Viaggio al centro della Terra (Mondadori)
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Viaggio al centro della Terra (Mondadori)

  1. 324 pagine
  2. Italian
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Viaggio al centro della Terra (Mondadori)

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Ispirato dalla scoperta di una misteriosa pergamena in caratteri runici, il professor Otto Lidenbrock di Amburgo decide di esplorare il centro del nostro pianeta. Accompagnato dal nipote Axel e da una guida islandese di nome Hans, Otto accede al mondo sotterraneo attraverso il cratere di un vulcano spento nell'Islanda occidentale, penetrando sempre di più nel ventre della Terra. Fino a scoprire un fantastico mondo alternativo pieno di grotte, passaggi, tunnel e strapiombi, ma anche un mare illuminato da aurore boreali in cui vivono creature estinte da milioni di anni...
Scritto in un'epoca in cui la geologia muoveva i suoi primi passi come scienza esatta, Viaggio al centro della Terra è soprattutto un grande racconto d'avventura, tra i più belli che la straordinaria fantasia di Verne ci abbia lasciato, qui proposto nella storica traduzione di Maria Bellonci.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852031748

Il punto supremo e l’età dell’oro attraverso alcune opere di Jules Vernea

di Michel Butor

1. I mondi conosciuti e sconosciuti

Tutti hanno letto Jules Verne e hanno subito il prodigioso potere di far sognare che fa parte del suo genio erudito e semplice. I miti che Jules Verne ci esponeva, nel suo linguaggio preciso, sono ancora vivi in noi. Si può dire, senza nessuna esagerazione, che sono all’origine sotterranea di quasi tutta la letteratura fantastica moderna, e per chi legga le anticipazioni di scrittori forse attualmente più celebri, è chiaro che hanno tutte quante la loro prima sorgente nei Viaggi straordinari, e che traggono il meglio delle loro magie da questo arsenale inesauribile d’invenzione che appariva tanto tranquillamente ogni mese nel «Magasin d’éducation et de récréation».
Riprendete i meravigliosi volumoni che l’editore Hetzel aveva presentato in veste così sontuosa, e per i quali aveva tanto bene saputo scegliere gli illustratori e i minuziosi incisori: basta far scorrere lo sguardo per pochissimo tempo sui paesaggi sottomarini che illustrano Ventimila leghe sotto i mari, perché il vecchio sogno di camminare in fondo alle acque si ridesti con tutta la sua forza.
Riaprite ancora una volta Cinque settimane in pallone. Strane reminiscenze rianimeranno quelle immagini, tutte già piene di quel mistero moderno quale Max Ernst, ad esempio, ci ha insegnato ad ammirare: Il pallone inatteso, La traversata degli stretti, La luce elettrica, Una nuvola di cavallette. Oppure, esaminate con rinnovata attenzione la sbalorditiva immobilità di certe uccisioni, magica, sacrificale, si potrebbe dire. È una caccia i cui movimenti violenti si sono di colpo come rallentati, una battaglia terribile, certo, ma insieme calma e solenne come un rito, come avrebbe potuto fissarla un Henri Rousseau: l’uccisione della tigre nella Casa a vapore, in piena notte, in mezzo al curioso scenario di palizzate, quella degli orsi bianchi nel Paese delle pellicce, o quella del bue muschiato, in piena nebbia, da parte dei compagni del capitano Hatteras.
Ripercorrete le tappe del Viaggio nel centro della Terra, e bagnatevi con Axel nelle acque di questo Mediterraneo, in questo mare dei primi tempi, sotto il suo cielo di roccia e le sue tempeste. Basta seguire le didascalie che commentano le illustrazioni del libro, ed esse vi condurranno ben presto a passi di questo genere, che, al lettore d’Eluard, potranno rivelare tutta la loro bellezza:
La luce degli apparecchi riflessa dalle mille sfaccettature della massa rocciosa incrociava i suoi raggi di fuoco sotto tutte le angolazioni: sembrava di viaggiare attraverso un diamante nel quale i raggi si rifrangessero in mille splendori.
Allo stesso modo, la familiarità con Lautréamont ci obbligherà a cambiare la nostra ottica dinanzi alla lotta del capitano Nemo con il pescecane, oppure davanti a questo paesaggio:
