Nuovi Argomenti (61)
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Nuovi Argomenti (61)

Supernova

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Nuovi Argomenti (61)

Supernova

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Hanno collaborato: Paolo Giordano, Roberto Benigni, Viola Di Grado, Ginevra Lamberti, Michela Monferrini, Niccolò Contessa, Matteo Trevisani, Marco Cubeddu, Nicola Ingenito, Gaia Coltorti, Giorgio Ghiotti, Giuseppe Genna, Tommaso Pincio, Rosa Chacel, Charles Simic, Claudio Damiani, Giorgio Agamben, Massimo Rizzante, Leonardo Colombati.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852036712
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SUPERNOVA
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LA CASA INCLINATA SULL’ORLO
DI UN BURRONE

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di Viola Di Grado

1.
Vivo in una casa inclinata sull’orlo di un burrone, e non sono mai stata perdonata.
Più giù, sotto il burrone, c’è la foresta, ma non guardo oltre i vetri. Dentro casa mancano le tenaglie e le forbici, i chiodi, le risposte. Fa sempre freddo, e il vento è ogni giorno più forte. C’è sempre odore di legno e di erba umida. Ci sono bruchi lenti che strisciano tra i mobili, e lungo i muri braccia di edera frantumata. Ci sono spifferi dappertutto e corvi che vengono a morire sulla finestra. In casa mia e nel mio corpo manca la pace e si può stare in silenzio per anni.
So fare tante cose: so dormire, invecchiare, tenermi in equilibrio. Non ho vertigini oppure desideri. Le mie labbra non sono ancora secche e il legno dei cassetti non è usurato. La porta non cigola e i muscoli non fanno male. Non ho specchi perché potrebbero cadere e rompersi, ma sono viva: anche in una stanza dentro una casa inclinata sull’orlo di un burrone, la vita va nella direzione giusta. Quando arriva il temporale gelano i muri, le ante risuonano, la gola brucia, la testa fa male, il vetro tintinna, e non sono mai stata perdonata per questo.
Ho provato a coltivare una pianta. Ho provato ad innamorarmi ma è difficile innamorarsi in pendenza. La mia casa ha pareti forti e crepe profonde. La mia casa ha molti stati d’animo ma la maggior parte sono così inclinati da non darmi tregua. Parlo con il vento. Quando la mia casa sta bene, cammino diritta dal bagno alla cucina. Nella mia stanza c’è tutto il tempo per aspettare l’estate. Una mattina mi sono svegliata e cadeva tutto, scivolavano le scarpe e i romanzi ingialliti e i cuscini indiani. Il letto è sbattuto contro il muro. C’era il sole.
Non ho amici: nessuno tranne me capisce la forza di gravità.
2.
Vivi in una casa che non è inclinata e non è sull’orlo di un burrone. Di giorno prepari il mio sonno. Di notte vieni a casa mia e mi stendi sul letto. Mi spogli. Distendi su di me le dita medicinali, contro l’umidità e gli oscuramenti. Le tue labbra contro l’essere una sola. Poi fuori è arrivata la nebbia e non si vede nulla. Il mio letto è pieno di foglie morte. Fuori è arrivata la nebbia, tu mi hai portato coperte contro il gelo e te stesso contro il vuoto. Il mio letto è pieno di pelle morta.
Una mattina ti sei svegliato qui con me e cadeva tutto. I libri, i cappelli, la bambola bruna nascosta nell’armadio. Ti sei spaventato. Io ti ho promesso che questa è l’ultima casa e l’ultimo precipizio e questa è la mia ultima vita. Cadevano anche i piatti in cucina e i saponi in bagno. Ma nella mia casa in forte pendenza non si può cadere davvero, si arriva fino al punto di crollare e poi si resta così.
3.
