È nata nel Bronx nel 1922 con il nome di Grace Goodside da genitori ebreo-russi, fuggiti negli Stati Uniti dalla Russia zarista. Considera l’America la propria patria, ma si interroga su cosa sarebbe potuta essere la sua vita se Isaac e Mary, così erano chiamati i genitori in America, fossero rimasti a vivere nella terra dei loro avi. Vive da molti anni in un paese del Vermont chiamato Thetford, ma continua a tenere un appartamento nel Greenwich Village, dove mi riceve come se fossi un suo grande amico. Si tratta esclusivamente di affabilità, perché in precedenza ci siamo visti soltanto una volta, e per un’intervista che non venne mai pubblicata. Insiste perché la chiami Grace, ed è molto incuriosita dal fatto che voglio conversare sul suo rapporto con la religione. Mentre prepara un tè verde mi chiede come mi sia venuto in mente di impelagarmi in un argomento del genere.
Credo che sia l’argomento più importante di questi tempi. Anzi il più importante di sempre...
Stai dicendo sul serio?
Certamente, e devo dedurre che non è lo stesso per te.
Direi che il rapporto con lo spirito è un tema eterno.
Tu credi in Dio?
No. Ma provo da sempre un profondo interesse per la Bibbia.
Da quale punto di vista?
Da un punto di vista storico e letterario. Non ho alcuna esitazione a definirlo il libro dei libri, ma per me non ha valore religioso. Credo che sia un meraviglioso libro storico con grandi momenti di poesia, che racconta la storia di un popolo che definisce se stesso.
A cosa ti riferisci quando parli di poesia?
Ad esempio ai Salmi di Davide, e rimango sempre turbata e commossa dal fatto che questo grande poeta fosse anche un re battagliero.
Come mai hai citato soltanto l’Antico Testamento?
Perché non amo in egual misura il Nuovo Testamento.
Come mai?
Mi sembra che quel meraviglioso percorso di definizione e autodefinizione presente fino a quel momento divenga propagandistico.
Cosa intendi?
Be’, forse quello che ho usato è un termine forte e riduttivo: diciamo che diviene puramente religioso, e per quanto riguarda il mio approccio non interessante.
Cristo parla agli ebrei e ai gentili.
Lo so, e sono sempre commossa dalle parole di Cristo. Ho dei problemi maggiori con Paolo: è con lui che nasce istituzionalmente la nuova religione, e credo che questo sia stato un errore.
Credi alla figura storica di Cristo?
Sì, certamente, e ritengo che sia stato uno dei più grandi e profondi pensatori della storia. Negare questo sarebbe anche un atto di ignoranza.
Parlami della tua educazione religiosa.
C’è ben poco da dire: i miei genitori erano entrambi atei, e quando fuggirono via dalla Russia erano contrari ai rabbini non meno di quanto fossero contrari allo zar.
Non c’è stato nessuno nella tua famiglia che ti abbia parlato di religione, o educato secondo insegnamenti religiosi?
L’unica persona che aveva dei blandi sentimenti religiosi era mia nonna Nataša. Fin quando è vissuta ha abitato insieme a noi, ed era l’unica con cui ogni tanto parlavo di spirito. Posso dire lo stesso per quanto riguarda i miei fratelli: nessuno di noi ha mai creduto in Dio.
Cosa provi quando incontri qualcuno che crede?
Provo un sentimento ambivalente: rispetto il suo pensiero e il suo credo, ma nello stesso tempo credo si faccia delle illusioni. Questo non significa che non mi interessi avviare una discussione: sono sempre incuriosita dalle idee, specie da quelle più distanti dalle mie.
Cosa pensi invece quando ascolti o leggi le parole di un leader religioso?
Dipende: sono sicura che ce ne siano alcuni in assoluta buona fede che non esito a definire dei santi uomini. Ma non credo che questo discorso lo si possa estendere a tutti.
Credi che esista una vita dopo la morte?
Ovviamente no. E te lo dice una persona di ottantatré anni, consapevole che non le rimane molto da vivere. Nel momento in cui esalerò l’ultimo respiro terminerà tutto. Arrivederci, anzi addio.
E qual è la tua riflessione a riguardo?
Che è triste, ma che la vita è bella.
Non ti è mai successo di fronte a qualcosa di particolarmente bello o sconvolgente di sentire l’esistenza di qualcosa di superiore?
Mi è capitato di sentire l’esistenza del mistero. Questo sì, non lo nego. Come non nego che avvengano ripetutamente delle cose inspiegabili, e perfino dei miracoli. Ma non ricollego questi eventi a una presenza onnipotente e onnisciente.
Hai mai provato la nostalgia per un elemento così importante per la tua tradizione come la religione?
No, ma devo confessarti che negli ultimi dieci anni ho cominciato ad andare nuovamente in sinagoga.
