Poiché sono il capo del governo tibetano in esilio, in ogni parte del mondo i tibetani mi accolgono sempre a cuore aperto. Ritengo che uno dei miei compiti più impellenti sia di dare ai tibetani la fede nel futuro. La forza di questa fede mi sorprende. Anche se molti vivono in circostanze difficili al di fuori del Tibet, si tratta tuttora di un popolo fedele e allegro.
Un leader che ispira la fede deve stare molto attento a generare il tipo giusto di fede. Deve essere onesto e non richiedere una fede cieca. Nella tradizione buddista, riteniamo essenziale combinare la fede con la saggezza. Saggezza, in questo contesto, equivale a giusta visione che, come sappiamo, significa vedere le cose come realmente sono e comprendere l’impermanenza, l’interdipendenza e il sorgere dipendente. La fede ha bisogno di sostegno e questo le viene dalla saggezza.
Di un obiettivo o di un avvenimento il leader dotato di saggezza esaminerà la causa e l’effetto, e se sia corretto, appropriato, vero o falso. La fede da sola tende a ingannarsi e a commettere errori di giudizio, poiché è facilmente influenzata dalle emozioni. Senza la saggezza crederemmo forse a tutto quanto ci viene detto, giusto o sbagliato che sia. La fede ci può dare la forza di commettere qualsiasi cosa, anche cattiva. Quando è così forte, suggerisco di tenerla sotto il controllo della saggezza in modo tale da conservare una condizione di giusto equilibrio.
page_no="67" D’altro canto, una saggezza priva di fede è altrettanto inutile poiché manca della forza necessaria per agire. La saggezza sostiene la fede guidandola in una direzione costante e segnata dalla perseveranza. Queste due forze operano insieme per ottenere lo scopo. La fede, naturalmente, è e rimane una questione individuale.
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Molti ritengono di non avere i leader giusti, nel mondo degli affari o nel governo, e certamente ce ne sono tanti che non sono all’altezza. Gli scandali economico-finanziari che ne risultano portano le aziende, considerate nel loro insieme, ad avere una reputazione dubbia. Una leadership inadeguata a livello nazionale provoca invece povertà e guerre.
Uno dei problemi più significativi è che la gente percepisce la mancanza di correttezza. Nei paesi più ricchi ciò avviene come conseguenza di forme sempre più marcate di ineguaglianza e di incertezza del posto di lavoro. Nei paesi poveri o in via di sviluppo, invece, la gente è consapevole dell’ingiustizia sociale e risentita del fatto che la dignità individuale le sia stata sottratta o sia assente. È opinione comune che la responsabilità sia dei leader, a livello economico e politico.
Un’altra sfida di grande portata per i leader è quella di riuscire ad affrontare le crisi. Aumentare l’interdipendenza produce due effetti opposti: il sistema riesce ad assorbire meglio certi colpi, ma un piccolo colpo subito da una parte può avere conseguenze disastrose su tutte le altre. Ne costituisce un esempio il crollo nel mercato americano dei mutui subprime, alla fine del 2007. Il fatto che le finanziarie abbiano concesso mutui a persone che non erano in grado di farvi fronte, e il successivo utilizzo di quei mutui in varie forme di investimento, rivelatesi poi quasi fallimentari a causa dell’elevato livello di insolvibilità personale, si è tradotto per le più grandi istituzioni finanziarie di tutto il mondo in perdite stimate intorno ai duecento miliardi di dollari. Data l’interdipendenza di sistemi complessi di questo genere, nel corso di una crisi un leader deve essere in grado di mantenere una mente calma, raccolta e concentrata.
Le sfide sono sempre più significative e impellenti. Per stare al passo, i leader devono aumentare il rendimento della mente. Seguire la giusta visione e la giusta condotta può fornire un contributo rilevante. Se, per esempio, le persone che fanno parte di una azienda si sentono rispettate e apprezzate, e vedono che le procedure di assunzione e di promozione si basano sul merito e sono immuni da discriminazioni, riterranno che l’azienda sia corretta. Lo stesso vale per i clienti, purché le organizzazioni mostrino un interesse sincero per il loro benessere, e le loro pratiche commerciali siano fondate sull’equità.
In questo capitolo prendiamo in considerazione la necessità che un leader stabilisca obiettivi chiari per l’azienda, definendo dei valori che tutti dovranno rispettare. Prenderemo inoltre in considerazione i tratti che un leader deve sviluppare, inclusa un’efficace capacità decisionale e l’abilità di adattarsi ai cambiamenti; saranno inoltre forniti dei suggerimenti per selezionare e addestrare i leader.
Definire gli obiettivi dell’organizzazione
Chester Barnard ha scritto un classico sui compiti di un leader,1 e le sue idee sono valide tuttora. Barnard riteneva che il lavoro di un leader consiste nel formulare e nel definire un obiettivo, nel creare un sistema di comunicazione e nell’attrarre a sé, riuscendo poi a tenerle in squadra, persone molto competenti che vanno orientate a produrre il massimo sforzo per raggiungere l’obiettivo indicato dall’azienda.
