Tabula rasa
eBook - ePub

Tabula rasa

Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali

  1. 632 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Tabula rasa

Perchè non è vero che gli uomini nascono tutti uguali

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Negli ultimi anni diverse scienze d'avanguardia hanno scoperto le basi genetiche di alcune caratteristiche individuali, confermando così l'idea di una "natura umana" già parzialmente definita prima che cultura e società inizino a esercitare il loro influsso. Tuttavia numerosi filosofi e scienziati rifiutano questi risultati nel timore che la scoperta di facoltà e tendenze innate possa legittimare discriminazioni o ridurre il peso della responsabilità individuale. Attraverso un confronto critico con alcune teorie ancor oggi radicate - come quella della "Tabula rasa" -, Steven Pinker spiega come sia proprio la comune e peculiare "qualità" della specie umana, fondata sull'attività fisiologica del cervello, a rendere possibile la libertà di scelta. In queste pagine affronta quindi temi "scomodi" come le differenze psicobiologiche fra uomini e donne o le componenti genetiche della violenza, delll'intelligenza e dei sentimenti. Con grande chiarezza e lucidità analitica, e il conforto di solidi dati storico-scientifici, l'autore dimostra che un riconoscimento obiettivo dell'identità dell'uomo come frutto di un'evoluzione biologica non è un'ipotesi socialmente pericolosa, ma può anzi essere l'indispensabile completamento delle grandi intuizioni che hanno avuto in passato l'arte e la filosofia.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Tabula rasa di Steven Pinker, Massimo Parizzi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Filosofia e Storia e teoria della filosofia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852015458

Parte quinta

Problemi scottanti

page_no="345"

