All'ombra delle farfalle
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All'ombra delle farfalle

Il giardino e le sue storie

,
  1. 240 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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All'ombra delle farfalle

Il giardino e le sue storie

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"Se guardo le piante come fossero sorelle, lo devo a mio padre." Con il riconoscimento di questo debito di gratitudine si apre il libro di Francesca Marzotto Caotorta sui giardini. Nei suoi ricordi affiorano le esortazioni paterne: guarda meglio, guarda con gli occhi e insieme con tutti i sensi, la incitava lui davanti a un paesaggio, a un muro solo apparentemente grigio, su cui la luce gettava sfumature dei più vari colori.
Ma nei ricordi, insieme alle esortazioni affiorano, perentori, anche i suoi aut aut: "Le dalie viola, mai!". Perentori ma presto dimenticati, perché ognuno vuole il "proprio" giardino, e quel fazzoletto di verde più o meno esteso è il luogo dove possiamo godere dell'opportunità quasi unica di creare, di plasmare un pezzetto di mondo come desideriamo, a nostra misura, che faccia da sfondo ai nostri sogni, da specchio ai nostri sentimenti.
Forte di questa convinzione, l'autrice, una delle più note e autorevoli esperte italiane di giardini, prova ad aiutarci a riconoscere e realizzare il giardino che ognuno di noi porta dentro di sé: quello della nostra infanzia, quello descritto nei libri che abbiamo amato, quello che ci è rimasto impresso durante i nostri viaggi. E lo fa ricordandoci subito che ogni terreno ha la sua "vocazione", e che il buon giardiniere, prima di realizzare il "suo" giardino, deve sempre osservare con attenzione il luogo prescelto, scrutarne il variare della luce nelle diverse ore del giorno e con il succedersi delle stagioni, ascoltare i consigli dei venti e del clima, tener conto del regime delle acque e della vegetazione autoctona.
Soprattutto, deve progettare quello spazio chiedendosi quali sono gli effetti che vuole creare e le emozioni che vuole suscitare: il giardino come un'oasi di pace, tutto frescura, toni riposanti e profumi delicati? O un luogo ameno, esteticamente armonioso, intensamente suggestivo? O, ancora, un luogo che rinvigorisca lo spirito, pieno di colori accesi, di forme decise, e di tante farfalle? Su cosa si vuole attirare lo sguardo? Che cosa si vuole schermare? Qual è il punto focale della nostra stanza a cielo aperto e come riusciremo a integrarla con quel giardino di tutti che è il paesaggio circostante? Con uno stile narrativo sempre piacevole e brillante, l'autrice ci conduce lungo un percorso che attraversa le quattro stagioni, suggerendo espedienti e piccoli trucchi, talvolta perfino azzardi, consigliando specie vegetali e insospettabili accostamenti di forme e colori, raccontando esperienze, aneddoti e curiosità. Nella speranza, ambiziosa ma non impossibile, che alla fine di queste pagine persino i più negati tra gli aspiranti "giardinieri" possano avere un bel giardino, quale che sia il colore del loro pollice.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
ISBN
9788852019012

