L'unica cosa che conta
eBook - ePub

L'unica cosa che conta

  1. 132 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

L'unica cosa che conta

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"C'era una pianta rigogliosa, che si espandeva verso il cielo con i suoi grandi rami e le sue foglie verdi come smeraldo: tutti venivano a guardarla, ad ammirarla. Aveva trovato il suo posto nel parco e quindi nel mondo: donava freschezza, pace, serenità a coloro che si affidavano alla sua ombra ristoratrice. Si sentiva apprezzata, appagata, contenta e anche buona e generosa. Quella era davvero la vita che voleva: non poteva desiderare niente di più. Si può immaginare lo sgomento della pianta, quando cominciò a percepire la presenza di piccole escrescenze sui suoi rami: venivano dal profondo del suo essere, ma non c'entravano niente con lei, con il suo mondo, con i suoi rami, con le sue foglie larghe e bellissime. Era malata? Alla pianta accadevano altre cose strane, mai successe prima. Da tutte le parti arrivano su quelle escrescenze sciami di insetti, pollini e un profumo mai sentito penetrava il suo spazio vitale. "Che cos'è quest'odore?" si domandava. "Quale essere è entrato dentro di me, chi sta invadendo il mio mondo?" Un disagio che la sconvolgeva sino alle radici. Non si sentiva più padrona di se stessa, della sua vita, e non le importava più nulla delle persone che andavano a riposarsi e a rifocillarsi alla sua ombra. Quei bubboni proprio non li sopportava, li riteneva estranei alla sua vita, alla sua essenza. Che cosa stava accadendo? Fioriva e non lo sapeva. Lottava contro la forza creativa che la abitava e che la stava facendo germogliare. Combatteva come un nemico il centro di se stessa, l'aroma, la fragranza, la bellezza della sua anima, del suo modo unico di essere nel mondo. Combatteva con tutte le sue forze l'unica cosa che conta nella vita: fiorire."

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a L'unica cosa che conta di Raffaele Morelli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Psicologia e Storia e teoria della psicologia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852017353
9

