Il re della cocaina
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Il re della cocaina

La mia vita con Roberto Suarez e la nascita del primo narco-stato

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  1. 240 pagine
  2. Italian
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Il re della cocaina

La mia vita con Roberto Suarez e la nascita del primo narco-stato

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Conosciuto sulla stampa internazionale come "il Re della Cocaina", Roberto Suárez Gómez a metà degli anni Settanta inviava quasi due tonnellate di pasta di coca al giorno dai suoi laboratori nella giungla boliviana ai soci del cartello di Medellín, detentori del know how della raffinazione della droga. La sua compagnia, La Corporación, era definita "la General Motors della cocaina" e nel giro di pochi anni raggiunse il monopolio assoluto della produzione e del traffico di questa sostanza verso Stati Uniti ed Europa. Erede di una ricca famiglia di imprenditori che fondarono all'inizio del secolo scorso l'impero del caucciù, Suárez entrò nella politica boliviana grazie all'appoggio di Klaus Barbie, il "Boia di Lione", criminale nazista e "consulente" di diverse dittature in America Latina, e fu tra i finanziatori del golpe che in Bolivia portò al potere García Meza, noto come "il narcodittatore ". Stipulò accordi milionari con i governi di Cuba e delle Bahamas per garantirsi i corridoi di entrata della cocaina negli usa, ebbe legami con i mafiosi italiani e con Roberto Calvi, stabilì contatti sotterranei con la cia attraverso la mediazione di Manuel Noriega ed ebbe rapporti con Oliver North per finanziare i contras in Nicaragua.
Poi il ritiro. Disgustato dalla violenza gratuita del mondo della droga, e convinto di una sua personalissima tesi - combattere la piaga della tossicodipendenza tenendo alto il prezzo della cocaina, per farne un "diversivo " solo per ricchi e renderla inaccessibile ai poveri -, tesi che il potere raggiunto dai colombiani e il conseguente incremento dell'offerta vanificarono, Suárez finì per consegnarsi alla polizia nel 1988. Condannato a quindici anni di carcere, riuscì a non essere estradato e scontò un terzo della pena in una prigione dorata di La Paz. Liberato nel 1994, morì d'infarto il 20 luglio 2000.
Ayda Levy, vedova di Roberto, dal quale si separò negli anni Ottanta, quando si rese conto del suo coinvolgimento nel narcotraffico, racconta gli anni trascorsi accanto al più importante produttore di droga del mondo, svelando i dettagli della sua vita sontuosa, ma anche gli incredibili retroscena che lo portarono a gestire la vita economica e politica del paese. Una testimonianza che mescola la precisione della cronaca a toni di accesa nostalgia per "l'amore della sua vita", e rivela un tassello fondamentale e non ancora raccontato del complicato puzzle del narcotraffico.

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Informazioni

INSERTO FOTOGRAFICO

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«Il matrimonio di Nicomedes Suárez Franco con Blanca Gómez Roca, nel 1924, fece molto scalpore. Entrambi erano i discendenti di due delle famiglie più tradizionali dell’Oriente boliviano. La sposa era figlia di Manuela Roca Ortiz, ricca possidente, proprietaria di varie terre a Santa Rosa del Yacuma adibite all’allevamento di bestiame. Da quell’unione nacquero quattro figli. Il minore, nato a Santa Ana l’8 gennaio 1932, era Roberto Suárez Gómez.»
Nicomedes Suárez Franco e Blanca Gómez Roca.

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Le nozze di Roberto Suárez e Ayda Levy, 11 aprile 1958.

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«Pilota esperto, in possesso di una flotta di aerei per esportare carne dai suoi ranchos isolati, aveva tutte le risorse per poter diventare un intermediario tra i produttori di coca boliviani e gli acquirenti colombiani, trasportando le foglie di coca ai laboratori di raffinazione.» Licenza rilasciata a Roberto Suárez dalla Direzione generale dell’aeronautica civile.

