Punto di origine
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Punto di origine

  1. 336 pagine
  2. Italian
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Informazioni sul libro

Una serie di spaventosi incendi devasta le abitazioni di Warrenton in Virginia, e, tra le rovine fumanti, gli investigatori trovano ogni volta il corpo carbonizzato di giovani donne. L'ufficio legale di Richmond è impegnato in un frenetico e macabro lavoro sui cadaveri alla ricerca di qualche indizio che conduca all'assassino. Kay Scarpetta teme di conoscere il colpevole. Intanto intorno a lei e ai suoi collaboratori qualcuno prepara silenziosamente una trappola mortale.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852032233

1

Benton Wesley era in cucina e si stava togliendo le scarpe da ginnastica quando corsi da lui con il cuore pieno di paura, di odio e di terrore. La lettera di Carrie Grethen era fra una pila di lettere e documenti messi da parte fino a un minuto prima, quando avevo deciso di affrontarla con una tazza di tè alla cannella nella mia casa di Richmond, in Virginia. Erano le diciassette e trentadue di domenica 8 giugno.
«Immagino te l’abbia mandata in ufficio» disse Benton sfilandosi le calze bianche della Nike.
Non sembrava turbato.
«Rose non legge la posta indirizzata alla mia attenzione. Tanto più se sulla busta c’è scritto “Riservata”.» Lo sapeva benissimo. Avevo il batticuore.
«Forse invece dovrebbe. Mi sembra che tu abbia un po’ troppi ammiratori» disse in tono tagliente.
Posò i piedi nudi per terra e i gomiti sulle ginocchia, la testa bassa. Notai che aveva le spalle e le braccia, muscolose e sode per la sua età, bagnate di sudore; gli guardai le ginocchia, i polpacci e le caviglie segnate dall’elastico delle calze. Si passò le dita fra i capelli grigi umidi e quindi si appoggiò allo schienale della sedia.
«Uffa» mormorò asciugandosi la faccia e il collo con un asciugamano. «Sono troppo vecchio per queste stronzate.»
Si stava alterando. Trasse un respiro profondo e buttò fuori il fiato. Aveva posato sul tavolo il Breitling Aerospace di acciaio inossidabile che gli avevo regalato a Natale. Lo prese e se lo mise al polso.
«Maledizione. Certa gente è peggio del cancro. Fammi vedere» disse.
La lettera era scritta con la penna rossa, in uno strano stampatello, e in cima al foglio erano disegnate una specie di cresta e le lunghe penne della coda di un uccello, con la parola ergo, che in quel contesto non mi sembrava avesse alcun significato. Aprii il foglio bianco da fotocopie con la punta delle dita e glielo posai davanti sull’antico tavolo di rovere che tenevo in cucina. Benton non toccò quella che poteva essere una prova e lesse con attenzione quello scritto bizzarro, riflettendo e cercando di ricordare.
«Il timbro postale è di New York, dove il processo ha destato un certo scalpore.» Continuavo a razionalizzare e a negare. «Solo due settimane fa le hanno dedicato un articolo importante, quindi il nome potrebbero averlo preso da lì. In fondo l’indirizzo del mio ufficio è di dominio pubblico. È possibile che non l’abbia scritta Carrie, ma qualche altro pazzoide.»
«Invece secondo me è stata lei.» Si rimise a leggere.
«Come fa a mandarmi una cosa del genere da un ospedale psichiatrico? Non c’è nessuno che controlla?» ribattei spaventata.
«Saint Elizabeth’s, Bellevue, Mid-Hudson, Kirby», elencò senza alzare lo sguardo. «I vari Carrie Grethen, John Hinckley Junior e Mark David Chapman sono pazienti, non detenuti. Godono degli stessi diritti civili di cui godiamo noi e nei loro penitenziari e ospedali psichiatrici formano associazioni di pedofili via computer e vendono informazioni ai serial killer per posta. Figurati se non riescono a scrivere una lettera minatoria a un medico legale.»
Lo disse in tono pungente, secco. Quando alzò gli occhi, vidi che erano pieni di odio.
«Carrie Grethen sta prendendo in giro te, me, l’FBI», continuò.
«La bugiarda» citai dalla lettera.
