Cortigiane
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Cortigiane

Diciotto donne fatali dell'Ottocento

,
  1. 252 pagine
  2. Italian
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Cortigiane

Diciotto donne fatali dell'Ottocento

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Informazioni sul libro

Erano belle, intelligenti e audaci. Avevano ai loro piedi non solo grandi scrittori e poeti, musicisti e pittori, ma anche potenti politici, che nei loro salotti colti, brillanti e spregiudicati imbastivano strategie trasversali. E giornalisti, naturali alleati di chi voglia e sappia creare un'immagine. Le chiamavano mantenute, ma forse proprio queste donne dell'Ottocento sono state antesignane della liberazione della donna nel Novecento. Quella delle cortigiane fu però un'emancipazione di un tipo inconfessabile, e forse per questo, anche se immensamente note, sono state a lungo sottovalutate. O forse perché il potere al femminile, in qualunque forma si eserciti, tanto più in quella della seduzione, fa sempre paura. Ma guardandole da vicino, condividendone le amicizie e gli amori, i divertimenti e la solitudine, le velleità e l'eccentricità, le dissipazioni e le contraddizioni, la malinconia e l'anarchia, chi leggerà queste vite non potrà non provare ammirazione, compassione, simpatia, meraviglia. E riconoscere un misterioso, innegabile senso di modernità.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2012
ISBN
9788852030611

LOLA MONTEZ, LA GRANDE ORIZZONTALE
1818-1861

Ha intelligenza e coraggio a sufficienza per una dozzina di re.
ALEXANDRE DUMAS FIGLIO
«Colera!», dice il medico alla moglie dell’ufficiale immobile sotto la zanzariera. Lo dice piano, in modo che la bambina non senta, ma Lola non ha perso una sillaba. Del resto non dovrebbe neanche trovarsi in quella stanza dove ristagna un sentore di morte. Ma nessuno riesce a frenare quella specie di scimmietta che parla uno strano misto di inglese, spagnolo e indiano e che diventerà una donna bellissima.
Il colera non è una novità a Dinapor, una delle città più insalubri dell’India coloniale. I soldati di stanza muoiono docilmente e vengono sostituiti da altri.
Prima di spegnersi, William Gilbert mette la mano della moglie in quella del suo migliore amico. Il messaggio è inequivocabile e facile da seguire, dato che la vedova è straordinariamente graziosa. Tanto da non fare in tempo, tra uno spasimante e un ballo, a seguire la crescita della piccola Marie Dolores Eliza Rosanna, la futura Lola.
Bella come la madre, durante la crescita la bambina è stata vezzeggiata da tutti. Il che non ha contribuito ad ammorbidire il suo carattere dispotico. Pensando sia meglio sradicarla dalle cattive abitudini, la mamma manda in Scozia la capricciosa creatura, scortata dalla bambinaia indiana. Anche lì però Lola riesce a farsi viziare al punto che, nel tentativo di prepararla più seriamente alla vita, la spostano a Londra, nella famiglia di un parente, un generale. Niente di più fatale di quelle strade eleganti, piene di carrozze e di passanti alla moda. «Salirò su quelle vetture!», si dice Lola. «Entrerò in quei negozi, farò la vita dei grandi! Al diavolo l’infanzia!» In quegli anni il romanticismo, Byron in testa, ha lanciato la Spagna, e la ragazza si ricorda che la madre vanta tra i suoi avi un conte spagnolo. Proprio quel che ci vuole per fantasticare.
«Lola, ma come sei pettinata male!», ha esclamato la madre. Sono state le sue prime parole rivedendo dopo anni la figlia. Lola non ne ha sofferto. È troppo incuriosita dal silenzioso gentiluomo che dà il braccio alla mamma. «A quattordici anni quell’uomo mi sembrò abbastanza vecchio da essere mio padre.» A lui la ragazza deve essere apparsa, com’era, incredibilmente bella.
Lola ha rivisto spesso la madre, sempre in compagnia di quell’uomo bruno con gli occhi azzurri. Thomas James è un capitano irlandese di stanza in India. Sembra che la madre voglia evitare di trovarsi sola con quella ragazza troppo attraente, cresciuta troppo in fretta lontano da lei.
