Uccidi il padre
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Uccidi il padre

  1. 564 pagine
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Uccidi il padre

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Assolutamente elettrizzante. Uccidi il Padre è un tesoro rarissimo, un thriller mozzafiato - in tutti i sensi - ma che è anche sfaccettatissimo, capace di scavare nella mentalità complessa e affascinante di tutti coloro che, buoni o cattivi, abitano le sue pagine. Questo romanzo ridefisce il concetto stesso di "libro da leggere tutto d'un fiato".
JEFFERY DEAVER IL TERZO CAPITOLO di COLOMBA E DANTE, "IL RE DI DENARI", è DISPONIBILE dal 4 dicembre. Un bambino è scomparso in un parco alla periferia di Roma. Poco lontano dal luogo del suo ultimo avvistamento, la madre è stata trovata morta, decapitata. Gli inquirenti credono che il responsabile sia il marito della donna, che in preda a un raptus avrebbe ucciso anche il figlio nascondendone il corpo. Ma quando Colomba Caselli arriva sul luogo del delitto capisce che nella ricostruzione c'è qualcosa che non va.
Colomba ha trent'anni, è bella, atletica, dura. Ma non è più in servizio. Si è presa un congedo dopo un evento tragico cui ha assistito, impotente. Eppure non può smettere di essere ciò che è: una poliziotta, una delle migliori. E il suo vecchio capo lo sa. Per questo le chiede di lavorare, senza dare nell'occhio, al caso e la mette in contatto con Dante Torre, soprannominato "l'uomo del silos", un esperto di persone scomparse e abusi infantili. Di lui si dice che è un genio, ma che le sue incredibili capacità deduttive sono eguagliate solo dalle sue fobie e paranoie. Perché da bambino Dante è stato rapito e, mentre il mondo lo credeva morto, cresceva chiuso dentro un silos, dove veniva educato dal suo unico contatto col mondo, il misterioso individuo che da Dante si faceva chiamare "Il Padre".
Adesso la richiesta di Colomba lo costringerà ad affrontare il suo incubo peggiore. Perché dietro la scomparsa del bambino Dante riconosce la mano del "Padre". Ma se è così, perché il suo carceriere ha deciso di tornare a colpire a tanti anni di distanza? E Colomba può fidarsi davvero dell'intuito del suo "alleato", o Dante la sta conducendo a caccia di fantasmi? Dazieri abbandona il noir metropolitano e costruisce un thriller magnifico, che tiene il lettore incollato dalla prima all'ultima pagina in un crescendo costante di tensione e colpi di scena. Fanno parte della serie di Colomba e Dante:
Uccidi il Padre
L'Angelo
Il re di denari

