Ve lo do io Beppe Grillo
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Ve lo do io Beppe Grillo

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  1. 400 pagine
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Ve lo do io Beppe Grillo

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Informazioni sul libro

Come è stato possibile che un comico, da solo e contro tutti, abbia messo in scacco un'intera classe politica? Qual è la strada che conduce dal Festival di Sanremo al blog www.beppegrillo.it, tra i più cliccati al mondo, e al recente boom elettorale? Perché Grillo è assurto al rango di "leader" politico? Come ha fatto a divenire il "megafono" del Movimento 5 Stelle, che secondo i sondaggisti è già la seconda forza elettorale del Paese, a neanche tre anni dalla sua fondazione? Questo libro, uscito nel 2008 e ora aggiornato, è assieme la prima inchiesta su un fenomeno assolutamente nuovo e anomalo della politica italiana e l'accurata biografia dell'artista genovese. È un'analisi ricca di retroscena, interviste e fatti inediti. Andrea Scanzi, quasi un insider, ha seguito prima da spettatore e poi da giornalista tutti gli snodi della carriera di Grillo, ricostruendo la storia di un incursore non allineato: un portatore sano della tracimante indignazione degli italiani. Il libro segue l'intero suo percorso, dagli esordi Rai agli spot pubblicitari, dagli spettacoli teatrali alla fugace carriera cinematografica, focalizzando l'attenzione sulla "scoperta" della Rete, il linguaggio del blog e il popolo dei "grillisti ", fino al successo delle ultime elezioni amministrative e alla conquista di Parma. Un cortocircuito carico di elettricità, che ha proiettato Grillo al centro dell'attenzione politica.

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Informazioni

XII
Beppe Grillo dixit

Vi svelo un piccolo segreto: le interviste a Beppe Grillo non esistono. Sono un ologramma, come lo «Psiconano». Un’invenzione.
Posso dirlo con cognizione di causa, perché l’ho intervistato tre volte (Grillo, non lo Psiconano). Ve le ripropongo in questo capitolo, in forma integrale, depurate dai cascami presenti in quelle più vecchie.
Beppe Grillo non è capace, fisicamente e mentalmente, di star lì «sul pezzo» e rispondere a domanda e risposta. Più esattamente, non ne ha voglia. È logorroico, incasinato nell’esposizione. Finisce sempre che l’intervista, depurata dalle molte divagazioni, non è che il copia e incolla del testo dello spettacolo che in quel momento sta portando in giro.
Può essere che, prima del 2000, Grillo fosse disposto ad aprirti la porta, di casa o del camerino, e si mettesse lì con calma – si fa per dire, calma – a rispondere alle domande dei giornalisti, categoria che già allora odiava ma non come adesso. Ed è senz’altro certo che un conto è intervistarlo per grandi giornali, un altro per il settimanale (oggi mensile) «Il Mucchio Selvaggio», come ho fatto io le prime volte.
Resta il fatto che Grillo, sostanzialmente, concepisce l’intervista come ripetizione di ciò che già dice nei recital, parola per parola, post per post. Il massimo che puoi fare è rimpolparla in seconda battuta con telefonate al suo cellulare o fugaci scambi di battute in camerino.
La sua condizione di isolato un po’ è voluta da lui, che ha da anni delegittimato l’informazione istituzionale, ritenuta embedded salvo rari casi. E un po’ dipende dai giornalisti «maggiori», che per anni lo hanno dimenticato, per poi ricordarsi di lui in coincidenza di eventi rumorosi, presentandoli o come i soliti show folklorici del «mezzo matto Grillo» (la consegna in risciò delle firme al Senato) o come esibizioni volgari (il V-Day).
Trovo giusto, in questo capitolo, costituire una sorta di cerniera, di intermezzo in cui la voce – raccolta da me – sia pressoché interamente lasciata al diretto interessato.
Ho riportato molti suoi virgolettati anche nei capitoli precedenti, perché non puoi analizzare un autore senza citare (fedelmente) i suoi testi (e con Grillo non lo fa quasi nessuno), ma queste tre interviste, una famosa e due no, raccontano molto del Grillo-pensiero.
E un po’ lo racconta anche il dietro le quinte.
La prima intervista, la più lunga, è uscita per «Il Mucchio Selvaggio» nel maggio 2000. Era l’anno di Time Out, lo spettacolo di Glenn Gould. La realizzammo al palasport di Bologna e a un certo punto entrò anche Stefano Benni.
Era un Grillo facilmente avvicinabile, mi diede senza problemi il suo cellulare, e accettò di parlare di Fabrizio De André. Questo non è usuale: nelle sue interviste, Grillo non allude mai ai suoi affetti privati.
