Qualcosa di così personale
eBook - ePub

Qualcosa di così personale

Meditazioni sulla preghiera

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Qualcosa di così personale

Meditazioni sulla preghiera

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"La preghiera è qualcosa di estremamente semplice, qualcosa che nasce dal cuore." Con queste parole il cardinale Martini ci introduce nel tema del suo nuovo libro, dedicato a uno degli aspetti più intimi e delicati del rapporto con Dio: la preghiera.
"È la risposta immediata che sale dal profondo quando ci mettiamo di fronte alla verità dell'essere. " Il che può avvenire in molti modi, diversi per ciascuno di noi: davanti a un paesaggio di montagna, in un momento di solitudine nel bosco, ascoltando una musica. Sono momenti di verità dell'essere, nei quali ci sentiamo come tratti fuori dalla schiavitù delle invadenze quotidiane, che ci sollecitano continuamente. Facciamo un respiro più ampio del solito, avvertiamo qualcosa che si muove dentro di noi, ed ecco elevarsi una preghiera: "Mio Dio ti ringrazio ", "Signore, quanto sei grande!".
Questo riconoscimento di Dio è la preghiera naturale, la preghiera dell'essere. Ogni nostra preghiera parte da tale principio: l'uomo che vive a fondo l'autenticità delle proprie esperienze sente immediatamente, istintivamente, l'esigenza di esprimersi attraverso una preghiera di lode, di ringraziamento, di offerta.
Oltre a questa preghiera, ci spiega poi il cardinale Martini, c'è la preghiera dell'essere cristiano, che non è semplicemente la risposta alla realtà dell'essere che ci circonda o alla sensazione di autenticità che proviamo dentro di noi, bensì è frutto dello Spirito che prega in noi e ci fa rivolgere a Dio chiamandolo "Padre". Così la preghiera diventa incontro ma anche scontro con Dio, dove non sono taciute nemmeno le domande più radicali.
"L'educazione alla preghiera consiste allora sia nel cercare di favorire quelle condizioni che ci portano a uno stato di autenticità, sia nel cercare dentro di noi la voce dello Spirito che prega, per dargli spazio, per dargli voce. Perché lo Spirito dentro di noi che prega è la caratteristica propria, tipica, della preghiera cristiana."

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Qualcosa di così personale di Carlo Maria Martini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Theology & Religion e Religion. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852012457
Categoria
Religion
Parte prima
IMPARARE A PREGARE

Nella preghiera

Desidero percorrere insieme a voi un itinerario di preghiera con il Vangelo di Luca perché Luca è l’evangelista che più ci parla della preghiera. La preghiera che Gesù pronunciava sul far del giorno, in un luogo deserto (4,42), oppure quella di notte, sulla montagna (6,12), e quella durante il Battesimo (3,21). Il Vangelo di Luca parla anche della nostra preghiera: racconta la parabola dell’amico importuno (11,5-8), quella della vedova e del giudice disonesto (18,1-8), per dirci che è necessario pregare sempre, senza stancarci.
Oltre a queste indicazioni, Luca presenta degli esempi di preghiera, ed è su questi che noi rifletteremo. Si tratta di tre preghiere di Gesù – l’inno di giubilo, la preghiera nell’orto e quella sulla croce –, di tre preghiere degli uomini – il Magnificat della Vergine, la preghiera di Simeone e la preghiera del cristiano, il Padre nostro – e di una preghiera della comunità cristiana, riportata da Luca negli Atti degli Apostoli.
Prima di cominciare dobbiamo però soffermarci sulle difficoltà che può incontrare la nostra preghiera, su ciò che può impedire al nostro spirito di essere in sintonia con lo Spirito di Dio. Una difficoltà che io sento molto è il pensiero delle sofferenze di tanti nostri fratelli. E, ancora di più, il pensiero di coloro che di fronte agli avvenimenti dolorosi restano turbati nella fede e si domandano perché Dio non intervenga.
Queste, e altre difficoltà che possiamo avvertire, credo vadano superate portando tutto ciò che abbiamo dentro nella preghiera. Se non facessimo così, la nostra non sarebbe una preghiera vera, ma artificiale, separata dalla vita. Nel silenzio e davanti a Dio, esprimiamo ciò che proviamo, persino la difficoltà di metterci di fronte a lui e di conoscere il Dio rivelatosi in Gesù crocifisso.
Possiamo iniziare dicendo:
Signore, Dio misterioso, noi ti conosciamo così poco! A volte, poi, abbiamo l’impressione di conoscerti ancora meno. Ci sembra di lottare con te, come Giacobbe lottò con l’Angelo; ci sembra di lottare con l’immagine che abbiamo di te. Non possiamo comprenderti, non riusciamo a capirti.
O Signore, svela il tuo Volto, manifesta a noi il Volto del tuo Figlio crocifisso. Fa’ che in questo Volto noi possiamo capire qualcosa delle sofferenze che si abbattono su tanta parte dell’umanità. Fa’ che possiamo conoscerti come tu veramente sei, nel tuo Figlio crocifisso per noi, nella sua morte, nella sua agonia e nella sua risurrezione alla vita. Amen.
page_no="10"