«Vuoi sposarti?»
«Sì, mamma.»
«Be’, ho l’uomo che fa per te.»
«È davvero bello?»
«Sì, è bello.»
«Ha la mia età?»
«Non proprio.»
Quando ha saputo che il candidato ne ha quarantotto, Lola è sbiancata. Tra le lacrime ha guardato il capitano. Dunque è quello il suo destino. Poi è corsa da un’amica a lamentarsi. Sua madre, ha detto piangendo, la vuole sposare a un vecchio ricco. L’altra ragazza, incuriosita, l’ha sottoposta a un fuoco di domande, da cui è emerso che l’anziano candidato ha bei riccioli neri e, miracolosamente, non solo ha tutti i denti, ma li ha persino bianchissimi.
Lola si è chiusa in una disperazione inespugnabile. Dopo avere tentato invano di consolarla – la sua sorte è identica a quella di gran parte delle sue coetanee – il capitano James, inaspettatamente, le ha dato ragione: sposare un uomo così vecchio non è naturale. Ma è rimasto molto sorpreso quando ha capito che Lola crede che il futuro marito sia proprio lui.
«Lo considero un complimento!», ha riso. L’adolescente, senza dargli il tempo per riaversi, gli ha subito chiesto di aiutarla a convincere la madre. Un incarico non facile, ha obiettato l’uomo. «Voi sapete che quando la mamma si è messa in testa qualcosa non è facile farle cambiare idea.» Ma è lo stesso per Lola che gli ha promesso, se riuscirà nell’impresa, di amarlo come un padre.
«Il cuore di una fanciulla è come cera morbida. A quattordici anni il cuore batte per il primo che si dà da fare per noi.» Ovviamente James non ha detto una parola alla madre di Lola, che è, ormai anche la figlia deve averlo capito, la sua amante. Un giorno l’uomo l’ha presa da parte e le ha spiegato che c’è un’unica soluzione: scappare con lui.
«Sì, ma avete avuto il permesso dalla mamma?»
«Lei non dovrà sapere niente.»
«Voi mi amerete sempre come un padre?»
Anche se il capitano è rimasto in silenzio, limitandosi a baciarle la mano, Lola non se ne è accorta, perché ha cominciato a piangere forte. Niente di più romantico, e i romanzi che legge glielo hanno insegnato, di una fuga. Per maggior sicurezza la figlia versa un po’ di sonnifero nella tisana materna. «La mattina seguente», racconta la cortigiana, «lui non era già più un papà!»
Secondo un’altra versione, meno romanzesca, la vittoria di Lola è l’ultimo atto di un feroce duello, a Parigi, tra madre e figlia. Ma la Montez ha sempre preferito la prima versione.
«Si risvegliò macchiata di una colpa che non aveva cercato né capito.» Così Lola riassumeva la notte in cui aveva perso la verginità. In realtà la quattordicenne, secondo un’altra versione, era molto meno innocente di quanto le sarebbe piaciuto far credere. Il risveglio fu ancora più brusco per il capitano James, che si rese rapidamente conto della situazione. L’unica strada per evitare l’imputazione di rapimento era il matrimonio.
Non era così facile. La coppia aveva un’aria manifestamente illegale e l’ufficiale dovette ripiegare su uno scomodo parroco di campagna irlandese: suo fratello. La sua apparizione fu un colpo per il sacerdote. Non solo James non stava raggiungendo la sua unità in India, ma era accompagnato da una ragazzina.
«Chi è questa bambina?»
«Mia moglie, o lo diventerà se tu lo vorrai.»
Poi, vedendo che il fratello resisteva all’ipotesi, si era appartato con lui. «Posso dirti due parole in privato?» Quando i due erano tornati ogni ostacolo era stato superato, anzi il parroco era ansioso di celebrare le nozze. La frettolosa cerimonia in una chiesetta ebbe per testimone un anziano cameriere. Una delusione per chi come Lola aveva sognato a occhi aperti festeggiamenti trionfali. Dagli amici del marito la «sposa bambina», come era stata soprannominata, ricevette in dono soprattutto bambole.