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«La mattina del 21 maggio un Convair 440 con matricola statunitense atterrò sulla pista di milleottocento metri della tenuta Josuani per ritirare il carico di cocaina. … Dei mille chili di solfato base di cocaina che gli agenti della DEA Michael Levine e Richard Fiano portarono via dalla tenuta Josuani nel Convair, ne dichiararono misteriosamente solo quattrocentotrenta al loro arrivo in Florida.» Il Convair atterra a Josuani.

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Richard Nixon a colloquio con il presidente boliviano Hernán Siles Zuazo. (© Getty)

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Luis García Meza, ex dittatore boliviano, si rivolge alla stampa in un ospedale militare a La Paz, 20 gennaio 1998. (© Reuters)

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Luis Arce Gómez, ex ministro degli Interni boliviano, ascolta la sentenza che lo condanna a trent’anni nel carcere di Chonchocoro. Tra i suoi crimini: omicidio, violazione dei diritti umani e genocidio, 13 luglio 2009. (© Reuters)
«Mi resi subito conto che l’iniziativa del generale García Meza e del colonnello Arce Gómez, con la mediazione e l’appoggio logistico di Altmann e l’aiuto economico di Roberto e di altri imprenditori di Santa Cruz, si stava concretizzando esattamente come era stata pianificata negli ultimi sette mesi. Avrebbero impedito a ogni costo l’insediamento al potere di Siles Suazo, programmato per il 6 agosto 1980.»

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«Venire a sapere che quel colto signore tedesco con cui, per un caso della vita, avevamo condiviso le nostre pene e gioie negli ultimi tre anni, fosse in realtà il Boia di Lione, città nella quale aveva vissuto la sorella minore di mio padre, Sarah, per me fu un colpo durissimo, dal quale non mi ripresi mai.» Klaus Altmann, alto ufficiale delle SS e della Gestapo, 16 maggio 1942. (© Reuters)

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«Il 5 febbraio le autorità francesi trasferirono Klaus Altmann a Lione per sottoporlo a giudizio per i crimini contro più di quattromila ebrei, compresi centinaia di bambini, oltre che per la deportazione di più di settemila persone ai campi di concentramento nazisti, e la cattura e la tortura di oltre diecimila membri della Resistenza, nel periodo in cui era stato comandante della Gestapo in quella città, durante la Seconda guerra mondiale.» Klaus Altmann arriva a Lione, in manette, per scontare la sua condanna, 11 maggio 1987. (© Reuters)

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«La presenza, tra gli invitati che venivano da fuori, di un paio di giovani di nazionalità colombiana attirò la mia attenzione, forse perché non erano vestiti in modo adeguato. ... La strana coppia superava appena i trent’anni di età. I loro nomi erano Pablo Escobar Gaviria e Gonzalo Rodríguez Gacha. Il Dúo Dinámico: Pellicano e Messicano, così li chiamava mio marito.» Pablo Escobar Gaviria (© Reuters), fondatore e leader del cartello di Medellín, e Gonzalo Rodríguez Gacha (© Reuters), alias il Messicano, capo dell’ala militare del cartello.

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«Gli chiesi chi fossero veramente quei due europei che mi aveva presentato a La Asunción, quello un po’ grasso e il pelato. “... è Roberto Calvi, niente meno che il presidente del Banco Ambrosiano. Il pelato, come lo chiami tu, d’ora in poi sarà il garante di questa e di tutte le nostre future operazioni commerciali nel Vecchio Continente. ... Negrita adorata, con questo mio omonimo di mezzo avremo l’appoggio della banca più antica e potente del mondo, le orazioni del consiglio cardinalizio del Vaticano e, perché no?, anche la benedizione del papa.”» Roberto Calvi, conosciuto come il «Banchiere di Dio». (© Getty)

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Yungas, area di coltivazione della foglia di coca per il consumo tradizionale. Chapare, area di coltivazione destinata prevalentemente al narcotraffico. Tenuta Josuani, dove venne realizzata l’operazione segreta della DEA nel maggio 1980. Laboratori di lavorazione della cocaina.

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Le rotte della Corporación.

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Huascar, Hugo, Roberto, José Pedro e Rodolfo Suárez a San Vicente, 1984.