Il clima della preghiera

Preghiera dell’essere
Sento sempre un certo disagio e una certa fatica quando devo parlare della preghiera, perché mi pare che sia una realtà di cui non si possa parlare. Si può invitare a pregare, esortare, consigliare. Ma la preghiera è qualcosa di così personale, di così intimo, di così nostro, che diventa difficile parlarne insieme, a meno che davvero il Signore non ci metta tutti in un’atmosfera di preghiera. Vorrei allora cominciare proprio con una preghiera, vorrei dire così:
Signore, tu sai che io non so pregare, e allora come posso parlare ad altri della preghiera? Come posso insegnare ad altri qualcosa sulla preghiera? Tu solo, Signore, sai pregare. Tu hai pregato sulla montagna, nella notte. Tu hai pregato nelle pianure della Palestina. Tu hai pregato nel giardino della tua agonia. Tu hai pregato sulla croce. Tu solo, Signore, sei il Maestro della preghiera. E tu hai dato a ciascuno di noi, come maestro personale, lo Spirito Santo. Ebbene, soltanto nella fiducia in te, Signore, Maestro di preghiera, adoratore del Padre in spirito e verità, soltanto con la fiducia nello Spirito che vive in noi, possiamo cercare di dire qualcosa, di esortarci a vicenda, per scambiarci qualche tuo dono, rispetto a questa meravigliosa realtà. La preghiera è la possibilità che noi abbiamo di parlare con te, Signore Gesù, nostro salvatore, di parlare con il Padre tuo e con lo Spirito, e di parlarne con semplicità e verità. Madre nostra Maria, maestra nella preghiera, aiutaci, illuminaci, guidaci in questo cammino che anche tu hai percorso prima di noi, conoscendo Dio Padre e la sua volontà.
page_no="11"
Per affrontare nel modo più familiare possibile il tema della preghiera ho pensato di partire da alcune premesse, due brevi premesse teologiche fondamentali che voglio richiamare. Cercherò poi di rispondere alla domanda su come aiutare noi stessi e gli altri a ravvivare nel cuore la fiamma della preghiera, una fiamma che Dio stesso accende, ma che sta a noi alimentare in maniera giusta. La prima la ricavo dal Salmo 8:
O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! Sopra i cieli si innalza la tua magnificenza, con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? (Sal 8,2-5)
La preghiera è qualcosa di estremamente semplice, qualcosa che nasce dalla bocca e dal cuore del bambino. È la risposta immediata che ci sale dal cuore quando ci mettiamo di fronte alla verità dell’essere.
Questo può avvenire in molti modi, diversi per ciascuno: può essere davanti a un paesaggio di montagna, in un momento di solitudine nel bosco, ascoltando musica, in ogni caso quando qualcosa ci fa dimenticare per un po’ la realtà immediata e ci distacca per un attimo da noi stessi. Sono momenti di verità dell’essere, nei quali ci sentiamo come tratti fuori dalla schiavitù delle invadenze quotidiane, dalla schiavitù delle cose che ci sollecitano continuamente. Facciamo un respiro più ampio del solito, sentiamo qualcosa che ci si muove dentro, e non è raro, è quasi istintivo, che in questi momenti di grazia naturale, in questi momenti felici in cui ci sentiamo pienamente noi stessi, si elevi da noi una preghiera: «Mio Dio ti ringrazio», «Signore, quanto sei grande!».
Ciascuno di noi, credo, può sperimentare nella propria vita qualcuno di tali momenti. Forse in una serie di circostanze felici ci siamo ritrovati a esprimere questo riconoscimento di Dio, traendolo dal profondo del nostro essere: è la preghiera naturale, la preghiera dell’essere. Ogni nostra preghiera, ogni nostra educazione alla preghiera, parte da questo principio: l’uomo che vive a fondo l’autenticità delle proprie esperienze sente immediatamente, istintivamente, l’esigenza di esprimersi attraverso una preghiera di lode, di ringraziamento, di offerta.
