Poirot a Styles Court
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Poirot a Styles Court

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Poirot a Styles Court

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Informazioni sul libro

Durante la Prima guerra mondiale un giovane ufficiale inglese ferito al fronte viene ospitato da un vecchio amico nella sua residenza di campagna. Il soggiorno nella lussuosa dimora sarà però tutt'altro che tranquillo. La padrona di casa, matrigna dell'amico, ha sposato un uomo di vent'anni più giovane di lei, e i figliastri, scavalcati nell'eredità, sembrano tramare qualcosa. La governante è sicura che presto gli avvenimenti precipiteranno e, in breve, la profezia si avvera. La padrona di Styles Court viene avvelenata e i sospetti si accentrano subito sui membri della famiglia. Fortunatamente, nel paese c'è qualcuno che di delitti se ne intende: un buffo profugo belga dai grandi baffi...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852034626

Poirot a Styles Court

1

Vado a Styles

Il grande interesse suscitato nel pubblico da quello che a suo tempo fu battezzato “il caso Styles” è ormai scemato. Ciò nonostante, data la risonanza che ha avuto, sia il mio amico Poirot sia la famiglia interessata mi hanno pregato di scrivere il resoconto dell’intera vicenda. In questo modo si spera di mettere a tacere i pettegolezzi che ancora oggi capita di ascoltare.
Prima di tutto parlerò di come mi trovai invischiato in questa storia.
A causa di una ferita, ero stato rispedito a casa dal fronte e, dopo aver trascorso alcuni mesi di convalescenza in un tetro ospedale, stavo cercando di decidere dove andare, quando mi imbattei in John Cavendish. Negli ultimi anni l’avevo visto poco. Anzi, devo dire di non averlo mai conosciuto intimamente. Era più vecchio di me di una quindicina di anni, anche se non dimostrava affatto i suoi quarantacinque. Da ragazzo ero stato spesso suo ospite a Styles, nell’Essex, dove sua madre aveva una casa.
Facemmo una lunga chiacchierata, ricordando i vecchi tempi, e John finì per invitarmi a Styles, perché vi trascorressi il mio periodo di licenza.
«La mamma sarà felice di rivederti, dopo tutti questi anni» mi disse.
«Tua madre sta bene?» gli domandai.
«Oh, sì. Lo sai che si è risposata?»
Non nascosi il mio stupore. Quando la signora Cavendish aveva sposato il padre di John, lui era vedovo con due figli. La ricordavo come una bella donna di mezza età. Adesso non doveva avere meno di settant’anni. Era energica, dispotica, e si occupava di varie opere di beneficenza. Poteva permettersi il lusso di essere generosa, dal momento che era molto ricca.
La loro casa di campagna, Styles Court, era stata acquistata dal signor Cavendish poco tempo dopo il matrimonio. Il signor Cavendish era stato completamente dominato dalla moglie, e quando era morto le aveva lasciato in eredità la casa, oltre alla maggior parte delle sue sostanze. Una soluzione ingiusta nei confronti dei figli. La loro matrigna, comunque, era sempre stata prodiga con loro. Per la verità, quando il padre si era risposato, i due ragazzi erano tanto giovani che considerarono sempre la matrigna come la vera madre.
Lawrence, il minore, da ragazzo aveva una salute cagionevole. Si era laureato in medicina, ma aveva esercitato solo per breve tempo ed era rimasto in casa, avendo ambizioni letterarie. Comunque, le sue poesie non avevano mai avuto grande successo.
John, il maggiore, aveva esercitato per un certo tempo la professione di avvocato, ma poi aveva preferito la vita del signorotto di campagna, che gli era più congeniale. Era sposato da due anni. Lui e la moglie vivevano a Styles, ma John probabilmente avrebbe preferito che la madre gli passasse una rendita più sostanziosa, in modo da potersi permettere una casa sua. D’altra parte, la signora Cavendish era una donna a cui piaceva fare programmi, ed esigeva che gli altri li rispettassero. In questo caso specifico aveva lei il coltello dalla parte del manico, vale a dire i cordoni della borsa.
John notò la mia sorpresa, alla notizia del matrimonio di sua madre, e abbozzò un sorriso.
«Come se non bastasse, il nuovo marito è un mascalzone» dichiarò. «Ti assicuro, Hastings, che ci rende la vita difficile. Per quanto riguarda Evie… Te la ricordi?»
«No.»
«Forse è arrivata dopo di te. È il factotum della mamma, e le tiene compagnia. Che tipo, questa Evie! Non è né giovane né bella, però è in gamba.»
«Stavi dicendo…»
«Già, del marito di mia madre. È uscito dal nulla. Pare che sia un lontano cugino di Evie, anche se lei non lo tratta affatto come un parente. È completamente estraneo al nostro mondo. Ha una grossa barba nera, e porta stivali di cuoio in tutte le stagioni. La mamma lo ha preso subito in simpatia e l’ha assunto come segretario. Sai che lei ha un po’ la mania delle opere di beneficenza, ed è sempre indaffaratissima.»
Annuii.
«Be’, poi con la guerra le sue attività si sono quadruplicate. Questo tizio ha saputo rendersi utile, ma neanche t’immagini quale sia stata la nostra sorpresa quando, tre mesi fa, la mamma improvvisamente ci ha annunciato che lei e Alfred si erano fidanzati. Lui deve avere vent’anni meno. Che l’ha sposata per interesse salta all’occhio, ma che cosa ci vuoi fare? Mia madre è padrona delle sue azioni e l’ha sposato.»