Viviamo in una casa inclinata sull’orlo di un burrone. Le serrature sono piene di artigli di uccelli e in giardino non ride mai nessuno. Il giardino è l’orlo del burrone. Non abbiamo specchi perché potrebbero cadere e rompersi. Tu mi dici come cambia la mia pelle e fai il conto delle rughe. Io ti dico quanto sei umano, faccio provviste con le tue cure. La notte ti svegli per raccontarmi i miei sogni. Sogno sempre di vivere in una casa che non è inclinata sull’orlo di un burrone.
Poi oggi la tempesta è entrata dalla porta.
Sotto il burrone la pioggia bagna gli alberi. Sopra, la mia casa cigola e trema, geme, sembra cadere ma non cade: solo io conosco il suo equilibrio. Dentro, una donna piange e trema, sembra impazzire ma non impazzisce: solo tu conosci il suo equilibrio. Non puoi lasciarmi: la mia casa è in forte pendenza.
Tutto quello che c’è dentro la mia casa e la mia testa è inclinato, cominciato, consumato dal freddo. Si ha bisogno di chiedere, chiedere, ma la temperatura è sotto zero. I panni, sullo stenditoio, sono ghiacciati. Il pane, a terra, sbocconcellato. Parlo con il vento. Nella mia stanza c’è tutto il tempo per aspettare l’estate. Ho bisogno di chiedere, arrivo al quesito più implorante, poi resto così. Ho provato ad essere amata nella casa inclinata sull’orlo del burrone, e non sono stata perdonata per questo. Una mattina mi sono svegliata e cadeva tutto, scivolavano le scarpe e i romanzi ingialliti e i cuscini indiani. Il letto è sbattuto contro il muro. È caduto il candelabro. La notte abbiamo dimenticato di spegnere le candele. Il tappeto ha preso fuoco. Il letto ha preso fuoco. Le mie braccia. Le tue. Le mura si spezzano, il pavimento si spacca. La casa si è aperta, per la prima volta, e non sarà mai perdonata.
È di nuovo inverno, e in mezzo alle labbra c’è una foglia e un bruco. È difficile anche per una foresta tenere un segreto, quando sopra c’è una casa e dentro una donna spenta inclinata. Ma nella mia casa non si può morire, no, s’invecchia cent’anni, si arriva fino al punto di cadere, e poi si resta così.
4.
Sono una casa inclinata sull’orlo di un burrone. Mancano le tenaglie, le forbici, le posate.
A volte i furetti cercano di entrare ma non ci riescono. Io tengo sempre la finestra chiusa perché non ho nulla da dire. A volte un uomo cerca di entrare ma non ci riesce: ho le gambe chiuse e le braccia intricate. A volte una donna sbatte i pugni sul vetro fino a ferirsi le nocche. Quella donna non sono io. Io sono la casa inclinata sull’orlo di un burrone, e non sono mai stata perdonata per questo. A volte basta chiudere gli occhi e l’edera mi arriva al seno.
Una mattina mi sono svegliata e cadeva tutto. Le sedie, il cuore, il fegato, le tende, gli intestini. La finestra era aperta, la bocca aperta, la mano aperta. C’era il sole.

LA QUESTIONE PIÙ CHE ALTRO
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di Ginevra Lamberti

Oggi mi sono alzata dal letto e ho aperto la porta di casa. Fuori di casa c’è la valle dove vivo. È un posto con dei difetti oggettivi, tipo quello di essere permeato dalla morte civile, ma a parte questo è esteticamente pregevole. Allora ci ho dato un bello sguardo panoramico, e ho pensato che ho bisogno di recuperare concentrazione, di studiare, di rivalutare piani e priorità, e in ultima analisi di mettere il broncio arbitrario con il mondo, confidando che il mondo accorrerà a comperarmi delle caramelle. Allo stato attuale delle cose, mancano diciannove giorni a Natale, ventiquattro a Capodanno, qualcosa di più e di ancora imprecisato all’ultimo esame, quello che sta lì e mi guarda da due comodi anni e mezzo fuori corso. La questione che mi mette in difficoltà è più che altro che stare parcheggiata nella valle dove vivo alla lunga annoia di noia mortale.
