Il Discorso della montagna
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Il Discorso della montagna

Meditazioni

  1. 154 pagine
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Il Discorso della montagna

Meditazioni

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Informazioni sul libro

Questo libro contiene le meditazioni del cardinal Martini su uno dei brani più celebri e controversi del Vangelo: una provocazione che chiama il lettore a compiere un impegnativo e coinvolgente percorso dell'intelligenza e del cuore attraverso lo scandalo delle Beatitudini, vero e proprio ribaltamento dei valori mondani. Un invito a riscoprire con nuova freschezza i valori più profondi su cui fondare il vivere personale e sociale, per ritrovare la possibilità di guardare al futuro con una speranza solida, lontana dalla paura o dal lamento sterile come da ogni vacuo ottimismo; per divenire capaci di scelte coraggiose e autentiche, libere da conformismi che assoggettano agli imperativi delle mode correnti.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852033056

MEDITAZIONI

«Messosi a sedere ... li ammaestrava»

Per introdurci alla preghiera, leggo anzitutto i versetti con cui inizia il Discorso della montagna: «Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo...».
Gesù, apri il nostro cuore perché noi, che vogliamo essere tuoi discepoli, siamo come quelli di allora, tutti pieni di trepidazione, di meraviglia, di stupore, di gioia nell’ascolto.
Ti preghiamo, Signore, di mettere nel nostro cuore una preghiera pura, disinteressata, diretta soltanto alla tua lode e alla tua gloria. Donaci questo atteggiamento di libertà, di lode, di gratuità, per intercessione di Maria.
E tu, Maria, Vergine dell’ascolto, tu che hai ascoltato la Parola, l’hai accolta e messa in pratica, donaci di ascoltarla e di metterla in pratica fin da ora, perché possiamo conoscere quella parola che ci salva, Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con il Padre nei secoli dei secoli.
Svolgeremo questa prima meditazione in quattro punti: che cosa è e che cosa non è il Discorso della montagna; chi lo pronuncia – è molto importante –; che cosa fa Gesù in preparazione al suo Discorso, e qui ci appoggeremo alla pericopa di Mt 4,12-5,2, facendone una breve lectio; infine, che cosa è il Regno – è necessario premettere tale riflessione per capire il Discorso della montagna, dal momento che del Regno non ci sarà data una definizione, in quanto si presuppone già nota.
Un’istruzione per i discepoli
– Sappiamo dagli studi esegetici che ci troviamo di fronte a uno dei cinque Discorsi di Matteo, chiamato il vangelo del catechista, appunto perché raduna in maniera ordinata gli insegnamenti di Gesù attorno a tematiche del Regno: il primo Discorso è quello del monte; il secondo è il cosiddetto missionario (c. 10); il c. 18 ci presenta i detti ecclesiastici; gli ultimi capitoli (24 e 25) vertono sulla tematica escatologica.
Dunque il Discorso della montagna è un insieme di detti di Gesù – non sono gli unici – ed è anzi parte di un vangelo. Le parole vanno perciò capite alla luce dei vangeli dell’infanzia, alla luce della predicazione, dei miracoli, degli esorcismi, alla luce della Passione e risurrezione e ancora, come vedremo, del grande mandato di Matteo 28: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni...» (vv. 18-19). Non è quindi un Discorso da considerare isolato. Certo quando Gesù l’ha pronunciato, chi l’ascoltava non aveva le nostre conoscenze, ma il lettore di oggi ha davanti l’insieme della narrazione evangelica.
Del resto Gesù non l’ha pronunciato come Matteo lo presenta. Si tratta piuttosto di una raccolta di varie parole del Maestro che l’evangelista ha riunito attorno a un unico tema, raccolta che ora costituisce un ingresso solennissimo al testo matteano ed è molto nota: le pagine del Discorso, soprattutto le Beatitudini, sono fra le poche pagine evangeliche conosciute anche dai non cristiani – ricordo fra i tanti almeno l’esempio di Gandhi.
