La figlia di Iorio
  1. 265 pagine
  2. Italian
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Notizia sul testo, Note di commento, Cronologia della vita di Gabriele d'Annunzio a cura di Annamaria Andreoli. Nell'ebook si ripropone il testo di La figlia di Iorio raccolto in Tragedie, sogni e misteri, a cura di Annamaria Andreoli, con la collaborazione di Giorgio Zanetti, «I Meridiani», Mondadori, Milano 2013. Gli apparati informativi riproducono quelli pubblicati nell'edizione dei «Meridiani»; la Cronologia riproduce quella pubblicata nel primo tomo delle Prose di ricerca (a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, «I Meridiani», Mondadori, Milano 2005). Scritta nel 1903, rappresentata nel 1904 e dopo due anni musicata, La figlia di Iorio è senza dubbio il capolavoro teatrale di Gabriele d'Annunzio, l'opera drammatica che più si avvicina, per toni e motivi, alla poesia delle Laudi. La vicenda appassionata e tragica di Aligi, che ha «dormito settecent'anni», e di Mila di Codro, peccatrice nel senso più arcaico e favoloso del termine, non ha infatti di reale che alcuni momenti indispensabili: il resto, il valore definitivo, bisogna ricercarlo nel modo con cui la realtà, per pura forza di poesia, riesce a trasformarsi in mito. La chiave di lettura di questa tragedia delle «nostalgie abruzzesi» è dunque nel senso totale della rappresentazione, nei sentimenti corali e religiosi che animano questi personaggi che, perduti i loro contorni concreti, si dissolvono in figure di sogno, in una dimensione lirica e senza tempo.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852041761
Argomento
Letteratura
Categoria
Teatro

ATTO SECONDO9

Si vedrà una caverna montana, in parte rivestita di assi, di stipa, di paglia, largamente aperta verso un sentiere petroso. Si discopriranno per l’ampia bocca i pascoli verdi, i gioghi nevati, le nuvole erranti. Vi saranno giacigli di pelli pecorine, deschetti di rozzo legname, bisacce, otri vuoti e pieni, un panconcello per lavorar di tornio e d’intaglio, con suvvi l’asce, il pialletto lunato, il coltello a petto, la lima, il tagliolo, altri strumenti, e da presso le cose lavorate: conocchie, fusa, mestole, cucchiai, mortai, pestelli, cennamelle, sùfoli, candellieri; un ceppo di noce che in basso apparirà ancóra informe nella sua corteccia e in alto porterà di tutto tondo la figura di un angelo appena digrossata fino alla cintola dallo scalpello ma già con le ali quasi rifinite. Una lampanetta di olio d’oliva arderà dinanzi all’imagine di Nostra Donna, in una incavatura della rupe come in una nicchia. Una cornamusa penderà quivi accanto. S’udranno i campani delle mandre nel silenzio della montagna, declinando il giorno, poco dopo l’equinozio autunnale.
SCENA PRIMA10
Malde, il cavatesori, e Anna Onna, la vecchia dell’erbe, dormiranno su le pelli di pecora, stesi nei loro cenci. Cosma, il santo, vestito d’una melote, anche dormirà, ma accosciato, con le braccia intorno ai ginocchi e su i ginocchi il mento. Aligi sarà seduto sopra un deschetto, intento a intagliare con suoi ferri il ceppo di noce. Mila di Codra sarà seduta di contro a lui e lo guarderà.
MILA
Ma stiè mutolo il patrono
ch’era di ceppo di noce,
sordo fue il legno santo,
Sant’Onofrio non rispose.
E disse allora la terza
(miserere di noi, Signore!)
e disse allora la bella:
«Ecco pronto lo mio cuore.
Se vuol sangue a medicina,
prendetelo dal cuor mio;
ma di questo ei non s’avveda,
ma di questo ei non s’addìa.»
Sùbito il legno getta un ramo,
getta un ramo dalla bocca,
getta un ramo per ogni dito.
Sant’Onofrio è rinverdito!
Ella si chinerà a raccattare le schegge e i trùcioli intorno al ceppo lavorato.
ALIGI
O Mila, e questo anche è un ceppo di noce.
Rinverdirà, Mila, rinverdirà?
MILA
china a terra.
«Se vuol sangue a medicina,
prendetelo dal cuor mio…»
ALIGI
Rinverdirà, Mila, rinverdirà?
MILA
«Ma di questo ei non s’avveda,
ma di questo ei non s’addìa.»
ALIGI
Mila, Mila, il miracolo ci assolva!
L’Angelo muto ci protegga ancóra,
ché per lui non m’adopro co’ miei ferri
ma sì m’adopro con l’anima in mano.
E tu che cerchi, là? che hai perduto?
MILA
Io raduno le schegge; e le arderemo,
e un granello d’incenso con ognuna.
Affretta, Aligi, ché il tempo sen viene.
La luna di settembre è menomante
e i pastori cominciano a partire:
chi verso Puglia va, chi verso Roma.
E dove l’amor mio farà viaggio?
Dov’ei farà viaggio gli sien prata
dinanzi e fonti d’acque, e non sia vento,
e di me gli sovvenga quando annotta!
ALIGI
Verso Roma farà viaggio Aligi,
andrà dove si va per tutte strade,
con la sua mandra verso Roma grande,
a pigliar perdonanza dal Vicario,
dal Vicario di Cristo Signor Nostro,
perché quegli è il Pastore dei Pastori.
Non in terra di Puglia andrà uguanno:
ma a Nostra Donna della Schiavonia
ei manderà per man d’Alài d’Averna
questi due candellieri di cipresso
con due ceri mezzani in compagnia,
che di lui peccatore non si scordi
Nostra Donna che guarda la marina.
Poi quest’Angelo, come sia finito,
ei lo caricherà sopra una mula
e passo pass...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota all’edizione
  4. LA FIGLIA DI IORIO
  5. Atto primo
  6. Atto secondo
  7. Atto terzo
  8. Commentaire [all’edizione francese di «La figlia di Iorio», 1905]
  9. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
  10. Notizia sul testo e note di commento
  11. Cronologia
  12. Piano dell’opera
  13. Copyright