Ne è nata un’intervista forte, potente, credo bella, anche «lungimirante» su certi temi (l’amore-odio per Internet, la pubblicità, il voto, l’integrazione razziale). Poiché pubblicata sul «Mucchio Selvaggio», non ne ha parlato nessuno.
La seconda intervista è uscita ancora sul «Mucchio Selvaggio», era l’aprile 2003. Per la rivista fondata nel 1977 da Max Stèfani, ancora direttore, ho scritto fino al 2006, abbandonandola quando a livello politico (musicalmente resta encomiabile) è diventata un morphing infantile tra tremendismo, polemica vuota, volgarità senile, Eco del Talebano e «feltrismo» di sinistra (mi dilungo su questo perché voglio sia chiaro che, quando ne difendo l’esistenza e quindi la legge sul finanziamento pubblico dell’editoria che la tiene in vita, non è per interesse personale).
Lo spettacolo era Va tutto bene, ho realizzato l’intervista al Saschall di Firenze. Era un Grillo con cui si poteva ancora scherzare. Ricordo che, quando mi ha chiesto come stavo, mi sono azzardato a dirgli che avevo appena vinto un premio, e lui me l’ha menata per tutto l’incontro. Ogni volta che arrivava qualche spettatore a salutarlo, lui mi indicava e diceva al nuovo interlocutore: «Ecco, lui è Scanzi, il giornalista più premiato d’Italia» (aveva ragione lui a sfottermi).
In un primo momento la seconda intervista doveva uscire per «il manifesto», giornale per cui al tempo scrivevo, ma il progetto naufragò perché – così almeno me l’ha sempre raccontata l’amico e redattore Flaviano De Luca – Grillo non stava simpatico a Mariuccia Ciotta e perché nell’articolo Grillo parlava male di Benigni (a proposito del fatto che Pinocchio era stato distribuito anche grazie ai soldi di Berlusconi).
A sottolineare l’apertura mentale che spesso alligna negli ambienti solitamente illuminati, la tollerante e per nulla integralista Mariuccia Ciotta è stata di lì a poco premiata con la direzione del giornale (in coabitazione con Gabriele Polo).
A proposito del «Mucchio Selvaggio», vedremo come nel suo primo post contro il finanziamento pubblico dell’editoria, il 15 giugno 2006, Grillo – o chi per lui – ha citato tra i giornali con nomi assurdi, che nessuno conosce e che non meritano di vivere, proprio «Il Mucchio Selvaggio». Peccato che, quando a parlare di lui non erano in molti, Grillo abbia concesso a quel giornale due lunghe interviste (e gli sono piaciute: lo so per certo perché gliel’ho chiesto).
Gli ho parlato anche della «censura» del «manifesto». Lui mi ha risposto: «Scusa, ma a questa qui [Mariuccia Ciotta] cosa gliene frega se io parlo male di Benigni?». Si vede che non sei giornalista, Beppe.
L’ultima intervista è uscita nell’aprile 2005 per «l’Espresso». Era il mio primo articolo per quel giornale (e uno degli ultimi, anche: poi passai alla «Stampa»).
La cosa buffa – ma anche un po’ emblematica – è che, quando ho proposto l’idea al capocultura Wlodek Goldkorn, questo è caduto dalle nuvole come a dire: «Ma perché, Grillo esiste ancora? E si fa intervistare?». Non è che Grillo, in quegli anni, avesse detto no all’«Espresso»: più esattamente, nessuno lo aveva cercato. Con quell’intervista «l’Espresso» ha varato un interregno possibilista con Grillo, intervistandolo altre volte fino alle elezioni del 2006: dopo il V-Day, i rapporti sono divenuti freddissimi.
L’intervista del 2005 è stata difficile, Grillo aveva aperto il blog da pochi mesi e stava cominciando a diventare diffidente. All’inizio mi ha detto di sì, era onorato dell’offerta, «È da tanto che “l’Espresso” non mi cerca, facciamo una cosa bella, ci tengo».
Ci siamo dati appuntamento a Padova, in coincidenza di una sua data. Poi, il giorno prima dell’appuntamento, mi ha detto che aveva cambiato idea (o gliel’avevano fatta cambiare): «mi basta il blog, stanno succedendo cose incredibili» e bla bla bla.
Ho insistito, alla fine gli ho strappato una promessa. Mi ha invitato alla sua data di Ravenna, limitandosi a dire: «Ascolta quello che dico nello spettacolo e poi valuta se un giornale come il tuo è disposto a pubblicare queste cose». La sua paura era che «l’Espresso», tra i cui proprietari figura anche Marco Tronchetti Provera (lo rivelava lui stesso in Beppegrillo.it), censurasse qualche passaggio.
Non è accaduto.
Ho visto lo spettacolo, l’ho salutato dopo lo show. Il tramite era il suo road manager, di lì a poco sostituito con uno più «filtrante» e meno facile. L’ho salutato con (misurato ma sincero) affetto. Lui ha fatto una battutaccia: «Ehi, Scanzi, ma noi ci siamo visti solo una volta, non fare troppo l’amicone». Ci eravamo visti e sentiti più di una volta.