A conti fatti, comunque, volevo dire che sto bene, a parte che l’isolamento di un ipocondriaco è un generatore automatico di cartelle cliniche. Ieri ho scritto sul diario che quando muoio voglio essere cremata, e ho riportato username e password che, in caso di tragedia, potrebbero essere utili a cari e congiunti per sistemare le mie cose. Alcune altre volontà postume le metto anche qua così non avrò più bisogno di ripeterle:
Al mio funerale vestitevi colorati.
Niente tinte pastello.
Se pubblicate i miei diari (e del resto perché non dovreste volerlo fare) senza un sapiente lavoro di editing mirato a farmi sembrare più intelligente di quel che sono, tornerò a fare scempio delle vostre carni.
A questo proposito, cioè a proposito della morte e dei funerali, volevo dire che l’altro giorno guardando uno speciale in terza serata su Rai3 ho scoperto che esiste un sistema di sepoltura alternativo. Questo sistema di sepoltura alternativo è tale per cui ti mettono in posizione fetale dentro un uovo biodegradabile e intanto che ti biodegradi alimenti la crescita di un albero. E poi ho anche scoperto che c’è un sistema di sepoltura alternativo che ti trasforma in diamante. L’avevo visto in un altro speciale in terza serata su Rai3, se non ricordo male immediatamente successivo a un documentario tedesco sull’autismo. Comunque, in questo speciale in terza serata c’era un uomo che aveva un anello con sopra incastonata la nonna e lui diceva che lei, in vita, era stata una donna molto elegante e che quindi avrebbe apprezzato di stare incastonata su di un anello. Poi ha detto che voleva lasciare in eredità alla figlia una collana con appesi tutti i parenti, di modo che se li portasse sempre appresso.
Comunque ieri era una bella giornata, difatti mi sono alzata dal letto per mettermi a studiare, invece poi sono andata dalla Vanda. La Vanda è la signora che dà il pane secco ai cigni del lago (dei cigni e del lago ne parliamo diffusamente tra un attimo). La Vanda la vado a trovare sempre volentieri, intanto perché usa indossare degli abiti sintetici leopardati, poi perché ha una Madonna di Lourdes incastonata nella pietra di cui va molto fiera, e in ultima analisi perché mi prepara il budino. Comunque dopo il budino della Vanda sono tornata a casa a fissare il muro, poi era già sera, allora mi sono attaccata all’Amaretto di Saronno e ho visto dodici puntate di Lost. Oggi anche è una bella giornata, però non mi ricordavo bene dov’ero. Ero nella valle dove vivo, allora mi sono alzata dal letto, ho aperto la porta di casa, sono uscita di casa, e ci ho dato un bello sguardo panoramico.
La valle dove vivo si trova a nord della provincia di Treviso. C’è un lago artificiale che serve per alimentare la centrale idroelettrica, poi c’è molto bosco e nel bosco ci sono molti alberi e tra gli alberi ci sono molti tralicci e sui tralicci ci sono molti rampicanti. Prima c’erano anche le persone che guardavano il lago e dicevano qua una volta era tutta campagna. Ora stanno morendo, se vuoi anche lentamente, ma con una certa costanza, e tutto ci fa pensare che presto o tardi verranno sostituite da nuovi vecchi che guarderanno la statale e diranno qua una volta era tutto autostop. C’è un viadotto che hanno tirato in piedi nei primi anni Novanta, e una torre medievale che con coerenza hanno tirato in piedi nel Medioevo. I morti dormono sulla collina, i suicidi hanno una scelta discreta, alcuni si buttano nel lago, altri a volte piovono dal viadotto. Nel lago, oltre ai cadaveri occasionali, c’è una coppia di cigni. Coi cigni maschi le cose sono sempre state un po’ difficili. A uno gli hanno sparato, a un altro lo hanno decapitato. Allora ne hanno portato un terzo un po’ scimunito e con un’ala mezza rotta. È ancora là con il cigno femmina e hanno ampiamente figliato. In generale c’è molta atmosfera.