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«In ogni occasione mondana si parlava del fatto che Roberto aveva assunto il controllo totale della produzione e del commercio della cocaina a livello nazionale. ... La cosa strana in tutto ciò era che nessuno lo rimproverasse o criticasse. Anzi, l’ammirazione, l’affetto e il rispetto che la gente nutriva per lui crescevano a dismisura; perfino i nostri familiari e amici si congratulavano.»
Roberto Suárez a Santa Ana, 1985.

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«Il vecchio laboratorio nello Yata produceva quotidianamente duecento chili di cloridrato di cocaina, interamente a disposizione del Re per rifornire ogni quindici giorni i suoi soci francesi, attraverso esportazioni “legali” di cuori di palma in scatola.»
L’atterraggio di un Piper Cherokee nel laboratorio dello Yata, 1983.

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«Il laboratorio di Villa Mosquitos, come dimensioni e capacità di produzione, era il doppio di quelli dello Yata e del Madidi messi insieme.»
Area di parcheggio degli aerei a Villa Mosquitos.

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«“Grazie per aver finalmente accettato l’invito di Ochoa. Voi sarete il missile con il quale sfonderò il blocco e l’ingiusto embargo patito dal mio paese” disse Fidel Castro, guardandoli fisso negli occhi mentre gli stringeva la mano. E continuò: “Pepe mi ha informato dei dettagli dell’accordo. È meno di quanto mi aspettassi”. Pablo replicò: “Trenta milioni al mese sono una montagna di soldi, presidente, sono quasi trecentosessanta...”. Il dittatore lo interruppe e disse in tono scherzoso: “Hai ragione, Escobar, per noi sono molti soldi. Invece per voi sono spiccioli. Li guadagnate in una sola spedizione in aereo”. Si fece più vicino, accarezzandosi il mento, e con un sorriso disse: “È meglio se cambiamo argomento, non c’è bisogno di parlarne ancora”.» Fidel Castro. (© Everett Collection)

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«Una corte marziale, durante un processo illegale e viziato da irregolarità, condannò a morte il generale Arnaldo Ochoa, eroe della Rivoluzione, e il colonnello Antonio de la Guardia, insieme ai rispettivi aiutanti. Fu probabilmente una vendetta per aver avvertito Roberto ed Escobar a Siboney. ... il 12 luglio 1989 un plotone di esecuzione mise fine alle loro vite e alla loro lealtà.» Il generale Arnaldo Ochoa Sánchez davanti alla corte marziale, condannato per narcotraffico. (© Getty)

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«Suárez ha inviato una piccola flotta di aerei privati, sia in Bolivia sia all’estero, per portare duecentocinquanta invitati al matrimonio di sua figlia Heidy. Mentre gli invitati, tra cui alcuni funzionari boliviani, ballavano sulle note di un’orchestra fatta arrivare in aereo per l’occasione, gli agenti antidroga cercavano Suárez. Loro non erano stati invitati.»
«Di fronte alla resistenza dei miei figli a farsi coinvolgere in qualsiasi attività illecita, un sedicente gruppo di investitori riuscì a incontrarsi con il marito di mia figlia. ... Gli proposero di prendere le redini dell’attività che il suocero aveva lasciato: tentazione alla quale finì per cedere, per i guadagni milionari che gli promisero.» Gerardo Caballero Salinas e Heidy Suárez il giorno del loro matrimonio, 3 agosto 1984.

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«Il pomeriggio prima del matrimonio rimasi colpita dal numero di uomini in divisa che arrivarono alla tenuta su vari aerei ed elicotteri, e soprattutto dal gran dispiegamento di forze di sicurezza.» Un’altra foto delle nozze di Heidy e Gerardo a San Vicente, 3 agosto 1984.

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Harold, Roberto, Roby e Gary Suárez a San Vicente, 3 agosto 1984.