Dopo lo spettacolo ho buttato giù una bozza di intervista e gliel’ho mandata via e-mail. Ho aspettato un giorno, al secondo mi ha chiamato. Gli era piaciuta. Abbiamo corretto qualche imprecisione, aggiunto alcune battute (ad esempio, su Bertinotti che non sa scrivere «www», sketch che di lì a poco ha messo nel repertorio dello spettacolo) e l’abbiamo chiusa.
L’intervista è uscita con richiamo in prima pagina, Dagospia l’ha ripresa. Se ne è parlato molto. La domenica successiva, due giorni dopo la pubblicazione, Grillo mi ha telefonato: «Bravo Scanzi, sei stato onesto e corretto, mi hanno chiamato in tanti. Ti ringrazio. Alla prossima».
Da allora ci siamo visti e incrociati altre due, tre volte, in coincidenza con gli spettacoli. Nel 2006 ho provato a convincerlo per una nuova intervista pre-elezioni sulla «Stampa», lui ci ha pensato ma alla fine ha detto di no.
Nel giugno 2007, dopo il mio articolo sul suo imminente discorso al Parlamento europeo, mi ha chiamato per ringraziarmi dopo che lo avevo avvertito dell’uscita tramite un SMS in cui, ironicamente, gli ricordavo che «giornalista» non sempre equivale a «falso». Al telefono era felice, a conferma che il Grillo «intimo» è contento eccome se l’editoria «generalista» parla di lui con cognizione di causa.
Da allora mi sono limitato a fargli i complimenti, tramite SMS ed e-mail, per il successo del V-Day. Mi ha detto che non apprezzava questo tipo di libri, che era certo della bontà del contenuto ma che avrebbe preferito un download gratuito del testo (certo, notoriamente gli autori di libri vivono d’aria). Mi ha ringraziato per la correttezza degli articoli usciti durante il V-Day e confermato che «La Stampa» era uno dei pochi giornali che non lo aveva travisato.
«Il Mucchio Selvaggio», maggio 2000
Quali sono le caratteristiche di questo nuovo spettacolo?
I temi conduttori ruotano sempre attorno ai due «cavi»: l’energia e l’informazione. È da lì che passano tutte le cose a delinquere. È un interesse che ho da tanto tempo, e che svilupperò in futuro. Credo che questo spettacolo sia divertente – io sono il primo a divertirmi – e, almeno spero, coinvolgente.
Il contatto diretto con il pubblico è sempre una delle cose che più ricerchi.
È una cosa che mi piace. Passo tra il pubblico, invento qualche battuta lì per lì. Spesso non so neanche io dove andrò a parare. Anche quando ho iniziato a fare le telefonate dal vivo a Omnitel per dimostrare che quotidianamente ci rubano dei soldi, non avrei mai immaginato di scoprire un casino simile. Abbiamo smascherato una truffa gigantesca, vergognosa, mostruosa. Basta guardare le bollette: la nostra spesa è sempre in eccesso, magari anche di poche lire [nel corso dello spettacolo, Grillo mostra come perfino una spesa irrisoria di 203 lire per due secondi di telefonata venga lievitata di 4 lire dalla Omnitel], ma prova a moltiplicare anche solo 2000 lire per 20 milioni di utenti… è anche così che ci fregano. La gente è ignara, ed anche se sa qualcosa, non sa a chi rivolgersi o non ha tempo per lamentarsi.
Con la telefonia ci sei sempre andato giù duro. Il tuo attacco al 144 è rimasto celebre.
Ma vedi, io non è che ce l’avessi con il 144 in quanto tale. Il problema è un altro: se io voglio un servizio, te lo chiedo. Invece, in Italia è il contrario: loro ti danno un servizio senza che tu lo voglia, e poi te lo tolgono solo se glielo chiedi… ma è assurdo! Succede così ovunque, non solo nella telefonia. Sei sempre tu che devi dimostrare che quella cosa è sbagliata, che quella cosa fa male, che il servizio non lo vuoi. L’onere è sempre dalla parte del consumatore. Così si rovescia il concetto basilare di diritto.
Mi pare che al centro di questo ultimo spettacolo ci sia proprio l’invito a rallentare. Non a caso, citi Glenn Gould e la storia dell’orologio che non conta i secondi ma «i secoli e i millenni».
È esattamente questo il mio invito: fermarsi un po’, o comunque rallentare, riflettere. Ti faccio un esempio stupido: il Gran Premio di Imola senza il commento, senza la confusione, senza la concitazione, era straordinario. Sembrava di essere lì.
A proposito: ti ringrazio per le battute feroci con cui hai demolito Luna Rossa e Michael Schumacher. Credevo di essere il solo a non tifarli.