La seconda premessa consiste nel dire che, oltre a questa preghiera dell’essere, c’è un’altra realtà da tener presente: la preghiera dell’essere cristiano. Essa non è semplicemente la risposta mia alla realtà dell’essere che mi circonda, o alla sensazione di autenticità che provo dentro di me, ma è frutto dello Spirito che prega in me. Il testo fondamentale cui dobbiamo riferirci è la Lettera ai Romani, in particolare la seconda parte del capitolo 8, dove si dice che lo Spirito prega in noi (si veda Rm 8,14-27).
Vanno dunque tenute presenti queste due verità: «dalla bocca dei bambini e dei lattanti Signore ti sei fatto una lode» (Mt 21,16) e quindi la preghiera è una realtà semplicissima, che sgorga quando si sono poste le premesse giuste, quando la persona (anche il ragazzo, il bambino, l’adolescente) è posta davvero a suo agio di fronte alla realtà dell’essere, alla verità dell’essere, in situazioni particolarmente felici di distensione, di calma, di serenità. A questa verità ne segue però un’altra: che non siamo noi come cristiani a pregare, ma è lo Spirito che prega in noi.
L’educazione alla preghiera consiste allora sia nel cercare di favorire quelle condizioni che mettono la persona in stato di autenticità, sia nel cercare dentro di noi la voce dello Spirito che prega, per dargli spazio, per dargli voce. Senza questa premessa, infatti, non c’è la preghiera cristiana: è lo Spirito dentro di noi che prega. E questa è la caratteristica propria, tipica, della preghiera cristiana.
Ricordo che uno dei più grandi esegeti di san Giovanni, padre Donatien Mollat, si domandava un giorno che cosa caratterizzasse la preghiera cristiana rispetto a quelle di tutte le altre religioni, a tutte le preghiere naturali che l’uomo può fare. La risposta che dava rimandava al capitolo 4 del Vangelo di Giovanni: «la preghiera in spirito e verità». Secondo il linguaggio giovanneo «verità» significa: Dio Padre che si rivela in Cristo. Ecco qui il nocciolo di ciò che caratterizza la preghiera cristiana, di ciò che la distingue dalla preghiera, per quanto altissima, delle altre religioni. Possiamo imparare molto dalle preghiere di tutte le religioni, possiamo ricavare tante cose su questa elevazione dell’uomo verso Dio, ma lo specifico della preghiera cristiana è dono diretto di Dio, che ci manda lo Spirito, che ci consente di pregare nella verità, cioè nella rivelazione che il Padre fa di se stesso in Gesù.
È ciò che la liturgia attua quando, a conclusione di ogni preghiera, pronuncia la formula: «per Cristo nostro Signore, in unità con lo Spirito Santo». Questa è la preghiera a cui educare. Non avremmo davvero educato alla preghiera se soltanto ci fossimo limitati a suscitare sentimenti di lode, di ammirazione, di riconoscenza, di domanda, e se non avessimo inserito questa realtà nel ritmo dello Spirito che prega in noi.
La domanda su come pregare diventa ora più specifica: «Come aiutare a scoprire dentro di noi i movimenti dello Spirito che ci conduce? Come aiutare a discernere i movimenti dello Spirito di Cristo che è dentro di noi? Come sentire lo Spirito che è il grande promotore di ogni nostro pregare?».
Presenterò qui di seguito qualche semplice suggerimento, più specifico, che ciascuno potrà confrontare con la propria esperienza per poi suggerirne altri più adatti. Le indicazioni che vi offro riguardano tre atteggiamenti:
  1. la situazione preliminare per il darsi della preghiera;
  2. l’ingresso nella preghiera, cioè il momento di entrata nella preghiera;
  3. il ritmo della preghiera, cioè la permanenza nella preghiera.
page_no="14"
Situazione preliminare
È importante partire da questo fatto: ciascuno di noi ha una propria, irripetibile situazione di preghiera. Irripetibile non soltanto perché è mia come persona diversa da un’altra, ma anche perché è mia in questo momento, e quindi è anche irripetibile nel tempo (sebbene ciascuno abbia dei moduli di preghiera che gli sono peculiari e ai quali ritorna).
