Bombardate Roma!
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Bombardate Roma!

Guareschi contro De Gasperi: uno scandalo della storia repubblicana

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  1. 248 pagine
  2. Italian
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Guareschi contro De Gasperi: uno scandalo della storia repubblicana

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Sessant'anni fa il settimanale «Candido» di Giovannino Guareschi pubblicava due lettere datate gennaio 1944 e firmate da Alcide De Gasperi, in cui si esortavano gli angloamericani a bombardare Roma, affinché il popolo insorgesse insieme ai «nostri gruppi Patrioti». Il prestigioso statista democristiano aveva dunque tradito durante i mesi più tragici della seconda guerra mondiale? Com'era possibile? La polemica che ne scaturì, condotta sulle colonne di quotidiani e settimanali dell'epoca, si rivelò furibonda. Persino editori importanti come Mondadori e Rizzoli, fiutando un possibile scoop, si interessarono all'affare (in ballo sembrava esserci anche il fantomatico carteggio Churchill-Mussolini), con l'unico risultato di rimetterci parecchi milioni di lire in caparra. C'era una sola domanda a cui nessuno sembrava rispondere in maniera convincente: De Gasperi le aveva davvero scritte, quelle lettere? A decidere, nell'aprile del 1954, fu il tribunale di Milano. La sentenza - pur rinunciando alla perizia grafologica -; sancì la falsità delle missive e Guareschi fu condannato a un anno di reclusione. Il noto scrittore e vignettista, indignato dalla «sentenza politica», si considerò vittima di un'ingiustizia, rinunciò a ricorrere in appello e varcò le porte del carcere: sopporterà con fierezza la pena, ma ne uscirà indelebilmente segnato. La vicenda scosse in maniera profonda anche De Gasperi, costretto a difendersi di fronte all'opinione pubblica da un'accusa così infamante. Demoralizzato e debilitato, il segretario della Democrazia cristiana si spense il 19 agosto 1954. Grazie alla scrupolosa analisi di una vasta documentazione inedita (conservata negli archivi di Alcide De Gasperi, di Giovannino Guareschi e di Giorgio Pisanò), Bombardate Roma! ha il merito di delineare i contorni di una vicenda ancora avvolta nel mistero, ma soprattutto di chiarire un vero «giallo della Prima Repubblica», sul quale sono state avanzate le più disparate ipotesi. L'indagine di Mimmo Franzinelli dimostra infatti l'esistenza di un «livello segreto», ossia di un piano messo a punto da un gruppo neofascista che ideò e fece costruire gli apocrifi per motivazioni squisitamente politiche. E che manovrò un certo Enrico De Toma, chiacchierato «faccendiere», ex sottufficiale delle Brigate Nere, affinché le lettere «degasperiane» avessero la massima diffusione. Caduto in un sottile, ben architettato tranello, Guareschi aveva, insomma, preso per veri degli apocrifi. Conclude il libro un saggio della grafologa giudiziaria Nicole Ciccolo, che dimostra incontestabilmente l'origine e la natura delle lettere «degasperiane», individuando gli autografi dai quali vennero ricavate e riutilizzate mediante tecnica fotolitografica - le parole servite alla costruzione dei falsi. Documentato e rigoroso, Bombardate Roma! si legge come un avvincente romanzo, nel quale interagiscono - a fianco di Guareschi e De Gasperi - personaggi noti e meno noti, dall'allora giovane sottosegretario Giulio Andreotti a Enrico Mattei, ex partigiano, deputato Dc e factotum dell'Eni, dagli esponenti del servizio segreto militare Sifar ai nostalgici della Repubblica sociale italiana. E i colpi di scena si susseguono, con il riaffiorare di ulterori scritti attribuiti a De Gasperi, utilizzati in un gioco ricattatorio e scandalistico internazionale, tra Italia e Svizzera, Francia e Brasile, di cui solo ora è possibile ricostruire la trama, i protagonisti e le vittime.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852049644
Argomento
Storia

III

IL CARCERE, E DOPO

Gli strateghi dell’«operazione De Gasperi»
Condannato Guareschi a un anno di reclusione, la magistratura milanese persegue autori e spacciatori degli apocrifi. Le indagini convergono su Enrico De Toma e sul suo collaboratore Aldo Camnasio, arrestati a metà luglio 1954. Interrogatori e confronti, perquisizioni e sequestri delineano i contorni della truffa, senza però individuare né il regista dell’operazione (la mente politica) né gli autori materiali del falso (cromisti e amanuensi).
