Appare una stanza spaziosa e imbiancata, nella casa di Virginio Vesta, ingegnere d’acque; che sta lungo il Tevere, alla Marmorata, tra l’Aventino e il Testaccio. Una finestra è a man ritta, una porta a manca, un’altra in fondo. Alle pareti pendono tabelle di formule, tavole grafiche, grandi carte ove sono figurati i corsi dei fiumi dei torrenti dei canali, gli apparecchi delle fontane, gli spaccati delle cisterne delle condotte dei serbatoi delle chiuse delle dighe dei ponti, le opere di presa e di difesa, i congegni delle nuove macchine per inalzare condurre governare le acque. Scaffali bassi ricorrono intorno, carichi di volumi. Una tavola robusta è presso la finestra; e sopra vi sono i larghi fogli per disegnare, le righe le squadre le seste le matite gli inchiostri, tutti insomma gli strumenti dell’arte; e v’è anche di metallo il modello d’un ariete idraulico, di legno il modello d’un ponte a tre archi, in un vaso di vetro un mazzo di violette. Non questi fiori soltanto interrompono la semplicità rigorosa ma anche alcune imagini sublimi: il busto di Dante, il ritratto a sanguigna della vecchiezza di Leonardo, la testa dello Schiavo di Michelangelo, la maschera di Ludwig van Beethoven formata da Franz Klein nel 1812, il calco della statua mutilata che fu tratta dal frontone occidentale del Partenone, creduta da taluno il simulacro fluviatile dell’Ilisso attico.
È un pomeriggio di marzo, mutevole, in cui s’avvicendano gli scrosci di pioggia e gli sprazzi di sole. Per la finestra si scorgono i lecci i pini i cipressi dell’Aventino, Santa Maria del Priorato, la villa dei Cavalieri di Malta, i mandorli sul clivo erboso, le vecchie muraglie coperte di edera.
Virginio Vesta è in piedi, contro la tavola del suo lavoro, nell’atto di tirare una linea retta sul foglio. Corrado Brando si muove per la stanza inquietamente; nel parlare si sofferma o tendendosi verso l’amico si appoggia allo spigolo della tavola o si pianta dinanzi alla maschera titanica o si lascia cadere su una scranna e poi di sùbito balza e riprende a far le volte del leone. Qualcosa di violento e di subitaneo è in tutte le sue movenze, e un’aspra passione gli dirompe la voce.
CORRADO BRANDO
La linea retta, quella che tu segni là con la tua riga d’acciaio: una mèta certa; e sia pure una ruina certa, la caduta irreparabile, lo stroncamento dei due gómiti e delle due ginocchia; ma un sì o un no. Intendi? Questo volevo dalla vita.
Virginio lascia il tiralinee e la riga, alzando il capo.
VIRGINIO VESTA
E la vita non ti ha già risposto?
CORRADO
Come?
VIRGINIO
Sei ancóra di qua dai trent’anni, e hai già potuto compiere una grande azione.
Il rancore indurisce lo sguardo dell’inquieto e gli contrae la bocca.
CORRADO
Senza gloria, a beneficio altrui.
VIRGINIO
Che importa? Sei tu di quelli che hanno bisogno della fanfara per muovere all’assalto e della mercede per combattere?
CORRADO
impetuosamente.
Sono di quelli che portano dentro di sé la bestia selvaggia e, lontani dal Deserto, nella ressa degli uomini, non hanno altra scelta se non tra la cupidigia e la mortificazione, tra il crimine e l’ignavia.
Egli si sofferma davanti alla maschera che l’attira.
VIRGINIO
Guardala bene, la maschera del sordo Beethoven. T’insegna il coraggio e la solitudine, la pazienza e la lotta silenziosa. Più la vita è constretta, più è alta; più s’inalza e più diventa dura.
CORRADO
Che m’insegna costui? M’insegna il furore e il turbine. Quando tua sorella suona qualcuna di quelle musiche, la tempesta solleva tutte le forze dell’anima e le aggira e poi le sbatte e schiaccia contro un muro di granito; oppure, lo sai, un artiglio ostinato ti scava nel vivo del cuore per ritrovarti e lacerarti le radici del sogno più nascoste. Tu stesso allora diventi pallido.
VIRGINIO
Perché sento sorgere dentro di me la mia vera vita che non è quella mediocre di tutti i giorni, in cui mi curvo e mi lógoro.
CORRADO
Che chiami tu la tua vera vita?
VIRGINIO
Una potenza velata dalla sua stessa bellezza.
CORRADO
Una potenza senz’atti, senza regno?
VIRGINIO
Che trasfigura gli atti, che non ha limiti al suo regno; che di me, umile ingegnere idraulico irto di moduli logaritmici di formule trigonometriche e di equazioni generali, fa il regolatore dell’Elemento inesauribile che circola in tutte le creature viventi dalla pianta all’uomo, il signore dell’acqua mediatrice e macchinatrice, comune a tutto ciò che vive, mista alla nostra carne e alla fibra dell’albero, eguale nel nostro cuore e nell’acino d’uva, nella nuvola e nella lacrima. E m’avviene di ripetere in me il cominciamento del Trattato di Leonardo, come una preghiera della mia infanzia, perché l’acqua è il sangue e la linfa del mondo. E, per più conoscerla, più l’amo, obbedendo alla sentenza di quel primo maestro; e quanto più l’amo tanto più so dominarla, perché l’amore mi trasmuta la mia scienza in arte e l’arte mi trasfonde nella cosa amata, di modo che l’intuito talvolta mi precorre il calcolo come se fosse nato in me un senso nuovo e in tutti i miei spiriti fosse qualcosa di simile a quell’acume che portano nell’udito i cercatori di sorgenti.
CORRADO
Così tu dici che la tua vita vera è la poesia.
VIRGINIO
Ma la poesia è la realtà assoluta, è l’essenza stessa dell’Universo; e la trovi qua in questa arida tabella di valori come là nelle linee dell’Ilisso fidiaco. Ogni scienza, posta in condizioni vitali, diventa un’arte. Per ciò io che tratto i fiumi con argini e burghe, con chiuse e incili, ardisco tenere accanto all’archipenzolo il calco d’una statua fluviale che ornava la fronte del Partenone. Quando io freno un torrente con le mie briglie e le mie traverse, quando diramo per una pianura i miei canali irrigatori, quando imprigiono la polla dei monti nel mio tubo di ghisa e la conduco alla città distante, quando traggo la massima forza dalla corrente e dalla cascata con la mia ruota e la mia turbìna, io credo avere nel mio polso il battito dei ritmi fluidi; e l’eterna pulsazione dell’Elemento accompagna e infervora i miei calcoli esatti. E, se io determino l’angolo d’uno sbocco o una sezione di minima resistenza, la pressione di una condotta o lo spessore d’un serbatoio, la curva interna d’una paletta o la sua inclinazione sul raggio, io sento rinascere in me quel sentimento primitivo delle energie naturali che faceva religiosa l’anima dello statuario greco inte...