei suoi occhi avveniva la cosa e si formava, né egli poteva arrestarla, e quando portava il guardo su uno di fra noi, vedeva innanzi a sé un povero mostriciattolo, a cui i desideri e i sogni si ramificavano in fronte quali corna pesanti… Come frugava, quello sguardo del vecchio bambino, nella buia muffa dei nostri animi! Come ne estraeva, con scherno, tutte le ideologie e tutti i paroloni e tutta la meschina saggezza che avevamo con tanta fatica raccolto in tutti quegli anni!… Tpfeh, tutti quei navigli, che ci conducevano agli ultimi estremi orizzonti, per poterci permettere di vedere di là nuovi orizzonti fino ad allora a noi preclusi… Sì, proprio così, un caricaturista feroce, infelice, era divenuto il nostro Kasik… Con collera dipingeva tutti gli Artisti, senza gioia li disegnava. E quelli, i miserelli, si vedevano riflessi nei suoi occhi e avevano schifo di se stessi, brutti arnesi e ripugnanti essi erano, e lagrime iniziarono a coronare ogni ciglio, lagrime di disperato dolore…»
«Ed ecco, piangendo, una specie di Miracolo (v. voce) era stato loro concesso, e diminuiti furono la bruttezza e il ridicolo in loro insiti, e ben rammento, Herr Neigel, che fu il piccolo farmacista, il Sig. Aharon Markus, fu desso che tentò di consolarci, allora, e ci narrò la storia della brutta Principessa Maria, dal libro Guerra e pace dell’illustre nonché ammiratissimo Conte Tolstoj, che diveniva bella solo quando piangeva, come un lampioncino giapponese che è di brutto aspetto, sgraziato, quando la candela è spenta, ma quando essa è accesa ecco il lampione spande tutto il suo splendore. Lo sa, Herr Neigel? L’i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. VEDI ALLA VOCE: AMORE
  3. Momik
  4. Bruno
  5. Wasserman
  6. L’enciclopedia completa della vita di Kasik
  7. Postfazione: Tutto il possibile infinito di David Grossman
  8. Copyright