Alcuni arboscelli pietrificati serpeggiavano qua e là a zig zag, grinzosi. I pesci si sollevavano a frotte sotto i nostri passi come uccelli sorpresi tra le alte erbe. La massa rocciosa era scavata da impenetrabili anfrattuosità, da grotte profonde, da insondabili buchi, in fondo ai quali sentivo muoversi cose formidabili. Il sangue mi rifluiva fino al cuore, quando scorgevo un’enorme antenna che mi sbarrava la strada o un’orribile pinza rinchiudersi con rumore nell’ombra delle cavità. Miriadi di punti luminosi brillavano in mezzo alle tenebre. Erano gli occhi di crostacei giganteschi, di gamberi colossali che si erigevano come alabardieri e dimenavano le zampe con uno strepito di ferraglia, di granchi titanici, puntati come cannoni sui loro fusti, e di polipi orrendi che intrecciavano i tentacoli come un groviglio vivente di serpenti.
(Ventimila leghe sotto i mari)
Quanti altri esempi da citare! Per non prenderne che uno solo, è chiaro che la conoscenza di Michaux consente di valutare in tutto il suo pregio una lingua, di cui un tempo non giungevamo a seguire le sinuosità:
Tricotteri, le cui ali sono formate da filamenti, ghiozzi, sempre macchiettati di limo, che producono un certo ronzio; triglie, il cui fegato è considerato come un veleno; bodiani, che portano un vero paraocchi mobile; infine, cetacei dal muso lungo e tuboloso, veri mangiamosche dell’Oceano, armati di un fucile che né i Chassepot né i Remington hanno previsto, e che uccidono gli insetti bersagliandoli con una sola goccia d’acqua.
(Ventimila leghe sotto i mari)
E non si tratta davvero di brevi splendori dispersi: interi passi s’impongono fra pagine più banali troppo spesso, e ci si sorprende a rileggere per intero questi vecchi libri notissimi e insieme sconosciuti, scoprendo pian piano che si organizzano in una mitologia singolarmente strutturata, mentre i misteri e i problemi si moltiplicano, come naturale, quanto più ci s’accorge dell’immensità del loro disegno.
Infatti, un così immenso lavoro di descrizione, un tale complesso di racconti, rivela intenzioni più o meno coscienti, senza dubbio, più o meno esplicite, più o meno trasparenti, alcune nettamente scoperte, che emergono man mano dalla lettura dei testi e dal loro raffronto. Esso rivela e giudica tutto il profondo sogno che la scienza della fine del XIX secolo portava seco, e grazie al quale essa si radicava come fatto di civiltà e di mentalità. In tal modo viene a costituirsi come testimone di primaria importanza.
È stato il primo ad aver saputo trasferire nelle parole non solo l’autentico amore delle carte e delle stampe, ma quel fremito che potevamo provare da fanciulli nello sfogliare manuali di fisica, chimica e astronomia, poveri libracci, troppo difficili per noi, ma pieni di termini nuovi, di figure indecifrabili e di promesse. La materia delle sue dichiarazioni la trova in un certo tipo di scienza, rinnovando così completamente l’immaginazione del sapere, preceduto da taluni, ma soprattutto da Edgar Allan Poe, uno degli autori più ammirati, la cui influenza si può constatare in tutta quanta la sua opera. Scopriva in «questo genio strano e contemplativo» (come lo chiama in Dalla Terra alla Luna), l’esempio di un’opera letteraria imperniata su intenzioni che superano assolutamente il concetto antico di letteratura; e se si vuol valutare fino a che punto quelle di Jules Verne lo superano effettivamente, si legga solo quel che scriveva Hetzel in prefazione al primo tomo della sua edizione dei viaggi: Il capitano Hatteras.
Le nuove opere di Verne verranno successivamente ad aggiungersi a questa edizione che avremo cura di tener sempre aggiornata. Le opere pubblicate e quelle da pubblicare abbracceranno così nell’insieme il piano propostosi dall’autore, nello stabilire come titolo della sua opera quello di Viaggi nei mondi noti e ignoti. Il suo scopo è, infatti, di riassumere tutte le conoscenze geografiche, geologiche, fisiche, astronomiche ammassate dalla scienza moderna, e di rifare, nella forma attraente che gli è propria, la storia dell’universo.

