Nuovi Argomenti (24)
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Nuovi Argomenti (24)

  1. 384 pagine
  2. Italian
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Nuovi Argomenti (24)

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Hanno collaborato: Enzo Siciliano, Giuliano Amato, Paolo Baratta, Guido Bertagna S.J., Luciano Cafagna Carlo Freccero, Giovanni Gozzini, Miriam Mafai, Mons. Vincenzo Paglia, Claudio Piersanti, Alfredo Reichlin, Gian Enrico Rusconi, Francesca Sanvitale, Flavio Santi, Chiara Saraceno, Giorgio van Straten, Antonio Moresco, Ennio Brilli, Roberto Alajmo, Claudio Damiani, John Donne, Fiornando Gabbrielli, Florinda Fusco, Luca Canali, Frank Bidart, Paolo Febbraro, Marco Giovenale, Roberto Maggio, Marco Mantello, Michele Rossi, Albert Samson, Laura Sergio, Raffaele La Capria, Roberto Canò, Paola Frandini, Tommaso Lisa, Sebastiano Mondadori, Davide Barilli, Alessandro Piperno.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852041976
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LA COMPAGNIA DEL SONNO

Roberto Alajmo

Oggetto: Richiesta brevetto letterario
(Servirebbe una specie di ufficio brevetti romanzeschi. Una anagrafe dei soggetti in attesa di tempi migliori. Un deposito per le idee fuori tempo massimo. Un parcheggio per le trame che arrivano in controtempo sui corsi e ricorsi della storia della letteratura. C’è qualcosa di disperante nel destino che presiede alle fortune di un’idea letteraria. Per dire: succede che molti spunti vengano buttati via perché concepiti quando non è (ancora, più) il loro momento. Perché il mercato editoriale non è ricettivo, perché appartengono a un genere fuori moda. Oppure perché, molto banalmente, l’idea è venuta alla persona sbagliata, che non è in grado di sfruttarla. Per non dire che se in Italia oggi nascesse un Borges, – un genio capace di scrivere racconti fantastici alla Borges – probabilmente stenterebbe a trovare un editore.
Insomma, ci sono un sacco di motivi per gettare via un’idea che magari, invece, fra vent’anni potrebbe tornare utile, così come utile sarebbe stata vent’anni fa, in un contesto diverso. E nel frattempo? Nel frattempo ci vorrebbe una banca a prova di plagio. Ecco: vorrei approfittare di questo spazio per fissare i termini di un’ideuzza che forse meriterà prima o poi di essere sviluppata. Prima o poi: e cioè non ora, e per tanti motivi. Innanzi tutto perché si tratta di un romanzo in cui si raccontano dei sogni. Un genere che oggi come oggi, e forse non a torto, viene considerato molesto. Secondo: perché è un romanzo ambientato su un piano surreale che nessun narratore italiano contemporaneo può permettersi di praticare senza correre il rischio dell’emarginazione. Terzo: perché è un romanzo pirandelliano. Del pirandellismo disperato e sterile di cui sono impastati I giganti della montagna, per capirci. E scusate se è poco.)
Spettabile Ufficio Brevetti Romanzeschi,
Con la presente si chiede di voler depositare l’idea del futuro romanzo dal titolo:
LA COMPAGNIA DEL SONNO
A tutela del quale e per tutti gli effetti di legge si intende depositata, oltre che la trama, anche la lingua che servirà a scriverlo quando e se verrà il momento. A titolo di esempio si allega un provvisorio capitolo iniziale.
Allegato numero 1.
Per quello che è, questo può essere che era forse un capannone, o che a suo tempo ci facevano non so che cosa. Prove, letture, seminari, piccole messinscene, cose così. Ora pertanto ci siamo noi, e gli altri si possono attaccare. E da quello che ne so io, finora nessuno c’è venuto a dire niente, che siamo messi qua. Segno che significa che a noialtri ci tocca perché ci tocca, di stare qua. Se no, dico io, ce ne avrebbero mandato da non so quanto tempo. E invece dov’è che siamo? Sempre qua.
Io Grifagno, veramente, qua ci sono e non ci sono, e fa conto che m’arriva il trasferimento e finis. Ha che l’ho chiesto che me lo sono dimenticato, e ma comunque da un momento all’altro fa conto che m’arriva. ‘Ste cose si sanno come sono: uno la domanda per l’intanto la fa, e dopodiché come finisce si conta. Si conta nel senso che si racconta, ma pure nel senso che si contano i giorni i mesi e l’anni che passano nel frattempo. Quando fu che la feci io, quello l’impiegato mi disse che dovevano passare minimo minimo quindici giorni. Altro che quindici! E comunque: qua siamo, e quello che dobbiamo fare lo facciamo.