Comunque, prima se non sbaglio stavo dicendo che oggi era una bella giornata, ed effettivamente era bella, anche se c’è da dire che faceva freddo, molto freddo. Qua fa sempre freddo. E la cosa che volevo spiegare è che in casa mia non c’è il riscaldamento, nessuno ce l’ha messo e nessuno pare averne mai sentito il bisogno. Oltretutto per volere di nonna è da tempo immemore che in cucina esiste solo l’acqua fredda. E io magari sbaglio, ma credo che un giorno, avere in corpo i geni di una che a un certo punto della sua vita ha chiamato l’idraulico per fargli tagliare il tubo dell’acqua calda ché così nessuno la spreca e nessuno la sprecherà mai, mi creerà dei grossi problemi. Nonna, che per questioni di provenienza geografica chiameremo nonna-di-su, oltre che per la sua rigidità morale e il gelo cui ci ha relegati per sempre, la ricordiamo anche per le sue massime, che hanno contribuito a forgiare l’ottimismo proprio di una famiglia che, nei momenti di difficoltà, pensa subito Forza e coraggio che la vita è di passaggio e dopo aprile viene maggio (cui segue la versione ermetica La vita è breve / morir si deve).
Con nonna-di-su, una delle cose che facevo a parte la questione dell’andare a messa tutti i giorni, era passeggiare le sere d’estate con le altre sue amiche vecchie. Le vecchie uscivano nelle sere calde e umide, e insieme a loro uscivano gli slacaj, cioè dei grossi lumaconi rossi senza guscio che mangiano le piante dell’orto e sono anche brutti a vedersi. Le vecchie strisciavano a gruppi di tre-quattro trascinandosi sui loro bastoni. La più potente era una quasi centenaria che di bastoni ne aveva due, fondamentali per schiacciare gli slacaj e disseminare la via di pus giallo. Credo che in generale alle vecchie gli piacesse rifarsi su qualcuno che strisciava più lentamente di loro e trovare un motivo di rivalsa dalle difficoltà quotidiane. A ogni modo dicevo, che tra gli slacaj, rispetto a quelli sbudellati al crepuscolo, quelli raccolti durante il lavoro in orto e in giardino facevano una fine anche peggiore, venivano cioè messi in un barattolo e sciolti con il sale. E tra le vecchie, quella meno potente, ma più cattiva, di bastone ne aveva uno solo, e una volta mi ha chiamata da parte e scostando delle sterpaglie mi ha detto guarda che grossa, è incinta. Poi tutto giallo.
Comunque, al fine di incrementare questa cosa della concentrazione e dello studio, ho deciso che dovevo fare una pausa dall’internet. A voler essere precisi è il quindicesimo giorno di pausa, ne mancano dieci a Natale, quindici a Capodanno, qualcosa di più e di non meglio precisato all’esame. Sono anche tranquilla, la questione è più che altro che avrei anche voglia di comunicare con te, ma con te non ci comunico. L’altro giorno la genitrice si è messa a tirare fuori le scatole degli addobbi natalizi, ma a me il Natale non sembra un’abitudine sana, allora sono andata in biblioteca.