XVI

Politica

È spassoso, penso spesso
Che la natura abbia sempre successo
Nel fare di quanti marmocchi
Al mondo aprono gli occhi
O piccoli riformatori
O piccoli conservatori!1
C’è molto di vero in queste parole dell’operetta di Gilbert e Sullivan del 1882: il progressismo e il conservatorismo in politica sono in gran parte, anche se tutt’altro che completamente, ereditabili. Somministrando un test in età adulta a gemelli monozigotici separati alla nascita, le loro posizioni politiche si rivelano simili, con un coefficiente di correlazione di 0,62 (su una scala da –1 a +1).2 Ovviamente, se progressismo e conservatorismo sono ereditabili, non è perché sono sintetizzati direttamente dal DNA, ma perché vengono naturali a persone di temperamento diverso. I conservatori, per esempio, tendono a essere più autoritari, scrupolosi, tradizionalisti e legati alle regole. Ma, qualunque ne sia la diretta origine, l’ereditabilità delle posizioni politiche contribuisce a spiegare alcune delle scintille che volano quando progressisti e conservatori s’incontrano. Quando sono coinvolti atteggiamenti ereditari, si reagisce più prontamente ed emotivamente, si è meno disposti a cambiare idea e si è più attratti da chi mostra di pensarla come noi.3
È chiaro, tuttavia, che progressismo e conservatorismo non hanno soltanto radici genetiche, ma anche storiche e culturali. Le due filosofie politiche furono elaborate nel diciottesimo secolo in termini che suonerebbero famigliari agli odierni lettori degli articoli di fondo dei quotidiani, e i loro fondamenti possono essere fatti risalire a millenni addietro, alle contese politiche nell’antica Grecia. Negli ultimi tre secoli sono state al centro di molte rivoluzioni e rivolte, come lo sono nelle principali elezioni delle moderne democrazie.
page_no="349"
Questo capitolo ha per oggetto i nessi culturali fra le scienze della natura umana e la spaccatura politica fra le filosofie di destra e di sinistra. Tali nessi non sono un segreto. Come i filosofi hanno da tempo osservato, le due posizioni non rappresentano soltanto sistemi di credenze, ma sistemi empirici, che affondano le radici in concezioni diverse della natura umana. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che le scienze della natura umana si siano rivelate così esplosive. La psicologia evoluzionistica, la genetica del comportamento e, in una certa misura, le neuroscienze cognitive sono associate da molti a posizioni politiche di destra, la peggiore etichetta che si possa affibbiare in una delle nostre università. Non è possibile capire le dispute su mente, cervello, geni ed evoluzione se non si capisce il loro rapporto con antiche linee di faglia politiche. E.O. Wilson se ne rese conto troppo tardi:
Sono stato colto di sorpresa dall’attacco [a Sociobiologia]. Mi aspettavo un fuoco frontale dagli studiosi di scienze sociali su basi soprattutto fattuali, e invece sono stato colpito ai fianchi da un fuoco politico. Pochi osservatori si sono sorpresi della mia sorpresa. John Maynard Smith, biologo evoluzionista inglese di primo piano ed ex marxista, ha detto che l’ultimo capitolo di Sociobiologia non è piaciuto neanche a lui, aggiungendo che «mi è risultato inoltre del tutto ovvio, e non posso credere che Wilson non lo sapesse, che suscitasse una forte ostilità fra i marxisti americani, e fra i marxisti ovunque». Ma è vero che … nel 1975 ero politicamente ingenuo: non sapevo quasi niente del marxismo come credo politico e come metodo di analisi, avevo prestato poca attenzione al dinamismo della sinistra militante, e non avevo mai sentito parlare di Scienza per il popolo. Non ero nemmeno un intellettuale nel senso europeo o di New York e Cambridge.4
Come vedremo, le nuove scienze della natura umana entrano effettivamente in risonanza con presupposti più vicini, storicamente, alla destra che alla sinistra. Ma oggi gli schieramenti non sono così prevedibili. L’accusa che simili scienze siano ineluttabilmente conservatrici proviene dal Polo di sinistra, il mitico luogo a partire dal quale ogni direzione è di destra. Ormai credere nell’esistenza di una natura umana ha connotazioni politiche trasversali a progressisti e conservatori, e molti teorici fanno appello all’evoluzione e alla genetica a favore di politiche di sinistra.
Le scienze della natura umana toccano non uno, ma due problemi politici scottanti. Il primo sta nel modo in cui concettualizziamo l’entità che chiamiamo «società». Il filosofo politico Roger Masters ha indicato come la sociobiologia (e le connesse teorie che fanno appello all’evoluzione, alla genetica e alla scienza del cervello) abbia inavvertitamente preso posizione in una vecchia disputa fra due tradizioni interpretative dell’ordine sociale.5