A fare quello che facciamo noialtri siamo quattro: io Grifagno, lui Terragno, lei Sparagna e lei Micragna. E si capisce che per fare quello che dobbiamo fare in quattro siamo ridicoli, che dovremmo essere molti ma molti di più. Onde per cui ci tocca fare le cose come vengono vengono e ognuno deve fare tutto quello che ci capita. Per quanto la specializzazione personale mia, vero veramente, è di fare la parte del giovane. Tipo per dire: quello il Committente s’indormenta e insogna che era tornato giovane. E quello sono io che ce lo faccio preciso per com’era.
O pure un cavallo di battaglia nostro e mio è l’Insogno di Scaldabagno Scoppiato, che è tipo:
Sparagna: Guarda che credo, credo, che forse, forse, è scoppiato lo scaldabagno.
Grifagno: Che dici?
Sparagna: E che devo dire? È scoppiato lo scaldabagno.
Grifagno: È scoppiato? Mi pare di sì. Tu che dici? A me mi pare di sì.
Sparagna: Credo che é scoppiato. Lo scaldabagno, dico. Scoppiato.
Grifagno: Mi pare di sì. E tu che dici?
Sparagna: Tu io?
Grifagno: No, dico: tu lei.
Micragna: E che devo dire? È scoppiato. Secondo me è scoppiato. Bum: e scoppiò. Oramai, comunque, è scoppiato.
Sparagna: Che dobbiamo fare?
Grifagno: E che dobbiamo fare? A ‘sto punto, che dobbiamo fare?
Micragna: Che dobbiamo fare?
Grifagno: Niente. Che dobbiamo fare? Che dobbiamo fare? Niente.
Sparagna: A ‘sto punto...
A ‘sto punto smettiamo tutti e quattro di recitare. Ci fermiamo a tipo straniamento brechtiano e ci guardiamo nell’occhi l’uno dell’altro. Micragna ci domanda a Sparagna:
– Sparagna, tu che dici ti pare che sta venendo?
– Inzomma.
– Inzomma bene o inzomma male?
– Inzomma così così.
– Ma tu che dici, che stanotte ci tocca di fare questo?
– Può essere.
Ma dico io: quando mai che c’abbiamo insognato quello che c’eravamo provato d’insognarci prima? Mai. E quindi che ce lo stiamo provando d’insognare a fare? Dice che così perlomeno se magari ci chiedevano un indomani d’insognarci questo, noi ce l’avevamo bello che pronto. Ma per ripassare un qualchecosa, bisogna sapere di che cosa prima si tratta. E a noialtri quandomai ci capita che sappiamo quello che ci tocca d’insognarci? Mai.
Fine allegato numero 1.
Codesto Ufficio si renderà inoltre garante del soggetto in quanto momentaneamente non scrivibile e/o pubblicabile. Soggetto qui esposto in ulteriore allegato.
Allegato numero 2.
C’è questa compagnia di attori di quart’ordine, sempre alle prese con problemi sindacali e rivendicazioni di carriera. La sala prove dove vivono e lavorano è collocata nella mente di un uomo, chiamiamolo Committente, del quale loro sono incaricati di mettere in scena i sogni. Ogni notte il committente si addormenta e loro gli recitano quel che deve sognare.
A parte tutte le frustrazioni personali, gli attori sono afflitti da una cronica mancanza di mezzi. Da mesi non arrivano gli stipendi, e nemmeno le attrezzature per mettere in scena i sogni. Per il famoso Sogno Di Volare, servirebbe una speciale imbracatura di sicurezza, che è stata promessa loro da moltissimo tempo, e che ancora non s’è vista. E il Sogno Di Volare, per quanto macchinoso nella realizzazione, sarebbe uno dei più comuni. Per cui sono costretti a fare soltanto sogni banali, senza effetti speciali di nessun tipo. Inoltre, ai loro sogni manca un’idea registica di fondo. Ci vorrebbe qualcuno che possa aiutarli a migliorare la qualità artistica dei loro lavori. Anche in questo caso, da una settimana all’altra è annunciato l’arrivo di un anziano maestro di grande esperienza, dal quale tutti si aspettano una svolta creativa.
Il regista a un certo punto arriva ed è proprio il Gran Maestro che loro speravano. Tuttavia è talmente anziano, e talmente gravi sono le conseguenze di un recente ictus, che tutto il suo talento risulterà inutilizzabile. Un’altra speranza sprecata. I sogni del Committente continuano essere della stessa disarmante banalità di sempre, specchio forse della sua vita; di sicuro specchio della vita che fanno gli attori che popolano il suo cervello.
Ma il colpo definitivo per il morale della Compagnia deve ancora arrivare. Per quanto elementari e routinari siano i sogni che producono, c’è di peggio. Alla fine scopriranno che il loro lavoro è totalmente vano: perché, oltretutto, il Committente è una di quelle persone che al risveglio non ricordano mai i sogni che hanno appena fatto.
Fine Allegato numero 2.
Tutto ciò si intenda a tutela erga omnes della futura dignità artistica dell’Opera.
Ossequiosamente.
Roberto Alajmo

