Nuovi Argomenti (29)
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Nuovi Argomenti (29)

  1. 384 pagine
  2. Italian
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Nuovi Argomenti (29)

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Informazioni sul libro

Hanno collaborato: Enzo Siciliano, Cristina Ubax Ali Farah, Angeliki Riganatou, Manuela Avakian, Ron Kubati, Claudio Nigro, Igiaba Scego, Muin Masri, Ingy Mubiayi, Charles Simic, Vincenzo Pardini, Nino De Vita, Valerio Aiolli, Igino Domanin, Fabio Pusterla, Pasquale di Palmo, Giuseppe Goffredo, Andrea Inglese, Francesco Ivan Piccioni, Maria Grazia Calandrone, Roberto Amato, Eric Salerno, Andrea Carraro, Roberto Benzi, Ferruccio Parazzoli, Leonardo Colombati, Alessandro Baldacci, Alessandro Piperno, Mario Santagostini, Riccardo D'Anna, Alessandro Leogrande, Carola Susani, Paola Frandini.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852039300
Image

IL MIO ENTOURAGE TACITURNO


Charles Simic

Le poesie qui presentate sono inedite e fanno parte della raccolta My Noiseless Entourage la cui uscita è prevista negli Usa il 5 aprile 2005.
D.A.
Il titolo
Il modo in cui sedevi al tavolo della cucina
dava l’impressione che ti stessi contemplando i piedi
o che pensassi alla prossima mossa
su una scacchiera invisibile.
Per la verità, non facevi né l’una né l’altra cosa.
Erano le 7 del mattino.
Aspettavi che un raggio di sole
ti scaldasse un poco i piedi gelati,
o che tua moglie entrasse assonnata
con la vestaglia azzurra consunta,
e si chinasse con i capelli sugli occhi
a raccogliere il giornale che ti era scivolato di mano
con quel titolo e una grande fotografia,
e restasse così, piegata, a leggere
intenta, con la vestaglia che si schiudeva a poco a poco,
con le mammelle pendenti e il pelo scuro
ancora umido di sonno che si scoprivano del tutto,
mentre continuava a leggere con quel sussurro spettrale.
The Headline. The way you sat at the kitchen table/ Made you look like you were staring at your feet/ Or thinking of the next move/ On an invisible chess­board.// Truth to tell, you were doing neither./ It was 7 o’clock in the morning./ You were waiting for a ray of sunlight/ To set warm your cold feet,//
Or your wife to amble in drowsily/ In her frayed blue bathrobe,/ And reach down with hair over her eyes/ For the paper that had slid out of your hands/ With its headline and large picture,//And remain like that, bent over, reading/ Intently, with her robe opening bit by bit,/ The dangling breast and dark pubic hair/ Still moist with sleep coming into full view,/ While she read on in that ghastly whisper.
Il mio entourage taciturno
Non ci avevano mai presentati formalmente.
Non avevo idea di quanti fossero.
Era come un garbato entourage
di angeli e demoni coltivati in casa
che avevo già incontrato
e che da allora mi ero ampiamente scordato.
In tempo di pericolo, tagliavano la corda.
Dove svanivano tutti?
L’ho chiesto una sera a un delinquente
che mi puntava un coltello alla gola,
ma era atterrito anche lui,
e mi ha lasciato andare senza proferire verbo.
Era sconcertante, era proprio spaventevole
rendersi conto della propria solitudine,
come aprire un libro per bambini –
in mancanza di meglio da fare – e leggere delle stelle,
di come possano sopportare di trascorrere secoli
viaggiando verso di noi su un barbaglio di luce.
My Noiseless Entourage. We were never formally introduced./ I had no idea of their number./ It was like a discreet entourage/ Of homegrown angels and demons/ All of whom I had met before/ And had since largely forgotten.// In time of danger, they made themselves scarce./ Where did they all vanish?/ I asked some felon one night/ While he held a knife to my throat,/ But he was spooked too,/ Letting me go without a word,// It was disconcerting, downright frightening/ To be reminded of one’s solitude,/ Like opening a children’s book— / With nothing better to do—reading about stars,/ How they can afford to spend centuries/ Traveling our way on a glint of light.
Esercizio di ombreggiatura
A questa strada potrebbe giovare un po’ d’ombra
e lo stesso vale per quel bambino
che gioca da solo in pieno sole,
un’ombra che gli schizzi alle calcagna come un gattino nero.
I suoi genitori stanno in una stanza con le tende tirate.
Le scale della cantina
non sono quasi più usate
se non da qualche raro animale in caccia.
Come una compagnia viaggiante di attori in costume per
[l’Amleto,
calano le ombre della sera.
Passano le giornate nascoste sugli alberi
davanti al vecchio tribunale.
Ora viene il difficile:
che fare delle lapidi del cimitero?
Al sole non interessano le ambiguità,
ma a me sì. Apro la porta e le faccio entrare.
