Il telefono squillò nella stanza di Poirot e una voce rispettosa disse: «Sono il sergente O’Connor, signor Poirot. Il sovrintendente Battle vi manda i suoi saluti e vorrebbe sapere se siete disposto a venire a Scotland Yard per le undici e mezzo».
Poirot rispose in senso affermativo e il sergente O’Connor tolse la comunicazione.
Erano le undici e mezzo precise quando Poirot scese da un tassì davanti al palazzo della Nuova Scotland Yard… per essere immediatamente aggredito dalla signora Oliver.
«Signor Poirot. Fantastico! Non volete salvarmi?»
«Che piacere vedervi! Che cosa posso fare per voi?»
«Pagare il mio tassì. Non riesco a capire che cosa mi sia successo, ma ho preso la borsetta nella quale tengo la valuta che mi serve per andare all’estero e quest’uomo non vuole assolutamente saperne di accettare i miei franchi, le mie lire o i miei marchi!»
Poirot molto galantemente, tirò fuori di tasca un po’ di spiccioli e poi entrò con la signora Oliver nel palazzo di Scotland Yard.
Vennero accompagnati nell’ufficio privato del sovrintendente Battle. Questi era seduto alla sua scrivania, e aveva l’aria più che mai arcigna e impenetrabile. «Sembra quasi una di quelle sculture moderne…» sussurrò la signora Oliver.
Battle si alzò, strinse la mano ai nuovi arrivati e li fece accomodare.
«Ho pensato che fosse venuto il momento di organizzare una piccola riunione» disse. «Forse avrete piacere di sapere che cosa ho fatto in questi giorni, e io, a mia volta, sarei lieto di avere da voi qualche informazione sulle vostre indagini. Stiamo aspettando soltanto il colonnello Race, e poi…»
Ma proprio in quel momento l’uscio si aprì e apparve il colonnello.
«Mi dispiace di essere in ritardo, Battle. Buongiorno, signora Oliver. Salve, signor Poirot. Dolentissimo di avervi fatto aspettare. Domani sono di partenza e avevo un sacco di cose da sistemare.»
«Dove andate?» domandò la signora Oliver.
«Oh… Una piccola partita di caccia… dalle parti del Belucistan.»
Poirot disse, con un sorrisetto ironico: «Se non erro, in quella parte del mondo, attualmente, c’è un po’ di subbuglio, vero? State attento alla vostra pelle».
«Ne ho tutte le intenzioni» disse il colonnello Race in tono grave, ma i suoi occhi ebbero un luccichio malizioso.
«Avete qualcosa da raccontarci?» domandò Battle.
«Ho raccolto le informazioni che vi interessavano su Despard. Sono tutte qui.»
E spinse verso Battle, sulla scrivania, un fascio di carte.
«Qui c’è una grande quantità di notizie su date e località. Ho l’impressione che, in gran parte, non ci interessino. Non c’è niente contro di lui. È una persona in gamba. Ha una carriera senza macchia. Rigido, attento alla disciplina. In qualsiasi posto sia andato, le popolazioni indigene gli hanno sempre dimostrato simpatia e fiducia. Uno dei soprannomi che gli hanno dato in Africa, in uno di quei posti dove queste definizioni sono abituali, è il seguente: “L’uomo che tiene la bocca chiusa e giudica onestamente”. L’opinione generale delle razze bianche è che Despard sia un Pukka Sahib. Ottimo cacciatore. Testa a posto. In genere previdente e degno di fiducia.»
Battle, che non si era lasciato affatto commuovere da quel panegirico, domandò: «Nessuna morte improvvisa che si può mettere in relazione con lui?».
«Ho insistito particolarmente su questo punto. A suo credito c’è un bell’esempio di coraggio: ha salvato un suo compagno che stava per essere sbranato da un leone.»
Battle sospirò.
«Non sono salvataggi di questo genere che mi interessano.»