Nella tradizione sociologica la società è un’entità organica coesiva di cui i singoli cittadini sono meri elementi. In tale visione gli uomini sono sociali per loro stessa natura e agiscono da componenti di un superorganismo più grande. È la tradizione di Platone, Hegel, Marx, Durkheim, Weber, Kroeber, del sociologo Talcott Parsons, dell’antropologo Claude Lévi-Strauss e del postmodernismo negli studi umanistici e nelle scienze sociali.
Nella tradizione economica o del contratto sociale la società è un patto stipulato da individui razionali motivati da un interesse personale. La società emerge quando, di comune accordo, si decide di sacrificare parte della propria autonomia in cambio della sicurezza contro aggressori che fanno valere la loro autonomia. È la tradizione di Trasimaco nella Repubblica di Platone, di Machiavelli, Hobbes, Locke, Rousseau, Smith e Bentham. Nel ventesimo secolo essa è stata posta a fondamento dei modelli di agente razionale o «uomo economico» dell’economia e della scienza politica, e delle analisi costi-benefici nelle decisioni pubbliche.
La moderna teoria dell’evoluzione ricade in pieno nella tradizione del contratto sociale. Essa sostiene che gli adattamenti complessi, comprese le strategie comportamentali, sono evoluti a beneficio dell’individuo (o meglio, dei geni responsabili di quei tratti nell’individuo), non della comunità, della specie o dell’ecosistema.6 L’organizzazione sociale evolve quando i suoi benefici a lungo termine per l’individuo superano i suoi costi immediati. Darwin risentì dell’influenza di Adam Smith, e molti suoi eredi analizzano l’evoluzione della socialità con strumenti che vengono direttamente dall’economia, come la teoria dei giochi e altre tecniche di ottimizzazione.
L’altruismo reciproco, in particolare, non è altro che il concetto tradizionale di contratto sociale riformulato in termini biologici. Gli esseri umani, non occorre dirlo, non sono mai stati dei solitari (come erroneamente credevano Rousseau e Hobbes), e non hanno iniziato a vivere in gruppo stipulando un contratto in un determinato luogo e momento: bande, clan, tribù e altri gruppi sociali sono al centro dell’esistenza umana, e lo sono da quando siamo una specie. Ma è possibile che la logica dei contratti sociali abbia stimolato l’evoluzione delle facoltà mentali che ci fanno restare in simili gruppi. I patti sociali sono evoluzionisticamente condizionati: si creano quando i benefici del vivere insieme ne eccedono i costi.7 Con un ecosistema e una storia evoluzionistica anche solo un po’ diversi, saremmo potuti finire come i nostri cugini oranghi, quasi completamente solitari. Inoltre, secondo la biologia evoluzionistica, tutte le società, animali e umane, sono agitate da conflitti di interesse e tenute insieme da mutevoli combinazioni di predominio e cooperazione.
page_no="351"
In tutto il libro abbiamo visto come le scienze della natura umana siano entrate in collisione con la tradizione sociologica. Le scienze sociali sono state egemonizzate dalla dottrina secondo cui i fatti sociali vivono nel loro proprio universo, distinto da quello delle singole menti. Nel capitolo IV si è parlato di una concezione alternativa, per la quale culture e società nascono da singoli individui che mettono insieme le loro scoperte e stipulano i taciti accordi che stanno alla base della realtà sociale. Si è indicato come l’abbandono del paradigma sociologico sia stata la grande eresia della Sociobiologia di Wilson, e come il primato della società fosse a fondamento del marxismo e abbia giocato un ruolo nella sua noncuranza per gli interessi dei singoli.
Al discrimine fra tradizione sociologica ed economica corrisponde, in politica, quello fra sinistra e destra, ma solo approssimativamente. Il marxismo, non c’è dubbio, si situa nella tradizione sociologica e, altrettanto indubitabilmente, il conservatorismo da libero mercato in quella economica. Nei progressisti anni Sessanta, Lyndon Johnson voleva forgiare una «Great Society», tramite l’omonimo programma di massicce spese sociali, e il primo ministro canadese Pierre Trudeau una «Just Society». Nei conservatori anni Ottanta, Margaret Thatcher disse: «Non esiste una cosa come la società. Ci sono singoli uomini e donne, e ci sono famiglie».
Ma, come fa notare Masters, Durkheim e Parsons si situano nella tradizione sociologica, e tuttavia erano dei conservatori. Effettivamente non è difficile capire come il conservatorismo possa favorire la preservazione della società quale entità e mettere quindi in secondo piano le aspirazioni dei singoli. Inversamente, Locke si situa nella tradizione del contratto sociale, eppure è il santo patrono del liberalismo, e Rousseau, che coniò l’espressione «contratto sociale», è stato fonte d’ispirazione per pensatori progressisti e rivoluzionari. I contratti sociali, come ogni contratto, possono diventare iniqui per alcuni dei firmatari e può essere necessario rinegoziarli progressivamente o, con una rivoluzione, riscriverli da capo.
