La rabbia delle mamme
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La rabbia delle mamme

Perdersi per ritrovarsi

,
  1. 336 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La rabbia delle mamme

Perdersi per ritrovarsi

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Indice dei contenuti
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Informazioni sul libro

Da più di venticinque anni Alba Marcoli conduce gruppi di lavoro con genitori ed educatori. Dall'esperienza di uno dei gruppi più longevi, attivo per oltre un decennio, nasce La rabbia delle mamme, un libro che affronta finalmente il grande tabù della maternità: non sempre tutto è rose e fiori. Sentirsi stanche, depresse, incomprese, deluse, e soprattutto arrabbiate, non significa essere cattive madri. È semplicemente normale. Proprio come una seduta di terapia di gruppo, la lettura di questo libro aiuta tutte le mamme in crisi e le persone che sono loro vicine - mariti, nonni, amici... - a riconoscere i sentimenti contrastanti che fanno di una mamma una mamma arrabbiata: il disagio che si prova quando qualcosa non va, la vergogna di non essere all'altezza, la paura di sbagliare, l'ansia di rimediare. Ma soprattutto, senza dimenticare le situazioni oggettivamente più problematiche (handicap, adozione, malattia...), insegna a guardare con occhi nuovi, con ottimismo, forza e fiducia, alle difficoltà che sembrano insormontabili.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
ISBN
9788852020445

Considerazioni finali

La vita è il segreto più bello.
Finché questo rimane, dobbiamo tutti sussurrare.
EMILY DICKINSON, Poesie (1870)

Una contadina si recava ogni giorno a un pozzo a prendere l’acqua. Caricava sul suo asinello due brocche, una per parte, e ritornava a casa lungo un sentiero di campagna.
Si dà il caso che una delle due brocche fosse più vecchia e avesse una incrinatura, per cui da lì perdeva quasi metà del carico, goccia a goccia.
La povera brocca si sentiva a disagio per questo, triste e in colpa nei confronti della sua padrona, così un giorno, sul finire della primavera, decise di parlarne con la contadina.
La contadina l’ascoltò e le disse: «Voltati, vedi il sentiero che noi percorriamo tutti i giorni? Da un lato c’è solo terra, dall’altro è pieno di fiori; sono i fiori che tu giorno per giorno, con l’acqua che lasciavi cadere, innaffiavi e aiutavi a crescere».
A M.T.G., la mamma che me l’ha segnalata