De Toma fornisce verosimiglianza ai carteggi, sia con la fiaba del viaggio Milano-Ginevra di fine aprile 1945, sia travisando l’interesse di Sifar e governo per gli epistolari come prova della loro autenticità. Esegue creativamente i compiti affidatigli e ne ricava fiumi di denaro. Ingaggiato come uomo di copertura in un copione imbastito da altri, non saprebbe ideare né scrivere una frase dei «suoi» documenti. Egli non è il falsario, bensì lo spacciatore di falsi.
Il marchese Aldo Camnasio de Vargas abbozza il testo di qualche lettera, riproduce in alta risoluzione gli «originali» e talvolta li ritocca o addirittura li riscrive, ma non è l’ideatore della trappola antidegasperiana. Faccendiere autodidatta, spregiudicato e inventivo, intrattiene con De Toma rapporti tesi, con divergenze sulla linea di condotta e litigi sulla spartizione del bottino.
Dietro l’intricatissima vicenda stanno personaggi di ben altro calibro, esponenti della Rsi divenuti dirigenti del Movimento sociale, noti al difensore di De Toma, l’avvocato Gastone Nencioni (futuro parlamentare missino) e attentissimi a restare nell’ombra, sia per non togliere credibilità all’operazione sia per coprire la loro rispettabilità di uomini d’ordine.1
Le radici del falso affondano in tre strutture della disciolta Rsi: il ministero della Cultura popolare, il ministero degli Esteri e i servizi segreti. Ambizioni ed estensione del carteggio restringono la cerchia dei potenziali ideatori a pochi personaggi, ricchi di capacità analitica ed esperienza politica. Una molteplicità d’indizi riconduce la paternità ideologica dell’operazione a un gruppo di collaboratori del duce. Due ex esponenti del Minculpop – il capogabinetto Giorgio Almirante e Alessandro Minardi – seguono da vicino il «caso De Gasperi», con due altri personaggi già attivi nell’entourage mussoliniano: Vanni Teodorani e Filippo Anfuso, lucidi protagonisti della rifondazione fascista, in linearità agli ideali della Repubblica sociale. Anche l’avvocato Nencioni fa la sua parte: una parte assai delicata, nel coprire i segreti di De Toma e schivargli i rigori della legge. Al caso s’interessa anche il trentenne giornalista Giorgio Pisanò, già volontario a Salò, qui fotografato tra il faccendiere triestino e il suo segretario Zavan.
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Sono i circoli anti-antifascisti gravitanti attorno al «Secolo d’Italia», all’«Asso di bastoni» e al «Meridiano d’Italia» ad allestire e gestire politicamente la trappola contro il leader democristiano. I carteggi riconducibili alla «borsa del duce» sono avvalorati da Dino Campini (già segretario del ministro degli Esteri della Rsi, Carlo Alberto Biggini), che li considera originali e li inquadra in una rivalutazione delle strategie politiche mussoliniane in vista del dopoguerra.2
Almirante, segretario del Msi nel 1947-50 e deputato dal 1948, imposta nel 1952-53 la strategia missina sull’italianità di Trieste (amministrata dagli Alleati, rivendicata dagli iugoslavi), con l’apertura al governo Pella in chiave nazionalista. Si tiene in contatto con Minardi, principale collaboratore di Guareschi al «Candido» nonché elemento di raccordo tra i neofascisti milanesi e romani. Il «camerata Guareschi» – così lo appella il dirigente missino – ignora i retroterra politici che gli svelerebbero il lato oscuro della sua campagna-stampa.
Minardi è figura-chiave dell’iniziativa antidegasperiana. Amico e consigliere di Guareschi, possiede informazioni riservatissime, talvolta recuperate con metodi atipici. Persino dentro la redazione di «La Settimana Incom», rivista schierata contro «Candido», egli dispone di un confidente: Giorgio Pillon, cui lo accomunano l’orientamento politico e la passione per lo spionaggio (Pillon scriverà la monografia Spie per l’Italia).