Non è una proclamazione ma un’istruzione. Lo si comprende chiaramente dalla parola iniziale, con cui si sottolinea il fatto che Gesù si sedette: «Messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli» (Mt 5,1). Chi proclama sta in piedi, come leggiamo in Giovanni: «Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, levatosi in piedi, esclamò a gran voce: “Chi ha sete venga a me e beva”» (7,37). Qui invece Gesù si siede: la sua è una didaskalìa, una didachè. E non a caso il verbo greco è edìdasken (da didàskein, insegnare), mentre per il Regno per lo più il verbo è ker™ssein, proclamare: «Gesù cominciò a predicare (ker™ssein)», cioè a proclamare, «e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”» (Mt 4,17); e ancora: «Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando» (proclamando, ker™sson) «la buona novella del Regno» (4,23).
Dunque Gesù nel Discorso della montagna non è tanto araldo quanto maestro, dà un’istruzione; e non tanto sul regno di Dio, perché quella è già avvenuta, come vedremo considerando la pericopa matteana da 4,17 in avanti.
Potremmo esprimerci così, secondo le parole del compianto esegeta Umberto Neri: «Gesù, dopo aver portato il grande annuncio del Regno, intende rivolgersi direttamente a coloro che hanno accolto le sue parole nel modo più serio, abbandonando tutto e seguendolo». Il Discorso dunque «non è genericamente rivolto all’umanità, con indicazioni su come si debba vivere saggiamente sulla terra ... È un Discorso rivolto alla Chiesa, di cui i discepoli che seguono Gesù sono segno, sono parte ... È anche rivolto a quelli – e sono tutti gli uomini – che vogliono entrare nella Chiesa ... Solo coloro che hanno già fatto la scelta del Regno possono capire pienamente il Discorso».*
Potremmo immaginare come due generi di uditori: i discepoli, che per Matteo sono in quel momento ancora quattro o cinque; poi dietro la gente un po’ curiosa, che ascolta, orecchia, si rende conto delle esigenze di Gesù, ma non è ancora in grado di capire il significato di tutto. Eppure sente che in quelle parole vibrano accenti capaci di toccare il cuore di ogni uomo.
Il Discorso come tale è di per sé per chi ha già scelto il Regno. Se uno non è discepolo, può considerarlo troppo duro, di eccessivo rigore. Chi ha scelto Gesù come amore unico per essere suo discepolo, lo capirà. E comincerà a capirlo anche chi si apre a questo amore che si sta rivelando.
– Infine, è un Discorso in cui, come abbiamo accennato, non si spiega che cosa sia il Regno, ma di chi è il Regno di Dio: chi sono coloro che vi partecipano, che vi entrano, di che qualità devono essere i discepoli, che cosa comporta entrare nel Regno.
Il Maestro
Prima del Discorso della montagna Matteo ha già tratteggiato a lungo la figura di Gesù. Rimando semplicemente a passi del suo vangelo, a partire dal c. 1, per mostrare che quando Gesù «sale sul monte» non è in incognito, è già nella pienezza della sua missione.
– Sfogliando dunque il testo, notiamo che il Gesù del Discorso della montagna è colui nel quale si compiono le promesse fatte ad Abramo e a Davide: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1); si realizzano le promesse di Dio a Israele.
È colui nel quale si compiono le profezie: «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio / che sarà chiamato Emmanuele» (1,22-23), con rimando a Isaia; e ancora nel vangelo dell’infanzia, con rimando a Michea (cfr. 2,5-6), Osea (cfr. v. 15), Geremia (cfr. vv. 17-18).
È colui che, secondo le parole dell’angelo a Giuseppe, salverà il popolo dai peccati (cfr. 1,21), che ha in mano la chiave delle potenze, che conosce a fondo il cuore umano. È importante capirlo per prendere sul serio il Discorso della montagna.
E al battesimo è proclamato Figlio prediletto in cui il Padre si compiace: «Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”» (3,17).
