Se puoi meditare, se riesci a creare un po’ di distanza tra la mente e l’essere, se riesci a vedere, a sentire e a sperimentare che non sei la tua mente, in te avviene un’incredibile rivoluzione. Se non sei la tua mente, non puoi essere la tua gelosia, non puoi essere la tua tristezza, non puoi essere la tua rabbia.
In questo caso sono semplicemente presenti, senza alcuna relazione con te, e tu non dai loro alcuna energia. In realtà sono dei parassiti che hanno vissuto sul tuo sangue, perché eri identificato con la mente: la meditazione è disidentificazione dalla mente.
È un metodo semplice, non è qualcosa di complesso che solo poche persone possono fare. Ti basta sedere in silenzio, in qualunque momento, e osservare: chiudi gli occhi e osserva cosa accade. Sii un semplice osservatore. Non giudicare cosa è bene, cosa è male, cosa non dovrebbe esserci, cosa dovrebbe… nessun giudizio: sei solo un osservatore.
Ci vuole un po’ di tempo per giungere alla pura osservazione. E nel momento in cui sei un puro osservatore, sarai sorpreso di vedere che la mente è scomparsa.
Esiste una proporzione: se sei un osservatore solo all’uno per cento, il novantanove per cento è mente. Se lo sei al dieci per cento, il novanta per cento è mente. Se sei un osservatore al novanta per cento, ti è rimasto solo un dieci per cento di mente.
Se sei un osservatore al cento per cento, non c’è mente – niente tristezza, né rabbia, né gelosia – solo una chiarezza, un silenzio, una benedizione.
Si dovrebbe iniziare osservando il corpo: quando cammina, si siede, va a letto, mangia. Si dovrebbe cominciare da ciò che è più concreto, perché è più facile, e poi spostarsi verso le esperienze più sottili. Dovresti iniziare osservando i pensieri e, quando si diventa esperti nell’osservare i pensieri, si può partire con le emozioni. Quando sentirai di poter osservare le emozioni, dovresti passare all’osservazione degli stati d’animo, che sono ancora più sottili delle emozioni, più vaghi.
Il miracolo dell’osservazione è questo: mentre osservi il corpo, l’osservatore diventa più forte; mentre osservi i pensieri, l’osservatore si rafforza ulteriormente; e mentre osservi le emozioni, l’osservatore diventa ancora più forte. Quando arrivi a osservare gli stati d’animo l’osservatore è talmente forte che può rimanere se stesso: può osservare se stesso, come una candela nel buio della notte che non illumina solo tutto quanto la circonda, ma anche se stessa.
Trovare l’osservatore nella sua purezza è il più alto compimento nella spiritualità, perché l’osservatore in te è la tua stessa anima, quell’osservatore è la tua immortalità. Mai, però, neppure per un momento devi pensare: “Ce l’ho fatta”, perché quello è il momento in cui fai fiasco!
Quello dell’osservare è un processo eterno, vai sempre più in profondità, ma non arrivi mai alla fine, là dove puoi dire: “Ce l’ho fatta”. In realtà, più in profondità vai, più ti rendi conto di essere entrato in un processo che è eterno, senza inizio e senza fine.
Purtroppo le persone guardano solo gli altri, non si prendono mai la briga di osservare se stesse. Tutti osservano cosa fanno gli altri, come si vestono, che aspetto hanno: questo è il tipo più superficiale di osservazione. Tutti osserviamo, non è una novità da introdurre nella tua vita: si tratta solo di rendere questa osservazione più profonda, la si deve distogliere dagli altri e orientarla verso le proprie emozioni, i pensieri e gli stati d’animo personali, e infine all’osservatore in sé.
Un ebreo è seduto in treno di fronte a un prete.
“Mi dica reverendo” chiede l’ebreo “come mai porta il colletto a rovescio?”
“Perché sono un padre” risponde il prete.
“Anch’io sono un padre, ma non porto il colletto a quel modo” ribatte l’ebreo.
“Oh” dice il prete “ma io sono solo il padre di migliaia di esseri umani.”
“In questo caso, forse” replica l’ebreo “sono i calzoni che dovrebbe indossare con la patta sul didietro!”
Le persone guardano sempre cosa fanno gli altri. Si fa in fretta a ridere delle sciocchezze altrui, ma hai mai riso di te stesso? Ti sei mai visto mentre fai qualcosa di ridicolo? No, non ti guardi mai: tutta la tua attenzione è rivolta agli altri, e questo non sarà di alcuna utilità.
Usa questa energia dell’osservare per la trasformazione del tuo essere. Ti può dare felicità e benedizioni incredibili, che non ti sogni neppure! Un processo semplice, ma una volta che inizi a usarlo su te stesso, diventa meditazione.
Puoi trasformare in meditazione qualunque cosa. Tutto ciò che ti conduce a te stesso è meditazione. E trovare la propria meditazione è importantissimo, perché in quella scoperta proverai una gioia immensa; e poiché si tratta di una tua scoperta, non di un rituale imposto, ti piacerà approfondirla sempre di più. E più l’approfondisci più ti sentirai felice, in pace, più silenzioso, più integro, più armonioso, più aggraziato.
