Il caffè sospeso
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Il caffè sospeso

Saggezza quotidiana in piccoli sorsi

  1. 210 pagine
  2. Italian
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Il caffè sospeso

Saggezza quotidiana in piccoli sorsi

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La saggezza spesso si nasconde nelle cose comuni, quotidiane. E gustose, come un caffè. Quella sul caffè sospeso è una delle chicche di pensiero raccolte in questo libro, fatto di aneddoti, riflessioni, parabole e altri pezzetti di vita di tutti i giorni che si trasformano, grazie al magico tocco di Luciano De Crescenzo, in solletico per il cervello. D'altra parte De Crescenzo è un maestro indiscutibile nell'arte di mescolare alto e basso, nel mostrarci la filosofia anche nei posti in cui non avevamo mai pensato che fosse. E mentre ci stordiscono conversazioni immaginarie e immaginifiche fra Empedocle, Aristotele, Galileo, Newton ed Einstein, capita di interrogarsi sui calendari - da quello di Gregorio XIII a quello di Sabrina Ferilli -, sul Grande Fratello secondo la prospettiva di zia Carmela, sull'omosessualità da Socrate a Storace. Il caffè sospeso è un libro ricco e gustoso, un concentrato di spunti per ridere e pensare. Tutto condito sempre dall'ironia, come una giusta quantità di zucchero da mettere nel caffè per renderlo ancora più godibile.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
ISBN
9788852014161

“Mister Galileo, dica a Mister Einstein…”

Amo Einstein e non so bene perché. Pur avendo all’attivo degli studi scientifici, più che dalle scoperte nel campo della Fisica, sono rimasto colpito dagli occhi ironici, dall’aspetto trasandato e da quel suo rimanere così profondamente umano malgrado i vertici raggiunti. Einstein per me è l’Intelligenza con la faccia del clown.
Tempo fa in televisione ci fu un servizio su Einstein e sulla Relatività. Per l’ennesima volta radunai tutte le mie facoltà intellettive e mi piazzai davanti al video fermamente deciso a capire. Ascoltai con attenzione lo speaker che, peraltro, parlava con molta chiarezza e soprattutto non persi una parola del professor Zichichi, quel nostro famoso fisico capace di tradurre in immagini familiari anche i concetti più astrusi. Niente da fare! Recepii solo le cose che già conoscevo e, come sempre, mi sfuggì il significato del tutto. Forse la verità è che, a me, di questa benedetta Teoria della Relatività, non importa proprio un bel niente. Muoio invece dalla voglia di capire come è fatto l’Universo, di sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andremo a finire, e tutto questo vorrei saperlo da Einstein.
A leggerla sulle pubblicazioni divulgative la Teoria è un po’ noiosa: in genere vi opprimono con moltissimi esempi di persone che si trovano in treno e che si domandano stupite se sia il treno a muoversi rispetto alla banchina o viceversa. Einstein pone fine al dilemma sostenendo che entrambe le risposte sono giuste e noi accettiamo questo verdetto solo per rispetto alla sua persona, in quanto poi, sotto sotto, ci sentiamo un po’ più d’accordo con quelli che parteggiano per il treno in movimento. Subito dopo, però, ci vengono proposte altre vicende che, Dio solo sa perché, hanno sempre luogo in treno o al massimo in ascensore.
Bertrand Russell diceva che tutti quelli che spiegano la Relatività sono in genere delle persone che vi accompagnano per mano nella zona dove i concetti sono più elementari e che poi vi lasciano soli non appena vi trovate nel buio. Tutto questo per dirvi che anche quella sera andai a letto con tutta la mia voglia di sapere ancora intatta. Prima di prender sonno decisi quindi di rifugiarmi tra i miei filosofi preferiti: i presocratici. Loro sì che sapevano porsi le domande giuste! Democrito, Empedocle, Anassagora, Eraclito, Anassimandro: il fascino del pensiero!
Anassimandro credeva che la volta del cielo fosse effettivamente una volta e che le stelle fossero dei piccoli buchi al di là dei quali si scorgeva il fuoco eterno. Sì, lo so, si sbagliava. Però l’immagine era bella e anche facile da capire. D’altra parte è proprio facendo dei buchini in un cartone dipinto e mettendo delle lampadine dietro che si costruiscono i fondali dei presepi napoletani.