Ancora, il Gesù che pronuncia il Discorso è colui che nelle tentazioni ha smascherato satana e l’ha vinto per noi (cfr. 4,1-11); egli conosce le insidie del nemico e col Discorso della montagna ci vuole mettere in guardia contro di esse.
È colui che appare come luce nelle tenebre del mondo: «Il popolo immerso nelle tenebre / ha visto una grande luce; / su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte / una luce si è levata» (4,16), ancora con citazione di Isaia.
È colui che annuncia il regno di Dio definitivo e lo rende presente con la sua potenza (cfr. 4,17-23). Per pronunciare il Discorso sale sulla montagna, come Mosè sul Sinai, ed è venuto per dare compimento alla Legge e ai Profeti (cfr. 5,1-2;17-20).
– Inoltre, per la comunità di Matteo e per il lettore odierno, egli è il Risorto, colui a cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cfr. 28,18) e chiede di far osservare le sue leggi e i suoi precetti, «tutto ciò che vi ho comandato» (v. 20) e cioè il Discorso della montagna.
E Gesù è colui che giudicherà ogni uomo secondo le sue opere col criterio indicato in 25,40: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»; parola che esprime meravigliosamente l’essenza del Discorso della montagna, nel suo culmine che è la “regola d’oro”: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (7,12). Il Discorso della montagna va dunque letto in continuità col grande giudizio universale sulla carità.
Dunque Gesù è colui che ha la massima autorità da parte di Dio, che conosce il cuore dell’uomo e giudicherà il mondo. Addirittura potremmo dire: è colui che darà il premio o la pena eterna (cfr. 25,46), conforme all’osservanza del Discorso della montagna.
Quindi il Discorso è molto serio e non si può snobbare.
Eppure tutta la storia dell’esegesi è la storia della difesa dalla rigidità delle parole di Gesù. L’esegesi cattolica adatta e interpreta più largamente alcune espressioni, cercando degli accomodamenti: «non giurare», ma qualche giuramento bisogna pur farlo; «porgi l’altra guancia», ma bisogna un po’ difendersi. L’esegesi protestante ha elaborato dei sistemi più rigorosi, sostenendo per esempio che siamo di fronte a un testo escatologico, che riguarda al massimo gli ultimi tempi, quando il mondo impallidirà nei suoi valori concreti; oppure affermando che è destinato a far emergere la nostra peccaminosità: essendo impossibile da osservare, siamo salvati dalla grazia, riconoscendoci peccatori. Si suppone un’impraticabilità del Discorso, argomento su cui avremo occasione di ritornare.
E tuttavia Gesù ha inteso il Discorso come ideale e reale insieme.
Ritengo valido per il Discorso della montagna ciò che H. Schlier afferma a proposito della risurrezione di Cristo: «Il tema della risurrezione di Gesù è un problema-limite anche per l’esegesi». Di fronte a tali problemi, cioè, credo o non credo, sono portato a compiere un salto di qualità, non posso dissertare tranquillamente senza prendere posizione. E continua: «Forse sarebbe meglio dire che su tale tema appare particolarmente chiaro che l’esegesi del Nuovo Testamento, quando come suo compito intende giungere al dato teologico», a individuare quale sia il messaggio, «ha sempre a che fare con casi-limite».*
Il Discorso è un tipico caso limite: o ci credo o non ci credo, o lo prendo sul serio o lo snobbo.
Naturalmente va interpretato. Non vi sono espresse tutte e solo le condizioni del Regno. È piuttosto un testo programmatico, in cui Gesù indica con alcuni esempi ciò che riguarda la purezza, la tensione interiore di chi ha scelto il Regno, ecc. Sta a noi applicarlo alla nostra realtà. Non mi sento perciò di condannare lo sforzo interpretativo: l’ermeneutica è non solo giusta, ma doverosa. Basterebbe pensare a espressioni come quelle di Mt 5,29-30 («Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te ... E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te») per accorgersi che esse vanno chiaramente interpretate, secondo le categorie del discorso orientale, paradossale, o secondo altre categorie simili.