Favola 7

Il cucciolo che voleva fermare il tempo

Scivolan l’ore sospese,
pesci in globo cristallino,
la luna porta il mese
e il mese porta il gelsomino.
LUCIO PICCOLO, La luna porta il mese
Una volta, tanto e tanto tempo fa, nel paese degli uomini nacque un cucciolo proprio uguale agli altri, in tutto e per tutto. E a mano a mano che il tempo passava il cucciolo crebbe esattamente come tutti gli altri del suo tempo e non c’era niente che lo differenziasse da loro. Finché, un bel giorno, capitò una volta una cosa un po’ strana a cui agli inizi nessuno dette importanza, tanto che ne risero tutti. Il cucciolo si era infatti accorto che il suo corpo cresceva sempre più e questo lo metteva a disagio perché lui era ormai affezionato a quello che aveva da piccolo quando tutti lo coccolavano e lo proteggevano, cosicché i cambiamenti lo spaventavano sempre, anche quando erano piacevoli.
«Perché il mio corpo cresce così?» aveva chiesto un giorno preoccupato a un vecchio del bosco.
«È perché tu diventi grande» gli aveva risposto lui, divertito. Allora il cucciolo nella sua testa decise che la colpa di tutto quel cambiamento che lo metteva così in crisi era del tempo che passava e che lo faceva diventare grande. E decise di fermarlo.
E fu così che partì alla ricerca di come fosse fatto il tempo, ma, per quanto si sforzasse, nessuno glielo seppe descrivere in modo tale da poterlo riconoscere senza ombra di dubbio al primo incontro.
«Il tempo?» gli rispose un giorno un vecchio. «Non so neanch’io come è fatto il tempo. Però ti posso dire che è come il fiume che scorre sempre e non si ferma mai. Se tu vai vicino alla sua riva e lo guardi scorrere verso valle forse avrai un’idea di come è fatto il tempo.»
E fu così che il cucciolo andò vicino alla riva del fiume, lo guardò scorrere per giorni e giorni e poi prese la grande decisione: se il tempo era come il fiume e lui riusciva a fermare le sue acque, forse sarebbe riuscito a fermare anche il tempo.
Il giorno successivo il cucciolo tornò alla riva del fiume e cominciò a costruire una diga. Ci impiegò tutte le sue energie e tutte le sue forze e alla fine della giornata la piccola diga reggeva una striscia sottile del fiume.
Il cucciolo andò a dormire tutto soddisfatto. Se avesse continuato così, giorno dopo giorno, prima o poi sarebbe riuscito a fermare il fiume, pensava.
Invece il giorno dopo, quando il cucciolo tornò, ebbe un’amara sorpresa. La sua piccola diga reggeva, sì, ma il fiume aveva trovato un’altra via dove passare e le sue acque continuavano a scorrere. Il povero cucciolo capì che la sua lotta era proprio impari: il fiume era più forte di lui e da qualche parte avrebbe continuato a scorrere, che lui volesse o no. Abbandonato il fiume, continuò altrove la sua ricerca.
«Come è fatto il tempo?» gli rispose un giorno un altro vecchio. «Ma, non saprei proprio. Ti posso solo dire che è come lo scorrere dei giorni e delle notti, che si susseguono l’uno dopo l’altra, incessantemente.»
Allora il cucciolo ebbe un lampo di gioia: se fosse riuscito a fermare i giorni e le notti, forse sarebbe riuscito a fermare anche il tempo, pensava. Ma come si poteva impedire al sole di tramontare? Per quanto ci avesse provato tante volte, lui non c’era mai riuscito. Allora pensò un’altra cosa: se fosse rimasto dentro alla sua tana con gli occhi chiusi e non avesse visto il sole andarsene, forse gli avrebbe impedito di tramontare.
E fu così che il cucciolo rimase a occhi chiusi dentro alla sua tana per alcuni giorni, ma quando ne uscì ebbe una gran delusione. Non solo il sole aveva continuato regolarmente a tramontare ogni sera, ma lui, per restarsene dentro a occhi chiusi, aveva perso tutti i giochi che gli altri facevano fra le ombre del bosco, quando il sole tramontava dietro agli alberi.
E fu pure così che il povero cucciolo capì che neanche questa era la strada giusta e partì per continuare altrove la sua ricerca.
«Come è fatto il tempo?» gli rispose una volta un altro vecchio. «Ma, non saprei dirtelo. Ti posso solo raccontare che è come il vento che soffia sul bosco e poi sul mare e poi ancora sulle montagne per tornare di nuovo sul bosco e segue il suo corso, non quello che vorremmo noi.»
Ma anche a quelle parole il cucciolo ebbe un lampo di gioia. Se il tempo era come il vento allora forse lui poteva fermare il vento e anche il tempo si sarebbe fermato. E fu così che preparò dei grandi teli che stese fra un albero e l’altro come trappole per fermare il vento quando fosse arrivato sul posto.
Ma il giorno in cui finalmente arrivò ecco che il vento, invece di arrabbiarsi, si divertì moltissimo con tutte quelle trappole, le sollevò per aria e ne fece tanti aquiloni che portò in giro per il mondo, di nuvola in nuvola.
Il povero cucciolo assisteva impotente a questo spettacolo e dei grossi lacrimoni gli scendevano lungo le guance. Ma allora non era possibile fermare neanche il vento, nonostante i suoi sforzi?
Ma il vento che era amico dei cuccioli perché giocava sempre con loro, si accorse della sua disperazione e gli disse: «Sali su una delle tue trappole e io ti porterò in giro per il mondo a cercare il tempo che tu non hai mai visto».
Il cucciolo era molto spaventato da questa idea, ma era tale la voglia che aveva di trovare il tempo per fermarlo che accettò la proposta del vento. Fece l’intero giro del mondo e il vento gli raccontava la storia dei luoghi dove passavano.