La domanda allora si specifica così: «Come riconoscere la mia situazione? Come far emergere il mio stato personale di preghiera?». Propongo prima di tutto osservazioni di carattere negativo, chiedendomi che cosa non è questo stato in quanto situazione di preghiera.
Non è uno stato indotto dalla preghiera altrui, né da modelli di preghiera predeterminati, né da testi sulla preghiera. Benché tutte queste cose siano ottime (i libri, come quelli dei santi, che ci offrono le loro esperienze; le preghiere altrui che noi impariamo e ripetiamo), il limite di tali strumenti è che essi possono entusiasmare, ma solo per un momento. Leggiamo pagine bellissime di santa Teresa d’Avila o di san Giovanni della Croce sulla preghiera e sentiamo il bisogno di inserirci nel loro ritmo, di entrare in consonanza con tali esperienze; per uno, due, tre giorni, per una settimana, ci pare di vivere di queste illuminazioni. Qualche pagina meravigliosa di sant’Agostino dalle Confessioni, qualche pagina splendida di Madeleine Delbrêl: sono preghiere che possono suscitare in noi una certa consonanza affettiva ed emotiva. Ciò è molto positivo, è parte dell’educazione, ma non conduce ancora alla scoperta del nostro stato di preghiera; può anzi essere illusorio, può farci credere di aver già raggiunto chissà quali capacità e modi di pregare.
Così, svanito l’effetto di questa lettura, di questa parola ascoltata, di questa preghiera altrui da noi ripetuta, ci ritroviamo con la nostra povertà e la nostra aridità.
Quindi, anche se rimangono come modelli e come indicazioni, le esperienze altrui non sono strumenti sufficienti né molto utili per farci riconoscere quale sia il nostro stato attuale di preghiera. Come trovarlo allora? Come capire quale sia il nostro punto di partenza? Offro tre brevissime indicazioni. Il mio stato di preghiera è:
  1. una posizione del corpo;
  2. un’invocazione del cuore;
  3. una pagina della Scrittura in cui mi posso specchiare.
UNA POSIZIONE DEL CORPO
Quanto dico ha un po’ carattere ideale, è difficile da praticare, ma può costituire un punto di riferimento. Dovremmo fare l’esperienza di lasciarci andare un momento e, così rilassati, domandarci: se ora dovessi esprimere veramente ciò che sento e ciò che desidero nel più profondo, quale atteggiamento assumerei come mia espressione di preghiera?
Dovremmo poi vedere nella mente quale atteggiamento si formi in noi: può essere l’atteggiamento dell’orante, con le braccia alzate o le mani giunte in invocazione; può essere l’atteggiamento di Gesù nell’orto, in ginocchio con la faccia a terra; può essere l’atteggiamento delle mani in accoglienza, di chi guarda lontano e aspetta, come il padre aspetta il ritorno del figliol prodigo; o l’atteggiamento di chi attende qualcosa; o, ancora, quello di chi domanda.
Sembrano cose semplici, potrebbe forse apparire ridicolo metterle in pubblico, ma noi ci esprimiamo così, ci esprimiamo anche con i gesti. E quando, come dice Gesù nel Vangelo di Matteo (si veda Mt 6,6), chiusa la porta della camera preghiamo il Padre nel segreto, prendiamoci qualche volta la libertà di esprimerci pure con il corpo: potremo cadere in ginocchio con la fronte a terra, o alzare spontaneamente le mani, o aprirle come colui che sta per ricevere, oppure potremo porci in atteggiamento di sottomissione. È importante che attraverso l’esperienza del nostro corpo noi mettiamo a nudo la profondità dei nostri desideri.
page_no="16"
UN’INVOCAZIONE DEL CUORE