Empedocle diceva che gli elementi del creato erano quattro: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco, e che su di essi agivano l’Amore e la Discordia. Ogni elemento mosso dall’Amore cercava il suo simile: la pietra ricadeva sulla terra, l’acqua scivolava verso il mare, il fumo saliva su nel cielo e così via. Sennonché arrivava la Discordia e rimescolava tutto di nuovo. Ora però, secondo questa teoria, il mondo, in quanto opera mista, sarebbe stato solo frutto della Discordia: a lasciar fare all’Amore infatti l’acqua se ne sarebbe andata con l’acqua, la terra con la terra e tutto sarebbe ridiventato un deserto.
Aristotele si accorse di questa contraddizione e cominciò ad avere dei dubbi. Vuoi vedere, disse, che l’Amore spinge ogni elemento verso il suo contrario e non verso il suo simile? E nessuno lo contraddisse, anche perché nel frattempo Empedocle si era suicidato buttandosi nel cratere dell’Etna. Fu su quest’ultimo pensiero, credo, che mi addormentai per ritrovarmi dopo pochi minuti in una specie di anfiteatro all’aperto. Intorno a me c’erano tutti scienziati e filosofi, ognuno vestito come all’epoca sua.
Manco a dirlo, su un palco, vidi Aristotele che faceva da moderatore, con alla sua destra Euclide e Einstein e alla sua sinistra Newton e Galileo. Notai subito che Newton non guardava mai in faccia Einstein: quando doveva dirgli qualcosa glielo faceva dire da Galileo.
«Mister Galileo, per cortesia, dica a mister Einstein che…»
Un po’ impressionato dalla presenza contemporanea di tutti questi cervelli, mi sedetti accanto a un vecchietto vestito con una tunica bruciacchiata e per curiosità gli chiesi chi era.
«Empedocle di Agrigento» rispose.
Dio mio, pensai, quello dell’Etna!
«E di che cosa si discute?»
«Struttura dell’Universo» disse con l’aria schifata di chi non ha nessuna voglia di parlare.
Purtroppo non è che si sentisse molto bene: parlavano quasi tutti insieme e la confusione che ne veniva fuori era enorme.
«Signori, per favore silenzio» gridò Aristotele. «Chi desidera parlare deve farne prima richiesta, adesso tocca all’abate Lemaître.
Un anziano sacerdote si alzò dalla platea e andò a porsi sul podio degli oratori.
«All’inizio c’erano l’Amore e la Libertà.»
«Per me» borbottò Empedocle «l’Amore e la Discordia.»
«L’Amore dominava a tal punto l’Universo che tutta la materia si raggruppò al centro del mondo in un unico corpo. Questo corpo fu chiamato Ylem.»
«Lo pronuncia pure male» commentò Empedocle, «si dice Ule e significa “materia primordiale”.»
«Come ipotizzato da me e da altri illustri colleghi: i signori Gamow, Bondi, Gold e Hoyle» continuò Lemaître «dopo un solo centesimo di secondo dalla nascita dell’Universo, l’Amore aveva già elevato la temperatura dello Ylem a cento miliardi di gradi centigradi!»
Un “oh” di meraviglia percorse l’intero uditorio.
«Tanta era la voglia della materia di amarsi e tanto il desiderio di ciascun pezzetto di sostanza di aderire agli altri pezzi che lo Ylem raggiunse in pochi attimi densità e temperature impensabili. Sennonché, tutt’intorno ai confini dell’Universo, c’era anche un altro mondo: la Libertà; un mondo enorme dove la temperatura era ferma sullo zero assoluto, la densità nulla e il tempo praticamente infinito. La Libertà dai suoi freddi confini ghiacciati chiamò a gran voce la materia, e tanto fece che un giorno riuscì a prendere il sopravvento sull’Amore. Questo evento determinò la Grande Esplosione: il Big Bang.»
Applauso della platea.