Fin qui tutto chiaro. Perché dunque sono così pochi coloro che riescono a esercitare una vera leadership? In effetti, una leadership vera e propria richiede la capacità di suscitare la fede, dono che non tutti possiedono. Barnard afferma:
La leadership deve ispirare un processo decisionale collettivo creando fede: fede in una comprensione generale, fede nelle possibilità di successo finale, fede nella realizzazione ultima delle spinte individuali, fede nell’integrità della leadership e fede nella superiorità dell’obiettivo comune dell’organizzazione, inteso come obiettivo personale di coloro che vi appartengono. Senza la creazione di una fede, il catalizzatore grazie al quale il sistema vivente degli sforzi umani è messo nelle condizioni di continuare i suoi interscambi incessanti di energia e di soddisfazioni, la vitalità verrà a mancare e l’azienda morirà. Il processo creativo risiede nella collaborazione e non nella leadership; ma quest’ultima è condizione indispensabile perché quel processo funzioni.
L’altro elemento essenziale di una buona leadership consiste nella capacità di chiarire l’obiettivo dell’organizzazione, compito spesso impervio. Senza un obiettivo significativo e raggiungibile, è quasi impossibile che un’azienda possa esprimere un livello morale elevato e la giusta motivazione. Alle persone piace, o meglio, risulta indispensabile sapere qual è l’obiettivo di ciò che stanno facendo.
L’importanza di avere un obiettivo chiaro è stata descritta in modo assai efficace da Jim Collins nel suo bestseller O meglio o niente.2 Collins metteva a confronto «grandi» aziende con altre che operano negli stessi settori industriali: le grandi aziende erano quelle che mostravano risultati significativamente migliori (in termini di valore azionario) per un periodo di quindici anni. L’autore scoprì che spesso anche le grandi aziende avevano bisogno di più di un anno di tempo per definire gli obiettivi e di vari anni per realizzarli. Non solo: nella maggior parte dei casi, prima di cominciare effettivamente a lavorare per un obiettivo, era necessario che un team competente di top manager si fosse insediato. Senza dei leader che credono nell’obiettivo, che lo comunicano, che sono di esempio e che si assicurano che i dipendenti lavorino nella direzione del progetto, il concetto rimane vuoto.
In molte aziende l’obiettivo è descritto come «missione». Jack Welch, ex amministratore delegato della GE, ha recentemente scoperto, con sua grande sorpresa, che il 60 per cento degli amministratori delegati che partecipava ai seminari non disponeva di una esplicita dichiarazione della missione dell’azienda, mentre l’80 per cento non aveva chiaro quali fossero i valori aziendali. Ha inoltre scoperto che, a fronte di dichiarazioni utili, come quella fornita da Google, che recita: «Organizzare l’informazione nel mondo e renderla universalmente accessibile e utile», molte dichiarazioni della missione aziendale erano prive di significato, per esempio: «La nostra missione è di essere la migliore azienda in campo».3
page_no="70" Se chiedete a qualcuno quale obiettivo si è dato nella vita, saranno in pochi a fornirvi una risposta chiara, anche se in molti vorrebbero averla. La mia risposta a tale domanda è molto semplice: l’obiettivo dell’esistenza è di essere felici. Un obiettivo condiviso, come un desiderio condiviso di felicità, è il prerequisito perché le persone si identifichino nell’azienda. Se dopo essere entrate nell’azienda si accorgono che non ne condividono gli obiettivi o che l’azienda non ne ha uno chiaro, resteranno deluse e quindi demotivate; la possibilità di essere felici andrà perduta. Quando le persone hanno chiaro l’obiettivo di un’azienda, poiché una leadership forte lo ha comunicato, lavorare per quell’azienda contribuirà alla loro felicità.
Decidere i valori
Oltre a chiarire l’obiettivo di un’organizzazione, uno dei compiti e delle responsabilità principali di un leader consiste nel definire i valori o i principi che ispirano la direzione e i dipendenti nel momento di prendere una decisione o di agire. La formulazione di tali valori va sotto etichette diverse: principi generali, valori, codice etico, codici di comportamento, dichiarazioni di responsabilità aziendale.
Tocca evidentemente ai leader favorire la fede in dichiarazioni del genere, e agire secondo i principi. Di conseguenza, i principi vanno definiti sotto la leadership diretta dell’amministratore delegato e mai lasciati ad altri.
Cor Herkströter, ex amministratore delegato della Shell e attuale presidente della ING, sostiene che è molto difficile formularli. Spiega che il valore dei principi aumenta in modo esponenziale se non vengono «mai» cambiati; i principi modificati di anno in anno perdono qualsiasi valore per i dipendenti e di conseguenza per l’azienda. «Se i principi possiedono la qualità giusta» mi ha spiegato «la gente dirà: “Perfetto, io stesso avrei potuto scriverli”.»
