“Con lo Zoo conoscerai persone che ti cambieranno la vita, c’è chi si innamorerà e chi invece avrà modo di dimostrare quanto vale. CARPE DIEM!”
FILIPPO LO VOI
A volte penso che l’unica cosa che mi spinge a non mollare e lavorare senza sosta, sia l’idea di trasferirmi definitivamente a Miami.
Credo che la radio abbia capito che la mia voglia di fuggire da questo paese sia sempre più reale e allora, per tenermi buono, ogni tre mesi mi concede una trasferta nella città che amo.
Non voglio leccare il culo a nessuno, anche perché non è nel mio stile, ma se non sono ancora scappato dall’Italia è solo per Lo Zoo e gli Zoofili. Dalla rottura con la vecchia squadra si è creato un rapporto davvero incredibile con gli ascoltatori: una sorta di famiglia, un legame davvero speciale, che nessun altro programma potrà mai vantare.
Nei momenti più difficili della mia carriera, loro erano lì a sostenermi, a caricarmi, a consigliarmi e a darmi la forza di non mollare. Oggi mi sento quasi obbligato a resistere; è come se ci fosse un contratto fra noi: io lavoro per farli ridere e loro, in cambio, mi regalano le più grandi soddisfazioni che un DJ potrebbe mai desiderare.
Lo so, sono fortunato.
Sono le 5.30 del mattino del 2 novembre 2011; diciamolo, non mi sveglierei mai a quest’ora, se non per prendere un aereo che mi porta lontano da ’sta Milano di merda. Da brava moglie, Stefania mi sta piegando le camicie e ultimando la valigia. Ho la scusa del “devo scrivere il libro amore, pensaci tu alle borse”.
Il suo sguardo dice tutto, ma il bello del nostro rapporto è che abbiamo un equilibrio perfetto. Abbiamo trovato il modo di sopportare i nostri lati negativi, trasformandoli in pregi; non è facile, ma a quarant’anni non ci arrivi solo per collezionare rughe e pancia, ma per guadagnare più fiducia in te stesso e molta, molta pazienza nei confronti degli altri.
Sono seduto alla mia scrivania in mutande, ho i capelli di Krusty il clown e un alito che potrebbe piegare in due una quercia; ma devo iniziare il nuovo libro, quindi ogni momento d’ispirazione è perfetto per dedicarsi a queste pagine bianche. Nonostante la levataccia, sono carico come una bestia. Oggi si realizza il mio grande sogno: trasmettere da Miami con la mia nuova squadra!!!
Sono davvero al settimo cielo. Dieci ore di volo tutti insieme a sparare cazzate, che cosa potrei volere di più?
Trasferirsi a Miami con tutto lo Zoo, significa preparare tutto il materiale prima. Nello studio che utilizziamo per la diretta non abbiamo le apparecchiature per montare scenette o realizzare scherzi telefonici, ma solo per la messa in onda: microfono e il computer di Pippo Palmieri. Un po’ zingari, ma chissene fotte!
Fino al 2009, Radio 105 aveva una vera e propria sede, con tanto di uffici e studi. Una chicca nel cuore di South Beach, nel Sony Building su Lincoln Road, ma la crisi ha costretto l’azienda a privarsene: erano costi extra e quelli sono i primi a essere eliminati. Ma io non ho mai smesso di rompere i coglioni al nostro presidente per convincerlo a riaprirne un’altra, magari gestita proprio dal sottoscritto… ma ’stacazzo di crisi economica non mi è d’aiuto. Ecco, ma ne vogliamo parlare di questa crisi economica?
L’ennesima stronzata inventata dai potenti per impoverire la gente, ingrassare le banche, guadagnare il più possibile, perché più sei povero, più sei debole e più potere i politici hanno su di te! È un trucchetto molto antico, che purtroppo funziona sempre. Ma un momento… non sono certo incazzato con la crisi perché mi ha tolto la sede di Miami… sono incazzatissimo ahahahah!!