Una cosa bella delle biblioteche è quando la gente è stanca e poggia la testa sul tavolo. Io penso che se in biblioteca non hai mai poggiato la testa sul tavolo, non hai un’anima. Nella biblioteca della città della valle dove vivo ci sono sempre le stesse persone. Anche in quelle di Venezia, che poi sarebbe la città dove studio, ma a Venezia di biblioteche ce ne sono tante, e se sei stufo di vedere le stesse persone puoi spostarti e vedere le stesse altre persone, e sei stufo di vedere le stesse altre persone puoi spostarti e vedere le stesse persone altre. Nella mia città no, e tra le stesse persone di sempre ce n’è uno che alla mattina arriva e tira fuori una salvietta e inizia a pulire la sedia, poi inizia a pulire il tavolo e a questo punto temo sempre che in un impeto di entusiasmo cerchi di igienizzare anche me. La mia amica, quella che dovreste cercare di avere con voi in caso di allunaggio (ma di lei parleremo diffusamente a breve), dice che sono il suo tipo.
Dopo anni di attenta osservazione, penso di poter dire che nelle biblioteche una fetta ingestibile di tempo dello studente medio sia investita nell’assumere pose plastiche per attirare l’attenzione degli altri avventori. I sistemi per creare argomenti di conversazione atti ad evitare di studiare sono vari, tra questi si annovera anche la messa a bella mostra di libri bizzarri e chiusi. In seconda battuta subentra la necessità di scegliere le pause caffè e/o sigaretta con tempismo, passare tra i tavoli con misurata nonchalance e scendere le scale sventolando le chiome con un libro bizzarro e chiuso sotto braccio. In genere tutto il processo finisce che poi ti deconcentri e cadi dalle scale.
Dicevo prima che per quanto uno può stare delle ore in biblioteca a intrattenersi con queste attività, poi esce fuori e fuori è Natale, e a me il Natale è sempre sembrato una cosa sconveniente. Anche alla genitrice non piace tanto, però le piacciono i lavoretti. Allora io su questa cosa dei lavoretti ci ho riflettuto e mi sono convinta che funziona così, tu in pratica cresci, e se resti gravida ti sequestrano e intanto che sei gravida ti portano a frequentare un corso segreto della CIA per mamme. A questo corso segreto della CIA ti insegnano principalmente a tirare bene le lenzuola quando rifai i letti. Poi ti impiantano una cosa nel cervello che è come una piccola bomba a orologeria che esplode quando compi cinquant’anni. In quell’esatto giorno, o tutt’al più il giorno dopo i festeggiamenti, tu ti alzi e vai a recuperare un libro con dentro un corso di giardinaggio e un libro con dentro un corso di découpage. Da lì in poi non è più finita. Per dire, la genitrice adesso scartavetra mobili e tinteggia muri con una certa professionalità. L’unico dramma è che i muri li tinteggia con tinte tipo verdino, giallino, arancionino. Ed io tremo, all’idea che un giorno nella sua coscienza possa farsi strada il concetto di stencil.
Anche oggi mi sono alzata dal letto, ho aperto la porta di casa e credo si sia capito che fuori dalla porta di casa non c’era Manhattan bensì la valle dove vivo. Nello specifico era una giornata un po’ diversa dalle altre, nel senso che mi sono svegliata a causa delle urla del vicino. Le urla del vicino sono una delle cose che accadono nella valle al pari del succedersi delle stagioni. Il vicino ha una faccia solcata con l’aratro, si aggira per la valle con metà di questa faccia coperta da un cappello di lana e impenna sul trattore come un tamarro di periferia sul suo motorino truccato. Quando le forze gli erano più prossime dei by-pass estraeva macchine impantanate nel fango a mani nude. Allo stato attuale delle cose è un vecchietto che trascina balle di fieno, o si fa trascinare da esse, ama i frutti della sua vigna, ed esprime questo suo trasporto emotivo levando grida al cielo, alla luna, alle stelle, al sole che sorge e a qualsiasi ora del giorno in periodo di vendemmia. L’argomento principale dei suoi soliloqui sono gossip vintage...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Nuovi Argomenti (61)
  3. DIARIO - Paolo Giordano
  4. PER GIUSEPPE BERTOLUCCI
  5. SUPERNOVA
  6. SCRITTURE
  7. RIFLESSIONI
  8. Notizie biografiche
  9. Copyright