La medesima stanza, la medesima ora. Appare per le finestre un cielo ingombro e mutevole.
SCENA PRIMA8
Cosimo Dalbo è seduto presso una tavola su cui poggia il gomito sostenendo con la palma la tempia, grave e pensieroso. Lucio Settala è in piedi, irrequieto, sconvolto: si muove incertamente per la stanza, cedendo all’angoscia che lo preme.
LUCIO SETTALA
Sì, voglio dirtelo… Perché dovrei nascondere la verità? A te! M’è giunta una lettera, l’ho aperta, l’ho letta…
COSIMO DALBO
Della Gioconda?
LUCIO SETTALA
Di lei.
COSIMO DALBO
D’amore?
LUCIO SETTALA
Mi bruciava le dita…
COSIMO DALBO
Ebbene?
Esita. L’emozione gli altera la voce.
Tu l’ami ancóra?
LUCIO SETTALA
con un sussulto di paura.
No, no, no…
COSIMO DALBO
guardandolo in fondo agli occhi.
Non l’ami più?
LUCIO SETTALA
supplichevole.
Oh, non mi torturare! Soffro.
COSIMO DALBO
Ma che cosa dunque ti turba?
Una pausa.
LUCIO SETTALA
Ogni giorno, all’ora ch’io so, ella m’attende là, a piè della statua, sola.
Un’altra pausa. I due uomini sembra che considerino davanti a loro qualche cosa di vivente e di forte, una Volontà, evocata da quelle parole brevi.
COSIMO DALBO
Ella ti attende! Dove? Nel tuo studio! Come può entrarvi?
LUCIO SETTALA
Ha una chiave: quella di allora.
COSIMO DALBO
Ti attende! Crede, vuole dunque che tu le appartenga ancóra.
LUCIO SETTALA
Tu lo dici.
COSIMO DALBO
E che farai?
LUCIO SETTALA
Che farò?
Una pausa.
COSIMO DALBO
Tu vibri come una fiamma.
LUCIO SETTALA
Soffro.
COSIMO DALBO
Ardi.
LUCIO SETTALA
con veemenza.
No.
COSIMO DALBO
Ascolta. Ella è terribile. Non si lotta contro di lei se non da lontano. Per ciò io volevo trascinarti meco, oltremare. Tu preferisti al mare la morte. Un’altra (tu sai chi, e il cuore ti si fende) un’altra ti ha strappato alla morte. E tu non puoi vivere omai se non per questa.
LUCIO SETTALA
È vero.
COSIMO DALBO
Bisogna partire, fuggire.
LUCIO SETTALA
Per sempre?
COSIMO DALBO
Per qualche tempo.
LUCIO SETTALA
Ella mi aspetterà.
COSIMO DALBO
Tu sarai più forte.
LUCIO SETTALA
II suo potere sarà cresciuto. Ella avrà più profondamente impregnato di sé il luogo che m’è caro per l’opera che vi fu compita. Io la vedrò di lontano come la custode di una statua ove passò il più vivo baleno dell’anima mia.
COSIMO DALBO
Tu l’ami!
LUCIO SETTALA
disperato.
No, non l’amo. Ma pensa: ella sarà sempre la più forte; ella sa quel che mi vince e quel che mi lega; ella s’è armata d’un fascino a cui io non potrò sottrarre la mia anima se non strappandola dal mio cuore. Debbo io tentare un’altra volta?
COSIMO DALBO
Ah, tu deliri!
LUCIO SETTALA
Il luogo dove ho sognato, dove ho lavorato, dove ho pianto di gioia, dove ho chiamata la gloria, dove ho veduta la morte, è la sua conquista. Ella sa che io non potrò starne lontano o rinunziarvi, che la parte più preziosa della mia sostanza è là diffusa; ed ella m’attende, sicura.
COSIMO DALBO
Ma esercita dunque ella un diritto inviolabile? Nessuno potrà vietarle quella soglia?
LUCIO SETTALA
con una emozione profonda.
Farla scacciare?
COSIMO DALBO
No; ma vi può essere un modo meno duro, il più semplice: richiederle quella chiave ch’ella non ha alcun diritto di conservare.
LUCIO SETTALA
E chi la richiederebbe?
COSIMO DALBO
Qualcuno di noi, io stesso, rispettosamente, in nome della necessità.
LUCIO SETTALA
Ella rifiuterà, considerandoti come un estraneo.
COSIMO DALBO
Tu stesso, allora.
LUCIO SETTALA
Io? Andando dinanzi a lei?
COSIMO DALBO
No; scrivendole.
Una pausa.
LUCIO SETTALA
con l’accento dell’assoluta impossibilità.
Non posso. E tutto sarebbe vano.
COSIMO DALBO
Ma v’è un altro modo: abbandonare quella casa, sgomberarla, vuotarla di tutto, trasportare tutto altrove. Tu eviterai così anche la tristezza intollerabile del ricordo… Come non senti che il cambiamento è necessario, se la tua vita si rinnova, perché la compagna che hai ritrovata possa assistere al tuo lavoro? Soffriresti tu ch’ella si sedesse là dove l’altra si distese? ch’ella avesse di continuo negli occhi la visione dell’orribile sera?
LUCIO SETTALA
sorridendo scorato e amaro.
Ebbene sì, hai ragione: cambieremo, andremo altrove, sceglieremo un bel luogo solitario, toglieremo la polvere dalle vecchie cose, apriremo tutte le finestre, faremo entrare l’aria pura, avremo un cumulo di creta, un blocco di marmo, alzeremo un monumento alla Libertà.
S’interrompe. La sua voce si fa singolarmente calma.
Una mattina la Gioconda batterà alla nuova porta; io le aprirò; ella entrerà; senza meraviglia io le dirò: Benvenuta.
Egli non contiene più l’amarezza.
Ah, ma tu sembri un fanciullo! Tutto per te si riduce a una chiave. Chiama dunque un fabbro, fa mutare la toppa; e m’avrai salvato.
COSIMO DALBO
con dolcezza e tristezza.
Non t’adirare. Da principio credevo che tu dovessi solta...