Wesley si alzò e si mise l’asciugamano su una spalla.
«Supponiamo che me l’abbia scritta lei» ripresi.
«Te l’ha scritta lei.» Non aveva dubbi.
«E va bene. Non vuole semplicemente prendermi in giro, Benton.»
«Infatti. Ci ricorda che lei e Lucy sono state amanti, cosa che finora non è di dominio pubblico» mi fece notare. «Il punto è che Carrie Grethen non ha ancora finito di rovinarci la vita.»
Non potevo nemmeno sentirla nominare e la sua ineffabile presenza in casa mia mi riempiva di rabbia. Era come se fosse lì, in cucina con noi, ad appestare l’aria con la sua malvagità. Mi vennero in mente il suo sorrisetto perfido e il suo sguardo maligno e mi chiesi che faccia avesse, dopo essere stata rinchiusa cinque anni in mezzo a dei pazzi criminali. Carrie non era malata di mente. Non lo era mai stata. Era instabile, psicopatica, violenta e incosciente.
Guardai gli aceri giapponesi che ondeggiavano al vento e il muretto di pietra che divideva il mio giardino da quello dei vicini. Quando squillò il telefono mi resi conto di non avere nessuna voglia di rispondere.
«Scarpetta» dissi sollevando il ricevitore e guardando Benton che rileggeva la lettera per l’ennesima volta.
«Salve» mi salutò la voce nota di Pete Marino. «Sono io.»
Il capitano Marino lavorava nel dipartimento di polizia di Richmond e lo conoscevo abbastanza bene da capire dal suo tono di voce che era successo qualcosa.
«Cosa c’è?» chiesi.
«Ieri sera a Warrenton è bruciata una villa. L’avrai sentito al telegiornale» rispose. «Nella stalla c’erano una ventina di cavalli di razza che valevano una fortuna. Tutti morti. Casa e stalla sono completamente rase al suolo.»
Ero perplessa. «Scusa, Marino, ma perché lo vieni a dire a me? Prima di tutto quella non è una zona di tua competenza…»
«Adesso sì» mi interruppe.
Mi sentii mancare l’aria, come se la mia cucina fosse improvvisamente diventata piccolissima. Aspettai che si spiegasse.
«L’ATF ha appena chiamato l’NRT» proseguì.
«Cioè noi» intervenni.
«Esatto. Ci siamo dentro tutti e due, mia cara. Ci vediamo domani mattina all’alba.»
Il National Response Team era una branca dell’ATF, cioè dell’ente federale che si occupava di alcol, tabacco e armi da fuoco, e interveniva in caso di attentati o altre calamità di competenza dell’ATF e di incendi che coinvolgevano chiese o esercizi commerciali. Marino e io non appartenevamo all’ATF, ma era abbastanza frequente che quella e altre agenzie governative ci chiedessero di collaborare in caso di necessità. Per esempio, mi avevano chiamata in occasione delle bombe al World Trade Center e a Oklahoma City e anche nel disastro aereo del volo TWA 800. Avevo preso parte all’identificazione delle vittime dei Davidiani a Waco e alle indagini sugli attentati di Unabomber. Purtroppo sapevo per esperienza che l’ATF mi mandava a chiamare solo se era morto qualcuno e, se c’era di mezzo anche Marino, inevitabilmente si presumeva l’omicidio.
«Quanti?» allungai la mano verso il blocco degli appunti.
«Qui non è il quanti che conta, capo, ma chi. Villa e cavalli appartenevano nientemeno che a Kenneth Sparkes, il magnate della stampa. E, adesso come adesso, sembra che ci sia rimasto.»
«Santo Dio» mormorai. Mi si annebbiò improvvisamente la vista. «Siamo sicuri?»
«Be’, è scomparso.»
«Mi spieghi come mai lo vengo a sapere solo adesso?»
Mi stavo innervosendo, perché tutte le morti per cause innaturali della Virginia erano di mia responsabilità e non doveva essere Marino a informarmi, ma il mio ufficio del Nord Virginia. Ero furibonda che non mi avessero avvertito a casa.
«Non ti incazzare con quelli di Fairfax» disse Marino leggendomi nel pensiero. «La contea di Fauquier ha messo tutto in mano all’ATF. È così che funziona.»