«La materia esplose» continuò Lemaître «e si frantumò in miliardi di miliardi di schegge. I pezzi più grandi rimasero incandescenti e furono chiamati stelle, i pezzi più piccoli si raffreddarono e furono chiamati pianeti. L’Amore però non si era disciolto nel nulla: imprigionato nella materia, agì dall’interno di essa e, ogniqualvolta vedeva un corpo passare accanto a un altro, lanciava i suoi disperati messaggi. Fu così che, un po’ perché attratti dall’Amore e un po’ perché sollecitati dalla Libertà, i corpi finirono per ruotare l’uno intorno all’altro e per spostarsi tutti insieme verso i confini dell’Universo.»
«Vedo Einstein scuotere la testa» disse Aristotele. «Vorrei pertanto conoscere il suo parere in proposito.»
«Amici miei» disse Einstein, «la descrizione fatta da Lemaître può andarmi bene solo se concepita come interpretazione poetica della Struttura. Se invece vogliamo stare ai fatti, mi vedo costretto a rifiutarla in quanto zeppa di termini impropri: voi parlate di “centro”, di “confini”, di “infinito”, quando ormai tutti sanno che l’Universo non ha centro, non ha confini, è finito ed è costituito da una ipersfera, ovvero da una sfera a quattro dimensioni.»
«Caro collega, mi scusi se la interrompo, io mi chiamo Doppler e proprio grazie a una mia scoperta, nota come effetto Doppler, è stato accertato che tutte le galassie sono in fuga verso i confini dell’Universo e che la loro velocità, man mano che esse si allontanano dal centro dell’esplosione, si avvicina sempre più alla velocità della luce.»
«Sì, lo so» rispose Einstein «e so che insieme alla velocità aumentano anche la massa e l’energia, che poi sono la stessa cosa, mentre invece il tempo rallenta fino a diventare infinito, cosa che avviene allorquando la velocità della galassia eguaglia la velocità della luce.»
«Questo qui mi sembra Pitagora» disse Empedocle. «Gli piace parlare difficile.»
«Comunque» proseguì Einstein «volendo continuare a descrivere la Struttura alla maniera dell’abate Lemaître, io posso essere d’accordo nel dire che le particelle di materia a bassa velocità si attraggono tra di loro, per “amore” come dite voi, e che alle alte velocità si ubriacano fino a dimenticare i vecchi vincoli affettivi, purtuttavia l’Universo, comunque lo vogliate concepire, a tre, a quattro o a otto dimensioni resta sempre un recipiente praticamente vuoto con dentro un pizzico di energia che si trova o coagulato, sotto forma di materia, o allo stato libero, sotto forma di “botta” e cioè di esplosione. Quella cosa che voi chiamate attrazione, o peggio ancora forza di gravità, non esiste come causa attraente bensì solo come effetto di una deformazione della Struttura. I corpi, amici miei, sono stanchi, e quando girano scelgono sempre il cammino più facile, ecco perché quando incontrano una deformazione dello spazio-tempo non possono fare altro che seguirne dolcemente i contorni.»
Fu a questo punto che Newton si alzò per andarsene via. Non ammetteva critiche alle sue teorie sulla gravità.
«Chiariamo un fatto» continuò Einstein, «non è che io neghi l’esistenza delle forze gravitazionali, solo che non le distinguo da quelle inerziali. È tutta una questione di sistemi di riferimento, come quando ci si chiede se sia la Terra a girare intorno al Sole o il Sole intorno alla Terra: oggi tutti sappiamo che entrambe le risposte sono giuste e che…»
«Bravo, bravissimo!» lo interruppe Aristotele alzandosi e andando a stringergli la mano. Dovete sapere che a suo tempo Aristotele aveva preso una terribile cantonata sostenendo che era il Sole a girare intorno alla Terra e che per questo fatto il poveretto era stato sfottuto per più di duemila anni da tutto il Limbo; adesso non gli pareva vero che Einstein, il grande Einstein, gli avesse dato, anche se parzialmente, ragione.
«Chiedo la parola» disse una voce dalla platea.
«La parola al professor Mach» rispose Aristotele mentre tornava al suo posto.
«Signori colleghi» cominciò Mach, «voi mi conoscete, sono un uomo pratico. La struttura dell’Universo esiste solo perché esistono le stelle che la determinano. Se il nostro Universo fosse completamente vuoto, un raggio di luce non potrebbe camminare di moto rettilineo per il semplice fatto che non saprebbe dove andare.»
