Il giardino dell'Eden
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Il giardino dell'Eden

  1. 288 pagine
  2. Italian
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Il giardino dell'Eden

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Informazioni sul libro

La sconcertante vicenda d'amore di uno scrittore e il suo viaggio creativo all'interno di se stesso. Un Hemingway insolito, in un grande romanzo postumo.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
ISBN
9788852020834

LIBRO TERZO

9

Il nuovo progetto durò poco più di un mese. Avevano tre camere in fondo alla lunga casa provenzale colorata di rosa dove erano stati in precedenza. Si trovava nella pineta sul lato di La Napoule dalla parte dell’Estérel. Davanti alle finestre c’era il mare e dal giardino dirimpetto alla lunga casa dove mangiavano sotto gli alberi potevano vedere le spiagge vuote, l’alta erba di papiro intorno al delta del piccolo fiume e all’altro capo della baia c’era la bianca curva di Cannes con dietro i colli e i monti lontani. Non c’era nessun altro nella lunga casa ora che era estate e il proprietario e sua moglie erano contenti di riaverli.
La camera da letto era la stanza grande in fondo alla casa. Aveva finestre su tre lati e quell’estate era fresca. La notte sentivano il profumo dei pini e del mare. David lavorava in una stanza all’estremità opposta. Cominciava presto tutte le mattine e quando aveva finito raggiungeva Catherine e andavano in una insenatura fra gli scogli dove c’era una spiaggia sabbiosa e potevano prendere il sole e fare il bagno. Qualche volta Catherine se n’era andata con la macchina e lui dopo il lavoro l’aspettava e beveva qualcosa fuori sulla terrazza. Era impossibile bere il pastis dopo l’assenzio e lui aveva cominciato a bere whisky con acqua Perrier. La cosa faceva piacere al proprietario, che adesso se la cavava discretamente d’estate con la presenza dei due Bourne nella stagione morta.
Non aveva preso un cuoco e cucinava sua moglie. Una cameriera badava alle camere e un nipote, che era apprendista cameriere, serviva a tavola.
Catherine guidava volentieri la vetturetta e andava a fare acquisti e a cercare oggetti a Cannes e a Nizza. I grandi negozi della stagione invernale erano chiusi ma trovava cose stravaganti da mangiare e robuste bevande in cui investire e localizzava posti dove poteva acquistare libri e riviste.
David lavorava molto sodo da quattro giorni. Avevano trascorso al sole tutto il pomeriggio sulla sabbia di una nuova insenatura che avevano scoperto ed erano rimasti nell’acqua finché non s’erano stancati tutti e due e allora la sera erano rincasati col sale sulla schiena e nei capelli per bere qualcosa e fare la doccia e cambiarsi.
A letto la brezza veniva dal mare. Faceva fresco e giacevano fianco a fianco nel buio coperti dal lenzuolo e Catherine disse: «Hai detto che dovevo dirtelo».
«Lo so.»
Lei si chinò su di lui e gli tenne il capo fra le mani e lo baciò. «Voglio tanto. È possibile? Posso?»
«Certo.»
«Sono così felice. Ho fatto tanti progetti» disse lei. «E questa volta non voglio più essere così pazza e cattiva.»
«Che genere di progetti?»
«Potrei dirteli ma sarebbe meglio farteli vedere. Potremmo farlo domani. Vuoi venirci con me?»
«Dove?»
«A Cannes dove sono andata l’altra volta che siamo stati qui. È un ottimo coiffeur. Siamo amici ed è migliore di quello di Biarritz perché ha capito al volo.»
«Che cosa hai combinato?»
«Sono stata da lui stamattina mentre tu lavoravi e gli ho spiegato e lui ha studiato la faccenda e ha capito e ha detto che andava bene. Io gli ho detto che non avevo deciso ma che se avessi deciso avrei cercato di far tagliare nello stesso modo anche i tuoi.»
«Tagliati come?»
«Vedrai. Ci andiamo insieme. Come smussati all’indietro dalla linea naturale. Lui ne è entusiasta. Credo sia perché ha perso la testa per la Bugatti. Hai paura?»
«No.»
«Io non vedo l’ora. Veramente lui vuole scolorirli ma avevamo paura che potesse non piacerti.»
«Il sole e l’acqua salata li scoloriscono.»
«Sarebbe un colore molto più chiaro. Ha detto che poteva farli chiari come quelli di una scandinava. Pensa a come sarebbero con la nostra pelle scura. E potremmo schiarire anche i tuoi.»
«No. Mi sentirei ridicolo.»
«Come fai a sapere che ci sarebbe una differenza? Ti si schiarirebbero comunque col mare tutta l’estate.»
Lui non disse niente e lei continuò: «Non sarai obbligato. Faremo solo i miei e forse ci starai anche tu. Vedremo».
«Non fare progetti, Diavolo. Domani mi alzo prestissimo a lavorare e tu dormi finché puoi.»
«Allora scrivi anche per me» disse lei. «E non fa niente se racconti che sono stata cattiva ma mettici quanto ti amo.»