Parte seconda

Le stagioni

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X

Primavera

Prepararsi al risveglio
Come il risveglio di ognuno di noi è accompagnato dai gesti di un rito individuale che ci distingue quasi fosse un tratto del carattere, allo stesso modo ogni terrazzo, ogni giardino, ogni porzione di campagna italiana si prepara a modo suo al risveglio di primavera. Al Nord, fra i prati diventati a un tratto più verdi, gli alberi trasformano la nitida grafica dei loro rami invernali in una pittura nebulosa di chiome gonfie di gemme, i cui colori variano dall’argento dei pioppi al ruggine degli ontani, all’arancio dei salici fino al rosa antico dei pruni selvatici. I riflessi di velluto che si stendono sui campi arati in collina lasciano il posto a quelli della seta appena comincia un’impercettibile crescita del seminato.
In Toscana i mandorli stanno fiorendo, in Maremma si intravede il viola degli alberi di Giuda naturalizzati nella macchia, in Liguria e nei boschi attorno a Roma è tutto un giallo di mimose. In Sicilia è il momento di partire alla ricerca delle tante orchidee, più o meno rare, che crescono sia in ambienti umidi, come quelli del parco dello Zingaro dove, insieme ad altre venticinque specie selvatiche, splende l’incantevole azzurro di Anacamptis laxiflora, sia in zone asciutte e calcaree come le garighe, e gli ampelodesmeti; ovvero in aree per lo più sabbiose come il greto di un fiume, colonizzato da Ampelodesmos mauritanicus, una graminacea frequente nel paesaggio italiano: lì trovano il loro ideale di vita specie come Neotinea lactea, Ophrys panormitana, O. sicula, confutando così il pregiudizio che associa le orchidee a luoghi umidi e ombrosi. Chi mai si trovasse fra marzo e aprile nell’isola, che in questi mesi pare un preziosissimo giardino botanico, potrebbe cercare anche le fioriture azzurre di Scilla sicula, che fu denominata S. peruviana da quando, nel Settecento, arrivò in Inghilterra su una nave chiamata Perú. Lì crescono spontaneamente il giaggiolo siciliano (Iris pseudopumila) e la viola dei Nebrodi, oltre a quella rarità che è il giallo Muscari gussonei e innumerevoli altre meraviglie da vedere e moltiplicare prima che il gran caldo faccia di loro ciò che vuole.
Sono tutti indizi, questi, di una primavera guardata con gli occhi di una rondine che vola verso i luoghi dove sono stati custoditi i suoi nidi. In quel suo sguardo dal cielo non entrano le categorie del bello e del brutto, che invece determinano il nostro modo di fare giardini, dove piantiamo secondo i nostri gusti, attribuendo valori estetici alle piante che disponiamo intorno a noi secondo «immagini coordinate» per trarne effetti speciali grazie a un accurato casting vegetale.
Fra i primi a farsi avanti sulla scena della primavera è l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum) che, nonostante la sua fioritura così discordante rispetto ai colori ai quali associamo una delicatezza primaverile, riesce a integrarsi nel paesaggio parando a festa una vegetazione ancora sonnolenta e dal risveglio incerto. È specie antichissima, che nel Lazio sopravvisse ai geli della glaciazione Würmiana ventimila anni fa e i cui fiori, come quelli delle acacie e dei sambuchi, sono squisiti se fritti in una pastella di acqua e farina, aggiunti a insalate o messi sotto aceto, mentre il legno scuro e leggero viene adoperato per intarsi. Poco diffuse, ma note ai collezionisti, sono le diciassette specie del genere Cercis, oltre alle diverse varietà fra cui vale la pena cercare Cercis chinensis ‘Avondale’, particolarmente fiorifero e adatto a essere allevato ad arbusto e quindi a formare siepi. Cercis racemosa si presenta invece con racemi (grappoli) penduli come quelli del maggiociondolo (Laburnum anagyroides), di un rosa acceso, da accompagnare eventualmente ai suoi parenti dai fiori bianchi.
Adoperato in quantità, scegliendo anche varietà di più sfumature di viola e di rosa, l’albero di Giuda rende straordinario anche un piccolo giardino, quando il suo viola si stempera nella massa di un glicine e il tronco emerge appena fra le spighe di un lillà. Per quanto mi riguarda, preferisco accostare una varietà di glicine chiaro a un lillà pallido, dai fiori piccoli e color lavanda. Qui, però, mi fermo per un breve appunto: i fiori appena nominati sbocciano sì in primavera, ma mentre in certe località le loro fioriture sono contemporanee, in altre possono essere scalari, e quindi, invece di una grande macchia di colore, avremo una sequenza.