«Siete una persona insistente, Battle. C’è solo un altro incidente che sono riuscito a tirare fuori e che forse potrebbe andare bene per voi. Un viaggio nell’interno dell’America del Sud. Despard accompagnava il professor Luxmore, il celebre botanico, e la moglie. Il professore morì di febbri maligne e venne sepolto in un posto imprecisato lungo il Rio delle Amazzoni.»
«Febbri maligne… eh?»
«Febbri maligne. Ma voglio essere onesto con voi. Uno dei portatori indigeni, il quale venne poi condannato perché rubava, raccontò una storia diversa. E cioè che il professore non era morto di febbri maligne, ma perché qualcuno gli aveva sparato. A ogni modo, questa voce non è mai stata presa sul serio.»
«Forse sarebbe ora che, invece, qualcuno lo facesse.»
Race scrollò la testa.
«Io vi ho raccontato quelli che sono i fatti. Me li avete chiesti ed è vostro pieno diritto saperli. Ma sarei pronto a giocarci la testa che non è stato Despard a fare quello sporco lavoretto dell’altra sera. È un uomo pulito e senza macchia, Battle, credetemi.»
«Volete dire che sarebbe incapace di commettere un delitto?»
Il colonnello Race ebbe un attimo di esitazione: «Incapace di quello che io chiamerei un delitto… sì» disse.
«Ma non incapace di uccidere un uomo per ragioni che a lui potrebbero sembrare buone e convincenti, è così?»
«Certo, ma in tal caso, queste ragioni dovrebbero essere realmente molto valide e convincenti!»
Battle scrollò la testa.
«No, non va questa storia… Non si può permettere che esseri umani giudichino altri esseri umani e si facciano giustizia da soli.»
«Eppure, succede, Battle… succede.»
«Non dovrebbe succedere, ecco la mia opinione. E voi, signor Poirot, che cosa mi dite?»
«Condivido il vostro parere, Battle. Ho sempre disapprovato il delitto.»
«Che modo squisitamente curioso di esprimersi» interloquì la signora Oliver. «Come si trattasse di una caccia alla volpe o di uccidere degli struzzi per guarnire con le loro piume i nostri cappellini. Non trovate che esistono persone che dovrebbero essere assolutamente uccise?»
«Certo, è estremamente probabile.»
«E allora?»
«Forse mi avete frainteso. Non è tanto la vittima che mi interessa, quanto il suo effetto sul carattere dell’assassino.»
«E cosa mi dite della guerra, allora?»
«In guerra, nessuno può esercitare il diritto di formulare un giudizio personale e privato. Ecco ciò che è così pericoloso! Una volta che un uomo si lascia dominare dall’idea di poter giudicare a chi dovrebbe essere concesso di vivere e a chi no… è già sulla strada per diventare l’assassino più pericoloso che esista… il criminale arrogante che uccide non per profitto… ma per un’idea! Diventa colui che ha usurpato le funzioni del buon Dio.»
Il colonnello Race si alzò.
«Sono spiacente di non potermi trattenere ancora con voi. Ho troppo da fare. Però mi piacerebbe sapere come andrà a finire questa faccenda. Non mi meraviglierei se non finisse affatto… Qualora riusciste a trovare chi è stato, credo che sarebbe pressoché impossibile dimostrarlo e averne le prove. Vi ho fornito le notizie che volevate; però Despard, a parer mio, non è l’uomo che cercate. Sono convinto che non abbia mai commesso un delitto in vita sua. Può darsi che Shaitana abbia sentito una versione confusa e sbagliata sulla morte del professor Luxmore, ma non credo che possa esserci stato niente di più. Despard è un uomo onesto e non posso pensare che sia mai stato un assassino. Questa è la mia opinione e credo di saperne qualcosa… degli uomini!»
«Che tipo sarebbe questa signora Luxmore?» domandò Battle.
«Abita a Londra, quindi potrete rendervene conto personalmente. Troverete il suo indirizzo fra queste carte. Mi pare che abiti dalle parti di South Kensington. Ma, lo ripeto, non è Despard l’assassino.»