Shading Exercise. This street could use a bit of shade/ And the same goes for that small boy/ Playing alone in the sun/ A shadow to dart after him like a black kitten.// His parents sit in a room with shades drawn./ The stairs to the cellar/ Are hardly used any more/ Except for an occasional prowler.// Like a troop of traveling actors dressed to play Hamlet,/ The evening shadows come./ They spend their days hidden in the trees/ Outside the old courthouse.// Now comes the hard part:/ What to do with the stones in the graveyard?/ The sun doesn’t care far ambiguities,/ But I do. I open my door and let them in.
Gli storni su un albero al tramonto
mi hanno spaventato. Avevano sentito un bisbiglio
che ancora non ci era giunto,
ed erano sull’orlo
del panico collettivo.
Noi pochi che attraversavamo il parco
affrettammo il passo,
scambiandoci sguardi obliqui,
sospettosi,
curvi sotto un fardello oscuro,
fuggivamo,
disperdendoci oltre il viale
come se, anche noi, avessimo ali.
Starlings in a Tree at Dusk Spooked me. They had heard a rumor/ We had not yet,/ And were collectively/ On the verge of panic.// The few of us passing the park,/ Quickened our steps./ With a wary, sidelong glance/ At each other// Bent under some obscure burden,/ We were fleeing,/ Crossing the avenue and dispersing/ As if we, too, had wings.
Blues di un mattino di neve
Il traduttore è uno che legge a fondo.
Porta occhiali spessi
quando scruta dalla finestra
i cespugli e i campi innevati
che sono come fogli
coperti di rapidi sgorbi
in una lingua che conosce quanto basta,
senza saperne neanche una parola,
solo ciò che discernono gli occhi,
e che il cuore intuisce del suo idioma.
Che silenzio adesso, nemmeno il flebile
frusciare di una pagina che viene voltata
in un vocabolario bianco e senza parole
perché il traduttore se ne serva
prima che ogni parola che vi si trova
si oscuri via via nel buio che viene.
Snowy Morning Blues. The translator is a close reader./ He wears thick glasses/ As he peers out the window/ At the snowy fields and bushes/ That are like a sheet of paper/ Covered with quick scribble/ In a language he knows well enough,/ Without knowing any words in it,// Only what the eyes discern,/ And the heart intuits of its idiom./ So quiet now, not even a faint/ Rustle of a page being turned/ In a white and wordless dictionary/ For the translator to avail himself/ Before what words are there/ Grow obscure in the coming darkness.
Il senso tragico della vita
Perché pochi qui ricordano le vecchie guerre,
il rogo di Atlanta e quello di Dresda,
il prozio sepolto ad Arlington,
o quel reduce del Vietnam con le stampelle
che prova a mendicare una moneta o una sigaretta.
Il lago è immobile nella luce del primo mattino.
La strada è tortuosa, rallento per far passare
un piccolo mustelide che attraversa di furia.
I pochi lacerti di nebbia residua
sono come fumo dalla bocca dei cannoni.
In un paesetto, bandiere sventolano su case scure.
Davanti a una chiesa di pietra grigia
la statua della Vergine benedice il giorno.
Suo figlio è dentro, ha paura di accendere una candela,
e dice Perdonatevi a vicenda, vestite gli ignudi.
Niobe e i suoi figli può darsi abitino qui.
Quanto a me, non so dove sono...
però me ne sto già andando di fretta
lungo un tratto di strada dove non c’è niente da vedere,
ovunque selve oscure che mi braccano.
The Tragic Sense of Life. Because few here recall the old wars,/ The burning of Atlanta and Dresden,/ The great-uncle who lies in Arlington,/ Or that Vietnam vet on crutches/ Who tried to bum a dime or a cigarette.// The lake is still in the early morning light./ The road winds, I slow down to let/ A small, furry animal cross in a hurry./ The few remaining wisps of fog/ Are like smoke rising out of cannons.//In one little town flags fly over dark houses./ Outside a church made of grey stone,/ The statue of the Virgin blesses the day./ Her son is inside afraid to light a candle,/ Saying. Forgive one another, clothe the naked.// Niobe and her children may live here./ As for me, I don’t know where I am—/ Yet here I’m already leaving in a hurry/ Down a stretch with nothing to see,/ Dark woods everywhere closing in on me.
Negozio di vestiti usati
Un bell’assortimento di vite passate
per frugarci dentro cercando
quella che vi va bene
pulita e stirata di fresco,
ma con il colletto consunto.
Un manichino vestito di nero
sta sulla porta per servirvi.
I suoi occhi non vi mollano.
I baffi sembrano disegnati
con la punta di un sigaro spento.
Torri di calzoni oscillano,
mentre vi voltate per fuggire,
e i cappelli dei morti rotolano
per terra, corrono
per scortarvi alla porta.
© Charles Simic
Da My Noiseless Entourage
Traduzione di Damiano Abeni
Used Clothing Store. A large stock of past lives/ To rummage through/ For the one that fits you/ Cleaned and newly pressed,/ Yet frayed at the collar.// A dummy dressed in black/ Is at the door to serve you./ His eyes won’t let you go,/ His moustache looks drawn/ With a tip of a dead cigar.// Towers of pants are tilting,/ As you turn to flee,/ Dead men’s hats are rolling/ On the floor, hurrying/ To escort you out the door.