QUESTI MONTI,
SENZA LA GUERRA


Claudio Damiani

Questi monti, senza la guerra,
senza la guerra, con solo se stessi,
con solo la loro bellezza.
Ma anche con la guerra
li vedo belli, puliti,
non so dimenticarmi della loro pace
e del loro ordine,
del loro rimanere, pur nella gloria,
semplici e umili, senza pretese,
sempre disponibili se gli chiedi qualcosa.
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Poiché ci sono pochi fucili
ci danno un fucile in due,
quando cade uno, l’altro prende il fucile,
quando cade anche l’altro
il fucile rimane per terra,
se c’è qualcuno senza fucile
può prenderlo, altrimenti
resta lì, inusato
sopra un tappeto di morti.
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Se ho ucciso tante persone,
se tante volte ho visto vicina la morte
e l’ho vista negli occhi dei miei nemici,
se ho visto morire bruciati bambini
in braccio alle madri, se ho visto le madri
violentate e poi sgozzate,
pensi per questo che non posso commuovermi
per il silenzio di questo bosco,
per la luce della sera che si fa cupa,
imperiosa come un decreto?
Anche dentro la guerra sento la voce dei boschi,
lo stupore del silenzio che mi fa di pietra,
la quiete della stradina che posa
e che sembra raccogliersi per la notte.
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Senti come è dolce respirare
nella mattina,
i paesi pascolano sparsi
alle pendici dei boschi.
E anche la guerra, appare lontana
oggi, come un temporale lontano
che si allontana.
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Chi muore in guerra
muore prima che sia finita la guerra,
senza sapere chi vincerà,
senza sapere quando finirà,
se finirà.
Spesso il corpo morto viene straziato dai nemici,
vengono inflitti su di lui scempi orribili,
può succedere che un padre venga a richiedere il cadavere,
davanti a quel corpo straziato
accanto al padre
spesso i nemici piangono,
spesso tutti piangono.
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Spesso chi muore in guerra
muore perché non vuole vedere la sua città presa,
la sua donna diventata schiava,
i suoi figli piccoli gettati giù dall’alto delle mura,
spesso chi muore in guerra
muore perché non vuole vedere,
non vuole sapere,
vuole restare con la speranza che la sua città vincerà,
che la guerra finirà e che i suoi figli cresceranno
in un’età di pace, ricordando il padre,
piangendolo e onorandolo, insieme agli altri cari.
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Comunque in questa guerra vanno a combattere tutti,
vecchi ragazzi donne bambini,
uomini e donne d’ogni età,
d’ogni condizione e cultura.
Chiunque è vivo, chiunque respira
combatte in modo identico agli altri
e in modo identico cade sul terreno
facendo rimbombare fragorosamente l’armatura,
sollevando molta polvere
e, spesso, mostrando impudicamente le vergogne.
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Lasciate riposare il soldato,
ha combattuto, per giorni
non ha visto che la battaglia,
il fuoco continuo dei colpi.
Lasciate riposare il soldato,
è stanco, ha camminato per giorni
senza scarpe, con pochi stracci,
nella neve, nella tempesta.
Lasciatelo riposare così
buttato come s’è sull’erba
in questa breve striscia di sole,
con la camicia tutta strappata,
lui ragazzo, lontano dai genitori,
lui che ancora non conosce la vita.
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Quando un soldato è stanco
e non ce la fa più dalla stanchezza
le gambe gli tremano e cade
restando in ginocchio per terra.
Non è stato colpito, è caduto
perché non ce la faceva più.
E la terra gli sembra morbida,
soffice come un tappeto l’erba.
E il cielo, lo vede a un tratto vicino
come se lo avvolgesse e abbracciasse.
Le nuvole sono come cuscini
su cui fare un lunghissimo sonno.

ELEGIA 2
ALLA SUA DONNA ANDANDO A LETTO

John Donne
traduzione di
Fiornando Gabbrielli

Vieni, Signora, vieni, ogni riposo
Le mie forze disdegnano: fin quando
Io non mi sfinirò sarò sfinito,
Molto spesso si stanca l’avversario,
A vedere il nemico che ha di fronte,
E a restarsene lì, senza combattere.
5
Via quella cinta: è un fulgido zodiaco,
Sì, ma circonda un mondo assai più bello.
Togli quel pettorale luccicante
Disperazione d’occhi vagheggini;1
Slàcciati tutta: il dolce scampanìo
Via quel busto che invidio, beato lui,
10
Che fai mi dice: «È l’ora che vo a letto».2
Che può starti, e ti sta, sempre abbrancato.
Cadendo giù la veste tua rivela
Un tale sfarzo, come quando il colle
Dai prati in fiore l’ombra sua ritrae.
15
Via quel cerchietto, e mostra quel diadema
Di ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Nuovi Argomenti (24)
  3. DIARIO
  4. DESTRA/SINISTRA
  5. LE OMBRE
  6. SCRITTURE
  7. ABBIAMO AVUTO CINQUANTANNI
  8. CANTIERE
  9. Copyright