Il sindaco pescatore
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Il sindaco pescatore

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  1. 144 pagine
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Il sindaco pescatore

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"Chissà cosa mi ha spinto venti giorni dopo a tornare su questa strada troppo stretta e in salita. La fame di verità totale o piuttosto una rabbia feroce, insopprimibile, il rifiuto della realtà. Per questo adesso prendo a calci il muretto vicino al quale hanno ammazzato mio fratello. Sono come imprigionato dentro la gabbia dei ricordi, provo a ribellarmi ma inutilmente: è una sensazione che non riesco a definire. Pensare ad Angelo mi aiuta a sopravvivere al dolore."
Il 5 settembre 2010 sette colpi di pistola a bruciapelo hanno posto fine alla vita di Angelo Vassallo, il primo cittadino di Pollica, in provincia di Salerno, conosciuto da tutti come il sindaco pescatore. È passato un intero anno, ma nella mente e nel cuore della sua famiglia - la vedova, i due figli e gli altri parenti - tutto è rimasto fermo a quella notte buia: chi ha ucciso Angelo?, chi sono i complici?, chi è il mandante? Soltanto il perché di questo delitto è evidente e non deve attendere i tempi lunghi dell'investigazione. Angelo Vassallo è stato ucciso perché era il simbolo della buona politica del Sud. La politica della legalità e dello sviluppo a costo zero per l'ambiente. La politica dell'ascolto e del darsi da fare per risolvere i problemi. La politica che piace alle persone oneste e dà fastidio ai potenti e ai farabutti. Per questo è stato ucciso. Grazie all'amministrazione Vassallo, oggi il comune di Pollica è il motore strategico di una zona che ha nel territorio il suo orizzonte economico: cinque vele da Legambiente per la qualità del mare, sede dell'Osservatorio della Dieta mediterranea con riconoscimento dell'Unesco, "cittàslow" per le prelibatezze enogastronomiche, un porticciolo accogliente e pieno di servizi. Angelo non c'è più, ma tutto continua secondo la sua impostazione.
In questo libro il fratello Dario ripercorre la tragica vicenda del sindaco assassinato. Fra un pianto e un ricordo personale, il dolore per la perdita lascia spazio all'orgoglio per ciò che questo piccolo grande uomo è riuscito a fare in nome del bene comune. E alla certezza che di lui qualcosa resterà.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
ISBN
9788852020216

3

L’impegno politico

Angelo si avvicina presto alla politica, che considera la sua missione laica: “In mare bisogna essere concreti e devi amare il silenzio. Queste virtù ho cercato di trasferirle nella politica. I politici di professione preferiscono le chiacchiere ai fatti, non decidono, e quando provi a forzare quelle che chiamano le consuetudini ti pigliano per uno che non ha capito niente della vita”.
E poi era solito ricordare anche questo: “Il mare va rispettato come i suoi frutti. Come va rispettata la legge”. Già. La violiamo, la legge, soltanto in un’occasione: la sera, prima di un turno elettorale, in un orario in cui è vietata qualsiasi attività propagandistica, Angelo mi chiede di accompagnarlo ad attaccare dei manifesti del Partito socialista. Ho il compito di portare il secchio con la colla. Ci sorprendono i carabinieri e scatta la denuncia, quella causa ce la portiamo dietro per anni.
Il mare, la legge, la spinta interiore. Per comprendere lo spirito di Angelo e il suo modo di intendere e fare politica (che sono poi la stessa cosa) è necessario partire dalla sua terra, dai luoghi che lo hanno visto ragazzo e poi uomo e infine amministratore.
Acciaroli è un posto dimenticato dal mondo, così come Pollica, Cannicchio, Pioppi, Galdo, Celso, gli altri paesi che formano un solo comune. Luoghi dalla natura d’incanto ma cristallizzati in una paralisi che sembra aver fermato il tempo. Da secoli. Angelo non è un santo, ma non “nasce” politico. Gli anni Settanta e Ottanta li vive da pescatore. Anni duri, ma generosi: il mare collabora, la pesca abbondante come il sudore che pretende, giorni e notti a calare reti e a ritirarle, orari di lavoro che si dilatano all’infinito. Papà pensava all’avvenire dei figli, costruiva le loro case.
Angelo non si limita al duro lavoro sull’acqua. Approfitta del tempo, delle lunghe attese, per crescere. Legge molto, si forma un’opinione che si può riassumere così: la sola politica può essere quella della solidarietà. Arriva a vagheggiare il socialismo di un Robin Hood pescatore: i diritti dei poveri uguali a quelli dei ricchi.