Per me, Schumacher rimarrà sempre un asino anche se vincerà tutti i Gran Premi. È proprio insopportabile. Almeno, però, ci ha tolto di mezzo Luna Rossa, con quella coppia di gentiluomini composta da Cecchi Gori e Bertelli. Mancava solo Pacciani, l’intellettuale del gruppo…
Torniamo al discorso del tempo.
Negli anni Cinquanta, c’era la farneticazione dell’uranio. Si usava l’uranio per fare tutto, anche i gemelli delle camicie: ciò ha provocato migliaia di morti. Oggi, la farneticazione dominante è la velocità. Si sono spesi 30.000 miliardi per fare il Tunnel della Manica, che è più veloce di appena 35 minuti rispetto al traghetto… ma come si fa? Io cito Glenn Gould nello spettacolo, un pianista che dopo aver suonato nel 1955 Bach si è fermato, «ci ha pensato un po’» e, dopo 26 anni, lo ha rifatto. Era il 1981. Ha aggiunto 13 minuti. 13 minuti in 26 anni. Poi è morto. Non ha fatto altro. È entrato nella storia. L’orologio a secoli e millenni mi è venuto in mente ascoltando la storia – di cui parlo nello spettacolo – di un’industria che era dislocata in un palazzo con il soffitto di quercia. La quercia, vecchia 500 anni, stava marcendo. Nello stesso palazzo, hanno trovato un biglietto del costruttore di quel soffitto, che diceva: «Tra 500 anni la quercia marcirà. Per questo vi ho piantato due querce a pochi chilometri da qui». Capisci? Bisogna pensare ad ampio respiro. Oggi non si fa: il più grande architetto del mondo, Renzo Piano, ha costruito un avveniristico aeroporto in mezzo all’Oceano, in Giappone. Ha fatto la piattaforma, tutto. Geniale. Dopo dieci anni, la piattaforma sta affondando. E Piano, cosa dice? «Spiacenti, non l’avevo previsto». Come Grace Hopper, l’amabile donna inglese che ha inventato i Computer COBRA, quelli con sole due cifre che sono stati aggiornati per evitare il Millennium Bug. Costo dell’operazione: 1.000 miliardi. Quando alla Hopper dissero: «Mi scusi, ma nel 2000 verrà fuori un bel casino», lei rispose: «Che me ne frega, tanto io sarò morta».
Parli del 2000 come di una grande delusione.
Per forza. Appartengo non solo all’ultima generazione che ha obbedito ai genitori ed alla prima che obbedisce ai figli, ma anche a quella che immaginava il 2000 pieno di astronavi, tecnologie avveniristiche… niente. Pensa alla storia che cito nello spettacolo, quella di Crotone: una mamma che allatta il figlio morto per donare alla fami...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Ve lo do io Beppe Grillo
  3. Prefazione - di Marco Travaglio
  4. Todo cambia, o così sembra (Introduzione poco sobria)
  5. I. Un portatore sano dell’indignazione italiana
  6. II. Quasi come Monty Brogan
  7. III. Dire alla gente ciò che la gente vuol sentirsi dire
  8. IV. Quando i nemici si chiamavano Jovanotti
  9. V. E adesso a chi ruba Craxi?
  10. VI. Etica del 144
  11. VII. Voglio fare il ciarlatano
  12. VIII. Sono incazzato nero
  13. IX. Nuovi Savonarola crescono
  14. X. Il tempo di Glenn Gould
  15. XI. Fanculo i computer (anzi no)
  16. XII. Beppe Grillo dixit
  17. XIII. Preveggente, disincantatore, istrione (Le sue battaglie celebri)
  18. XIV. Tu, comico, spiegaci come funziona l’Italia
  19. XV. Tutto (un po’) già sentito
  20. XVI. Affinità e divergenze con Michael Moore
  21. XVII. Un partigiano della Terza guerra mondiale (La Rete)
  22. XVIII. Sinistra, è colpa tua
  23. XIX. Affinità e divergenze con il compagno Nanni
  24. XX. La discarica del Senato
  25. XXI. Le critiche
  26. XXII. Una sobria P2 (Le Liste Civiche)
  27. XXIII. Un simpatizzante di Gesù (non di Ratzinger)
  28. XXIV. Che fine ha fatto Beppe Grillo?
  29. XXV. Antipolitica, sieste messicane e invasioni barbariche
  30. XXVI. Pro e contro (parte I)
  31. XXVII. Pro e contro (parte II)
  32. XXVIII. Che fine farà il Movimento 5 Stelle?
  33. XXIX. Il linguaggio del Grillo
  34. XXX. Glossario grillesco
  35. XXXI. «Ora mi tocca diventare moderato»
  36. XXXII. Dicono di lui
  37. Copyright