Scherzi a parte, come ho spiegato prima, il fatto di non avere un vero e proprio studio ci obbliga a dover preparare tutto prima: sette scenette a puntata, per dieci dirette, per un totale di ben settanta scenette. Sembra una cazzata, ma vi assicuro che non è così. Scrivi, registra, recita, monta, con una media di circa sessanta minuti di lavoro per ogni sketch. C’è parecchio da fare, ma ne vale la pena, lo so!
«Titto spegni che è ora di andare!» è la Stefy dal bagno che si sta finendo di preparare.
È tutto pronto, il materiale per le dirette, le valigie, il taxi arriva fra venti minuti, devo fare una doccia e darmi una parvenza umana. Appena salgo a bordo, mi rimetterò a scrivere e vi racconterò quello che accadrà nelle dieci ore di interminabile traversata oceanica.
“Lo Zoo è un pezzo della mia vita a cui non ho mai saputo rinunciare: due ore in cui libero la mente e mi tiro su di morale anche quando tutto va storto.”
MATTEO ACCIAROLI
“Piove come al solito. Qui la pioggia domina le nostre vite. Le nostre vite da sfigati milanesi.”
Così inizierebbe il capitolo di colui che abbiamo conosciuto come il Ghost, il Fantasma. Sono sicuro che chi di voi ha letto il nostro scorso romanzo, Radiografia di un DJ che non piace, si ricorderà sicuramente di questo personaggio: quel tipo un po’ sfigato e sempre triste, che ci tormentava coi suoi lagnosi piagnistei. Avete presente? Bene, perché prima di andare avanti, devo farvi una confessione: il Ghost non esiste. O meglio, esiste, ma l’ho inventato io, Davide Simon, il cugino di Marco. Forse lo avevate capito da soli, lo so, ma ci tenevo a dirlo.
Mi premeva rivelarvelo perché in questo libro abbiamo deciso di scoprire le carte e dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità nuda e cruda. Quindi abbiamo licenziato ’sto scrittore spocchioso che ormai era diventato un po’ troppo ingombrante. L’abbiamo silurato, tagliato fuori dal gioco!
È vero, il Fantasma è un personaggio che ci siamo inventati noi così, perché ci divertiva; tuttavia sono dell’idea che quando si crea qualcosa, questa, da qualche parte nel mondo, prende vita realmente. Se pensiamo poi che una grande percentuale di lettori ha creduto che davvero egli fosse reale, beh, capirete bene il perché abbiamo sentito la necessità di questa premessa. Il Fantasma ormai aveva una sua identità ben precisa e quindi non sarebbe bastato toglierlo di mezzo facendo finta di niente.
Perciò, volendo rimanere nella finzione che abbiamo creato, sappiate che è stato liquidato dal nostro editore con un sacco di soldi, abbastanza da poter vivere per un anno senza far nulla. Voci di corridoio dicono che si sia trasferito in Polinesia nella maison du jouir di Gauguin e che ora, per sbarcare il lunario, scriva romanzi erotici per signore in menopausa.
Carino, no? Meglio pensarlo così che in mezzo a una strada o impiccato in qualche casale di campagna!
Dunque, è il 2 novembre: sono passati solo un-due-tre... trentagiornihanovembreconaprilgiugnoesettembre... nove e due, undici.
Undici giorni, sono passati solo un mese e undici giorni dal debutto del primo libro e già ci chiedono di scriverne un altro. Sì, gli Zoofili non ne hanno avuto abbastanza, hanno ancora fame. Vogliono sapere, vogliono leggere. Ora sono pronti a scoprire i retroscena dello “Zoo di 105”, il programma che non piace!
Terribile! In questo momento mi sento davvero il Ghost. Senza neppure farlo apposta, lo sto imitando nella sua monotonia. Sì, perché anche io come lui sto iniziando questa nuova avventura su di un taxi. Strano, vero? Mi trovo a Milano e in effetti la cosa non mi fa impazzire. Sono nato e cresciuto in questa città, ma ne avevo così piene le palle che ho deciso di scappare via, andando a vivere dall’altra parte del mondo. No, non vivo a Miami, ma un pelo più su, a Orlando. L’America è l’America e trasferirmi laggiù mi ha dato una nuova carica, una nuova energia. Marco mi sfancula di continuo, e ogni volta che mi vede non fa altro che menarmela!