«Sia più preciso» gridò il vescovo Berkeley. «È la nostra presenza, ovvero il nostro sguardo che motiva l’esistenza del raggio di luce.»
«D’accordo» disse un altro di cui non riuscii ad afferrare il nome «ma allora, se tutti i corpi dell’Universo non finiscono in un’unica ammucchiata, questo significa che all’esterno di tutto debbono esistere ancora delle altre forze centrifughe.»
«Esiste la Libertà» disse Lemaître.
La confusione era diventata enorme! A un certo punto vidi salire sul podio un altro personaggio.
«Signori, per favore, silenzio. Mi chiamo Sigmund Freud e desidero precisare che non sono un fisico. Non posso però fare a meno di rilevare le analogie esistenti tra l’Universo e la Psiche umana. Anche all’interno dell’uomo agiscono due forze predominanti; la pulsione erotica e la pulsione distruttiva o, se preferite, la materia e l’esplosione. Mentre la pulsione erotica è generatrice di vita, la pulsione distruttiva rappresenta l’aspirazione dell’uomo a ritornare allo stato di materia inanimata. Questo accade in particolar modo quando la pulsione distruttiva è rivolta verso l’interno dell’individuo piuttosto che verso l’esterno. E che cos’è l’insieme di questi desideri inconsci di morte se non la fuga delle galassie verso i confini del nulla?»
«Protesto…» gridarono altre voci e più persone salirono sul palco.
La confusione aumentò sempre di più. Empedocle si alzò e, con aria disgustata, disse tra sé e sé: “E pensare che mi sono buttato nell’Etna per saperne di più”.

De immonditia

Un giorno sono stato a Brunico, nell’Italia del Nord. C’era lo sciopero della Nettezza urbana. Ebbene i brunicensi (ma si chiameranno poi proprio così?) avevano deposto le loro immondizie secondo una precisione eccezionale. Tutti i pacchetti avevano la medesima grandezza e stavano a uguale distanza l’uno dall’altro. Non uno che si trovasse fuori posto. Purtroppo, però, non avevo con me una macchina fotografica per poterli immortalare.
Mi si dice inoltre che in alcuni quartieri di Lugano, abitati da quasi tutti napoletani, non si vede in giro un pezzo di carta straccia quasi a dimostrare che non è l’individuo a creare il disordine, ma è l’ambiente a favorirlo. Detto in altre parole, se mi trovo in una strada cosparsa di cartacce non ci penso su due volte e ne butto una pure io.
Settant’anni fa la situazione era diversa, e non per merito dei napoletani che in pratica erano gli stessi, ma dell’immondizia che non c’era. Era quasi una rarità. Ogni giorno ciascuna famiglia depositava fuori della porta di casa un involtino di carta (la plastica non era stata ancora inventata) con tutti gli avanzi del giorno precedente. Poi, di prima mattina passava un brav’uomo, da noi chiamato munnezzaro, che lo metteva in un sacco e se lo portava via. Quanto poteva pesare quell’involtino? Quasi niente. Tutto questo finché non arrivò la Civiltà dei consumi.
In Italia si calcola che ogni giorno un abitante produca nel suo piccolo 650 grammi di spazzatura, ovvero 6 quintali l’anno, o se preferite 48 tonnellate nel corso della vita, qualcosa, cioè, pari a ottocento volte il proprio peso corporeo. A detta della Legambiente, se mettessimo l’uno sopra l’altro tutti i vuoti a perdere che generalmente buttiamo via verremmo a costruire una torre alta un milione di chilometri, come dire il triplo della distanza tra la Terra e la Luna.
Premesso che la parola “immondizia” viene dall’aggettivo “immondo”, avete mai partecipato a una festa di Natale? Dieci amici si scambiano 90 pacchettini regalo (dieci moltiplicato nove). Venti amici se ne scambiano 380. Trenta amici se ne scambiano 870. Il che in pratica vuol dire 870 scatole vuote che restano per terra insieme alle carte d’imballaggio, ai nastri e ai fiocchettini colorati, alla paglia e a chissà quante altre cose inutili. Il tutto, poi, da buttare il giorno seguente. Tutto questo perché? Per dare al destinatario del regalo l’emozione dell’apertura. L’aspetto tragico, poi, lo si ha a fine festa, quando per terra resta tutto quel di più che nessuno ha voluto.