Il suo impegno nasce dalla voglia di tradurre in azione i pensieri che hanno preso a sciabordargli in testa, insistenti come il mare che gli riempie la vita. Finché arriva il momento. La candidatura, la campagna elettorale, il contatto con la sua gente che, per la prima volta, lo vede o immagina in panni diversi da quelli del pescatore. Angelo parla e convince proprio perché il suo linguaggio è schietto e lontano mille miglia da quello dei professionisti della politica. Il programma? Un’immersione totale in quella paralisi che da troppo tempo frena ogni possibilità di futuro nella sua terra, per scuoterla dalle fondamenta e cambiare, finalmente.
Così, da un giorno all’altro, arriva il momento di tradurre i pensieri in fatti. Meglio: di cominciare a scontrarsi con la dura realtà e, dunque, dimostrare sul campo la concreta capacità di cambiarla.
Nel 1995, la prima volta che viene eletto sindaco, Angelo trova un comune dissestato. Da tre anni il bilancio non viene discusso e tanto meno approvato. Il personale ha strane abitudini. Non c’è orario d’inizio né di fine lavoro: chi arriva alle nove, chi alle dieci, chi più tardi ancora e i più non sanno nemmeno che cosa fare. Consumano ore inutili, pagate, sprecate: la sosta al bar, il giornale, le reti da ritirare a mare.
La disciplina non esiste. Esistono diritti, ma nessun dovere. Un esempio? In carica da pochi giorni, Angelo affronta il segretario comunale che, arrivando ogni giorno all’ora voluta e non dovuta, esordisce con la stessa frase: «Che mal di testa stamattina, non ho voglia di far niente...». Mal di testa tutti i giorni e tutto il giorno, un’abitudine che diventa quasi un diritto. Angelo lo affronta: «Tu non fai parte del mio progetto, trovati un’altra sede».
Quello risponde: «Io da qui non mi muovo». E non si muove. Angelo va a Salerno e racconta al prefetto la situazione al comune di Pollica. Il prefetto si adombra come se quella protesta fosse un affronto alla sua persona, un arbitrio alla sua carica. Spiega seccato: «Un segretario comunale viene nominato e, se è il caso, spostato di sede, solo dal prefetto, il sindaco non ha i poteri politici per farlo». Angelo risponde: «Se è così, queste sono le chiavi del comune. Prendile e vai tu a fare il sindaco».
Gli dà del “tu”, il solito “tu” di Angelo, amichevolmente rabbioso, eccessivo in certe circostanze, però preciso e deciso nelle intenzioni e nei risultati. Dopo pochi giorni il segretario in questione viene trasferito negli uffici di un altro comune: grazie a un nuovo decreto emanato, il sindaco potrà scegliersi il segretario che vuole.
Angelo sceglie Gerardo Spira, che era già in pensione, un uomo esperto e capace, di provata onestà, gran lavoratore e, come Angelo, abituato a usare, quando serve, il famoso “tu”. Angelo, con Gerardo accanto, comincia a capire come funziona la macchina dello Stato, la vita amministrativa di un comune, “impegnando molto tempo e uscendo dal municipio alle due, anche alle tre di notte”.
Fa installare un casellario per certificare le presenze, l’ora di entrata e di uscita di ogni impiegato; introduce l’ufficio tributi con puntiglioso esame dei pagamenti dovuti; inventa, di sana pianta, la ragioneria contabile e poi i servizi anagrafici, posizionandoli al piano terra per facilitare l’accesso ai disabi li. In breve tempo completa le pratiche di controllo e assistenza, avviando il comune a una solida posizione finanziaria e a una perfetta identità di vedute con la cittadinanza.
Una mattina, dopo le ultime elezioni, si presenta nel suo ufficio un graduato dei carabinieri. Parlando del più e del meno il carabiniere, come niente fosse, gli dice: «Però, che gente avete nella vostra amministrazione? Non potevate scegliere qualcun altro?».
Angelo lo guarda e lo invita: «Seguimi».
Lo porta sul terrazzo, guarda in basso, indica con una mano ciò che lo circonda e domanda al carabiniere: «Ma tu vedi per caso passare gente migliore di quelli che stanno nella mia amministrazione? Perché se tu li vedi, se li conosci, li porti qui e li faccio sedere al mio posto».