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852050879
VIII

SEGUIRE LA BUSSOLA

1

Arrivarono tutti. I vigili del fuoco e le ambulanze, gli artificieri e i genieri dell’esercito. Arrivarono volanti e blindati, gru, autoscale. Arrivarono il sindaco e il prefetto, il questore e il vicequestore, il presidente della Camera e una manciata di onorevoli. Arrivarono giornalisti e fotografi, una valanga di curiosi, gli studi mobili delle principali reti nazionali, l’ANSA, una televisione giapponese e il corrispondente della CNN. Arrivarono l’ispettore capo Infanti, l’ispettore Anzelmo della Postale, i dirigenti della Mobile non impegnati in servizio e tutti gli ex colleghi di Colomba.
Lei non vide nessuno, come non vide l’arrivo di Santini e De Angelis, perché era già stata trasportata al pronto soccorso con una commozione cerebrale e una serie di ecchimosi e abrasioni. Per molte ore si lasciò muovere come una bambola, cosciente solo a sprazzi di dove si trovasse. Molte volte si confuse e credette di essere ancora al giorno del Disastro. Lo stesso rumore bianco nelle orecchie, lo stesso sapore di cenere e calce in bocca, lo stesso puzzo di bruciato.
Intanto, Dante veniva prelevato dagli uomini del SIC e trasportato alla questura centrale. Nonostante le sue proteste, fu chiuso in un ufficio, ammanettato a una sedia e lasciato solo con un piantone che ignorò le sue richieste di essere spostato in un luogo all’aperto. Dante cominciò immediatamente a stare male, reso ancora più sensibile dallo sforzo sostenuto nel palazzo in fiamme un paio d’ore prima. Gridò fino a diventare blu, pestò i piedi. Quando il piantone gli tirò una sberla in faccia, rotolò a terra rompendo la sedia. Si rialzò subito e tenne a distanza la guardia che cercava di afferrarlo roteando il bracciolo della poltrona fissato alla manetta che gli pendeva dal polso. Arrivarono altri tre e lo schiacciarono sul pavimento. Lui perse il fiato e svenne.
Si risvegliò ammanettato alla ringhiera di un balcone, con Santini che cazziava gli agenti in divisa per averlo tenuto al chiuso. Aveva la bocca secca e faticava a mettere a fuoco, e solo un dolore allo stomaco lo riportò al presente. Sotto di lui via San Vitale era bloccata al traffico da transenne e volanti.
«Mi tengono prigioniero contro la mia volontà e mi torturano» gridò per farsi sentire da basso. «Avvisate il mio avvocato! Si chiama Roberto Minutillo, lo trovate su internet.»
Santini gli si avvicinò di corsa. «Chiuda il becco o la faccio riportare dentro. E mi assicurerò che non ci siano finestre.»
«E se ci rimango secco? Fate sparire il mio cadavere?»
Santini si chinò su di lui. «È stato ucciso un funzionario di polizia. Pensa che mi faccia tanti problemi per quello che le può capitare?»
«Io c’ero, se lo dimentica?»
«Per questo è qui.» Santini tirò verso di sé uno sgabello a rotelle. Una mezza dozzina di agenti in divisa e in borghese si accalcavano alla portafinestra, osservando la scena. «Lasci che le chiarisca la situazione. C’è stato un attentato. C’è chi già sta invocando la legge marziale e chi parla di ritorno delle Brigate Rosse. E quelli come me devono cercare di capire che cosa è successo. E hanno pochissima pazienza con quelli che non collaborano.»
«Nessuno mi ha ancora rivolto una sola domanda.»
«Sto per farlo. Per conto del magistrato incaricato.»
«Mi faccia indovinare, De Angelis?»
«Non la riguarda. Lo incontrerà dopo per verbalizzare.»
«Se faccio il bravo, altrimenti mi butta di sotto.»
Santini strinse la mascella. «Perché vuole farmi perdere la pazienza?»
Dante pensò che Santini era davvero fuori dalla grazia di Dio. Lo avrebbe picchiato? Credeva di no. Per quanto lo desiderasse, gli occhi del paese erano rivolti alla questura in quel momento. Se avesse avuto il dubbio che Dante c’entrasse qualcosa, forse se ne sarebbe fregato. Ma in quel momento Santini era confuso. Si vedeva chiaramente dalla linea delle sue spalle che reggevano il peso di quanto accaduto, e il suo costante toccarsi il viso e leccarsi impercettibilmente le labbra rivelavano confusione e timore. Faceva la voce grossa, ma non capiva cosa stesse succedendo. Oppure – era l’altra ipotesi – sapeva benissimo cosa stava succedendo ma non sapeva ugualmente che pesci pigliare. E questo era più preoccupante.
Sino a quel momento Dante aveva ritenuto Santini un bruto senza cervello, uno sbirro da barzelletta che con i suoi piedoni piatti era in grado solo di calpestare le prove e creare confusione. Ma le ultime parole di Rovere lasciavano intendere che il Padre non agisse da solo, e Dante non credeva che si riferisse a qualche tirapiedi coinvolto per la bisogna, com’era stato Bodini. Rovere temeva altri complici. Quali? Un agente del SIC per caso? Lo stesso di cui Colomba avrebbe dovuto diffidare?
Dante sentiva la verità a portata di mano, ma ancora troppo distante. Doveva andarsene di lì e, se Santini era davvero coinvolto, l’unico modo era quello di farsi passare per coglione. Tutto questo lo pensò in un paio di secondi, mentre Santini lo scrutava, sospettoso. Ricordati che è uno sbirro, che è abituato a quelli che mentono, si disse. E se era coinvolto, era meno scemo di quello che sembrava.
«Mi chieda quello che vuole sapere» disse Dante abbassando lo sguardo in una passabile imitazione di umiltà. «Ma prima, per favore, mi dica come sta la dottoressa Caselli.»
«Non ho notizie dall’ospedale, ma non sembrava grave» rispose Santini, sempre scrutandolo. «Siete molto intimi?»