La magia di invecchiare

Quanto ci fa paura l’inverno della vita, quanto temiamo il tramonto? La nostra cultura giovanilistica si perde la magia dell’anima che invecchia, il suo sapere profondo. Quando si conquista quell’estraneità, quel silenzio interiore che è il campo dove fioriscono meglio i nostri talenti, le nostre vere inclinazioni e probabilmente la nostra autenticità.
Nessuno è così se stesso come colui che invecchia bene…
Se l’unica cosa che conta è la nostra fioritura, dobbiamo sapere che questa si sviluppa nel buio della nostra essenza. La pianta della mia fiaba non se ne accorge, così come nessuno di noi si accorge che ogni giorno affiorano nella nostra coscienza saperi insospettabili. Sono diversi a seconda dell’età: la capacità dell’anima di realizzare se stessa, contrariamente a quello che si crede comunemente, cresce con l’avanzare dell’età.
Siamo abitati dalle stagioni della vita. Sono loro a condurci, sono loro che guidano il nostro viaggio. Se siamo vissuti, portati, guidati da forze sconosciute che si manifestano diversamente in estate rispetto all’autunno, dobbiamo imparare a vedere che cosa sorge in noi ogni giorno e smetterla di insistere a risolvere i problemi di ieri, che non esistono già più, essendo ormai superati. I problemi si trascinano perché noi li teniamo in vita con i nostri pensieri. Se cerchi di far rivivere un amore finito, di ricomporre un’amicizia che non c’è più, se ti lamenti sempre, se non sei mai contento, allora sei “fuori tempo”, resti nel sempre-uguale: stesse aspirazioni, stessi progetti, stessi inganni. Ma così ha spazio solo la parte statica di te, è lei che fa i progetti. Ci vuole un altro modo di guardare le cose. I vecchi ce l’hanno.
Tra le stagioni dell’anima, quella più importante è forse quella del tramonto, quando invecchiamo e finalmente possiamo raccogliere i frutti della nostra unicità. Forse è la stagione più magica, perché progettiamo sempre meno il futuro e impariamo ad abbandonarci con semplicità alla vita.
Nella maturità la mente si fa silenziosa perché l’anima sta preparando gli strumenti per il viaggio verso il Nulla, quelli che serviranno per entrare nella notte cosmica. Il Nulla è il lato della vita che non vediamo, come non vediamo le radici, il seme nascosto nella profondità della terra. Vediamo il germoglio, i rami, i fiori, i frutti. Ma l’essenza continua a vivere nascosta. Così l’anima si rivela attraverso le immagini, gli stati d’animo, talora le paure, le ansie, le tristezze che cambiano col mutare delle stagioni e col passare degli anni. Come il germoglio è diverso dal fiore, così lo stato d’animo dell’adolescenza è diverso da quello della maturità. Bisogna saperlo, perché se trattiamo allo stesso modo la vecchiaia e la giovinezza, le loro emozioni e i loro sentimenti, finiremo per considerare il vecchio come un malato, come uno che aspetta la morte, che non ha più niente da dire né da dare, e certamente non ha nulla da insegnare. Infatti abbiamo inventato la geriatria, che di fatto tratta l’anziano come un malato da curare.
Così compare quel senso di distacco, quella lontananza dalle cose che caratterizza l’anima del frutto maturo. Nessuno considera mai che siamo vissuti dalla vita, guidati dai suoi ritmi, dalle sue stagioni, dalla sua mente universale.
Mentre invecchiamo, attacchi di tristezza profonda ci fanno scoprire che siamo in un’altra tappa del viaggio, quello che ci avvicina all’invisibile del mondo. Ma chi lascia spazio alla tristezza, chi la accoglie come una preziosa alleata, abituati come siamo a quella finzione d’allegria che recitiamo per gli altri?
Siamo guidati e non ce ne accorgiamo. La psichiatria che studia i sintomi scorporati delle stagioni dell’anima è la stessa che ci riempie di psicofarmaci per renderci tutti uguali, con le stesse emozioni, sempre identiche, dall’infanzia alla vecchiaia. Gli psicofarmaci sono forse la peggior forma di lifting… quello dell’anima.
Mentre partecipavo a una trasmissione televisiva di Costanzo, mi sono arrabbiato con un assessore che “portava” tutti i vecchi di un quartiere a ballare; così credeva di renderli felici (il buonismo è un’altra malattia innaturale della nostra epoca). Secondo lui, se i vecchi ridono, ballano, cantano si sentono più giovani, più felici, e vivranno meglio gli anni che restano loro. È veramente una follia pensare alla vecchiaia in questi termini. Questo modo di vedere il mondo è una banalizzazione del tramonto della vita. Ho detto all’assessore: “Ma lei sa cos’è un vecchio? Noi non abbiamo nulla da insegnare ai vecchi, dobbiamo solo ascoltarli e imparare”. Solo invecchiando si impara ad amare il vuoto, ad accoglierlo, a fidarsi di lui. Si impara ad ascoltare il mondo interno.
La vita scorre molto meglio dentro di noi se al mattino mi sveglio chiedendomi: “Che cosa arriva dentro di me oggi?”. Così facendo giungono le sorprese, i doni dell’anima.
Adesso, a questa età, che cosa sorge dentro di me? Che cosa mi porta il sole del risveglio? Che cosa ha da dirmi? Non dico mai a me stesso che devo essere contento o che devo risolvere un problema. Prendo atto. Sono stato lasciato? Soffro adesso, alle dieci del mattino, quando mi torna in mente l’addio. Ma la mia coscienza si sposta subito sul Nulla, non ho niente da dirmi e aspetto. D’improvviso (non sempre) arriva un attacco di gioia… Bisogna imparare a non cercare e a non aspettare la felicità. Qualsiasi cosa ho fatto, non commento e non aspetto nulla. Così arriva la pace…
Sono insicuri e sereni, i vecchi: sanno tutto della vita, eppure non si fidano di nessuno, non dormono la notte, perché restare svegli significa tenere accesa la fiamma della coscienza, stare a contatto con il silenzio, anche se fa paura, perché è ciò che più di tutto assomiglia al Nulla. I vecchi sono gli ultimi guerrieri della vita, che non si fanno più condizionare dai luoghi comuni. Sono ostinati, al contrario di tutti noi, così pronti a cambiare opinione: non può essere altrimenti, perché ormai conta solo la stagione del tramonto, in cui l’essenza sa che cosa si deve fare e di che cosa si deve nutrire. Bando alle chiacchiere inutili: è arrivato il momento di fare solo le cose che servono all’anima! E allora eccoli cercare il silenzio, i ricordi antichi, il distacco, la ripetitività. Ed ecco arrivare le paure, perché la notte si sta avvicinando sempre di più e non si sa più dove si deve andare. Le paure infantili risorgono in età avanzata, ma questa volta riguardano il perdersi, la caduta di ogni certezza, il senso di estraneità che domina la scena. Proprio perché sono calati in questa dimensione cosmica dell’anima, ai vecchi possiamo chiedere un consiglio e non ci diranno mai cose scontate.
La maturità è veramente tale se aumentano di intensità gli spazi interiori del silenzio, se i pensieri via via si diradano, se abbiamo sempre meno da dirci. Forse i miracoli dell’anima arrivano quanto più siamo estranei a noi stessi, disinteressati, o meglio disidentificati.
La nostra identità, quello che crediamo di essere, ostacola la nostra evoluzione, ci allontana dalla vita che scorre al nostro interno, così come fuori scorrono le stagioni.
Tutto sta nell’allontanarsi dal mondo dei pensieri, dal nostro Io. In questo i vecchi sono maestri, per loro le cose sono come sono: non c’è da pensarci su. Come i mistici, hanno rinunciato ai pensieri e, senza saperlo, si lasciano guidare dalle voci interne, dal cammino che l’anima sta preparando per loro.
Via via che ci liberiamo dai pensieri, dai ragionamenti, dai progetti, dai pregiudizi, l’anima spontaneamente produce le nostre capacità innate di autorealizzazione. Così si fiorisce davvero solo quando gli anni sono passati.