Solo il viceré d’Irlanda le diede soddisfazione dicendole: «Le donne di sedici anni sono le padrone del mondo e, se vogliono, possono fare impazzire gli uomini». Un bel conforto, soprattutto se si tiene conto del fatto che il capitano, esaurito ogni slancio e curiosità verso la moglie, dimostrava ormai apertamente un’indifferenza ostile nei suoi confronti. Tuttavia la frase del viceré risvegliò la sua gelosia. La cosa migliore, pensò, era isolare in campagna quella ragazza troppo piena di vita.
Quando finalmente James era stato richiamato a Calcutta, la futura cortigiana aveva tratto un respiro di sollievo. «Era ora… allora esiste un Dio.»
Lola sorrise tra sé vedendo un minuscolo rotolo di carta spuntare dalla parete della cabina. Poteva essere solo del giovane ufficiale che la stava corteggiando. Lesse le prevedibili frasi d’amore al lume di una candela. Ci impiegò tempo, perché sapeva che lo spasimante la stava spiando. «Ha visto molte cose di me che devono essergli piaciute molto.»
Meglio così, altrimenti si sarebbe annoiata a morte perché il capitano James «beveva come un tedesco e russava come un orso». Quando decise che lo spettacolo era finito bruciò il bigliettino e lasciò cadere la cenere sul viso del coniuge perso in un sonno da ubriaco.
Non era l’unico corteggiatore che si era fatto avanti sul Blunt, il veliero di lusso diretto a Calcutta. Anche l’altra parete della cabina lasciava passare dei foglietti di carta velina. «Vostro padre è un dormiglione così diligente che vi sarà facile sfuggirgli per darmi la felicità di ammirare i vostri begli occhi che mi fanno perdere la testa.» Lo spagnolo che l’aveva scritto le chiedeva con l’occasione di sposarlo.
Un terzo aveva osservato spietatamente: «Madame, vi hanno sposata a un membro della famiglia di Morfeo. Se voi non vi vendicate della noia, allora non siete una femmina». Ma il più originale era stato l’immenso, barbuto capitano che si era dichiarato in termini marinari: «Non ho mai visto una fregata elegante come voi navigare in compagnia di una vecchia chiatta disalberata come vostro marito».
Lola era entusiasta. Temeva solo che gli uomini si presentassero tutti contemporaneamente, mentre il marito era impegnato. «Ero inesperta. Da allora ho imparato come una donna navigata sia in grado di risolvere un simile problema senza importanza.» Difficile credere che la Montez non avesse neppure baciato, come sosteneva, qualcuno dei suoi adoratori, ai quali, ammetteva, aveva concesso qualche ora. In ogni caso quando, nel 1838, la nave entrò nel porto indiano, Lola era già una leggenda.
«Amare la donna di un altro, Madame, è il tormento di un dannato.»
«La donna di un altro? Io sono libera… adieu
Bello scambio di battute tra Lola e l’uomo più affascinante della colonia, Walter, che aveva trent’anni. Peccato che il capitano James, arrivato all’improvviso, abbia sentito tutto. Ma quella che non è più la «sposa bambina» non se ne preoccupa. Come non si è preoccupata, cresciuta in questi climi, del caldo soffocante e delle scimmie appollaiate pensosamente sul tetto di casa. O delle acide quarantenni che, al ballo del governatore, hanno malignato sulla disinvoltura con cui la giovane moglie sembra avere dimenticato quel prestante marito. Lola non ha rinunciato al piacere di rispondere a tutti quei sussurri. «Voi siete certamente vedova per apprezzare tanto uomini che non conoscete minimamente!», sibila alla più indisponente, tra un ballo e l’altro.
Prima c’è stata una quadriglia che avrebbe voluto non finisse mai. «La mano del ballerino nella mia mi faceva rabbrividire. Non osavo aprire gli occhi, respiravo appena.» Se non era amore era qualcosa che gli assomigliava straordinariamente.
