Storie della guerra di Spagna - La Quinta Colonna
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Storie della guerra di Spagna - La Quinta Colonna

  1. 208 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Storie della guerra di Spagna - La Quinta Colonna

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Coraggio e viltà, generosità e barbarie in quattro racconti e un dramma sulla guerra civile spagnola. La testimonianza diretta di un grande scrittore, che visse in prima persona quegli avvenimenti.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
ISBN
9788852020612
Categoria
Viaggi

La Quinta Colonna

Titolo dell’opera originale:
The Fifth Column
Traduzione di Giuseppe Trevisani

Atto primo

SCENA PRIMA

Sono le sette e mezzo del pomeriggio. Un corridoio al primo piano dell’Hotel Florida a Madrid. Sulla porta della stanza numero 109 c’è un grande cartello scritto a mano: “Qui si lavora. Non disturbate”. Due ragazze con due soldati in uniforme della Brigata Internazionale traversano la scena. Una delle ragazze si ferma a guardare il cartello.
PRIMO SOLDATO Vieni. Non abbiamo neanche tutta la notte.
RAGAZZA Che c’è scritto? (L’altra coppia è uscita di scena.)
SOLDATO Che t’importa di quel che c’è scritto?
RAGAZZA Su, leggimelo. Fa’ il bravo. Leggimelo in inglese.
SOLDATO Accidenti, buona me la son pescata: con ambizioni letterarie. No, non te lo leggo.
RAGAZZA Non sei carino.
SOLDATO Non sono tenuto ad essere carino. (Si tira da parte e la guarda di traverso.) Ti sembro carino? Sai di dove arrivo?
RAGAZZA Non m’importa di dove arrivi. Tutti venite da posti terribili e tutti ci ritornate. Io ti avevo soltanto chiesto di leggermi quel cartello. Vieni via, se non vuoi.
SOLDATO Te lo leggo: “Qui si lavora. Non disturbate”. (La ragazza ride, una risata molto acuta ed aspra.)
(Sipario)

SCENA SECONDA

Il sipario s’alza subito sulla scena seconda. Interno della stanza 109. Un letto, e accanto ad esso un comodino, due poltrone coperte di cretonne, un grande armadio a specchio. Su un tavolino una macchina da scrivere e un grammofono portatile. Una stufa elettrica è accesa. In una delle poltrone sta seduta una bella ragazza alta e bionda, e legge volgendo il dorso alla lampada da tavolo che è accanto al grammofono. Sulla parete c’è una carta topografica di Madrid: la sta osservando in piedi un uomo dell’età di circa trentacinque anni, che porta una giacca di cuoio, pantaloni di fustagno e stivali molto infangati. Senza alzare lo sguardo dal libro, la ragazza, che si chiama Dorothy Bridges, dice, con tono molto ricercato:
DOROTHY Tesoro, c’è almeno una cosa che sarebbe in tuo potere di fare, ed è di pulirti gli stivali prima di entrare qui. (L’uomo, che si chiama Robert Preston, continua a osservare la carta.) E, tesoro, non metterci su il dito. Fa le macchie. (Preston continua a guardare la carta.) Tesoro, hai visto Philip?
PRESTON Quale Philip?
DOROTHY Il nostro Philip.
PRESTON sempre guardando la carta. Nel pomeriggio in cui io salivo per la Gran Via il nostro Philip stava da Chicote con quella mora che morsicò Rodgers.
DOROTHY Non stava facendo niente di terribile?
PRESTON sempre guardando la carta. Non ancora.
DOROTHY Qualcosa farà. È così pieno di vita ed è tanto di spirito.
PRESTON Lo spirito dei liquori di Chicote diventa sempre peggiore.
DOROTHY Dici delle freddure così sceme, tesoro. Vorrei che venisse Philip. Mi annoio, tesoro.
PRESTON Non far la vacca tipo Vassar che si annoia.
DOROTHY Non darmi titoli, per piacere. Non sono in vena in questo momento. E poi non sono il vero tipo Vassar. Non capivo niente di quello che m’insegnavano in collegio.
PRESTON Capisci qualcosa di quel che succede qui?
DOROTHY No, tesoro. Capisco un poco la Città Universitaria, ma non troppo. La Casa del Campo è assolutamente un rebus per me. E Usera, e Carabanchel, poi. Spaventosi.
PRESTON Dio, certe volte mi chiedo perché ti amo.
DOROTHY Anch’io mi chiedo perché amo te, tesoro. Mi sembra davvero che sia una cosa incomprensibile. È soltanto una specie di cattiva abitudine che abbiamo presa, ormai. E Philip è tanto più divertente, tanto più vivace.
PRESTON È molto più vivace, d’accordo. Sai cosa faceva l’altra notte prima che da Chicote chiudessero? Andava in giro a benedire la gente con una sputacchiera. Spruzzandoli, capisci. C’era da scommettere dieci contro uno che gli avrebbero sparato.
DOROTHY Ma invece non gli sparano mai. Vorrei venisse qui.
PRESTON Verrà. Sarà qui appena da Chicote chiudono. (Bussano alla porta.)
DOROTHY È Philip. Tesoro, è Philip. (Si apre la porta ed entra il direttore dell’albergo. È un ometto bruno e grassoccio che fa la collezione di francobolli e parla l’inglese in modo molto strano.) Oh, è il direttore.
DIRETTORE Come state, molto bene, mr. Preston? Come state, tutto bene, miss? Vengo solo per sentire se qualche cosa di qualche genere avete che non avete voglia di mangiare. Tutto bene, tutti assolutamente soddisfatti?
DOROTHY Tutto meravigliosamente, ora che è stata accomodata la stufa.
DIRETTORE Con una stufa elettrica sempre continuamente pasticci. L’elettricità è scienza non ancora dominata dai lavoratori. Inoltre l’elettricista beve da diventar scemo.
PRESTON Non sembrava troppo in gamba, l’elettricista.
DIRETTORE In gamba è. Ma beve. Sempre beve. E non riesce a concentrarsi sull’elettricità.
PRESTON Perché allora lo tenete?
DIRETTORE È l’elettricista del comitato. Francamente è un disastro. Ora è nella stanza 113 a bere con mr. Philip.
DOROTHY felice. Allora Philip è in casa.
DIRETTORE Più che a casa.
DOROTHY Cioè?
DIRETTORE Difficile dirlo davanti a giovane signora.
DOROTHY Telefonagli che venga su, tesoro.
PRESTON No.
DOROTHY All...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione di Vincenzo Mantovani
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. Storie della guerra di Spagna
  7. La Quinta Colonna
  8. Copyright