Mi sembra che questo smentisca tutto quanto mi hai raccontato finora.
Devo farti una seconda confessione: il motivo per cui vado in sinagoga non è religioso. Da quando sono andata a vivere nel Vermont con il mio secondo marito Robert, ho sentito la necessità di ritrovare la mia comunità. Io sono nata e cresciuta nel Bronx in una zona totalmente ebraica, e oggi mi trovo in un’area rurale quasi interamente cristiana. Il luogo di ritrovo è la sinagoga...
Ma non ti sembra di sfruttare la religione per un’esigenza di altro tipo?
Forse, ma so anche che la mia tradizione è un tutt’uno con la religione e, chissà, sento anche un richiamo. Ultimamente mi è capitato anche di accalorarmi in grandi discussioni con il rabbino dopo la funzione... Anche se per me quello che accade davanti ai miei occhi nel tempio è poco più che una rappresentazione teatrale.
Tuo marito è religioso?
È un cristiano episcopale. Ma non direi che sia una persona molto osservante. Come non lo era il mio primo marito, ebreo. Posso farti a questo punto una domanda io?
Certo.
Perché mi hai detto che il rapporto con la religione è importante in particolare in questo momento?
Mi riferivo a quanto succede nel mondo. Ad esempio: credi che la religione sia un’opportunità per la pace o per la guerra?
Può essere entrambe le cose, e la storia ce lo ha dimostrato ripetutamente. Credo che nei conflitti con una dimensione religiosa la guerra sia inevitabile se non si rinuncia a qualcosa.
Ma ora voglio farti una seconda domanda.
Prego...
Tu credi?
Sono cattolico, apostolico, romano.
E cosa c’è per te dopo la morte?
La vita vera.
E cos’è questa vita che stiamo vivendo in questo momento?
Un passaggio e un dono.
Ecco, vedi, questa è un’idea che mi interessa, perché è lontana dalle cose in cui credo. Ritieni di essere più felice di me?
Questo non lo so, ma so che san Paolo, che tu non ami, dice: «La felicità sia nei vostri cuori». Ora fammi riprendere il mio ruolo...
Purché tu sia disposto a cederlo nuovamente.
Promesso. Voglio sottoporti una frase che ho chiesto di commentare a quasi tutti i miei interlocutori. Si tratta della frase di Dostoevskij: «Se Dio non esiste, tutto è possibile».
Non ci ho mai creduto. Mi sembra che mortifichi l’umanità e la coscienza intima dell’uomo. Il mondo ha commesso mostruosità anche credendo in Dio e seguendone (o almeno, credendo di seguirne) gli insegnamenti. Quello che riguarda la vita dell’umanità non ha nulla a che fare con l’eventuale esistenza dell’onnipotente. E dico questo con la consapevolezza che continua a rimanere – o se vuoi a dominare – il mistero.
Credi quindi che la fede sia soltanto un’illusione?
Credo che possa essere anche uno strumento utile, per esempio a migliorare il mondo. Tu senti di essere migliore grazie alla fede?
Mi sentirei inutile senza. E ancora più inutile senza la carità.
Ti precedo: so bene che stai citando l’inno alla carità, è un passo di Paolo. E aggiungo: sulla carità sono pienamente d’accordo. Una delle esperienze più belle, gratificanti e arricchenti della mia vita è stata la conoscenza del Catholic Worker Movement. Si può dire tutto sulla fede, ma quello che ho visto fare quotidianamente da loro e da tutti quelli che hanno raccolto l’eredità di Dorothy Day è semplicemente meraviglioso: uno straordinario insegnamento per tutti su cosa significhi amare e fare qualcosa con determinazione e spirito di servizio per migliorare il mondo. Per quanto mi riguarda si è trattata di un’esperienza che mi ha formato anche nella coscienza sociale, politica e perfino artistica.
Cosa intendi quando parli della formazione della coscienza artistica?
Mi riferisco a qualcosa che non riesco a definire con chiarezza, ma che è certamente presente. Mi chiedo ad esempio come mai un’atea come me, che al massimo concepisce l’esistenza del mistero, abbia scritto delle poesie su Dio.
Mi stai dicendo che c’è qualcosa di non definitivo nel tuo credo? Anzi nella tua mancanza di credo?
Sarebbe grave se non fosse così. Mi spaventano le posizioni assolute. Ma non sento quella che voi credenti chiamate grazia. Mi sento piuttosto parte del grande e meraviglioso mistero dell’esistenza, e mi chiedo cosa saremo fra un milione di anni. Oggi vedo che c’è così tanta vita che ci vogliamo distruggere...
Ci sono degli scrittori che ammiri in cui è presente in maniera preponderante l’elemento religioso?
Come non si fa ad ammirare Dante? Ma credo che anche lui, come tutti gli artisti che hanno creduto in Dio, abbia avuto i suoi momenti di dubbio.
New York...