Non mi andava giù lo stesso, ma non era quello il momento di sottilizzare.
«Suppongo che finora non siano stati ritrovati cadaveri» dissi prendendo appunti.
«Certo che no. Quello è affar tuo.»
Rimasi un attimo zitta, con la penna in mano. «Marino, qui è bruciata una villa. Anche se si sospetta il dolo e il proprietario è un pezzo grosso, mi spieghi che cosa c’entra l’ATF
«Per via del whisky e dei mitragliatori. Oltre al fatto che per la compravendita di cavalli la tenuta rientra nella categoria di esercizio commerciale» rispose Marino.
«Straordinario» borbottai.
«È un incubo, te lo dico io. Il comandante dei vigili del fuoco ti chiamerà entro stasera. Ti conviene fare la valigia perché l’elicottero ci verrà a prendere prima dall’alba. Mi dispiace che capitino sempre tutte nel momento peggiore: purtroppo mi sa che dovrai dire addio alle ferie.»
Benton e io quella sera dovevamo partire per Hilton Head per una settimana di vacanze al mare. Era dall’inizio dell’anno che non passavamo un po’ di tempo insieme ed eravamo stanchi morti e stressati. Quando riattaccai, mi resi conto che non avevo il coraggio di guardarlo in faccia.
«Mi dispiace» gli dissi. «Avrai capito che c’è stata un’emergenza.»
Alzai gli occhi titubante, ma Benton evitò il mio sguardo e continuò a cercare di decifrare la lettera di Carrie.
«Devo partire domani mattina all’alba. Tu vai, io magari ti raggiungo a metà settimana» continuai.
Non mi stava a sentire perché non voleva sapere.
«Cerca di capire» lo implorai.
Continuò a fare finta di niente e io mi accorsi che c’era rimasto malissimo.
«Ti ricordi i cadaveri mutilati ritrovati in Irlanda e poi anche qui?» disse, sempre leggendo. «Te ne eri occupata tu, no? “Ossa segate.” E poi pensa a Lucy e si masturba, raggiungendo più volte l’orgasmo sotto le coperte. O almeno così presumo.»
Continuò a scorrere la lettera parlando fra sé.
«Parla come se la relazione fra lei e Lucy continuasse» proseguì. «Usa il noi per farsi passare per dissociata. Come se a commettere i delitti fosse qualcun altro, non lei. Finge di avere una doppia personalità. Trucco più che prevedibile e pedestre per farsi dichiarare incapace di intendere e di volere. L’avrei detta dotata di un po’ più di originalità.»
«È perfettamente capace di intendere e di volere» replicai arrabbiata.
«Io e te lo sappiamo benissimo.» Aprì un’Evian e bevve dalla bottiglietta di plastica. «Da dove viene “Lucy Buh”?»
Si sbrodolò leggermente e si asciugò il mento con il dorso della mano.
Balbettai: «È un soprannome che le avevo dato io quando andava all’asilo. A un certo punto non ha più voluto che la chiamassi così, ma a volte mi scappa ancora». Mi interruppi e ripensai a mia nipote a quei tempi. «Immagino che Lucy glielo abbia raccontato.»
«Be’, c’è stato un periodo in cui Lucy e Carrie si dicevano un sacco di cose» rifletté Wesley. «Carrie è stata la prima amante di Lucy e sappiamo tutti che, per quanto odioso, il primo amore non si scorda mai.»
«Per fortuna non capita spesso di avere uno psicopatico ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Punto di origine
  4. Capitolo 1
  5. Capitolo 2
  6. Capitolo 3
  7. Capitolo 4
  8. Capitolo 5
  9. Capitolo 6
  10. Capitolo 7
  11. Capitolo 8
  12. Capitolo 9
  13. Capitolo 10
  14. Capitolo 11
  15. Capitolo 12
  16. Capitolo 13
  17. Capitolo 14
  18. Capitolo 15
  19. Capitolo 16
  20. Capitolo 17
  21. Capitolo 18
  22. Capitolo 19
  23. Capitolo 20
  24. Capitolo 21
  25. Capitolo 22
  26. Capitolo 23
  27. Capitolo 24
  28. Una settimana dopo Hilton Head
  29. Copyright