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«Mentre ballavamo, Roberto, elegantissimo in uno smoking Armani color perla, mi disse con tono da conquista: “Non pensi che dovremmo risposarci? Potremmo fare una festa spettacolare a Casa de Campo...”. Non gli lasciai finire la frase: “Si vede che è da un po’ che ti sei dimenticato di Dio e delle leggi. Per risposarsi, prima bisogna essere divorziati”.» Roberto e Ayda al matrimonio di Heidy, 3 agosto 1984.

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«In settembre, dopo venti mesi dall’inizio delle operazioni con la CIA, e dopo aver portato a termine la produzione e lavorazione delle cinquecento tonnellate di cocaina pattuite con Oliver North, Roberto considerò concluso l’accordo di Panama. Vane furono le trattative personali del tenente colonnello e l’intermediazione di Noriega per tentare di convincerlo a prolungare la società con la CIA, così come furono inutili le minacce ricevute dal governo americano.»
Manuel Antonio Noriega a Panama, 29 febbraio 1988. (© Reuters)

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«North disse a mio marito: “Le ricordo che noi abbiamo già onorato la prima parte dell’accordo. Adesso è lei che deve decidere se concludere o meno ciò che abbiamo iniziato. Il futuro di questa società è nelle sue mani”. ... Il Re aveva l’impero ai suoi piedi. Questa volta ad avere l’ultima parola era l’uomo che controllava la produzione totale della cocaina in Bolivia, e di conseguenza il suo smercio nel mondo.»
Oliver North parla con alcuni marines, 27 maggio 2004. (© Reuters)

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«Roby non poté contenere la rabbia di fronte ai continui rifiuti e all’atteggiamento evasivo delle autorità in merito alla richiesta di concedere a Roberto un permesso d’emergenza per ricevere cure mediche specialistiche, sotto la custodia della polizia. La terza settimana di marzo convocò i media nazionali e stranieri in una conferenza nei locali dell’università Gabriel René Moreno, nella città di Santa Cruz, per denunciare la serie di atti illegali e le irregolarità che i nostri ultimi governi avevano commesso, con la complicità degli americani, nella falsa lotta al traffico di droga e al riciclaggio di denaro.»
Roby Suárez, 1986.

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«Mio figlio morì dissanguato, senza ricevere cure mediche, colpito da un solo proiettile da nove millimetri a destra dell’ombelico. ... A sparare fu uno dei codardi assassini al soldo del governo.»
Roby, 3 agosto 1984.

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«Kayán, uno stupendo giaguaro, che i miei figli avevano allevato, addomesticato e nutrito dalla nascita a latte e cioccolata.»
Roberto e Kayán a Quemalia, 1987.

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«L’ultima volta che ci vedemmo fu a Cochabamba, il 16 maggio 2000, per festeggiare i quindici anni di Cinthya María, la nostra nipote più grande. L’unico ricordo che mi resta di quell’incontro è la discussione che avemmo nella mia camera da letto, quando lo sorpresi a frugare tra i miei ricordi. Lo aggredii in modo tale e gli rinfacciai così tante cose che se ne andò con le lacrime agli occhi.»
L’ultima foto di Roberto e Ayda insieme, 12 marzo 2000.

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«Nel...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il re della cocaina
  3. Prologo
  4. I. Casa Suárez
  5. II. Klaus Altmann - Barbie
  6. III. L’operazione Josuani e la DEA
  7. IV. Il governo della cocaina
  8. V. Il tradimento del generale
  9. VI. La tenace persecuzione
  10. VII. La Corporazione del narcotraffico
  11. VIII. L’incubo svizzero
  12. IX. Il sequestro e la liberazione di Roby
  13. X. Il cartello di Medellín
  14. XI. La connessione cubana
  15. XII. Il Re della Cocaina e la CIA
  16. XIII. Bahamas, la rotta per la Florida
  17. XIV. Il tramonto dell’impero
  18. XV. Il Consiglio nazionale della coca
  19. XVI. La resa di Roberto
  20. XVII. L’assassinio di mio figlio
  21. XVIII. La morte del Re
  22. Epilogo
  23. Appendice
  24. Fonti giornalistiche
  25. INSERTO FOTOGRAFICO
  26. Copyright