Proviamo a chiederci: se in questo momento dovessi gridare, esprimere con un’invocazione ciò che chiedo a Dio di più profondo, ciò che maggiormente mi sta a cuore, con quali parole lo esprimerei? Lasciamo che venga liberamente alla luce ciò che in quel momento ci qualifica. Potrebbe essere l’invocazione: «Signore, abbi pietà di me»; oppure le parole: «Non ne posso più!»; «Ti lodo»; «Ti ringrazio»; «Vieni in mio soccorso»; «Sono sfinito».
Anche Gesù in un preciso momento della sua vita ha esclamato: «L’anima mia è triste fino alla morte», e in un altro: «Ti ringrazio, Padre, perché mi esaudisci sempre».
Cerchiamo tra tutte le invocazioni del cuore quella che maggiormente risponde a ciò che sentiamo, quella che può essere il punto di partenza della nostra preghiera, quella che qualifica la situazione che stiamo vivendo. Questa invocazione potrà ovviamente essere poi arricchita con preghiere altrui, approfondita con l’aiuto di altri che hanno pregato prima di noi e forse meglio di noi. Questa invocazione può sembrare una realtà povera, semplicissima, un filo d’erba, un filo d’erba piccolissimo in confronto agli alberi giganteschi della preghiera dei santi. Però questo mio filo d’erba è ciò che io metto davanti a Dio come mia semplicissima preghiera.
Gesù ha richiamato la parola di quel pubblicano nel tempio: «Signore, abbi pietà di me peccatore». Ecco, quest’uomo aveva trovato autenticamente il suo stato di preghiera e perciò tornò giustificato: con una sola espressione aveva messo a nudo completamente se stesso. Aveva saputo esprimere il grido del suo cuore.
UNA PAGINA DELLA SCRITTURA IN CUI MI POSSO SPECCHIARE
Poniamoci la domanda: se io dovessi esprimere maggiormente ciò che sento, desidero o temo, ciò che chiedo a Dio o che solo vorrei chiedergli, se dovessi esprimere la mia situazione davanti a lui, in quale personaggio, in quale figura, in quale scena del Vangelo mi immaginerei? Potrei pensarmi là dove Pietro, sul lago, dopo aver mostrato l’atto di coraggio di buttarsi in acqua, dice: «Signore, non ce la faccio». Potrei mettermi tra gli apostoli, che di fronte alla gente che domanda il pane dicono: «Signore, dove andremo, come facciamo?». Potrei riconoscermi e specchiarmi in qualunque altra scena del Vangelo oppure nelle parole di un Salmo che esprima veramente il mio stato d’animo.
È importante verificare, e anche educare altri, a trovare questi punti di partenza, perché su ciò si può lavorare. Da qui si possono sviluppare le attitudini di preghiera e un atteggiamento autentico di dialogo con Dio, un dialogo che non parte da realtà indotte artificialmente, ma dalla verità della persona.
Ingresso
Forse questo è uno dei casi in cui sbagliamo più facilmente. Spesso crediamo che sia importante cominciare a pregare in un modo qualsiasi, magari con un segno di croce. È un modo sbagliato di entrare nell’esperienza del dialogo con Dio, perché vuol dire buttarsi imprudentemente nell’avventura della preghiera senza essersi prima preparati.
È forse questa una delle cause per cui la preghiera ci riesce più difficile: non abbiamo premesso un’entrata, un ingresso. Come nelle nostre chiese c’è un pronao, un momento di distacco, così in ogni nostra preghiera, soprattutto prolungata, è necessario premettere un momento particolare, un momento di silenzio assoluto.
Dobbiamo aiutare anche i ragazzi a fare un istante di assoluto silenzio dal quale poi partire per entrare nella preghiera. Direi però che c’è qualcosa in più: chiamerei questo momento d’ingresso quasi una forma di azzeramento, il mettere a zero la nostra fantasia, il nostro stesso essere, come si mette a zero un contachilometri.
Che cosa significa? È a mio avviso estremamente importante incominciare a pregare non soltanto con un momento di silenzio, di pausa, di respiro, ma con il chiaro riconoscime...

Indice dei contenuti

  1. Indice
  2. Prefazione
  3. Parte prima - IMPARARE A PREGARE
  4. Parte seconda - LA PREGHIERA DEL SINGOLO COME ORAZIONE MENTALE
  5. Parte terza - LA PREGHIERA DI INTERCESSIONE