Tutti voi sapete osservare, non c’è nulla da imparare. Si tratta solo di cambiare l’oggetto dell’osservazione: portarlo più vicino. Osserva il corpo, e rimarrai sorpreso: posso muovere una mano senza osservare, e la posso muovere osservandola; voi non vedrete la differenza, ma io la sento. Quando la muovo e sono attento ci sono grazia e bellezza in quel gesto, un senso di pace e di silenzio. Potete camminare, osservando ogni passo, vi darà tutti i benefici che il camminare dà in quanto movimento fisico, ma vi darà in più il beneficio di una semplice e formidabile meditazione.
Il tempio di Bodhgaya, il luogo dell’illuminazione del Buddha, è stato costruito in memoria di due cose: l’albero della bodhi sotto il quale si sedeva il Buddha; e accanto all’albero un sentiero di sassi dove fare una lenta camminata. Il Buddha infatti meditava seduto e, quando sentiva che era rimasto fermo troppo a lungo – che il corpo aveva bisogno di un po’ di movimento –, camminava su quei sassi. Era la sua meditazione camminata.
Quando sono stato a Bodhgaya a tenere un campo di meditazione, sono andato al tempio e ho visto lama buddhisti che venivano dal Tibet, dal Giappone, dalla Cina: tutti porgevano il proprio rispetto all’albero, ma non uno porgeva rispetto a quei sassi su cui il Buddha aveva percorso chilometri e chilometri.
Ho detto loro: “Non è giusto. Non dovreste dimenticare quei sassi. Sono stati toccati dai piedi di Gautama il Buddha milioni di volte”. D’altra parte, so come mai le persone non mostrano attenzione a quei sassi; infatti hanno dimenticato che il Buddha sottolineava con enfasi il fatto che si debba osservare ogni atto del corpo: camminare, sedere, sdraiarsi. Non un solo momento dovrebbe passare privo di attenzione consapevole.
L’osservazione rafforzerà la tua consapevolezza. È questa l’essenza della religiosità, tutto il resto non sono che parole. E se riuscite a osservare, non avete bisogno d’altro.
Il mio sforzo è rendere il viaggio il più semplice possibile. Tutte le religioni hanno fatto l’esatto opposto, hanno complicato tutto, a tal punto che le persone non ci provano neppure più.
Nelle scritture buddhiste, per esempio, ci sono trentatremila principi che un monaco deve seguire: persino ricordarli è impossibile! Basta il numero, trentatremila, per mandarti fuori di testa: “Non lo sopporto! Mi rovineranno la vita, mi distruggeranno”.
Trova semplicemente un singolo principio che senti vicino, in armonia con te: è più che sufficiente.
Spesso mi trovo in stati d’animo molto drammatici e infelici, ma ogni tanto mi vedo andare in giro con il muso lungo e pensieri del tipo: “Sono un fallimento”, e poi, d’un tratto, mi sale una risata da dentro, che a volte esplode anche all’esterno, accompagnata da un senso di assoluta felicità. È talmente forte che non posso neppure rimanere nel mio umor nero! È collegato a quello che tu chiami l’osservatore?
C’è di sicuro una relazione tra l’osservatore e la risata che ti sorge dentro, perché l’osservatore può vedere non solo le assurdità degli altri, ma anche le proprie.
L’osservatore ha visto il tuo umor nero. Prima che subentrasse l’osservatore, eri identificato con il tuo stato d’animo tragico, avevi dimenticato che si trattava solo di cattivo umore.
Guarda le persone: tutti portano una maschera che è un ruolo, e ripetono lo stesso dialogo interiore, si preparano. Cosa dirà il marito alla moglie, visto che è in ritardo… e sa benissimo che non è riuscito a ingannarla neppure una volta, ma continua a fare le stesse sciocchezze.
Se l’osservatore entrasse in gioco, se d’un tratto ti ricordassi di osservare, ti metteresti a ridere di te stesso e della tua idiozia. Continui a cadere nello stesso fosso, e ogni giorno decidi di non ricaderci mai più; d’altra parte, quando arrivi vicino al fosso, l’attrazione, il richiamo a caderci è così forte che dimentichi tutte le tue decisioni. E ti consoli dicendo: “Solo una volta… Da domani manterrò la promessa che mi sono fatto”, ma è andata così un’infinità di volte. E lo farai per tutta la vita, a meno che non permetti all’osservatore di osservare le azioni ridicole che fai.
Esiste sicuramente una profonda relazione. Mentre osservi ti metterai a ridere al pensiero della tua inutile faccia seria; in realtà nessuno ti guarda, puoi rilassarti! E anche se qualcuno ti guardasse, un volto serio non è così bello; una faccia contenta, sorridente, radiosa potrebbe valer la pena: se devi fare l’attore, scegli almeno un bel ruolo!
