Intermezzo
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Intermezzo

  1. 258 pagine
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Notizia sul testo e Note di commento a cura di Niva Lorenzini.
Cronologia della vita di Gabriele d'Annunzio a cura di Annamaria Andreoli. Nell'ebook si ripropone il testo di Intermezzo raccolto nei Versi d'amore e di gloria, edizione diretta da Luciano Anceschi, a cura di Annamaria Andreoli e Niva Lorenzini, vol. I, "I Meridiani", Mondadori, Milano 1982. Gli apparati informativi riproducono quelli pubblicati nell'edizione dei "Meridiani"; la Cronologia riproduce quella pubblicata nel primo tomo delle Prose di ricerca (a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti, "I Meridiani", Mondadori, Milano 2005). La raccolta, pubblicata nel 1883 con il titolo Intermezzo di rime, e poi uscita in edizione definitiva nel 1894 dopo profondi rimaneggiamenti (qui si danno entrambe le edizioni), raggruppa materiali compositi, accomunati dall'insistenza sulla tematica sensuale e morbosa, che scatenò fra i critici coevi un'accesa polemica sulla "verecondia", polemica abilmente utilizzata dal poeta impegnato nella trasformazione della propria vicenda in mito. I reali motivi di interesse del libro appaiono perlopiù legati al tentativo di sprovincializzazione del dettato poetico, che si esprime con l'ampliamento delle derivazioni letterarie e filosofiche in senso estetizzante (nell'interpretazione sublimata del tema erotico) e superomistico.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2013
ISBN
9788852034794
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