«Vedi lì sotto, quel deserto? Ecco, anche quello è un segno del tempo che è passato di qua, perché una volta dove oggi ci sono tutte quelle sabbie c’erano delle splendide città, piene di traffici, di voci, di vita, finché un giorno la sabbia cominciò ad avanzare e gli uomini per poter continuare a vivere sicuri e protetti decisero di andare altrove a fondare una nuova città. E quel pezzo di mare limpidissimo lungo le scogliere, lo vedi? Ecco, se aguzzi la vista potrai distinguere anche le rovine che stanno sott’acqua. Una volta qui c’era una città, proprio dove adesso io gioco con i giunchi sulle dune di sabbia e questa città aveva due porti, uno a mare aperto e uno a mare morto, per cui le sue rive erano sempre popolate di navi e di barche e di marinai che andavano e venivano e di abilissimi orafi che ricamavano l’oro e di commercianti che arrivavano da lontano per acquistarlo. Poi un giorno sono cominciati a sbarcare i pirati, la terra ha iniziato a sprofondare lentamente nel mare e gli abitanti capirono che la loro città, che era andata così bene per il tempo dei padri dei padri dei loro padri, non andava più bene per il loro tempo e decisero di trasferirsi e di costruirne un’altra nell’entroterra, che li proteggesse e li facesse vivere tranquilli e sicuri nel loro tempo, che era diverso da quello dei loro nonni e bisnonni. Ma oggi le rovine sotto la sabbia e sotto l’acqua stanno ancora a segnare che il tempo è passato di qua, solo che quando c’è non lo si vede, ci si accorge che c’è stato soltanto dopo che se ne è andato.»
«Ma allora è soltanto dopo che il tempo non c’è più che ci si accorge che è passato?» chiese il cucciolo, perplesso.
«Be’, più o meno è così. In realtà il tempo c’è sempre, ma nel momento in cui lo incontriamo è trasparente come l’aria per cui non lo vediamo. È solo dopo che è passato che ci rendiamo conto dei segni che ha lasciato.»
«Ma allora se il tempo è invisibile, vuol dire che non lo si può vedere e io non potrò mai fermarlo!» esclamò il cucciolo deluso, come davanti a una battaglia che cominciava a diventare troppo difficile per lui.
«A dire il vero ci hanno provato in tanti» rispose il vento «però finora nessuno c’è riuscito. Ma tu perché vuoi fermare il tempo?» chiese poi incuriosito.
«Perché non mi piace che il mio corpo cresca così e preferivo quello che avevo da cucciolo» rispose sconsolato.
Allora il vento gli fece provare il gioco che faceva con i cuccioli cresciuti. Lo sollevò in aria e poi lo lasciò cadere su un albero, ma lui fu svelto ad attaccarsi ai rami con le sue mani e non si fece male, e quando il vento lo sollevò di nuovo e lo fece ricadere lui si attaccò ogni volta a dei rami nuovi e si divertì moltissimo e fu allora che si accorse che le sue mani erano diventate molto più forti e lo proteggevano molto meglio di quando lui era piccolo.
E fu tale il piacere di questa scoperta che da quel giorno il cucciolo andò in giro per il bosco a misurare le sue forze e cominciò a costruire una tana nuova e ogni giorno che passava la faceva sempre più solida e bella.
Intanto, però, la sua ricerca del tempo continuava, anche se non più con la stessa determinazione di prima, perché da quando aveva cominciato a divertirsi, cioè a vivere il tempo, non sentiva più la stessa necessità di fermarlo.
Ma dato che lui era sempre stato un cucciolo fedele, anche alle sue idee, per coerenza con quello che era stato non poteva di certo abbandonare la ricerca.
«Come è fatto il tempo?» gli rispose infine un giorno un ultimo vecchio. «Ma, non lo so proprio. Ti posso solo dire che fa quello che vuole lui, come la pioggia quando arriva sul bosco e noi non possiamo fermarla anche se cade per giorni e giorni.»
Allora il cucciolo pensò che fermando la pioggia, questa volta sarebbe riuscito davvero a fermare il tempo, come ultimo tentativo.
Fece dunque un grandissimo ombrello con cui ricoprì la tana che stava costruendo e tutto il terreno intorno. Ed ecco che la pioggia arrivò e bagnò tutto il bosco, tranne quel piccolo pezzo.
Il cucciolo era molto soddisfatto di sé. Forse il suo problema era risolto.
Ma quando, dopo un po’ di tempo, cominciarono a spuntare le erbe e i fiori della nuova primavera ecco che si accorse, con suo grande dispiacere, che si vedevano crescere per tutto il bosco tranne che sul terreno vicino alla sua tana. Proprio lì la terra non si era affatto svegliata, continuava a dormire tranquilla perché la pioggia non l’aveva innaffiata e i semi al di sotto non si erano neanche accorti che fuori fosse cambiata la stagione. E fu allora che il cucciolo capì, finalmente, e stavolta anche col cuore.
Prese il grande ombrello che aveva fatto, lo rovesciò e la prima pioggia che cadde nuovamente lo riempì completamente facendone un bellissimo laghetto dove tutti andavano a bere e dove anche lui raccoglieva l’acqua per risvegliare le piantine sotto terra vicino alla sua tana. E quando anche loro cominciarono a spuntare ne fu così felice che si dimenticò della sua vecchia idea di fermare il tempo. Anzi, appena la sua nuova tana fu pronta, ben attrezzata e sicura, ci si trasferì con tutte le sue cose vecchie e i nuovi attrezzi per i lavori futuri e abbandonò la tana di quando era piccolo.
E fu così che il cucciolo che voleva fermare il tempo si dette infine pace perché aveva finalmente scoperto le cose che gli piacevano anche del tempo che passava. E da allora abbandonò ogni idea di fermare il tempo, anche perché se ci avevano provato in tanti e nessuno c’era riuscito non si capiva bene per quale motivo ci dovesse riuscire proprio lui, un cucciolo né più né meno come gli altri, in tutto e per tutto, anche se a lui capitava spesso di pensare che un altro con i suoi problemi non esistesse sulla faccia della terra, senza sapere che queste cose le pensano tutti i cuccioli, proprio tutti e a volte anche i grandi.
Tu forse no?1
1 Questa favola è tratta da A. Marcoli, Il bambino arrabbiato, Mondadori, Milano 1996.