Il colonnello Race uscì dalla stanza con il passo elastico e silenzioso del gran cacciatore.
Battle fece segno di sì con la testa, pensieroso, mentre l’uscio si richiudeva dietro le spalle di Race.
«Con ogni probabilità, ha ragione» disse. «Conosce gli uomini, il colonnello. Questo è innegabile. Ma, con tutto ciò, non possiamo dare niente per scontato!»
Frugò fra le carte e gli indirizzi che Race aveva deposto sulla scrivania, buttando giù qualche rapido appunto a matita, di tanto in tanto, sul blocco di carta che aveva vicino.
«Ebbene, sovrintendente Battle» disse la signora Oliver «avete o no intenzione di raccontarci che cosa avete fatto?»
Il sovrintendente alzò gli occhi e sorrise… fu un sorriso lento, il suo, che si allargò come una sottile fenditura su quella sua faccia massiccia e legnosa.
«Tutto questo è estremamente irregolare, signora Oliver, spero che lo capirete.»
«Sciocchezze!» disse la signora Oliver. «Non posso pensare, neppure per un momento, che una persona come voi si senta obbligata a raccontare qualcosa che preferirebbe tacere.»
Battle scrollò la testa.
«No» disse in tono deciso. «Carte in tavola. Ecco il nostro motto, per questa faccenda. Voglio dire che dobbiamo tutti giocare onestamente.»
La signora Oliver tirò la sua sedia un poco più vicina.
«Raccontate, allora» supplicò.
Il sovrintendente Battle disse: «Per prima cosa, devo avvertirvi di questo. Per quel che riguarda l’assassino del signor Shaitana, devo ammettere di non saperne assolutamente nulla più di prima. Fra le sue carte personali non è stato trovato né un accenno, né un indizio di qualsiasi genere. Quanto alle quattro persone sospettate, le ho fatte sorvegliare, naturalmente, ma senza nessun risultato pratico. Del resto, questo era prevedibile. Non è proprio come diceva il signor Poirot. C’è un’unica speranza per noi: il passato. Cerchiamo di scoprire quale è stato esattamente il delitto che queste persone hanno commesso (se poi si è trattato realmente di un delitto, perché non dobbiamo dimenticare che il signor Shaitana può essersi vantato di cose inesistenti per fare impressione sul signor Poirot)… e può darsi che questo ci riveli l’autore reale dell’assassinio che ci interessa attualmente».
«Avete scoperto qualcosa?»
«Ho qualche vago sospetto su uno di loro.»
«Di chi si tratterebbe?»
«Del dottor Roberts.»
La signora Oliver lo guardò con aria fremente, piena di aspettativa.
«Come ben sa il signor Poirot, qui presente, ho potuto stabilire con quasi completa certezza che nessuno dei suoi parenti più stretti è morto improvvisamente. Ho esplorato ogni via che mi si era aperta, come meglio ho potuto. Ma, tutto sommato, ci si riduce a un’unica possibilità… e anche questa mi sembra piuttosto esile. Qualche anno fa Roberts deve aver commesso quella che potremmo chiamare, come minimo, un’imprudenza con una delle sue pazienti. Può darsi che non ci fosse niente di vero… e con ogni probabilità deve essere stato proprio così. Ma quella donna era un’isterica, un’emotiva, una di quelle persone alle quali piacciono le scenate e, a questo punto, bisogna dire che forse il marito intuì quello che stava succedendo oppure fu addirittura la moglie a “confessarlo”. A ogni modo, la frittata era fatta, per quello che riguardava il dottore. Un marito furibondo che minacciava di denunciarlo all’Ordine dei Medici… Avrebbe significato la rovina per la sua carriera.»
«Ma si può sapere che cosa è successo?» domandò la signora Oliver ansiosamente.
«A quanto pare Roberts riuscì a calmare il furibondo coniuge. Almeno temporaneamente… e il disgraziato morì di antrace qu...