Se cambi atteggiamento mentale tutto è possibile

Ettore ha 84 anni: lo incontro casualmente in un campo di tennis. Mi riconosce e mi ringrazia.
Circa vent’anni fa ero quasi su una sedia a rotelle: soffrivo di artrite, che mi colpiva le articolazioni delle ginocchia: camminavo sempre meno e mi imbottivo di antinfiammatori e di analgesici.
Ettore si era ridotto a una vita pressoché sedentaria: dalla camera da letto alla cucina, alla sala per guardare la TV.
Ingrassavo sempre di più e camminavo sempre meno. Tutt’alpiù andavo con mia moglie, a piccoli passi, a fare la spesa, ma solo perché lei insisteva.
Un giorno, la svolta. Si trova tra i giornali di casa un numero di “Riza”, dove stava scritto che “se cambi l’atteggiamento mentale, tutto è possibile”.
Premetto che non ho mai creduto alle cose di psicologia, ma quelle parole mi sono entrate dentro.
Ettore aspetta di essere solo in casa, si veste e, pur provando dolori tremendi, decide di uscire e camminare. Inizialmente i dolori aumentano: si accorge però che via via che cammina entra in “uno stato mentale nuovo” e i dolori si attenuano sino a scomparire. Cammina per due ore, sino ad arrivare in aperta campagna.
Ero come in trance, le gambe andavano da sole. La mia mente era completamente vuota, non sentivo più dolore, andavo, andavo verso chissà dove: sentivo una pace, un benessere mai provati.
Forse il movimento, superata la prima fase dolorosa, ha liberato dal cervello le endorfine, le sostanze che danno una sensazione di piacere, mentre si cammina, o si corre, per ore. Capita spesso ai maratoneti.
Ettore da allora ha camminato tutti i giorni, mai per meno di due ore, si è messo a dieta, ha sospeso tutti i farmaci. Dopo un anno di “camminate”, ha deciso di cominciare a correre e ha inserito nella sua vita anche il tennis, cui giocava da ragazzo.
Oggi cammina e corre tutti i giorni, ai suoi ritmi… naturalmente.
Le mie ossa, le mie articolazioni si erano bloccate, perché era la mia testa che si era ossificata. Sì, caro Morelli, l’artrosi ce l’avevo nella testa.
Tutto era cominciato quando si era ritirato dal lavoro, andato in pensione, spegnendo ogni interesse e chiudendosi in casa e inaridendosi. Il movimento rappresenta il nostro “andare per il mondo” ed Ettore aveva rinunciato a esplorare la vita, l’avventura. Le sue relazioni si erano chiuse nelle mura famigliari e le sue articolazioni si erano bloccate.
Ma le nostre articolazioni sono la parte più mobile, più elastica del nostro organismo. Se rinunciamo a vivere, se ci chiudiamo in noi stessi, se si bloccano gli interessi, finiamo per non scambiare più col mondo, per essere immobili come delle statue. Quello che era successo a lui.
Quando si è accorto di essere diventato una statua, Ettore e la sua anima sono scesi in campo. La mente vuota e le camminate lo hanno riportato verso il centro di se stesso. Sì, se si cambia l’atteggiamento mentale tutto è possibile.