«No.»
«Lo sembrate.»
«È questo che vuole sapere, se siamo intimi?» disse Dante dimenticandosi il ruolo che doveva recitare.
«Anche.»
«No, non lo siamo. Ci siamo solo frequentati un po’ nell’ultima settimana.»
«Per questo vivete assieme in un albergo?»
Lo sapevano, cazzo. «Non viviamo assieme. Io vivo lì» rispose Dante. «Lei è venuta a trovarmi qualche volta. Chieda al portiere se non ci crede.»
«Al momento non mi interessa. Che cosa ci faceva nell’edificio del dottor Rovere durante l’esplosione?»
«Sono entrato dopo.»
Santini si fece ancora più vicino. «Dopo? Vuol farmi credere che è entrato dopo l’esplosione? Lei che non riesce neanche a stare al chiuso si è tuffato dentro come un pompiere?»
Dante ritrasse le gambe fingendosi più spaventato di quanto non fosse. Doveva lasciar pensare a Santini di avere il controllo della situazione. «Ero sotto shock» mormorò.
«Non l’ho sentita» abbaiò Santini.
«Ero sotto shock. Non so bene cosa ho fatto.»
Santini annuì soddisfatto come il padrone di un cane che rotola a comando. «E perché era lì?»
«Avevo accompagnato la dottoressa Caselli a incontrare il dottor Rovere» disse Dante in tono più alto, simulando un leggero tremito nella voce.
«E qual era la ragione dell’incontro?»
Santini aveva esperienza di migliaia di interrogatori, Dante non poteva mentire apertamente. Doveva limitarsi a manipolare la verità, concedendo quel poco che Santini già si immaginava. «Il rapimento di Luca Maugeri.»
Santini annuì. «Quindi la dottoressa Caselli se ne stava ancora interessando?»
«Sì.»
«Per quale ragione?»
Anche qui, inutile mentire. «Su richiesta del dottor Rovere. Non si fidava di come voi svolgevate l’inchiesta.»
«Noi del SIC
«Sì. E neanche del magistrato. Diceva che era un cretino.» L’ultima frase era una completa menzogna, ma giudicò che potesse passare. Uno come Rovere avrebbe potuto pronunciarla anche solo per tranquillizzare Dante sulle sue motivazioni. Nascondendo quelle vere.
Non è solo.
Santini storse la bocca. «Questo magari non lo mettiamo a verbale, eh? Non facciamo fare brutta figura ai morti.»
«Decida lei.»
«È stato il dottor Rovere a richiedere la sua consulenza?» Disse “consulenza” come se fosse una parolaccia.
«Sì.»
«E cosa volevate dire a Rovere ieri sera?»
«Che ci serviva dell’altro tempo.»
«È stato Rovere a chiedervi di consultare gli elenchi dei bambini morti negli ultimi anni?»
Infanti se l’era cantata subito. Colomba avrebbe dovuto scegliersi degli amici migliori. «No, è stata un’idea mia. Cercavo delle corrispondenze con quello che è successo ai Pratoni.»
Santini strinse gli occhi. Interesse vero o timore? E se si trattava di timore, era per paura di fare una brutta figura o per altri motivi?
Non è solo.
«E le ha trovate?»
Dante se la doveva giocare nel migliore modo possibile. E lo fece protestando. «Ho bisogno di altro tempo, cazzo!» disse. «Ci sono migliaia di casi che possono essere messi in relazione.» Esagerò volutamente il numero.
A Santini sfuggì un sorriso. Derisione o sollievo? Dante odiava il dubbio. «Migliaia?»
Dante caricò ancora. «Il Padre sta agendo nell’ombra da più di trent’anni! Sa su quanti bambini può aver messo le mani?» Aveva detto quasi la verità, ma in un modo tale che chiunque lo avrebbe pensato matto da legare.
«Il Padre è il suo rapitore, giusto? Tornato dall’oltretomba.»
Dante azzardò un piccolo contrappunto. Se si fosse mostrato semplicemente remissivo, Santini avrebbe cominciato a sospettare. «Lei mi sta sfottendo.»
«Assolutamente no» disse Santini con un sorriso più visibile, ora. «E la prova è in quel fischietto che ha trovato quasi a un chilometro di distanza. Giusto?»
«Se la vuole mettere così.»
«Giusto?»
«Sì» disse Dante umilmente.
Qualcuno in sottofondo mormorò incredulo, e per Dante fu come il primo applauso per la sua rappresentazione.
«E Caselli le crede?»
Attenzione. «Cominciava a convincersi» rispose facendo credere il contrario.
«“Cominciava.” Ho capito. E lei le ha fornito altre prove» sottolineò la parola «a parte il fischietto?»
«Le stavo cercando. Le ho detto che serve tempo!»
Santini lo scrutò. Dante sapeva che il suo istinto lo portava a dubitare ma, che fosse coinvolto o no, quello che gli stava dicendo era proprio ciò che uno come lui avrebbe voluto sentire.
«Lei era mai stato a casa del dottor Rovere?» chiese Santini.
«No.»
«Abbiamo modo di scoprire se sta mentendo, Torre.»
«Perché dovrei mentirvi? Pensate che ce l’abbia messa io, la bomba?»
«Secondo lei chi l’ha messa, allora?»
Dante trattenne il respiro. Erano arrivati al punto. «Il Padre. L’uomo che mi ha rapito.»
Stavolta i mormorii furono più di uno. Santini si voltò per tacitarli, ma Dante capì che stava facendo scena. Gli piaceva il pubblico. «Ha trovato un altro fischietto, Torre?» chiese ancora.
«Ce n’era solo uno.»
«Dimenticavo. Il suo. E perché l’uomo che l’ha rapita avrebbe dovuto voler uccidere il dottor Rovere?»
Dante si sentì come quando, a vent’anni, si era giocato i soldi dell’albergo alla roulette sulla terrazza di un casinò a Bad Gastein. Una giocata secca: tutto sul rosso. In quel momento fece lo stesso. «Perché ha paur...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. UCCIDI IL PADRE
  4. I. PRIMA
  5. II. IL CERCHIO DI PIETRA
  6. III. PRIMA
  7. IV. VECCHI AMICI
  8. V. PRIMA
  9. VI. VISITE A DOMICILIO
  10. VII. PRIMA
  11. VIII. SEGUIRE LA BUSSOLA
  12. EPILOGO
  13. NOTA DELL’AUTORE
  14. Copyright