Gerardo Spira resterà a fianco di Angelo lungo tutto il cammino di amministratore, fino all’attimo fatale, che apprenderà in modo traumatico e ricorderà per sempre come un tragico crocevia dell’esistenza: «Alle cinque del 6 settembre squilla il telefono; mi alzo di soprassalto, come assalito da pensieri premonitori di cattive notizie e da immagini accavallate dei miei figli che vivono lontano. Alzo la cornetta del telefono e dall’altro capo del filo sento un voce femminile che, piangendo disperata, mi ripete: “Segretario, sono Carla, hanno sparato ad Angelo! L’hanno ucciso, gli hanno teso un agguato in una strada che porta a casa sua”. La mente si confonde, mi assale un vuoto immenso, un’ansia senza fine. Il pensiero corre subito alla moglie, alla famiglia. Poi sono assalito da mille altri pensieri: il suo impegno politico, il territorio, il Cilento. Una domanda mi pervade in continuazione: perché un gesto così crudele a un uomo pubblico, tanto impegnato a risolvere i problemi del territorio?».
La domanda risuonerà sempre per chi ha conosciuto Angelo. E richiama fatti ed episodi dei suoi giorni di amministratore abituato ad agire, a cambiare lo stato delle cose, a svegliare le coscienze. E dunque a farsi dei nemici.
Angelo non teme pettegolezzi e cattiverie. Li conosce, li percepisce, ma va avanti. Consapevole che la sua è una strada segnata. È solo. La grande politica non si interessa di lui e se lo fa è per contrastarlo. Probabilmente “quella politica” nemmeno sa dei suoi miracoli. Viene da chiedersi cosa avrebbe potuto avere Angelo da spartire con la politica di cui si parla nei telegiornali e sui giornali. Una politica, o manovre equivalenti, che fin dall’inizio cercò in qualche modo di bloccarlo, annientarlo.
Lo si capì nell’ottobre 1995 da un articolo comparso sul “Mattino” di Napoli: un’operazione della guardia di finanza, disposta dal sostituto procuratore di Vallo della Lucania Renato Martuscelli, aveva portato alla denuncia di sette sindaci, tra cui mio fratello Angelo, accusati di non aver realizzato, come previsto dalle legge, strutture e impianti di raccolta delle acque reflue e depurazione delle stesse, recando un grave danno ambientale e igienico-sanitario nel territorio comunale.
Angelo reagì in maniera dura e con toni polemici, facendo notare, con una lettera allo stesso giornale, come il magistrato si fosse guardato bene dall’avvisare i diretti interessati dei provvedimenti a loro carico. Qualcuno aveva preferito informare prima i giornalisti.
Nell’articolo che lo riguardava i condizionali si sprecavano e in effetti, poi, la faccenda si chiuse con un’assoluzione piena da tutte le accuse, come sarebbe accaduto anche in seguito in circostanze analoghe. Ma intanto la vicenda, pochi mesi dopo il suo primo impatto con la carica, e dunque con la politica attiva, gli diceva chiaramente che la sua buonafede era destinata a essere lasciata sola, assieme al suo entusiasmo e allo slancio che, non per questo, si sarebbero affievoliti. Nella sua replica all’articolo, Angelo denunciava che quel colpo basso non gli sembrava affatto casuale, che forse si iscriveva in qualcosa di più grande.
Qualcuno avrebbe dovuto indagare, andare a fondo, cercare di fare chiarezza. E invece si preferì abbandonarlo alla sua solitudine, nella speranza che diventasse debolezza, fragilità, vulnerabilità.
Un decisionista convinto
Angelo, per fortuna, non si dava mai per vinto. Anzi, era proprio lui a sostenere che “in politica è necessario resistere, tentare, spiegare, convincere. Provarci almeno. I soldi ci sono, perché non usarli? Pollica sta in alto, il mare ha mille strade, la montagna nessuna”.
La paralisi, l’immobilismo finiscono con il suo ingresso in scena. Il nuovo sindaco costruisce strade nuove, rimette a posto le vecchie. Le strade collegano, incoraggiano l’attività, producono risorse e pure nemici, portano il sangue. Angelo non pensa ai nemici: e si sbaglia.
Essere odiato perché compi il tuo dovere di sindaco? Perché vuoi Acciaroli pulita? Pollica bonificata? Perché lotti contro chi spaccia la droga? Perché espropri pochi metri di terreno per costruire un giardino pubblico? Perché combatti gli abusi edilizi? Perché vuoi che il mare sia mare e non una pozza senza vita? Perché pretendi che l’asilo sia veramente sicuro? Sono interrogativi che si pone non un uomo ingenuo, ma un uomo che non può rinunciare a essere se stesso. Il suo “decisionismo” deriva da qui: da una necessità quasi vitale di rispettare i propri simili, la stessa missione che ognuno di noi si ritrova assegnata nel mondo.