Riprendendo a immaginare felici associazioni di forme e colori, mi sembrano buoni compagni dell’albero di Giuda gruppi costituiti da Syringa x persica, S. josikaea (spontanea in Ungheria). Da non trascurare la ben nota varietà S. x hyacinthiflora, i cui fiori si accompagnano piacevolmente ai cospicui grappoli del glicine dilatandone l’effetto cromatico. Ed ecco che basta nominare il genere Syringa perché, come succede a ogni primavera, mi si ripresenti agli occhi della mente la scena del «lillà semovente», causa prima del fascino che queste piante ebbero su di me. Quando ero piccoletta, la domenica, dopo la messa nella chiesa della Santissima Annunziata, a Firenze, i miei genitori avevano l’abitudine di accompagnare a casa una loro amica che allora mi sembrava imponente, anche per la sua voce tonante. Costei indossava sempre strabilianti vestiti sui toni del viola. Si chiamava Giulietta Mendelssohn Gordigiani, era moglie di un parente del musicista e la sua casa, vicina alla chiesa, si affacciava su un bellissimo giardino. Una primavera, mentre ero ferma davanti ad alcuni lillà in quel giardino fiorito, sentii una voce che diceva con un tono un po’ impostato: «Sì, bellissimi questi lillà, ma mai come quello semovente che vidi un mattino entrare, tutto vacillante, dalla porta del salotto: al momento lo guardai non capendo cosa stesse succedendo, finché dietro all’immenso lillà, cercando di mantenere fermo l’enorme vaso che serrava fra le braccia, apparve lui, d’Annunzio, che avanzava verso di me in equilibrio precario». Quella scena così descritta non potrò mai dimenticarla: la porta a due battenti, il pavimento lucidissimo, il divano, le spighe viola come il vestito e quel profumo incantevole e intenzionalmente seduttore.
Ma torniamo a noi. Quando nella maggior parte del nostro paese la temperatura dell’aria è già tiepida mentre quella della terra è ancora troppo fredda per consentire una vigorosa ripresa vegetativa, c’è giusto il tempo per preparare l’elenco di tutte le faccende che vorremmo o dovremmo fare per mantenere o migliorare quanto ci circonda. Prime in lista potrebbero essere le operazioni di pulizia. Si toglieranno quindi tutte le foglie secche dal prato, da sotto gli alberi, dalla base delle rose, dalle bordure di erbacee perenni (per quanto si cerchi di non lasciarle ammucchiare, se ne trova sempre), facendo attenzione a non sciupare gli apici dei nuovi getti che sono lì lì per sbucare o che sono appena usciti dal terreno. Le foglie cadute dalle magnolie o dalla fotinia non sono un segno di malessere, ma di ricambio stagionale del fogliame: si tenga in mente che sono foglie più dure e consistenti delle altre specie a foglia caduca, quindi impiegano molto più tempo a decomporsi ed è perciò consigliabile non aggiungerle al cumulo del compost.
È questo il periodo più adatto per guardare il prato con occhio clinico oltre che critico, controllando il suo stato di salute sia ai piedi degli arbusti sia all’ombra delle piante. In prossimità di cespugli dalle radici superficiali e molto voraci, come quelle dei lillà, dovrà essere nutrito e bagnato molto più abbondantemente che altrove; lo stesso avvertimento vale per la porzione sotto le chiome degli alberi, dove la luce e la pioggia arrivano in dosi attenuate. Lì, il terreno dovrà essere sempre sgombro da foglie secche e nutrito due volte l’anno con concimi fosfati; l’erba sarà tenuta un po’ più alta che nel resto del prato e si semineranno specie che tollerano un certo ombreggiamento, come Poa nemoralis e P. trivialis, preparandosi, eventualmente, a riseminare ogni anno. La nostra azione di monitoraggio continuerà osservando se ci sono aree occupate da muschio, quali e quante siano le piante infestanti, quali le zone poco rigogliose. Se troviamo mucchietti di terra smossa dalle talpe, ricordiamo che sono segni di un impiccio estetico e non di un gran danno. Fra l’altro, quella terra smossa è un eccellente alimento per piante in vaso. Se poi si volessero allontanare le bestiole, si potrà ricorrere a vari dispositivi di disturbo a ultrasuoni acquistabili nei garden center.
Adesso è il periodo adatto per usare il rastrello scarificatore, ossia l’attrezzo che gratta il terreno, liberandolo da quella specie di «feltro» sviluppatosi durante l’anno trascorso e dal muschio di recente formazione. La presenza di muschio indica un terreno pesante, poco arieggiato. In tal caso o si cambia la struttura del terreno o si aumenta il drenaggio sotto la soglia erbosa, oppure si può spargere solfato di ferro (in ragione di 1 kg per 100 m2), operazione che però avrà un effetto cosmetico temporaneo. È buona norma rastrellare il prato con quel rastrello a denti flessibili disposti a ventaglio, fatto apposta per evitare la formazione di «feltro» e utile per sradicare le plantule di eventuali infestanti. A proposito di infestanti, in commercio si trovano diserbanti selettivi per piante a foglia larga, mentre nel caso si tratti di gramigna, riusciremo a disgustarla con concimazioni azotate, dato che quest’erba predilige i terreni poveri.
L’inizio della primavera è indicato proprio per le concimazioni azotate (quelle che fanno aumentare la crescita fogliare), che saranno invece da evitare quando la stagione si fa più asciutta. Infatti, il rigoglio che segue la concimazione avviene anche a scapito dell’acqua che dovrebbe concentrarsi intorno alle radici.
Farfalle in giardino
Un batter d’ali tutto giallo... «Una farfalla!» «Ma è febbraio!» «Allora è un maschio (la femmina è più pallida) di Cedronella (Gonepteryx rhamni). Si è appena svegliato, perché ha sentito abbastanza caldo per uscire dalla sua “cuccia” invernale nascosta sotto qualche foglia di edera o di un altro sempreverde qui attorno.»