“Anche io voglio vivere in America, bastardo!”
Sono venuto in Italia solo per dieci giorni; sono rientrato per incontrare il nostro editore e per capire quale strada intraprendere per questa nuova avventura editoriale. Marco e io siamo molto gasati, soddisfatti e non vediamo l’ora di metterci al lavoro.
Come dicevo, ora sono in taxi, diretto verso l’aeroporto. Anche Marco sta partendo: abbiamo due tratte differenti, ma contiamo di vederci a Miami, in modo tale da iniziare a perfezionare lo schema narrativo che abbiamo pensato e cominciare finalmente a scrivere. Certo che lavorare su di una spiaggia della Florida avrà tutto un altro sapore, no?
Tranquilli, lo faccio solo per suscitare un po’ di sana invidia. In realtà io ho la pelle di un vampiro e scrivere in spiaggia sarebbe una tortura. Ce ne staremo invece rincagnati in qualche stanzetta, mentre le nostre mogli se la godranno a spasso per Miami.
Cosa possiamo farci? C’est la vie!
Ma in tutto questo non saremo soli. Marco ha deciso che è giunto il momento di trasmettere lo Zoo da Miami insieme alla nuova squadra al completo (o quasi). Quindi, conoscendo il personaggio, la mia domanda è: riuscirà davvero a dedicare del tempo anche alla stesura del libro?
La risposta mi fa tremare e sussurra un flebile no. Tuttavia, sarò comunque felice di passare qualche giorno con mio cugino, la Ste e ovviamente tutto il resto della ciurma!
Finalmente arrivo in aeroporto. Pago il tassista e come un nomade trascino il mio bagaglio a rotelle. Non ho nessuna voglia di prendere l’aereo e lo spettro del mal di pancia mi gorgoglia nell’intestino terrorizzandomi: se finisco in bagno in volo, mi ammazzo. Suona il telefono.
«Dove sei?»
È Marco.
«Sono in aeroporto, sto andando a fare il check-in.»
«Perfetto, noi siamo già qui.»
Bene, per una volta è puntuale. Che cosa non si fa per Miami, eh?
Supero il controllo della polizia armata fino ai denti e arrivo ai banchi dei voli per gli USA. Guardo tra la moltitudine di teste che riempiono il salone e subito lo vedo; Marco è là: viso stanco, sciarpina a quadretti al collo ed espressione da “muovete tutti il culo che ho voglia di una sigaretta”. Mi vede e, sorridendo, mi fa cenno con una mano.
«Dade! Allora? Hai voglia di tornare a casa?»
Sorrido e l’abbraccio.
«Direi!»
Facciadangelo è dietro di lui e sta armeggiando con l’iPhone.
«Ciao Da, che si dice?» mi chiede.
«Solito e tu?»
«Tutto bene... stiamo andando a Miami!»
«Guarda un po’ chi si vede!»
Voce nasale e accento terrone. Mi giro. Herbert Ballerina, il mito.
«Ciao Gigi, come stai?»
«Bene e tu? Sei pronto a scrivere un po’ di nuove cazzate su quest’uomo?» me lo chiede indicando Marco.
«Certo, ormai ci ho preso gusto!»
Ridiamo e, guardandomi intorno, noto che le persone che abbiamo vicino ci osservano sorridendo. Una ragazzina carina dai capelli rossicci si avvicina a mio cugino armata di cellulare, carta e penna. Marco, con il suo solito modo fraterno, posa con lei abbracciandola e poi le scrive la dedica; leggo a tratti... leggo qualcosa tipo “stronza” e poi “ti voglio bene”. La ragazzina sorride felice e, dopo avergli stampato un bacio sulla guancia, se ne va tornando alla sua fila.
«Halo, com’è?»
È Ivo che mi arriva alle spalle abbracciandomi.
«Tutto bene, Davide? Pronto per tornare a casa?»
«...