«Ci sono quasi arrivato ora.»
«Puoi pubblicarlo o sarebbe brutto?»
«Ho solo provato a scriverlo.»
«Potrò mai leggerlo?»
«Se mai riuscirò a farlo funzionare.»
«Ne sono già così fiera e non avremo copie da vendere e nessuna per i recensori e quindi non ci saranno mai ritagli e non sarai mai pieno di te e lo avremo sempre solo per noi.»
David Bourne si svegliò col chiarore dell’alba e indossò calzoni corti e una camicia e uscì fuori. La brezza era caduta. Il mare era calmo e il giorno odorava della rugiada e dei pini. Attraversò scalzo le pietre che lastricavano il terrazzo fino alla stanza all’estremità opposta della lunga casa ed entrò e si sedette al tavolo dove lavorava. Le finestre erano rimaste aperte durante la notte e il locale era fresco e pieno di promesse mattutine.
Scriveva della strada da Madrid a Saragozza e dei saliscendi della strada quando erano entrati a tutta velocità nel territorio dei montarozzi rossi e la piccola auto sulla strada allora polverosa aveva raggiunto il treno espresso e Catherine lo aveva sorpassato dolcemente, una vettura dopo l’altra, il tender, e quindi il macchinista e il fuochista, e finalmente il muso della locomotiva, e poi lei aveva cambiato marcia quando la strada era girata a sinistra e il treno era scomparso in una galleria.
«L’avevo preso» aveva detto lei. «Ma si è cacciato sottoterra. Dimmi se posso riprenderlo.»
Lui aveva guardato la carta Michelin e aveva detto: «Non per un po’».
«Allora lo lascio andare e vedremo il paesaggio.» Man mano che la strada saliva c’erano pioppi lungo il fiume ed essa si inerpicava ripida e lui sentì l’auto che l’accettava e poi Catherine lietamente cambiò di nuovo marcia mentre l’auto spianava il ripido pendio.
Più tardi, quando udì la voce di lei nel giardino, smise di scrivere. Chiuse a chiave la valigetta con i quaderni manoscritti e uscì chiudendosi a chiave la porta alle spalle. Per rifare la stanza la ragazza avrebbe usato il passepartout.
Catherine sedeva a colazione sul terrazzo. C’era una tovaglia a riquadri rossi e bianchi sulla tavola. Lei indossava la sua vecchia maglietta a strisce di Le Grau du Roi fresca di bucato ora e ristretta e molto scolorita, dei pantaloni grigi di flanella nuovi ed espadrillas.
«Salve» disse. «Non sono riuscita a dormire fino a tardi.»
«Sei bellissima.»
«Grazie. Mi sento bellissima.»
«Dove hai preso quei calzoni?»
«Me li sono fatti fare a Nizza. Da un bravo sarto. Vanno bene?»
«Sono tagliati molto bene. È che sembrano nuovi. Li metti per andare in città?»
«Non è una città. È Cannes fuori stagione. Li porteranno tutti l’anno prossimo. La gente porta le nostre magliette ora. Non vanno bene con la sottana. Non ti dispiace, vero?»
«Per niente. Ti stanno bene. È solo che la piega sembra così impeccabile.»
Dopo colazione, mentre David si radeva e faceva la doccia e quindi si infilava un paio di vecchi calzoni di flanella e una maglietta da pescatore e trovava le sue espadrillas, Catherine indossò una camicia di lino azzurro col colletto aperto e una sottana pesante di lino bianco.
«Stiamo meglio così. Anche se vanno bene per qui i calzoni sono troppo vistosi per questa mattina. Teniamoli da parte.»
Fu una cosa molto cordiale e alla mano dal coiffeur ma anche molto professionale. Monsieur Jean, che aveva all’incirca l’età di David e sembrava più italiano che francese, disse: «Li taglierò come chiede. Lei è d’accordo, Monsieur?».
«Io non faccio parte del sindacato» disse David. «Lascio la decisione a voi due.»
«Forse dovremmo sperimentare su Monsieur» disse Monsieur Jean. «Nel caso che qualcosa vada storto.»
Ma Monsieur Jean si mise a tagliare i capelli di Catherine con molta cura e abilità e David scrutò il viso scuro e serio di lei sopra il camicione allacciato stretto intorno al collo. Lei si osservava nello specchio a mano e guardava il pettine e le forbici tagliare e scattare. L’uomo lavorava come uno scultore, assorto e serio. «Ci ho pensato tutta la notte e la mattina» disse il coiffeur. «Se non ci crede, Monsieur, la capisco. Ma questo per me è importante come per lei il suo métier.»
Fece un passo indietro per controllare la forma che stava creando. Poi sforbiciò più rapidamente e infine girò la poltrona in modo che lo specchio grande si riflettesse in quello piccolo che Catherine teneva in mano.
«Li vuole tagliati così sopra le orecchie?» lei chiese al coiffeu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione di Vincenzo Mantovani
  4. Il giardino dell’Eden
  5. Nota dell’editore americano
  6. Libro primo
  7. Libro secondo
  8. Libro terzo
  9. Libro quarto
  10. Copyright