Ma quel che le piaceva di più era, e l’aveva già provato durante la traversata, farsi corteggiare da più uomini. Una testimone benevola, la sorella del viceré, aveva notato nel suo diario: «È davvero molto carina e sembra essere una brava ragazza, ma quale sarà il futuro di questa coppia? Non hanno nessun patrimonio, lei è molto giovane e stordita. Se cade in cattive mani, Dio sa che ne sarà di lei!».
Lola, anzi Betty, come le piaceva farsi chiamare in quegli anni, non cadde in cattive mani, se non vogliamo definire così le sue. Invece perse il capitano James, fuggito, dopo una raffica di liti, con una bella trentenne.
Quando chiedevano alla madre di Lola perché fosse vestita a lutto, la dama rispondeva raccontando le sue disgrazie. La figlia, dopo avere sedotto un libertino sulla nave che la riportava in Inghilterra, aveva rifiutato, all’arrivo, di seguire i parenti venuti a prenderla e si era presa un pied-à-terre a Londra. Un simile passo verso il disonore era proprio quello che aspettava il marito fedifrago per chiedere e ottenere il divorzio, cosa non facile all’epoca.
Uscita dalle mura protettive dell’alta società, Betty/Lola diventò subito più cauta e si limitò a un solo amante. «I rischi di abbandono sono alti per le donne la cui posizione sociale dipende dall’uomo che le mantiene.» L’unica soluzione per evitare di essere catalogata come una cortigiana era diventare un’artista. Presto però l’attrice cui era stata affidata gettò la spugna. Quella ventiquatrenne non aveva il minimo talento.
«Se provassi con la danza?»
«La danza classica? È tardi per cominciare alla vostra età.»
«Sì, lo so, ma la danza in genere? Quella spagnola, per esempio?»
«Perché no? Forse ci riuscirete, bella come siete e con gambe così ben fatte…»
«Donna Lola Montez, del Regio Teatro di Siviglia, apparirà per la prima volta a Londra all’Her Majesty’s Theatre, negli intervalli del Barbiere di Siviglia.» Un soggiorno in Spagna aveva convinto Lola non solo di avere imparato a ballare e a parlare lo spagnolo, ma anche di avere cancellato ogni traccia della sua precedente esistenza londinese. Sicura di sé, ripeteva spesso il suo motto: «Quel che Lola vuole, Lola lo ottiene».
Un critico ammesso alle prove si innamorò della sua bellezza. L’amore era cieco, ma non tanto da non fargli ammettere che non si era trovato davanti un’artista compiuta, ma semplicemente una giovane donna molto dotata fisicamente. Però, si sentì in dovere di specificare, quando la musica la pervadeva la sua testolina si inclinava come un fiore che obbedisce agli impulsi impressi al suo stelo dai capricci del vento.
Quando, sotto gli occhi della regina madre e dei più importanti membri della corte, il sipario si sollevò, non c’era niente di più spagnolo di Lola. Dai capelli nerissimi alle nacchere, dalla mantiglia alla variopinta gonna a volant. Languida e imperiosa strappò l’applauso e una pioggia di fiori, ma anche un’esclamazione a un lord che era stato respinto dalla bella: «Ma è Betty James, parola mia!», dando il via a una pioggia di fischi.
Secondo un’altra versione, e nella vita della Montez ce ne sono sempre almeno due, il suo esordio fu annientato dai critici. Ma la fece esordire vittoriosamente nella mondanità londinese. «La mia casa diventò ben presto il punto d’incontro dei bon vivant.» Sommersa di omaggi e richieste di matrimonio, dava udienza ogni giorno come una principessa in grado di distribuire incarichi e onori, «ma io potevo dare solo il mio cuore, e lo si può offrire a più di una persona?». Una domanda retorica, perché nel suo caso la risposta poteva essere soltanto sì.
In certi periodi il ritmo della vita di Lola accelera. A Varsavia si esibisce con una sicurezza di cui è la prima a stupirsi. Per una volta si sente ammirata non solo come donna, ma anche come artista. Uno strategico uso della stampa mescola verità e leggenda. Appena Lola si toglie una scarpetta, tutti fanno a gara per bere lo champagne in quell’involucro di seta. Lola ha messo un prezzo ai baci e persino ai baciamano, per non parlare del resto.