Lo spionaggio s’insinua nella controversia Guareschi-De Gasperi attraverso un’agenzia investigativa: l’Istituto Internazionale Mercurius, fondato nel 1948 a Milano (in corso Sempione 2) da Tom Ponzi, che recupera per Minardi informazioni segrete sul segretario Dc, nonché sui suoi familiari e collaboratori.3 Tommaso Ponzi, nato a Pola nel 1921, già volontario nella X Mas, è il migliore investigatore privato italiano. Il suo ruolo non appare pubblicamente, ma pesa nella preparazione delle bombe sganciate da «Candido». La Mercurius redige rapporti informativi sul grafologo filodegasperiano Teseo Rossi (nell’agosto 1954 attinge persino al suo fascicolo del Casellario politico centrale!) e scopre i legami affaristici tra l’avv. Delitala ed Enrico Mattei. L’occhiuta sorveglianza si estende alla famiglia De Gasperi, incluse le attività economiche dell’architetto Pietro Catti, marito di Maria Romana (primogenita dello statista). Si censiscono in gran segreto proprietà immobiliari e cointeressenze nell’Agip di Augusto De Gasperi. Persino il fratello della moglie di De Gasperi, Pietro Romani, è oggetto d’indagine...
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L’orientamento politico di Tom Ponzi traspare dall’aggettivazione delle sue relazioni, per esempio nei riferimenti alla «cosiddetta liberazione» dell’aprile 1945. La sua rete controlla addirittura il capo della squadra politica della Questura di Milano, Ferruccio Allitto Bonanno, responsabile dell’inchiesta su De Toma. Le indagini di Tom Ponzi si concentrano nell’estate 1954, quando Guareschi (estraneo, per temperamento e mentalità, a simili metodi) è imprigionato a Parma; i rapporti sono indirizzati all’«Egr. Sig. Dr. Minardi Alessandro – Condirettore Resp. Settimanale “Candido” – Milano».
Vanni Teodorani (1916-1964), genero di Arnaldo Mussolini e nel 1944-45 titolare della Segreteria militare del duce, arrestato e amnistiato nel dopoguerra, fonda la Federazione Nazionale Combattenti della Rsi per «portare ai vivi che sono morti la fiaccola dei morti che sono vivi». Collaboratore e nel 1954 successore di Pietro Caporilli alla direzione del «settimanale satirico anticanagliesco» romano «Asso di bastoni», Teodorani cavalca nel 1954 il «caso Guareschi-De Gasperi». Riproduce sul foglio romano i facsimili delle controverse lettere e – con notevole tempismo – sferra una poderosa offensiva giornalistica, con titoli a piena pagina quali L’affare Degasperi per il bombardamento di Roma ripropone l’urgenza di far luce e giustizia su tutti i tradimenti (31 gennaio 1954) e Di nuovo al Viminale l’uomo che chiese il colpo di grazia contro l’Italia? Degasperi: problema morale (7 febbraio).
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In un gioco di squadra con l’ignaro Guareschi, l’«Asso di bastoni» propone analisi politiche che danno senso compiuto alla campagna di «Candido» e si allargano sino a colpire ogni forma di antifascismo:
Vera o falsa che sia quella delittuosa lettera, come non pensare al comportamento dell’antifascismo militante durante l’ultima guerra? E come non ricordare, leggendo quelle righe in cui si invocano i quadrimotori americani su Roma perché l’Urbe e l’Italia abbiano una buona dose di bombe per fiaccare opportunamente gli spiriti e piegare le volontà, che diecine, che centinaia di richieste consimili, prima e dopo il venticinque luglio e l’otto di settembre, rivolsero ai Comandi Alleati gli uomini del Cln?
Non basta che Degasperi dica di non avere scritto «quella» lettera: occorre che egli e la Democrazia Cristiana e tutti gli esponenti dell’antifascismo ci dicano se giudicano, oggi, che sia stato giusto e saggio impostare e condurre un’azione politica nella quale lettere del genere sono state indubbiamente all’ordine del giorno.
Perché in verità tutto l’antifascismo non è stato che una sola, persistente, ottusa invocazione agli Alleati affinché essi s’accanissero militarmente sull’Italia, a stroncarne ogni sua speranza e possibilità di vittoria. ...