Tuttavia il testo va preso anzitutto sul serio. Penso al tema del matrimonio e del divorzio (cfr. 5,27-28.31-32), parole fra le più dure del Discorso; penso all’invito a non accumulare tesori sulla terra (cfr. 6,19-21), richiamo fortissimo e molto rigido; penso all’esortazione a non preoccuparsi per il domani (cfr. 6,34), esortazione che noi, sempre ansiosi e pieni di timori, trascuriamo per lo più totalmente.
Sono davvero pagine che ci scuotono. E ho pensato di proporle dal momento che è giusto che ogni tanto ci lasciamo mettere in crisi da queste parole di Gesù. Vorrei allora suggerire una preghiera di fede:
Credo, Signore, alle tue parole. Aiutami a prenderle sul serio. Fa’ che non le voglia edulcorare; e nello stesso tempo fa’ che le sappia accogliere con una giusta interpretazione, come ha fatto la Chiesa cattolica nella sua tradizione solida, grande, un’interpretazione che permetta di leggere il Discorso della montagna per il nostro contesto.
Tu, o Gesù, nel quale si sono compiute tutte le promesse del Padre, che hai inaugurato il Regno in mezzo a noi, tu che hai ricevuto ogni potere in cielo e in terra, concedimi di comprendere che il tuo insegnamento è davvero praticabile, nel senso che posso continuamente tendere a viverlo seriamente e con entusiasmo, anche se non posso essere sempre adeguato all’altezza sublime delle sue esigenze.
La preparazione al Discorso della montagna
– «Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare» (Mt 4,-13).
Egli entra nel vivo della vita sociale e culturale, si immerge nella confusione del suo tempo; se Nazaret era una cittadina un po’ isolata, Cafarnao è luogo di passaggio, di frontiera. Va a vivere quindi in mezzo alla gente, nella grande città, con tutte le contraddizioni e le fatiche che la caratterizzano.
E Matteo afferma che Gesù è là come luce nelle tenebre (cfr. v. 16). Il Discorso della montagna è luce gettata sulle tenebre della malvagità umana e della stortura delle coscienze.
– «Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”» (v. 17). La predicazione del Regno, come ho detto, precede quella del Discorso della montagna, il Regno viene già ampiamente annunciato, e non solo a parole, ma pure con atti di potenza. Il primo è quello della chiamata dei quattro discepoli: camminando lungo il mare, Gesù vede prima due fratelli, poi altri due, li invita a seguirlo ed essi abbandonano tutto.
Mi stupisce sempre che Gesù non chiama due rabbini, due persone istruite nella Legge, bensì gente del popolo, che forse aveva anche poco tempo di praticare puntualmente la Legge; con coraggio veramente eroico, comincia da zero, costituisce per così dire il popolo dei suoi seguaci scegliendo dei pescatori, a cui rivolge addirittura la proposta di divenire suoi discepoli e che saranno i primi quattro testimoni del Discorso della montagna.
– Continua il testo: «Gesù andava intorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del Regno» – notiamo la distinzione tra la didaskalìa, l’insegnamento, e la proclamazione della buona novella del Regno – «e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva» (4,23-24). Egli non soltanto annuncia il Regno, ma lo esprime con atti di misericordia, di amore, con le guarigioni. È il Regno in esercizio, il Regno come opera misericordiosa che rimette le cose a posto.
«E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano». (v. 25) È un movimento entusiasta che segue questo predicatore taumaturgo, anche se gli vanno dietro probabilmente più per i miracoli che per la predicazione. Gesù li attrae anche così, perché in questo modo esprime la forza propria del Regno.
– A questa premessa segue l’introduzione del Discorso: «Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna» (5,1). Non è immediatamente chiaro se per trovare un luogo simbolico e tran...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Dello stesso autore
  3. Il Discorso della montagna
  4. Il Discorso evangelico (Mt 5-7)
  5. Introduzione
  6. Meditazioni
  7. Conclusione
  8. Omelie
  9. Copyright