DUE BICICLETTE


Vincenzo Pardini

Mio padre diceva che m’avrebbe lasciato la sua bicicletta. Così è avvenuto. Una vecchia Touring, ma ancora efficiente. Insieme a un’altra di cui parlerò, la tengo in un soppalco asciutto e areato, coperta da un lenzuolo. La protegge dalla polvere. Di quando in quando la pulisco come faceva lui: un pennello intinto nella nafta, le lubrifico razzi e cerchi; un panno unto di olio di vasellina, le strofino il telaio, la preserva dalla ruggine e dà splendore alla vernice nera. Le sue canne e i suoi movimenti sprigionano un racconto che è anche storia.
Mio padre l’ebbe in regalo dal nonno, che l’acquistò di seconda mano da un meccanico. Era seminuova. Con mio padre, all’epoca adolescente, iniziò a viaggiare in strade di polvere o di fango. Un mondo dove si poteva camminare dentro un silenzio rotto soltanto da qualche voce e pochi rumori. Tra cui lo scarrucolare di barrocci attaccati a buoi e cavalli. Rare le macchine dai larghi parafanghi che giungevano sollevando nugoli di polvere e costringevano spesso passanti e ciclisti a rallentare finché non si fossero dissolti. Andava meglio coi camions dal lungo muso a forma di scatola: avanzavano in un rombo di casseruole e scalpelli; camminavano lenti e polvere ne sollevavano poca, lasciandosi dietro odore di carburante bruciato e di terra rappresa. Quelli alimentati a legna o carbone, in salita, arrancavano con difficoltà. Calessi e barrocci, talvolta li superavano. La bicicletta respirava, incorporava quegli umori nel suo telaio che, sotto il sole, diveniva tiepido alla stregua d’un corpo.
Mio padre abitava in una casa nei pressi del...

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