Così comincia la mia primavera, di cui quella farfalla gialla segna l’inizio, predicendo lo stupore incredulo che proverò davanti a tutti gli sfarfallii attorno a casa nei mesi a venire: qualcosa che ancora considero un regalo del cielo, pur non essendo rimasta con le mani in mano ad aspettarlo, facendo anzi in modo che molti di quegli insetti trovino le condizioni adatte per vivere qui attorno. Infatti, mi pare più coinvolgente mettere a loro disposizione le piante sulle quali deporre le uova e delle cui foglie si nutriranno i bruchi, piuttosto che limitarsi ad attirarle in giardino e offrire loro soltanto il nettare dei fiori. Con questo genere di attenzioni, saremo sorpresi dalla quantità di farfalle che voleranno anche in un piccolo giardino.
Il tema è tanto affascinante quanto complesso, e quello che racconterò potrà essere un suggerimento utile a chi vuole cimentarsi in questa pratica, informandosi su quali siano le farfalle tipiche della zona prima di immaginare piantagioni a loro adatte. Tanto per fare un esempio: è inutile pensare di attirare Limenitis populi in una piantagione umbra di pioppo tremulo, culla abituale del suo bruco. Questa è una delle nostre farfalle più grandi e spettacolari, dalle ali brune segnate da una banda bianca, ma è presente solo sull’arco alpino, fra i 500 e i 1500 metri. Viceversa, l’altrettanto vistosa Charaxes jasius, con le ali marrone bordate di rossiccio, riconoscibile dalle due «code» lungo il bordo esterno delle ali posteriori, vive solo nelle zone costiere e nidifica unicamente sui corbezzoli (Arbutus unedo), sulle cui foglie la larva si mimetizza imitandone i disegni.
Fra l’altro, ci accorgeremo sia di quanto diverse possano essere le farfalle che nidificano su una stessa specie vegetale, sia che non basta la presenza di una certa pianta per attirare una farfalla che abitualmente adotta quella specie come nido. Un caso potrebbe essere quello di due farfalle che si assomigliano molto, le cui ali nella pagina inferiore sono di uno straordinario verde Nilo, ben visibili non solo quando sono ripiegate a riposo. Una di loro (Callophrys avis) nidifica nella macchia, sui corbezzoli che abbondano anche lungo le coste, e quindi potremmo aspettarci di trovarla lì; invece lei vive solo in certe zone del Sud della Francia e della penisola iberica. Qualcuna è presente pure in Sardegna, ma da noi è più facile trovare Callophrys rubi, che per il suo nido adotta varie specie vegetali, dalla ginestra al leccio, dal maggiociondolo alla veccia, ma il corbezzolo no.
Un ultimo avvertimento prima di immaginare quali piante scegliere per farle contente: alcune farfalle, essendo prive degli stimoli o dei segnali inibitori che indirizzano altre loro compagne, invece di deporre le uova con la competenza di un botanico le spargono volando sui prati misti, come fa una galatea (Melanargia galathea), offrendo così ai futuri bruchi una grande varietà di cibo. E tanto mangiano i piccoli dopo la schiusa, che smetteranno di nutrirsi solo alla primavera successiva quando, completata la metamorfosi, voleranno davanti a noi.
Prendendo spunto proprio da qui, proviamo a immaginare un prato per farfalle, ricco di fiori e dove dall’altezza dell’erba dipenderà il benessere dei vari insetti. Le piccole Lysandra bellargus e Hesperia comma vogliono per i nuovi nati erba bassa; galatea e Polyommatus icarus dalle ali azzurre e violette depositano su erbe un po’ più in alte e si riposano su quelle più alte ancora. Per riuscire quindi nel nostro intento dovremo tagliare piccole porzioni di prato in modo diverso, così da riprodurre i vari ambienti simili a quelli a loro più consoni.
Il mio molto accudito campo di carote selvatiche (Daucus carota) dalle tante ombrelle bianche, fra le quali appaiono campanule (Campanula trachelion), tanta silene colorata, tanto iperico, tanti garofanini (Dianthus carthusianorum), tante centaurea minore dalle virtù cicatrizzanti, verrà falciato ai primi di giugno e poi a fine settembre, in modo che ci siano sempre numerose infiorescenze a disposizione delle farfalle. Solo a fine estate taglieremo le piantaggini, lasciate lì attorno per Melitaea cinxia, il cui bruco marroncino si difende dagli aggressori mimando l’aspetto e i movimenti dei fiori che lo ospitano. Da quella distesa di erbe, a settembre appare, in una sbalorditiva quantità, la terza generazione di macaoni, di cui si distinguono i riti di corteggiamento: il rifiuto di lei, la difesa del territorio di lui, le nozze acrobatiche, oltre allo svolazzare ingordo su sedum, lavande, salvie, buddleie, aster, agnocasti e negundi, da cui aspirano tutti gli zuccheri disponibili.
Per fortuna, qua e là crescono, per i fatti loro, tanti ciuffi di ortica, ambita dalle belle vanesse. Intorno al grande prato fiorito c’è un bosco delimitato da una siepe molto mista, che potrebbe rivelarsi il miglior esempio di come attirare e ospitare splendide farfalle. Altre siepi da farfalle potrebbero essere composte da biancospino,...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. All’ombra delle farfalle
  3. Prologo. Le dalie viola, mai
  4. Parte prima. A Proposito Di Giardini
  5. Parte seconda. Le Stagioni
  6. Indice delle piante citate
  7. Copyright