2. Il criptogramma

Descrivere i mondi noti, sembra chiarissimo e semplicissimo nel positivo XIX secolo: se, d’altra parte, qualcuno tiene a presentarci dei mondi ignoti, per la ragione luminosa che non esistevano prima di essere raccontati, in tal modo ce ne procura uno immaginario teoricamente puro che può essere piacevole e in ogni caso perfettamente gratuito e riconfortante. Ma che maniera è questa di mescolare i due ambiti, di passare dall’uno all’altro con tanta disinvoltura da non poter più sapere dove si trovi il limite tra l’immaginato e lo scientifico? Il sogno accompagna e segue la descrizione più positiva senza che la minima falla si produca tra i due.
È noto sino a qual punto Jules Verne fosse preoccupato dal problema della verosimiglianza. Nell’idea dei progressi della scienza e delle possibilità di perfezionamenti tecnici che questa determina, egli trovava sempre modo di rendere credibile l’irreale. Questa attenzione scrupolosa, questo perenne sforzo di puntellare il sogno fa parte della sua potenza. Ma se questa puntellatura non distrugge ciò che ha il compito di sostenere, è solo perché si tratta di una puntellatura “reale”, e non di un procedimento d’espressione che venga a sovrapporsi a un’invenzione indipendente. Così, l’ipotesi scientifica e la spiegazione sono gli strumenti stessi dell’invenzione.
Se i sogni di Jules Verne sono tanto “naturali” ciò è dovuto al fatto che essi sono per lui gli stessi che ascolta o vede nella natura, e ciò nel senso più stretto di questi termini. Non c’è per lui differenza irriducibile tra le creazioni dell’uomo e i fenomeni della natura. Il reale è solo una forma d’assunzione dell’immaginario. L’uomo si trova in accordo profondo con le cose, che abbozzano le invenzioni degli uomini. Il passaggio dal reale all’immaginario si attua insensibilmente perché la natura stessa sogna e l’uomo finisce per realizzare proprio questi sogni, in scala più ridotta forse, con minore grandiosità, ma tuttavia più perfettamente: egli le porta a termine, e attribuisce loro il vero fine. Mantiene le promesse che sono iscritte all’interno delle cose.
Notevole infatti è l’abbondanza di archi, di colonne, di volte, di castelli apparenti, di cattedrali naturali. Ma non è questo l’essenziale, perché la natura ha un sogno di straordinaria costanza e vigore, che si rivela in tutti i suoi raggi, e questo sogno contiene tutti i precedenti. Eccone alcuni esempi.
In Cinque settimane in pallone:
Il Victoria, verso le otto di sera, era avanzato più di duecento miglia verso ovest, ed i viaggiatori furono allora testimoni di un magnifico spettacolo.
Alcuni raggi di luna si fecero largo da una fessura delle nuvole, e scivolando tra la pioggia, caddero sulla catena dei monti Hombori. Niente di più strano di queste creste di apparenza basaltica; si profilavano in sagome fantastiche sul cielo incupito; si sarebbero dette rovine leggendarie di un’immensa città del Medioevo, come quelle che, nelle notti buie, le banchise dei mari glaciali presentano allo sguardo attonito.
Ecco un luogo dei misteri d’Hudolfo, dice il dottore; Ann Radcliff non avrebbe potuto tagliare queste montagne in una prospettiva più terrificante.
In Ventimila leghe sotto i mari:
A qual punto mi meravigliavano le bellezze di quelle regioni nuove, non potrei esprimere. I ghiacci assumevano atteggiamenti superbi. Talvolta il loro insieme formava una città orientale, con minareti e moschee innumerevoli. Talaltra una città crollata come per effetto di un terremoto. Aspetti incessantemente variati dagli obliqui raggi del sole, o persi nelle grigie nebbie in mezzo ad uragani di neve.
La natura sognava città. E se l’uomo in qualche modo realizza il lungo desiderio del mondo, ciò è possibile grazie al mondo, e perché il mondo gli è in qualche modo trasparente: egli può conoscerne le ragioni. Ma questa possibilità effettiva ed efficace non implica la conoscenza attuale della ragione di ciò. Egli la scopre, ma solo pian piano e come per caso. Il mondo, sia nel suo complesso che nei suoi particolari, è una cifra.