«Gli uomini mi chiedevano spesso una giarrettiera, anche a tavola, tanto che avevo preso l’abitudine di portarmene sempre una di scorta, per non scontentare nessuno.» Non è facile, anche perché i polacchi hanno una singolare abitudine. Pensano che basti presentarsi con il loro titolo e la loro ricchezza per farla cadere nelle loro braccia.
Per quanto indignata, la Montez fa raccogliere dalla cameriera i mazzi di fiori legati da un anello d’oro che piovono sul palcoscenico. Presto però piove anche un ordine d’espulsione: Lola ha fatto girare la testa a un giovane conte destinato a un importante matrimonio.
È la volta di Pietroburgo. La capitale, le dicono, è dominata dalla polizia e dalle sue spie, ma lei non si sgomenta. «Una donna che sa come muoversi non è a casa sua dappertutto? Il mondo non appartiene alle artiste?» Difficile crederle quando sostiene di non avere concesso il minimo favore a una serie di aristocratici russi. «Ho respinto ogni attentato alla mia indipendenza con decisione.» Ammette solo di aver lasciato baciare un piede a un pope innamorato che ha ottenuto di farle il ritratto: una scusa per vederla più a lungo.
Al Gran Teatro riscuote un immenso successo e una messe di regali preziosi, oltre alle solite offerte di matrimonio. Presto anche lo zar Nicola I, nelle sue eleganti uniformi, diventa una presenza ricorrente nel suo soggiorno. Balla con lei a una festa mascherata cui Lola si presenta ovviamente in costume andaluso.
Dimostrando di conoscere la passione di Lola per le fruste, il principe T. gliene regala due, tra cui il terribile knut, usato dai boia. La ballerina non nasconde la sua indignazione rispetto alla brutalità russa e non si smuove nemmeno quando il dignitario le fa balenare una tenuta con centinaia di schiavi.
«Odio la schiavitù.»
«Chi non vorrebbe essere vostro schiavo, mia bella Lola?»
Ma è a Berlino che nasce la sua leggenda. Irritata dal rifiuto del Berliner Theater riesce ad attrarre l’attenzione su di sé con uno scandalo. Indifferente al divieto di mescolarsi alle carrozze dei nobili che scorrono nell’Unter den Linden, strappa le briglie al cocchiere, frusta il poliziotto che cerca di fermarla e percorre al galoppo la zona proibita sotto lo sguardo stupito dei berlinesi. Il giorno seguente viene arrestata e incarcerata, ma due giorni dopo esce dopo avere pagato una sostanziosa multa. Il gioco è fatto e i giornali lo moltiplicano all’infinito. La semplice frustata diventa uno sfregio, la frusta un coltellaccio e gli impresari fanno a gara per metterla sotto contratto.
Gli uomini, sedotti da quell’esperta di cavalli, si buttano ai suoi piedi o cercano di conquistarla in mod...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Cortigiane
  3. Prefazione
  4. Anna Deslions, la Leonessa dei boulevard
  5. Thérèse de Païva, la Signora delle perle
  6. Alice Ozy, un’Agente di Borsa con il seno
  7. Lola Montez, la Grande orizzontale
  8. Olympe Pélissier, una Cortigiana cattiva
  9. Céleste Vénard, detta Mogador
  10. Cora Pearl, il Piatto del giorno
  11. Jeanne de Tourbey, la Signora delle violette
  12. Giulia Barucci, la Venere di Milo
  13. Blanche d’Antigny, detta Marmo rosa
  14. Marguerite Bellanger, la Margherita delle margherite
  15. Apollonie Sabatier, la Presidentessa
  16. Marie Duplessis, la Signora delle camelie
  17. Esther Guimond, la Contadina
  18. Léonide Leblanc, Mademoiselle Maximum
  19. Méry Laurent, la Rosa tea
  20. Caroline Letessier, la divina Caro
  21. Valtesse de la Bigne, detta Raggio d’oro
  22. Bibliografia
  23. Fonti iconografiche
  24. INSERTO FOTOGRAFICO
  25. Copyright