1

Che cosa ha insegnato questa esperienza?

Il primo problema per la prevenzione primaria, invece, è di riflettere: la violenza è prima di tutto nella testa! Siamo davanti a una realtà che gli uomini non amano tanto ricordare, perciò bisogna parlare, ma non sempre nel deserto!1
JEAN BERGERET
Trovo molto difficile, nel momento in cui cerco di sintetizzare il valore dell’esperienza del gruppo di ricerca sulle rabbie della mamme, riuscire a renderlo nella sua complessità. Ci sono però alcuni punti che sono stati così evidenti e chiari nella sua storia che credo possano essere ritenuti fondamentali e condivisibili. Cercherò di sintetizzarne i principali, se ci riesco, così come ho potuto osservarli nel corso del tempo, imparando continuamente, anno dopo anno, incontro dopo incontro.
L’importanza di un luogo e un tempo che legittimi la rabbia
Sapere che esiste un gruppo di ricerca apposito sulle rabbie delle mamme ha aiutato le partecipanti a entrarvi con un respiro di sollievo: se esisteva un gruppo del genere voleva dire che era un argomento di cui si poteva parlare, che anche le rabbie avevano quindi una loro ragione di essere, venivano riconosciute, raccontate, accolte, capite, aiutate a evolvere.
Non dovevano più essere nascoste, taciute, vissute come un segreto vergognoso, seppellite come braci ardenti sotto pesantissimi sensi di colpa che facevano sentire dei mostri e peggioravano il malessere di tutte.
La ritualità degli incontri, la scansione temporale (una volta ogni due mesi), la sistematicità con cui si sono susseguiti negli anni ha aiutato a creare questo luogo e tempo non solo fuori, ma anche nel mondo interno delle partecipanti.
Il gruppo è così diventato una presenza e un accompagnamento interiore costante nonostante gli incontri fossero abbastanza diradati nel tempo.
L’importanza del riconoscimento del malessere dietro episodi di perdita di controllo
Non si trattava di bizze o di capricci in genere: gli episodi di perdita di controllo erano momenti di vera e propria angoscia che non avevano potuto trovare altri canali d’espressione e altri modi m...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La rabbia delle mamme
  3. Ringraziamenti
  4. Favola iniziale. La storia del fiore con le spine
  5. Come è nato questo libro
  6. Capitolo primo. I temi più frequenti nel gruppo
  7. Capitolo secondo. La solitudine del ruolo materno
  8. Capitolo terzo. Le paure dietro l’urlo di mamma
  9. Capitolo quarto. Oltre la rabbia
  10. Capitolo quinto. Alleviare i sensi di colpa
  11. Capitolo sesto. Abbattere il tabù che impedisce di parlare delle ombre della maternità
  12. Considerazioni finali
  13. Bibliografia
  14. Dello stesso autore
  15. Copyright