NOTIZIA SUL TESTO E NOTE DI COMMENTO
a cura di Niva Lorenzini

1 NOTIZIA SUL TESTO
La raccolta lirica successiva a Canto novo uscì in prima edizione nel luglio 1883, con data 1884, presso l’editore Sommaruga. Recava il titolo Intermezzo di rime: l’ascendente heiniano valeva in quella circostanza a sottolineare il carattere di esercitazione prevalentemente metrica, ove la scelta delle rime tradizionali si poneva come denegazione del metro ‘barbaro’. Filtro e tramite dell’operazione, il Carducci della chiosa a Intermezzo, che univa una dichiarazione programmatica certo non ignorata dal d’Annunzio («Intermezzo o Intermedio dicevano i cinquecentisti italiani un breve divertimento di canzonette e balletti figurati, dato tra l’uno atto e l’altro delle rappresentazioni drammatiche; e intermezzo metaforicamente chiamai io questa serie di rime che doveva nel mio pensiero segnare il passaggio dai Giambi ed Epodi alle Rime nuove e alle Odi barbare») a una presa di posizione risentita e sanguigna contro i detrattori moralistici.
Il volumetto sommarughiano raggruppava, in un’elegantissima veste editoriale rosa, con capilettere a fregi, 26 componimenti preceduti dall’epigrafe tennysoniana The sad mechanic exercise… e distinti in sei sezioni: nella seconda edizione ’84 (15 luglio) il numero sale a 29 con la soppressiope del quinto tra i Sonetti di primavera oltre che dell’epigrafe, e l’aggiunta, a fine libro, della traduzione dal Day-Dream di Tennyson con titolo LA BELLEZZA DORMENTE, dei due sonetti AI POETI e del sonetto PURIFICAZIONE.
Si trattava di materiale composito, per lo più già pubblicato in rivista all’indomani di Canto novo, tra l’82 e l’83. La fisionomia unitaria di cui la raccolta difettava (né valevano a definirla le sezioni artificiosamente delineate – Sonetti di primavera, Studii di nudo, Peccato di maggio, Vecchi pastelli, I Madrigali, Venere d’acqua dolce) giunse semmai per causa esterna alla coerenza strutturale, sulla scia di quella polemica della verecondia che coinvolse, oltre a critici di fama (Chiarini, Nencioni, Panzacchi, Lodi, i cui interventi approdarono all’opuscolo Alla ricerca della verecondia edito dal Sommaruga nell’84) lo stesso poeta, impegnato a utilizzare in senso strumentale una certa immagine di sé. Non si spiega altrimenti l’insistenza di certe confessioni, talmente esplicite e chiarificatrici da suscitare legittimi dubbi sulla loro reale motivazione.
Si veda la lettera all’editore in data 24 giugno 1884: «L’Intermezzo è il prodotto di un’infermità, di una debolezza di mente, di una decadenza momentanea. Le ragioni dell’Intermezzo si trovano nel mio tenore di vita in quell’epoca falsa. L’Intermezzo non è un libro pornografico: è un documento umano; è una manifestazione d’arte malsana». Importanti, in tal senso, anche la lettera del 3 luglio («Noi espiamo la colpa di avere scritto, in un’epoca di infermità e di vanità, un libercolo di versi inverecondi»), e la risposta all’articolo dell’estimatore Luigi Lodi, pubblicato nella «Domenica Letteraria» del 20 luglio 1884 col titolo Per un fatto personale: «L’Intermezzo di rime è, ripeto, un cattivo libercolo. Fu scritto in un’epoca di infermità e di vanità intellettuale, quando io allettato dalle mollezze dell’ozio andavo perdendo a grado a grado tutte le forze accumulate in parecchi anni di studio e noncurante volgevo le spalle ai saggi amici che venivano a gridarmi: – O rinnovarsi, o morire! – Dopo la per me lieta primavera barbara del Canto novo, io era rimasto in una specie di stanchezza triste: conservavo ancora nelli orecchi certi suoni prediletti e nelli occhi certi bagliori; conservavo ancora una certa abilità tecnica acquistata con pazienti esercizii; ma improvvisamente la materia d’arte mi veniva a mancare. Avrei dovuto non scrivere più versi; avrei dovuto fortificarmi di nuovi studi, di nuove più larghe letture; avrei dovuto rinunziare almeno per qualche anno ai vani romori della pubblicità e lavorare modestamente in silenzio. Non volli e non potei: il sacrifizio mi pareva duro [… ] E poiché la fama captive les coeurs des femmes, io mi perdei tra li amori; e poiché le donne chiedono ai poeti madrigali e sonetti per li albi e pe’ i ventagli, io scrissi sonetti e madrigali; e poiché la sensazione erotica è soverchiatrice, io senza accorgermene salii a poco a poco dalla quartina poudrée all’ottava brutale [… ] Per fortuna giunsi presto a guarigione; e allora mi pentii di aver lasciato stampare il libello che anche come manifestazione di arte ha in sé poco valore». Già del resto in una lettera al Nencioni del 17 aprile 1884 il poeta scriveva: «Quanto al libretto verecondo edito dal Sommaruga, dici bene tu: non mi ha fatto né caldo né freddo. Anzi non ci avevo badato; me lo hai richiamato tu in mente […] Son di parere che la così detta Critica avrebbe dovuto o non occuparsi affatto dell’Intermezzo, o considerarlo serenamente, scientificamente, come un fenomeno naturalissimo, come un naturalissimo prodotto dello stato psicologico dell’autore in quel dato periodo della sua vita cittadina. Io, in una prefazione alla nuova edizione che dell’Intermezzo si va apprestando, volevo vivisezionare me stesso severamente e mostrare come dal Canto novo io sia disceso all’Intermezzo. Lo studio mi attraeva; ma poi ho lasciato andare, per non smuovere certe ceneri ancor calde».
L’Intermezzo, quindi, come documento umano: interpretazione imposta dal poeta, e condivisa dalla maggior parte dei critici, non solo a lui contemporanei («crisi sensuale» commenta Borgese, sulla traccia del Libro di Don Chisciotte dello Scarfoglio; «momento di stanchezza del poeta lirico» annota il Gargiulo «tra la sensualità gioconda del Canto novo e quella triste di San Pantaleone»; fase di «dilettantismo stilistico-sensuale» per il Palmieri). Si conferisce così alla fragile consistenza del libretto un’immagine preformata, imposta dall’esterno l’occasionalità di componimenti la cui unica giustificazione risiede nel tentativo di esercitarsi a freddo su metri e argomenti d’accatto, diviene ‘storia di un’anima’, e mentre si consolida la vicenda biografica e umana, imponendo al testo un’affabulazione inesistente, si perde di vista il reale motivo di interesse della raccolta, che pure alcune spie lessicali e tematiche, oltre che alcuni espliciti interventi del poeta, dovrebbero servire a identificare.
Sugli indizi interni alla struttura metrica si era soffermata la Noferi, alludendo alla «provvisorietà sperimentale» del libro, che non cancellava tuttavia gli sforzi verso una «nuova puntualità verbale, nel giro stretto della rima». Il sonetto esprimeva, in tale ottica, la volontà di vincolare il metro a un «gusto del disegno compiuto e del netto contorno entro cui iscrivere le zone di colore». Quanto alle esplicite dichiarazioni del poeta, si ritorni intanto al passo della lettera pubblicata dal Guabello, che prima abbiamo di proposito trascurato: «Leggevo molto il Gautier; leggevo molto il Baudelaire. Nell’Intermezzo c’è anzi perfino l’influenza del signor Maurizio Rollinat! E le ottave della Venere d’acqua dolce, rammento, furono scritte con una specie d’incoscienza morbosa, in una giornata di scirocco, dopo la lettura di certi versi d’un discepolo del Flaubert».
Come sempre, le indicazioni bibliografiche del d’Annunzio vanno integrate: oltre alla presenza massiccia del Maupassant dei Vers (Promenade à seize ans, Au bord de l’eau, Vénus rustique), si segnala l’incidenza del ‘maestro’ Flaubert, limitatamente all’Education sentimentale e a Madame Bovary, la cui lettura è recentissima, come informa una lettera alla Zucconi del 23 aprile 1882 («un libro che leggo ora […] un libro magico d’arte e di stile, Madame Bovary»). E non lontano si profila il fascino di Salammbô, a prestar fede alla lettera al Nencioni del 27 luglio 1884: «Ho letto in questi giorni L’Irréparable di Paul Bourget ed ho riletto Salammbô a brani con un diletto intenso. Che artista il Flaubert! Che stile!». Si aggiungano i parnassiani, il Banville e il Gautier in primo luo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota all’edizione
  4. INTERMEZZO
  5. Preludio
  6. Animal triste
  7. Le Adultere
  8. Eleganze
  9. Plastice
  10. Verso l’antica gioia
  11. Intermezzo di rime [Editio princeps, 1883]
  12. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
  13. Notizia sul testo e note di commento
  14. Cronologia
  15. Piano dell’opera
  16. Copyright