L’istruzione è il primo impegno, la prima forma di autonomia, di libertà. Nei tragici giorni del crollo della scuola di San Giuliano – è la fine di ottobre del 2002 –, che ha interrotto i sogni di tanti bambini e famiglie, Angelo non resta a guardare, non si limita a un telegramma di solidarietà ancorché piena e convinta o a un’offerta di aiuto: con un bastone testa il soffitto dell’istituto scolastico di Acciaroli, lo colpisce con forza e mezzo soffitto cede. Fa spostare le maestre e gli alunni in un edificio di proprietà delle suore, dando inizio alla costruzione di una nuova sede, ultimata a tempo di record. Poi rade al suolo la vecchia, ricavando negozi e posti auto. Che mette in vendita recuperando denari importanti per l’attività del comune.
Quando gli chiedo di acquistare uno di quei posti auto, mi sento rispondere: «Impossibile, Dario, può acquistarlo solo chi ha la residenza ad Acciaroli e tu risulti residente a Roma».
Da Milano arriva a Pollica la nuova preside, Angelo è sollecito, quasi insistente nel chiedere cosa le serva; la preside tergiversa, forse dubita di quel sindaco così premuroso che l’assilla quasi quotidianamente. Constata che la scuola è ben attrezzata, computer e lavagne multimediali sono a disposizione degli studenti, aule, corridoi e pareti interne ed esterne sono a posto. Manca però un archivio. Angelo provvede. Smantella quello che fino ad allora era stato uno spazio al piano terra adibito a garage e in poco tempo crea l’archivio in cui verranno conservati i documenti della scuola.
È un decisionista convinto e abile, possiede l’istinto di chi, in meno di un secondo, deve lasciare la rete o tirarla su. È un imprenditore al servizio della gente, un uomo che chiede, giudica e agisce di conseguenza, un “rivoluzionario”, come l’aveva definito anni prima nostro padre.
È ancora pescatore, ma già conosce i suoi doveri di primo cittadino. La famiglia Vassallo possiede un furgone Ford Transit per trasportare il pesce al mercato di Salerno. In una serata di vento forte il porto di Acciaroli è un carnevale di sacchetti di plastica e resti del mercato. Angelo chiama noi, i fratelli, e iniziamo la raccolta. Andiamo avanti per ore, finché il furgone è pieno che più pieno non si può.
«E adesso dove scarichiamo tutta questa roba?» si e ci chiede.
Ad Acciaroli non c’è un posto attrezzato, solo a Pollica esiste una discarica a cielo aperto. Nasce in quel momento il progetto che farà del comune di Pollica un modello di educazione e rispetto del prossimo. Angelo è il sindaco e può agire. Espropria un terreno inutilizzato e lo fa diventare un’isola ecologica, organizza nei particolari la raccolta dei rifiuti: punti e orari. La gente aderisce convinta. La raccolta differenziata nel comune di Pollica è tra le più efficienti d’Italia. Supera il 70 per cento del totale da gestire. La pulizia del luogo produce effetti positivi anche sul turismo. Acciaroli ha circa tremila residenti, nella stagione estiva le presenze raggiungono le quarantamila unità, eppure l’incremento di rifiuti non ha effetti visibili: tutto funziona a meraviglia.
Angelo si pone un altro obiettivo: la realizzazione di un centro di talassoterapia che il comune gestirà e che sarà aperto a tutti. Per documentarsi meglio e sfruttare l’esperienza di chi, su centri di quel genere, ha investito con profitto, decide di andare in Tunisia dove la talassoterapia è all’avanguardia.
Risanati i conti della comunità montana, diventa consigliere provinciale, presidente della commissione politiche comunitarie, membro della commissione ambiente. C’è chi punta a un suo errore, chi cerca un pretesto per sfiduciarlo e sminuirlo, chi lo diffama diffondendo notizie false sul suo operato. Angelo non se ne cura. Ha scelto una strada e la percorre fino in fondo. Sta diventando troppo popolare, scomodo, ingombrante. Paradossalmente, non lo aiutano certi articoli di giornale, come quello pubblicato dal “Corriere del Mezzogiorno” nell’aprile 1999 in cui lo si accusa, sia pure tra le righe, di adottare una politica fin troppo decisionista, allergica alle regole e ai tempi della burocrazia formale necessari per ottenere pareri e autorizzazioni. Ma Angelo, quei tempi, li considerava un impedimento, ostacolo che lo Stato frappone tra sé e gli amministratori del bene comune.