Se, insomma, il conflitto fra le tradizioni sociologica ed economica può in parte spiegare le fiamme che le scienze della natura umana fanno divampare, non è la stessa cosa dell’aspro conflitto politico fra sinistra e destra. Il resto del capitolo prende in esame questo secondo e ancor più scottante problema.
Sull’asse destra-sinistra si distribuisce un’impressionante congerie di convinzioni che, a prima vista, sembrano non avere niente in comune. Se uno è a favore di un forte esercito, per esempio, si può scommettere che sarà anche per limitare l’attivismo dei giudici, piuttosto che lasciar loro briglia sciolta. Se uno crede all’importanza della religione, con tutta probabilità sarà per la mano dura contro il crimine e per la riduzione delle tasse. I fautori del laissez-faire in economia tendono a dar valore al patriottismo e alla famiglia, ed è più probabile che siano vecchi e non giovani, pragmatici e non idealisti, favorevoli alla censura e non permissivi, meritocratici e non egualitari, gradualisti e non rivoluzionari, e appartengano al mondo degli affari piuttosto che a quello universitario o delle agenzie governative. Le convergenze sulle posizioni opposte non sono meno prevedibili: chi vede con favore la riabilitazione dei criminali, le misure intese a favorire i gruppi tradizionalmente emarginati, un generoso sistema di welfare e la tolleranza dell’omosessualità, sarà molto probabilmente anche un pacifista, un ambientalista, un attivista in movimenti politici o sociali, un egualitario, un laicista, e un professore o uno studente.
Perché mai quello che si pensa in materia di sessualità deve predire quello che si pensa sulla forza dell’esercito? Che cosa c’entra la religione con le tasse? Qual è il nesso fra un’interpretazione restrittiva della Costituzione e l’avversione per un’arte scioccante? Per capire perché credere a una natura umana innata può accompagnarsi a convinzioni progressiste o conservatrici, dobbiamo prima capire perché certe convinzioni progressiste si accompagnano ad altre convinzioni progressiste, e certe convinzioni conservatrici ad altre conservatrici.
I significati delle parole non sono di grande aiuto. In Unione Sovietica i marxisti erano chiamati conservatori, e continuano a esserlo nei paesi che l’hanno sostituita; Reagan e la Thatcher erano chiamati rivoluzionari. Negli Stati Uniti i liberal sono liberali in materia di comportamenti sessuali, ma non di normative per le imprese; i conservatori vogliono preservare comunità e tradizioni, ma sono anche a favore del libero mercato che le sovverte. Coloro che si definiscono «liberal classici» saranno probabilmente definiti conservatori dai fautori del «politicamente corretto».
Oltretutto, la maggior parte dei progressisti e conservatori contemporanei non sanno spiegare che cosa sta al cuore del loro sistema di credenze. I progressisti pensano che i conservatori non siano altro che plutocrati amorali, e i conservatori che se non sei progressista prima dei vent’anni sei senza cuore, ma se lo sei dopo i vent’anni sei senza cervello (massima variamente attribuita a Georges Clemenceau, Dean Inge, Benjamin Disraeli e Maurice Maeterlinck). Le alleanze strategiche, come quella tra i religiosi fondamentalisti e i tecnocrati liberisti a destra, o tra i fautori delle politiche identitarie e chi si batte per i diritti civili a sinistra, rischiano di frustrare la ricerca di ogni denominatore comune intellettuale. I dibattiti politici quotidiani, come quello se le aliquote fiscali debbano restare così come sono o scendere o salire di qualche punto, non danno maggiori informazioni.
Il tentativo più esauriente di indagare la dimensione sottesa a simili divisioni è A Conflict of Visions di Thomas Sowell.8 Non ogni contrasto ideologico rientra nel suo schema ma, come diciamo nelle scienze sociali, Sowell ha identificato un fattore in grado di rendere conto di una notevole percentuale della varianza. Egli espone due «visioni» della natura degli esseri umani espresse nella loro forma più pura da Edmund Burke (1729-1797), nume tutelare del conservatorismo laico, e William Godwin, che si potrebbe definire il Rousseau inglese. In altri tempi se ne sarebbe potuto parlare come di due diverse visioni della perfettibilità dell’uomo. Sowell le definisce rispettivamente «visione vincolata» e «visione svincolata»; io le chiamerò «visione tragica» (termine da lui stesso usato in un libro successivo) e «visione utopica».9
Nella visione tragica gli esseri umani sono intrinsecamente limitati nella conoscenza, nella sapienza e nella virtù, e qualunque organizzazione della società deve riconoscere tali limiti. «Cose mortali / più si addicono ai mortali» scriveva Pindaro; e Kant: «Da un legno storto come quello di cui è fatto l’uomo, non si può costruire niente di perfettamente dritto». La visione tragica è associata a Hobbes, Burke, Smith, Alexander Hamilton, James Madison, al giurista Oliver Wendell Holmes jr, agli economisti Friedrich Hayek e Milton Friedman, ai filosofi Isaiah Berlin e Karl Popper, e allo studioso di diritto Richard Posner.