I «Liberators» chiamati su Roma non sono che un aspetto di quella complessa manovra con cui l’antifascismo favorì il sabotaggio e il tradimento interni che tanto influirono sulla sorte militare del conflitto; una manovra che avendo guadagnato alla causa infame elementi dello Stato Maggiore e della Corte dei Savoia, provocò il fallimento di ogni sforzo ed iniziativa nostra facendo mancare fino le scarpe e la benzina nei carri davanti a Suez, mentre scarpe e benzina e rifornimenti di ogni genere rinvennero abbondantemente i tedeschi quando dopo l’otto settembre poterono penetrare nei nostri magazzini!4
Impressionanti la consonanza e la contestualità tra simili analisi e gli apocrifi che supportano la macchina propagandistica anti-antifascista. Sugli epistolari pseudodegasperiani creati a tavolino, la destra radicale sferra una lucida offensiva. A partire dalle rivelazioni di «Candido» su «un aspetto particolarmente ributtante del tradimento, messo clamorosamente dinanzi a tutte le coscienze degli italiani» si vorrebbe istituire una «Commissione d’inchiesta nazionale» che affronti «in profondità il tema del tradimento nel corso dell’ultimo conflitto, perché la Nazione non debba vivere eternamente in questa equivoca, spossante, disintegrante atmosfera di rancori e di sospetti», per scoprire finalmente «con certezza fino a che punto abbiano “lavorato” il sabotaggio e il disfattismo».
Per il foglio neofascista, «Candido» ha finalmente aperto gli occhi degli italiani: «Salvo che nei nostri ambienti ove il Degasperi era stato da tempo valutato nel suo esatto valore, l’opinione pubblica media ha trovato in quelle lettere una immagine del tutto nuova di un uomo che credevano di poter ritenere assolutamente incapace di sentimenti del genere». Si sostiene che «quei documenti hanno la loro profonda logica che spiega anche apparenti contraddizioni, inchiodando chi li ha redatti alla croce di una abiezione senza limite». De Gasperi, esaudendo le richieste del Cln sui bombardamenti, accreditava presso gli angloamericani il consenso vaticano alle incursioni aeree: questa – per il giornale romano – «la logica di quei documenti, che li avvalora forse più della stessa sciagurata firma autografa che vi è apposta in calce».5 Quando le indagini smaschereranno la montatura detomiana, l’«Asso di bastoni» rilancerà, titolando a piena pagina: Se quello di Rizzoli-De Toma-Camnasio è falso, fuori il carteggio autentico!
L’«Asso di bastoni» solidarizza con Guareschi e lo sollecita a rivedere le posizioni testimoniate nel settembre 1943 con l’internamento nei lager:
Voi «odiavate», allora, gli esponenti della Repubblica Sociale i cui primi rappresentanti venivano nel lager a chiedere l’arruolamento dei nuovi reparti, per riprendere le armi e continuare la guerra. Una guerra che già dopo l’armistizio era chiaramente persa. Li «odiavate» con tutta l’intensità istintiva e irrazionale dell’uomo, rinchiuso tra il filo spinato sotto un cielo lontano, in una terra straniera, dopo una sconfitta cocente e irrimediabile.
Eppure i documenti che pubblicate contro Degasperi vengono dal Servizio Segreto della Rsi che, pur nelle strette del suo drammatico travaglio, con il suo servizio di controspionaggio accumulava pazientemente i documenti perché gli italiani – come Mussolini aveva promesso di rivelare prima che sul suo dramma personale calasse la tela – con lei o oltre di lei sapessero la verità, conoscessero certi uomini, fossero in grado di giudicare chi aveva tradito e spezzato lo sforzo bellico del popolo italiano.
E voi, oggi monarchico, avete coraggiosamente pubblicato i documenti «repubblichini» di ieri. Li avete pubblicati, come scrivete, con la coscienza tranquilla, sicuro di servire un più alto interesse nazionale.6
Filippo Anfuso (1901-1963), già cap...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Bombardate Roma!
  3. Prologo - Due lettere micidiali
  4. I. Carnefice degli italiani, o vittima di un falso?
  5. II. Milano, aprile 1954: un processo politico?
  6. III. Il carcere, e dopo
  7. IV. Perizie negate e pseudoperizie
  8. Conclusioni
  9. Note
  10. Ringraziamenti
  11. Copyright