Herkströter ritiene che le caratteristiche essenziali di questi principi siano quattro:
page_no="71" – devono essere chiari e facilmente comprensibili;
– devono richiamare l’attenzione delle persone che lavorano per l’azienda;
– devono aiutare le persone a prendere decisioni responsabili;
– devono risultare significativi in culture diverse (nel caso di un’azienda multinazionale).
Un’estensione del codice di condotta aziendale è il concetto di «cittadinanza aziendale», essenzialmente l’idea che una azienda, al pari di un individuo, debba agire come membro responsabile della società. A questo atteggiamento sono stati assegnati vari nomi: fra gli altri ricordiamo «sviluppo sostenibile», «responsabilità sociale aziendale» e «triplice obiettivo».
Indipendentemente dal termine prescelto, si potrebbe dire che la responsabilità aziendale consista nell’applicazione alle aziende, anziché agli individui, dei concetti buddisti di giusta visione e di giusta condotta. Nel definire i propri valori, per esempio, molte aziende ricorrono al concetto di stakeholder. Uno stakeholder non è soltanto un investitore finanziario; nel contesto della responsabilità aziendale il termine fa riferimento a tutti gli individui e le organizzazioni su cui le operazioni dell’azienda hanno una qualche ricaduta. Ciò include una cerchia interna composta da dipendenti, azionisti, clienti e fornitori, e molte altre organizzazioni che vanno a formare una cerchia esterna, per esempio le ONG, gli enti governativi e la comunità in cui l’azienda opera (in questa definizione di stakeholder è spesso compreso anche l’ambiente, che evidentemente subisce l’effetto delle nostre azioni). Una tale definizione ben si accompagna al concetto di giusta condotta.
Il Dalai Lama ne spiega la rilevanza.
Molti dei principi commerciali introdotti nelle dichiarazioni dei valori e dei principi costituiscono esempi di giusta condotta, come per esempio:4
– ci aspettiamo che tutti i nostri dipendenti agiscano onestamente, con integrità e correttezza (azione);
– aiuteremo gli individui in tutto il mondo a vivere una vita più piena, sia grazie ai servizi che forniamo sia grazie all’impatto che abbiamo sul mondo intorno a noi (preoccupazione per il benessere altrui);
– accettiamo la responsabilità dei rapporti con le comunità e faremo investimenti in campo sociale tali da implicare un ricorso effettivo alle nostre risorse, incluso il sostegno a organizzazioni caritatevoli (azione responsabile);
– ci impegniamo a utilizzare pratiche commerciali sostenibili e a proteggere l’ambiente (preoccupazione per l’ambiente);
– i nostri clienti hanno deciso di avere fiducia in noi, di conseguenza dobbiamo sforzarci di anticiparne e comprenderne i bisogni, e fare in modo che possano godere dei nostri servizi (preoccupazione per il benessere altrui).
Il carattere del leader
I compiti principali di un leader sono dunque di chiarire l’obiettivo, definire i valori, creare la fede e prendere le giuste decisioni. Tutti concordano sul fatto che la qualità della leadership all’interno di un’organizzazione è il più evidente fattore di previsione del suo successo. Qual è il tipo di persona più adatto a questo lavoro?
Chester Barnard distingue fra capacità «tecniche» e carattere:
Un leader deve possedere notevoli capacità tecniche di comprensione della tecnologia, di percezione, di conoscenza, di memoria e di immaginazione. Deve inoltre eccellere quanto a determinazione, resistenza e coraggio.5
Essere leader secondo i precetti del buddismo significa sviluppare il proprio carattere applicando i principi della giusta visione e della giusta condotta, cosicché, grazie all’applicazione coerente di tali principi, i tratti desiderati comincino a formarsi.
Un aspetto essenziale della leadership consiste nell’assumere dei rischi. Se una decisione si rivela erronea, il leader ne è responsabile. Chi è nominato leader si accorge ben presto che tutte le decisioni oggetto di forti controversie finiscono sulla sua scrivania, e che il suo è un ruolo che richiede coraggio.
Se segui il processo decisionale a partire dalla giusta visione e dalla giusta condotta, le decisioni saranno analizzate sotto punti di vista diversi, inclusa la valutazione delle conseguenze per l’azienda e per gli stakeholder. In questo modo il livello di rischio si abbassa, poiché sai che stai prendendo le decisioni giuste.
In una azienda olandese di grande successo, l’amministratore delegato e il gruppo manageriale rivedevano i pro e i contro di ogni decisione importante, litigando a volte in modo feroce. Non prendevano tuttavia alcuna decisione fino al giorno dopo, quando le emozioni si erano ormai calmate. Allo stesso modo Nita Ing, amministratore delegato d...