«Dev’essere una situazione imbarazzante per tutti.»
«Altro che imbarazzante! Direi quasi insostenibile.»
Fu così che tre giorni dopo scesi dal treno a Styles St Mary, un’assurda stazioncina che apparentemente non aveva ragione di esistere, in mezzo ai campi e ai viottoli di campagna. John Cavendish, che mi aspettava sul marciapiede, mi accompagnò alla sua automobile.
«Come vedi, ho nel serbatoio qualche goccia di benzina» mi disse. «Possiamo ringraziare le opere di beneficenza della mamma.»
Il paese si trovava a circa tre chilometri dalla stazione, e Styles Court a neanche due chilometri, ma dalla parte opposta. Era una bella giornata dei primi di luglio. Guardando la piatta campagna dell’Essex, tanto verde e tranquilla sotto il sole pomeridiano, sembrava quasi impossibile che, non molto lontano, infuriasse la guerra. Mi pareva di essere finito in un altro mondo.
Mentre oltrepassavamo il cancello, John mi disse: «Ho paura che qui ti sembrerà fin troppo tranquillo, Hastings».
«La tranquillità è appunto quello che cercavo.»
«Oh, per riposarsi è il posto ideale. Io strappo le erbacce un paio di volte la settimana e do una mano alla fattoria, mentre mia moglie lavora regolarmente. Tutte le mattine alle cinque è già in piedi a mungere le mucche e continua a sgobbare fino all’ora di colazione. Tutto sommato, non sarebbe una brutta vita, se non fosse per quell’Alfred Inglethorp.» Improvvisamente rallentò e consultò l’orologio. «Chissà se facciamo in tempo a dare un passaggio a Cynthia? No, a quest’ora sarà già uscita dall’ospedale.»
«Chi è Cynthia? Tua moglie?»
«No, è la protetta di mia madre: figlia di una sua vecchia compagna di scuola, che aveva sposato un avvocato senza scrupoli. Poi ci fu la disgrazia, e Cynthia rimase orfana e senza un soldo. Mia madre le venne in aiuto e ormai sono quasi due anni che sta con noi. Lavora all’ospedale della Croce Rossa di Tadminster, a una decina di chilometri da qui.»
Mentre pronunciava le ultime parole, arrivammo davanti alla vecchia villa. China su un’aiuola, vidi una donna che indossava una gonna di tweed pesante. Si alzò, vedendoci arrivare.
«Salve, Evie! Ecco qua il nostro eroe. Il signor Hastings, la signorina Howard.»
La donna mi strinse la mano energicamente, facendomi quasi male. Gli occhi azzurri spiccavano sulla faccia abbronzata. Doveva avere una quarantina d’anni ed era di bell’aspetto, con una voce piuttosto profonda, quasi maschile. Di corpo era solida e quadrata. Ai piedi aveva un paio di stivali. Parlava in stile telegrafico, come ebbi subito modo di notare.
«Le erbacce crescono a vista d’occhio. Non si riesce a stargli dietro. Fra poco avranno invaso tutto.»
«Sarò felice di rendermi utile» replicai.
«Non lo dica. Ci si pente sempre.»
«Lei è terribilmente cinica, Evie» commentò John, con una risata. «Dove si prende il tè oggi? Dentro o fuori?»
«Fuori. È una giornata troppo bella per stare rintanati in casa.»
«Venga con noi. Per oggi ha lavorato abbastanza. Una tazza di tè è quello che ci vuole.»
«Sì,» mormorò la signorina Howard, togliendosi i guanti da giardiniere «sono d’accordo.»
Ci fece strada oltre l’angolo della villa. Il tè era stato servito all’ombra di un grosso sicomoro.
Una donna si alzò da una poltrona di vimini e ci venne incontro.
«Hastings, ti presento mia moglie» disse John.
Non dimenticherò mai la prima volta che vidi Mary Cavendish. La sua figura si stagliava, alta e sottile, contro il cielo chiaro. Si aveva l’impressione, guardandola, di un fuoco assopito, che trovava sfogo solo negli occhi vellutati, diversi da tutti quelli che mi è capitato di vedere finora. Dalla sua persona emanava un gran senso di calma, ma si intuiva anche uno spirito selvaggio e indomito, nonostante i modi estremamente cortesi. Questi particolari mi sono rimasti impressi nella memoria, e non potrò mai dimenticarli.
Mi diede il benvenuto in poche parole, pronunciate con voce chiara. Mentre mi sistemavo in una poltrona di vimini, mi rallegrai mentalmente di avere accettato l’invito di John. La signora Cavendish mi versò il tè, e le sue brevi osservazioni rafforzarono la mia prima impressione, cioè di avere di fronte una donna affascinante. Un ascoltatore attento è sempre stimolante. Descrissi in modo spiritoso alcuni incidenti verificatisi mentre ero in convalescenza all’ospedale, riuscendo così a divertire la signora. John, per quanto sia una brava persona, non ha mai avuto una conversazione brillante.
A un certo momento udii una voce che ricordavo bene. Proveniva dalla portafinestra, lì accanto.
«Allora, prepari la lettera per la principessa dopo il tè, Alfred? Penserò io a scrivere a Lady Tadminster per il secondo giorno. O forse è meglio aspettare la risposta della principessa? In caso di rifiuto, ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. “Poirot a Styles Court”: un’introduzione. di John Curran
  4. POIROT A STYLES COURT
  5. DALL’ARCHIVIO DI AGATHA CHRISTIE
  6. Copyright