Questa proposizione non sembrerà affatto paradossale a chi si ricordi della funzione fondamentale che hanno taluni criptogrammi nella maggior parte dei romanzi di Jules Verne. Ricorderete che è il deciframento d’un messaggio a indurre il professor Lidenbrock a compiere il suo viaggio al centro della terra. Ed è la lettura del triplice appello lanciato dal capitano Grant a spingerne i figli a partire alla sua ricerca. Orbene: questi tre messaggi non erano cifrati nell’intenzione del loro autore. Sono le circostanze a far sì che ciascuno di essi preso separatamente non offra nessun senso leggibile, onde solo il loro raffronto consentirà di comprenderli a poco a poco. Così, dal deciframento d’un testo dipende la salvezza di Joam Dacosta, nella Jangada, o la perdita di Mathias Sandorf.
Ma il criptogramma è solo l’esempio più chiaro degli “enigmi”, il simbolo degli “enigmi di fatti” su cui sono costruiti la maggior parte dei romanzi di Jules Verne. Dato un certo numero di fenomeni inesplicati, bisogna trovar loro una “soluzione”, e da questa soluzione dipende la salvezza o la morte. Nel suo tipo più frequente è la spiegazione scientifica. L’interpretazione positiva di un certo numero di fatti apparentemente soprannaturali distrugge la loro efficacia, come nel Castello dei Carpazi, oppure l’enunciazione precisa e completa d’una situazione di cui non s’erano da tempo visti se non i particolari, permette di difendersi contro di essa, come in Hector Servadac o nel Paese delle pellicce. Qualunque possa essere l’atrocità d’una situazione, nondimeno la conoscenza di questa è il solo mezzo di salvezza.
Ma l’enigma “scientifico”, per cui lo si può accostare al romanzo poliziesco, s’integra a sua volta in un enigma più alto. A proposito del passaggio dei compagni del capitano Hatteras sulla neve rossa, Jules Verne, dopo averne dato la giustificazione scientifica, dichiara: «Il fenomeno non era meno strano per il fatto d’essere stato spiegato». La spiegazione scientifica d’un fatto è ben lontana dall’esaurirne il significato. Infatti può trovarsi compreso in un insieme di fatti, anch’essi spiegabili ognuno separatamente per considerazioni diverse, ma la cui coincidenza e convergenza implicano una nuova spiegazione che possa conglobarli tutti. Si sa che il tipo più perfetto di questi enigmi di situazioni è fornito dall’Isola misteriosa, dove si producono, fortunatamente per i naufraghi, un certo numero di “casi”, ciascuno spiegabile separatamente ma la cui riunione implica che ci sia qualcuno nell’isola che voglia agire senza scoprirsi. La sua azione non turba l’ordine abituale della natura; all’inizio nessuno dei casi può servire da prova alla sua esistenza; eppure essa è indubitabile, e gli avvenimenti futuri non potranno che confermarla.
Così Jules Verne ci invita lui stesso a non lasciare sparsi i frammenti che ci dà, e ci indica che può avere interesse raggrupparli ed esaminarli minuziosamente. In tal modo ci obbliga a riproporre l’intera questione del significato della sua opera. Certo, vi sono numerosi casi in cui il lato mitico della storia che ci racconta è immediatamente evidente, numerosi casi in cui il simbolismo emerge da solo. Ma perché dimenticarlo da un libro all’altro? Non varrebbe invece la pena, date le promesse e le immediate ricompense che la sua opera offre, di considerarla un po’ da vicino? Anziché lasciare che gli elementi si organizzino da soli in una memoria semicosciente, cerchiamo di chiarire un po’ in che consista la sua profonda unità.
Evidentemente, esiste una prima organizzazione sistematica dei Viaggi, per il semplice fatto che Jules Verne mira a fare del mondo una descrizione totale. I loro itinerari si dispongono sulla superficie del globo come una rete estremamente fitta, con due o tre esplorazioni di considerevole importanza all’interno o all’esterno di questa. Se le si iscrivessero su di un planisfero, ci s’accorgerebbe che esistono poch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA
  4. Personaggi
  5. I luoghi dell’azione
  6. I
  7. II
  8. III
  9. IV
  10. V
  11. VI
  12. VII
  13. VIII
  14. IX
  15. X
  16. XI
  17. XII
  18. XIII
  19. XIV
  20. XV
  21. XVI
  22. XVII
  23. XVIII
  24. XIX
  25. XX
  26. XXI
  27. XXII
  28. XXIII
  29. XXIV
  30. XXV
  31. XXVI
  32. XXVII
  33. XXVIII
  34. XXIX
  35. XXX
  36. XXXI
  37. XXXII
  38. XXXIII
  39. XXXIV
  40. XXXV
  41. XXXVI
  42. XXXVII
  43. XXXVIII
  44. XXXIX
  45. XL
  46. XLI
  47. XLII
  48. XLIII
  49. XLIV
  50. XLV
  51. Il punto supremo e l’età dell’oro attraverso alcune opere di Jules Verne. di Michel Butor
  52. Cronologia della vita e delle opere
  53. Bibliografia essenziale
  54. Copyright