Tutti hanno scelto ruoli così orribili da recitare: i loro volti sono spenti e tristi, l’energia è quella di un cadavere, eppure vogliono essere amati e rispettati da tutti. Persino i cani non abbaiano contro di loro, li sopportano, ma non li guardano, e si dicono: “Lasciamolo andare, lui e la sua infelicità”. I cani hanno le loro idee fisse, abbaiano a chi indossa un’uniforme: poliziotti, postini… sono assolutamente contro le uniformi. Di certo sono dei ribelli: un intero esercito, un’intera brigata, sta passando e sono tutti in uniforme? I cani non resistono alla tentazione di protestare; ma quando passi tu con il tuo muso lungo, persino i cani non protestano. D’altra parte, se riuscissi a vederti, rideresti di te stesso: “Perché quella faccia lunga?”. Se ti guardi veramente, rimarrai sorpreso: anche il cane sta ridendo di te!
Forse non l’hai notato. La prossima volta che ti fai una risata fragorosa, cerca di notare un fatto importantissimo: osservare è più facile mentre ridi, perché la risata non è un atto serio, ed è naturale. La risata crea un’atmosfera di silenzio in te; se la tua risata è davvero totale, la mente si ferma: “Prima lasciamo ridere questo idiota”. Sono questi i momenti in cui puoi attivare molto facilmente l’osservatore.
E per dare sostegno alla tua risata… e mi raccomando, ricorda di osservarti, mentre ridi:
Tutti gli scolari di prima elementare sono attorno alla maestra per giocare a “indovina l’animale”. La prima figura mostrata dalla maestra è un gatto.
“Allora, bambini” dice la maestra “chi mi sa dire cos’è questo?”
“Io! Io! È un gatto” urla un bambino.
“Molto bene, Eddy. E chi mi sa dire come si chiama questo animale?”
“È un cane” dice ancora lo stesso bambino.
“Giusto. E quest’altro?” domanda la maestra mostrando la figura di un cervo.
Sulla classe cala il silenzio. Dopo un paio di minuti l’insegnante dice: “Su, avanti, bambini… non vi ricordano nulla quelle corna?”.
“Lo so, lo so!” urla Eddy tutto eccitato. “È quello che la mamma dice sempre di papà: è un cornuto bastardo!”
Un naufrago approdò su un’isola deserta e riuscì a sopravvivere facendo amicizia con gli indigeni. Erano diventati così amici che un giorno il capotribù gli offrì la figlia per una notte. Nelle ore appassionate che seguirono, mentre facevano l’amore, la figlia del capo urlò per tutto il tempo: “Oga boga! Oga boga!”. Il naufrago pensò che si trattasse del loro modo per esprimere l’apprezzamento di una cosa fantastica.
Alcuni giorni dopo il capo invita il naufrago a una partita di golf. Al primo lancio il capo manda in buca. Ansioso di utilizzare il nuovo vocabolo appreso, il naufrago si mette a urlare entusiasta: “Oga boga! Oga boga!”.
Al che, il capo si volta a guardarlo perplesso e chiede: “Cosa intendi con ‘buco sbagliato’?”.
Quando parli di amore e passione, intensità e autenticità, dentro di me avverto una scintilla di riconoscimento, ne sento la verità come a volte mi è accaduto nei momenti di picco. Ma quando parli di distacco, distanza, osservare dentro, sento un brivido freddo e un senso di morte. Non riesco a cogliere il paradosso: come ci si può innamorare rimanendo distaccati? Come posso perdermi in una vista meravigliosa e rimanere distante?
Riconosco che quanto dici sull’inevitabile oscillazione tra inferno e paradiso, estasi e disperazione, è vero per la mia vita. Vedo che questa inevitabilità non mi soddisfa e mi fa male; ma se l’alternativa è un distacco freddo e distante, allora preferisco tenermi il mio paradiso e il mio inferno, la mia gioia e il mio dolore, e dimenticarmi totalmente dell’osservatore.
La cosa più importante da comprendere nella vita è che è un paradosso, la vita esiste attraverso il paradosso; non è logica, è paradossale: si muove tra nascita e morte, tra notte e giorno, tra odio e amore, tra uomo e donna. Si muove tra il polo elettrico positivo e quello negativo, tra lo yin e lo yang, tra Shiva e Shakti: guardati intorno, guardati dentro, guarda fuori e ovunque troverai il paradosso.
Se la vita fosse logica, non ci sarebbero paradossi. Ma la vita non è logica, e non può esserlo! Prova a pensare a un mondo in cui esiste solo l’amore e non l’odio: in questo caso l’amore sarebbe impossibile, scomparirebbe insieme all’odio. Pensa a un mondo in cui c’è solo il buio, senza la luce; oppure c’è solo la luce, senza il buio… è impossibile. Dove esiste solo la nascita e non la morte – sarebbe molto logico, ma anche molto noioso.
La vita è dialettica, non logica: è un movimento tra poli opposti. Queste polarità non sono opposte in realtà, anche se lo sembrano: sono anche complementari. Odio e amore non sono due cose, in realtà sono una cosa sola: amoreodio. È un’unica cosa: nascitamorte; una cosa sola, giornonotte; una cosa sola...