Un ultimo esempio di consumo inutile: l’aspirina. Le pasticchine vengono incapsulate in appositi contenitori di plastica, a loro volta inseriti in una scatola di cartone, e accompagnate da un foglietto con le istruzioni per l’uso (come se per ingoiare un’aspirina fossero necessarie le istruzioni). Il tutto a sua volta viene messo dal farmacista in una busta contenitrice insieme allo scontrino con il prezzo. Attenzione, però, che le scatoline sono arrivate in farmacia in grandi contenitori di cartone insieme a bolle di consegna, a fatture, a ricevute e a chi più ne ha più ne metta. Paragoniamo adesso il peso totale di tutti gli imballaggi con quello minuscolo della pasticchina che va a fare il suo dovere entrando nello stomaco del malato e calcoliamo quanto viene gettato via e quanto viene ingurgitato.
Giunti a questo punto, e...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il caffè sospeso
  3. Premessa ovvero il caffè sospeso
  4. Scarpe spaiate
  5. E chi vi dice che sia una disgrazia?
  6. L’ozio è il padre di tutte le virtù
  7. Se un giorno i Sette Savi…
  8. Immuni dal Dubbio, cioè stupidi
  9. “Non suono per non disturbare”
  10. “Signor Ministro, vorrei un preventivo di pena”
  11. Con Orazio o con Seneca?
  12. L’ora di Religione? Socrate suggerisce quella del Dubbio
  13. Gli extraterrestri come Colombo
  14. “Mister Galileo, dica a Mister Einstein…”
  15. De immonditia
  16. Socrate al fast food
  17. Pitagora e il burocratese
  18. Da Socrate a Storace
  19. Grande fratello , la consolazione di zia Carmela
  20. Lettera aperta a una sessuologa
  21. Da Rambo a Ganimede
  22. Libri, somari e carote
  23. Mi ha preso una “libridine”
  24. Papà e mammà in Paradiso
  25. Quel salotto di Atene
  26. Aristippo ci insegna a usare Internet
  27. Non fatevi sorprendere dal computerese
  28. Il telefonino, la mia croce
  29. A letto con il PC
  30. Come faceva Socrate senza frigorifero?
  31. Tecnologia: “ panta rei ”
  32. Storia del Pallonetto di Santa Lucia
  33. Misteri e mestieri di Napoli
  34. Il mio Bellavista alla città
  35. Truffa o arte di arrangiarsi?
  36. Quel mio 20 settembre
  37. La democrazia spiegata a un marziano
  38. “Cari giudici, non mi avvisate”
  39. La carica dell’assistente
  40. Cosa significano destra e sinistra
  41. La Patria e il Critone
  42. A ciascuno il suo Diavolo
  43. E una Madonna che sorride…?
  44. Scusi, posso sedermi sui bordi dell’Universo?
  45. Il caffellatte e l’entropia
  46. Socrate e i saccopelisti
  47. Si chiede la proroga…
  48. Amore e statistica
  49. Grazie Dante? No, grazie Pippo
  50. Televisione, sfogliatelle e babà
  51. L’Italia della Dea Tivù
  52. Il calendario: da Gregorio XIII a Sabrina Ferilli
  53. Amor di brevitas
  54. Partire è un’idiozia
  55. Il mio incubo
  56. Un ricordo su tutti, la fame
  57. La storia dell’uomo? Nasce con la pizza
  58. Faccio il terrorista, dunque sono
  59. Un software per Smorfia
  60. Liscia, Gassata o Ferrarelle
  61. Maccaroni e incomunicabilità
  62. Credete a me, il “monaciello” è in mezzo a noi
  63. Il filosofo Totò
  64. Quando in Paradiso Lady D incontrò il re dei paparazzi
  65. Sulle note dei numeri (Renato Caccioppoli)
  66. Caro Renato, mettici tu una buona parola da lassù
  67. Una giornata da reazionario
  68. Il segreto per l’eterna giovinezza
  69. La lettera di Platone o un telegramma di Aristotele?
  70. Il sorteggio dei direttori
  71. Sono solo canzonette
  72. Un sogno a prezzi stracciati
  73. Il sodalizio dei nati due volte
  74. Copyright