Fedra
  1. 265 pagine
  2. Italian
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Notizia sul testo, Note di commento, Cronologia della vita di Gabriele d'Annunzio a cura di Annamaria Andreoli. Nell'ebook si ripropone il testo di Fedra raccolto in Tragedie, sogni e misteri, a cura di Annamaria Andreoli, con la collaborazione di Giorgio Zanetti, «I Meridiani», Mondadori, Milano 2013. Gli apparati informativi riproducono quelli pubblicati nell?edizione dei «Meridiani»; la Cronologia riproduce quella pubblicata nel primo tomo delle Prose di ricerca (a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, «I Meridiani», Mondadori, Milano 2005). Con Fedra, scritta febbrilmente tra dicembre 1908 e febbraio 1909, e poco dopo messa in scena, Gabriele d'Annunzio mostra la perenne attualità dei grandi miti tragici. Per farlo, sceglie la storia terribile e scandalosa della moglie di Teseo, già affrontata in passato da autori di ogni epoca e cultura, da Euripide, a Seneca, a Racine. Innamoratasi del figliastro Ippolito e da lui respinta, Fedra decide di porre fine alla propria vita insieme a quella dell'amato. Una vicenda epica, percorsa da echi danteschi, in cui la protagonista rappresenta una tipica icona della Superdonna dannunziana, intensa e trasgressiva, che tanto deve all'eredità nietzschiana nell'orgoglio con cui rivendica la propria "colpa", quella stessa che le eroine di Euripide e Racine non capivano o non osavano confessare. Una Fedra portatrice di quel carattere cretese fatto di sfrenatezza dionisiaca, connubio tra umano e ferino, geometria labirintica, che già il filosofo tedesco aveva opposto alla razionale e apollinea civiltà ateniese.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852041808
Argomento
Literature
Categoria
Drama

ATTO SECONDO4

Ω ΘΑΝΑΤΕ ΠΑΙΑΝ.
Dipinto a liste a rosette a meandri di color variato appare il peristilio che precede la dimora delle donne; intorno a cui per l’alto ricorre il fregio d’alabastro incrostato di quel vetro che i Fenicii colorano con la gruma cerulea generata dal rame immerso nella feccia del vino o con l’ocra azzurra di Cipro. Si scopre nel lato orientale fra due ante lo splendore del Mare Saronico per mezzo alla selva degli antichi cipressi. Un mirto sacro sorge di tra le lastre del pavimento, ornato di bende con nodi singolari; e al tronco pendono zòani, simulacri dedàlei di Afrodite tagliati nel legno; e v’è la colonnetta e v’è l’altare; e sonvi su l’altare alcuni vasi d’unguenti, due colombe d’oro, e d’oro una bene attorta serpe fatta a ornare i malleoli del piede. Quasi al limitar dell’ombra prodotta dai cipressi è un lungo giaciglio che tutto ricoprono le pardàlidi, stellati velli di pantere.
Poco discosto è l’alto telaio verticale formato da due puntelli di piede aguzzo congiunti in sommo da una traversa ove infissa è una specie di cavicchie come nel giogo della lira; e, più sotto, a un’altra traversa è avvolta la parte dell’opra già fornita e vi si mostra per il largo una banda intessuta di figure d’uomini e d’animali a imagine di caccia; e ne pendono i fili innumerevoli dell’ordito tenduti dalle forate pietruzze che pesano ai capi.
Seduta al telaio è la nutrice; che, a sé traendo alternamente il calamo annesso con cappii ai fili dispari dell’ordito e quello annesso ai fili pari, getta nell’intervallo con la spola il filo della trama e con la spate il tessuto rado serra.
Distesa è sul giaciglio Fedra coi piedi senza sandali, consunta dal male insonne, poggiata il cubito su i velli ferini e nella palma la gota smorta. Sospeso alla colonna sul suo capo è il rotondo scudo sonoro del Coribante dicteo. Di contro, sopra uno sgabello, è l’uomo d’Argo conduttore di carri divenuto aedo, in lunga tunica violetta.
Costui ha disgiunta dalla tracolla di cuoio la cetera d’avorio ben costrutta; e, sovrapposta l’una coscia all’altra, tiene sul ginocchio la cassa e tra le mani i due bracci ricurvi. Come la tessitrice davanti ai fili dell’ordito, egli ha il volto davanti alle corde e guarda per gli intervalli fisamente la Titanide. Sotto il portico, presso l’adito che conduce alle sedi recondite, due fanti filano in silenzio, avendo ai piedi i canestri l’un colmo di lana bianca, l’altro di lana nera. La terza, Rodia, accosciata presso il lebete argenteo prepara coi semplici il beveraggio. La quarta e la quinta inginocchiate fanno il gioco degli astragali cautamente, ora gettando col bossolo i quattro ossicini, ora gettandone in alto tutti insieme cinque per riceverli poi sul dorso della mano. Compone la sesta una ghirlanda di dittamo cretico. La settima profuma la colomba diletta.
FEDRA
E tu dunque non vai
per la via polverosa alla pianura
nutrice di cavalli, verso l’Ìnaco
arido, o uomo? né ti cerchi nave
che ti tragitti a un’isola ferace,
com’usano gli erranti aedi?
L’AEDO
Soffri
ch’io m’indugi, Regina, poi che Tèseo
mi trarrà seco a Sparta.
Soffrimi se non lungi
dal tempio che ad Artèmide Licèa
eresse il distruttor di lupi Ippolito
trovai la cella e il bosco
consecrati alle Muse dall’antico
Àrdalo. Un sacerdote dell’antica
stirpe, di nome anch’egli
Àrdalo, è qui...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota all’edizione
  4. FEDRA
  5. Atto primo
  6. Atto secondo
  7. Atto terzo
  8. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
  9. Notizia sul testo e note di commento
  10. Cronologia
  11. Piano dell’opera
  12. Copyright