La questione scatenante riguarda il rifacimento del lungomare di Pioppi, con la creazione di un percorso pedonale naturalistico nella frazione e la realizzazione di strutture ricreative, parco giochi e intrattenimento per bambini. Ma il progetto interessa un’area del demanio e nascono i guai. Il solito balletto di competenze, richieste di autorizzazioni, nullaosta: passano otto mesi senza che nessuno si adoperi per dare un barlume di risposta ad Angelo. Il quale si prende una “subdelega” sfruttando un cavillo della legge individuato dai suoi avvocati e fa partire i cantieri. Apriti cielo! Entrano nella faccenda anche il TAR e il Consiglio di Stato.
Con il comune di Pollica si costituiscono ad adiuvandum altri comuni, vittime della burocrazia regionale, come Salerno, Santa Maria di Castellabate, Centola, Casal Velino.
“Pretendiamo risposte immediate” spiega Angelo al cronista, “non è giusto che, mentre le amministrazioni comunali concedono licenze edilizie nella stessa giornata in cui vengono chieste o al massimo in quindici giorni, la regione debba invece prendersi tempi biblici. Così si blocca lo sviluppo di intere comunità.”
Secondo il giornale, a Pollica, oltre alla bandiera blu del mare pulito, sventola pure quella nera della rabbia del sindaco per la burocrazia statale. L’intento non è negativo ma, certo, quella figura solitaria che osa sfidare consuetudini e prassi decrepite si staglia sempre più netta contro chi è abituato ad approfittare di lungaggini e fatalismo per trarre beneficio dall’arretratezza e, magari, dal malcontento popolare.
La vicenda si concluderà con il successo dei ricorrenti. Vince Angelo? No, vince la legittima attesa delle popolazioni, vince il buonsenso, vince per una volta l’agire contro il rinviare, l’ostacolare, il seppellire di carte una buona intenzione per il bene della collettività. Forse, a perdere, è qualche nemico di Angelo. Ma a lui questo non importa.
I piccoli e i grandi gesti
Una mattina si presenta in comune un vecchio. Non riesce a farsi capire, si mangia le parole, le confonde, le sovrappone. Ripete una frase che risulta comica anche se comica non è: «Glu glu glu, il portafoglio non c’è più». L’uomo insiste, deve parlare con il sindaco. Incontra Angelo e gli ripete: «Glu glu glu, il portafoglio non c’è più».
Angelo lo invita a sedersi, gli fa portare un bicchiere d’acqua, lo calma e l’uomo, più a gesti che a parole, racconta che il portafoglio gli è caduto nel water e da lì, “glu glu glu” forse, chissà, nella fogna sottostante. Aggiunge che, dentro, vi erano i soldi della pensione appena riscossa.
Mio fratello decide allora di prendere piccone e pala, si reca a casa del pensionato e sfonda un paio di metri di fogna finché non lo ritrova. Ci sono grandi gesti e ci sono piccoli grandi gesti. Difficile classificare e giudicare cosa valga di più, cosa sia più importante. Una cosa è certa: quando lo si interpella, fosse anche solo per un piccolo dramma personale come quel portafoglio smarrito, lui c’è, non si nasconde, si rimbocca le maniche. E magari scavalca le convenzioni, e magari l’impugnare il piccone equivale alle risposte a muso duro che, in altre circostanze, riserva a chi è meno immediato nel mettersi in gioco in prima persona.
Certe rudezze, d’altronde, vanno considerate figlie della timidezza, dell’eccessiva sensibilità, oltre a una maniera di difendersi che il ruolo richiedeva. Sapere dire di no, imporre dei limiti, frenare certe richieste, il contrapporsi con determinazione ad altre rappresentano un merito, una tutela dei diritti di tutti, l’amministrazione del comune nell’interesse generale. La durezza è un’arma efficace e legale. Purtroppo, ci si fa dei nemici quando non si vorrebbe perché la gente non sempre capisce; e poi l’egoismo appartiene alla natura umana, pe...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il Sindaco Pescatore
  3. Prefazione di Riccardo Iacona
  4. Angelo, mio padre di Antonio Vassallo
  5. La lettera di Achille, “il vecchio del mare”
  6. L’angolo morto
  7. Biografia e storia personale
  8. L’impegno politico
  9. Angelo non c’è più
  10. Copyright