In contatto con le energie dell’universo

Il segreto per non invecchiare, se volessimo ragionare secondo una mentalità taoista, è di mantenere il contatto con l’energia dell’universo, di cui noi siamo un po’ come delle ramificazioni.
Ma quando il nostro Io “filtra” tutto in misura eccessiva, si creano ingorghi e distorsioni. Il paradosso è che noi fatichiamo a star dietro alla plasticità innata del cervello e a rimanere in contatto con quel fluire continuo che è il procedere della vita, resistiamo ad abbandonarci al “caos intelligente” con cui il cosmo nutre le nostre menti e le libera dalle scorie quotidiane.
Da un punto di vista neurofisiologico, alla radice del decadimento delle funzioni cerebrali, e quindi corporee, c’è soprattutto lo stress, ovvero un atteggiamento mentale e uno stile di vita estranei alla nostra vera natura: sono loro all’origine del progressivo impoverimento di dopamina e di acetilcolina che è alla base della sofferenza cerebrale e delle malattie degenerative del tessuto nervoso. Al contrario, lasciar fluire l’energia dell’universo significa tutelare il sistema limbico, la zona più profonda del cervello stesso. È così che quest’organo si mantiene giovane. C’è una sorta di programmatore interno che, soprattutto nel sonno, elimina dall’area della memoria i ricordi e le costruzioni mentali inutili. Vale a dire, in termini biochimici, che stacca blocchi di proteine, smonta alcune strutture nervose e ne rinforza altre. Insomma, veri e propri pezzi di materia cerebrale vengono “buttati” per consentirgli di rinnovarsi continuamente. Ma se qualcosa in noi oppone resistenza, ecco che il tessuto cerebrale tende a invecchiare precocemente, e con lui il corpo.
Ettore ce l’ha fatta perché è ricorso alle doti più importanti dell’anima in versione autunnale: la prima tra queste è lo spazio che si guadagna via via l’estraneità, il distacco nello spazio interno. Le cose allora vengono viste in un altro modo, con un’altra elasticità, la stessa che aveva perduto e che è così caratteristica dell’anima che invecchia. Scrive James Hillman:
Più a lungo rimaniamo attaccati a idee logore, più queste ci influenzano negativamente, agendo come patologie. La patologia principale della vecchiaia è l’idea che ne abbiamo. Sono la nostra giovinezza e una cultura che deriva le sue idee dalla giovinezza che possono renderci morbosa la vecchiaia. Arrivati ai cinquanta o sessant’anni, è ora di incominciare un altro tipo di terapia: la terapia delle idee.1
La ragione del successo e della guarigione di Ettore è stata il suo cambio di mentalità, che ha attivato un altro modo di vedere e stare al mondo.
Quanto sono saggi i vecchi? Se voleste un parere su vostro figlio, fareste bene a chiedere al nonno: ha lo sguardo libero, elastico, più aperto. Vede le cose senza lo stress del risultato scolastico che abbiamo noi adulti. Per questo i ragazzi amano i nonni: adorano ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’unica cosa che conta
  4. Introduzione
  5. L’unica cosa che conta
  6. Stai fiorendo e non lo sai
  7. Affidati al mistero
  8. Ama i tuoi peccati
  9. E se dovesse nascere una farfalla?
  10. Pensiero “chiuso” e pensiero “largo”
  11. Perché ingrassiamo
  12. I sogni sono i farmaci dell’anima
  13. La magia di invecchiare
  14. Conclusione
  15. Bibliografia
  16. Copyright