Nella visione utopica i limiti psicologici sono qualcosa di artificiale frutto dell’organizzazione sociale, e non dobbiamo permettere che essi impediscano al nostro sguardo di vedere ciò che sarebbe possibile in un mondo migliore. Il suo credo potrebbe essere: «Alcuni vedono le cose come sono e si chiedono “perché?”; io sogno cose che non sono mai state e mi chiedo “perché no?”». Queste parole sono spesso attribuite all’icona liberal degli anni Sessanta, Robert F. Kennedy, ma si devono in origine al socialista fabiano George Bernard Shaw (che scrisse anche: «Niente può essere mutato in modo tanto radicale quanto la natura umana, se l’impresa è affrontata sufficientemente presto»).10 La visione utopica è associata anche a Rousseau, Godwin, Condorcet, Thomas Paine, al giurista Earl Warren, all’economista John Kenneth Galbraith e, in misura minore, al filosofo politico Ronald Dworkin.
Nella visione tragica i sentimenti morali, per quanto virtuosi possano essere, giacciono su un fondo di egoismo, un egoismo che non è la crudeltà e l’aggressività dello psicopatico, ma una preoccupazione per il proprio benessere a tal punto parte integrante della costituzione umana che raramente ne facciamo oggetto di riflessione, e che sarebbe una perdita di tempo deplorare o cercare di cancellare. Nella sua Teoria dei sentimenti morali Adam Smith osserva:
Supponiamo che il grande impero cinese, con tutte le sue miriadi di abitanti, fosse all’improvviso inghiottito da un terremoto, e pensiamo a come rimarrebbe colpito un europeo dotato di umanità, che non avesse alcun legame con quella parte del mondo, nel venire a sapere di questa terribile calamità. Credo che prima di tutto esprimerebbe con molto ardore la sua sofferenza per la sventura di quel popolo infelice; farebbe molte malinconiche riflessioni sulla precarietà della vita umana, e sulla vanità di tutti gli sforzi dell’uomo, che in un attimo possono venire annientati. Forse, se fosse un uomo incline alla speculazione, prenderebbe parte anche a svariati ragionamenti sugli effetti che il disastro potrebbe provocare sul commercio europeo, e sugli scambi e gli affari di tutto il mondo. E quando tutta questa raffinata filosofia fosse terminata, quando tutti questi sentimenti d’umanità fossero stati una buona volta espressi, tornerebbe ai suoi affari o al divertimento, riprenderebbe il suo riposo o il suo svago con lo stesso agio e tranquillità di prima, come se nessuna simile catastrofe fosse accaduta. Il minimo guaio che dovesse capitare a lui provocherebbe un disturbo più reale. Se sapesse di dover perdere il suo dito mignolo l’indomani, la notte non dormirebbe, ma, a patto che non li abbia mai visti, russerebbe profondamente e tranquillamente sulla rovina di cento milioni di suoi fratelli.11
Nella visione tragica, inoltre, la natura umana non è mai cambiata. Tradizioni quali la religione, la famiglia, i costumi sociali, le abitudini sessuali e le istituzioni politiche sono un distillato di tecniche sperimentate per aggirare le sue carenze. Esse sono applicabili agli uomini oggi come lo erano quando sono state sviluppate, anche se nessuno sa più spiegare la loro giustificazione razionale. Per quanto la società possa essere imperfetta, dobbiamo valutarla paragonandola alla crudeltà e miseria del passato reale, non all’armonia e al benessere di un futuro immaginato. È già una fortuna vivere in una società che più o meno funziona, e la nostra prima preoccupazione dev’essere di non metterla sottosopra, perché la natura umana ci fa sempre oscillare sull’orlo della barbarie. E poiché nessuno è tanto sapiente da poter predire il comportamento di un solo essere umano, per non parlare di quello di milioni di uomini interagenti in una società, dobbiamo diffidare di ogni formula per trasformare da cima a fondo l’assetto sociale: è probabile che avrebbe conseguenze indesiderate peggiori dei problemi che intende risolvere. Il massimo in cui possiamo sperare sono cambiamenti graduali costantemente corretti in base al bilancio fra le conseguenze positive e negative che effettivamente producono. Secondo questa visione, inoltre, non dobbiamo mirare a risolvere problemi sociali come la criminalità o la povertà: in un mondo di individui in competizione il guadagno di uno...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Prefazione
  5. La tabula rasa, il buon selvaggio e lo spettro nella macchina
  6. Paura e disgusto
  7. Natura umana dal volto umano
  8. Conosci te stesso
  9. Problemi scottanti
  10. La voce della specie
  11. Appendice
  12. Note
  13. Bibliografia
  14. Indice dei nomi