Fine della corsa
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Fine della corsa

Un'indagine di Marco Luciani

  1. 352 pagine
  2. Italian
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Fine della corsa

Un'indagine di Marco Luciani

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Nessun rimpianto. È esattamente questo che ogni giorno si ripete Marco Luciani nella sua nuova vita a Barcellona. Niente più gerarchie, capi a cui dire sì anche quando non si vorrebbe, burocrazia. Adesso ha una nuova routine, tra la gestione del figlio Alessandro, della casa, e un lavoro part-time che gli dà da vivere. Senza dimenticare il tempo che ogni giorno può dedicare agli allenamenti per la prossima maratona. Ed è proprio con questa scusa che Luciani decide di tornare a Genova per partecipare alla corsa in memoria delle vittime del ponte Morandi, un gesto dovuto e insieme una sfida. Adesso finalmente è pronto. Forse.
Arrivato a Camogli a casa di sua madre, però, qualcosa cambia. L'omicidio di una donna riaccende una fiamma che l'ex poliziotto pensava si fosse spenta per sempre. Perché la verità è questa: le indagini gli mancano da morire. Così, con una nuova scusa, decide di rimandare la partenza e di dare una mano al vecchio compagno, il commissario Calabrò, che sembra già avere il colpevole perfetto: un ragazzo di colore senza uno straccio di alibi. Si troverà coinvolto in un'indagine che lo toccherà molto da vicino, combattuto tra innati pregiudizi e facile pietismo. Una maratona da correre in progressione, a rischio della vita.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858526699

SECONDA PARTE

Calabrò

«O Gesù.»
«Brutto spettacolo, vero?» Carboni, il responsabile della Scientifica, lo accolse con un largo sorriso. Era felice di essere arrivato, per una volta, prima di lui. E di avere trovato una scena del delitto praticamente intatta.
Il commissario Giovanni Calabrò soffiò fuori tutta l’aria dai polmoni. Una massa di carne rosa era abbandonata sul letto, a pancia sotto. Il braccio destro pendeva verso il pavimento, quasi a indicare la pozza di sangue che si era formata sulle piastrelle grigie, colando dalla ferita alla gola.
«Neanche la domenica si può stare tranquilli. E con tutte le strade bloccate… un’ora ci ho messo per arrivare.»
Carboni non lo ascoltava neppure. «Sgozzata come un maiale» disse. «L’ha presa da dietro, l’ha tirata per i capelli e ha piantato il coltello nella giugulare.»
«Lavoro preciso?»
«Insomma. Non è un macellaio di professione, né un chirurgo, né un terrorista dell’Isis. Comunque il risultato l’ha ottenuto.»
Il viso di Renata Massari era in parte coperto dai capelli, ma si vedeva la smorfia delle labbra, una smorfia come di disappunto per quell’esito inatteso. L’occhio destro era spalancato e stava diventando opaco come quello di un pesce.
«Non ha fatto in tempo a difendersi» disse Calabrò.
«Invece sì. Guarda le unghie.»
«Sono sporche.»
«Non mi sembra sporcizia. Direi più frammenti di pelle. Comunque le esamineremo. Può essersi difesa, o può essere stato semplicemente un rapporto molto appassionato.»
Il commissario aggrottò la fronte. «Mah.»
«Che c’è?»
«Se si è difesa, doveva essere di fronte all’assassino. Come c’è finita poi a pancia in giù? Dalla mole che aveva, non è facile ribaltarla. Doveva pesare come un leone marino.»
«Già. Chi l’ha ammazzata dev’essere bello grosso. E forte.»
«Aspetta. Non saltiamo alle conclusioni. Degli elementi sicuri cosa mi dici?»
«Cosa ti dico? La donna ha avuto un rapporto sessuale, quindi è stata uccisa da una coltellata che le ha aperto la gola.»
«Rapporto sessuale consenziente o violenza?»
L’altro sospirò. «Visto l’aspetto e la mole della vittima trovo difficile immaginare a) che qualcuno la volesse violentare e b) che lei non potesse difendersi.»
«Però ho visto donne anziane violentate. Ci sono malati mentali che hanno gusti… originali. E bisogna considerare che se ti puntano un coltello alla gola tendi a non fare resistenza.»
«Anche questo è vero.»
«Arma del delitto?»
«Direi una lama da quindici-venti centimetri. Discretamente affilata.»
Un giovane agente intervenne. «In cucina c’è un ceppo di coltelli da sei. Ne manca uno.»
Calabrò rifletté. Tra un coltello da cucina preso sul momento e un coltello portato da fuori poteva passare la differenza tra omicidio d’impeto e omicidio premeditato.
«Chi ha trovato il corpo?»
«Il fratello.»
«E dov’è andato?»
«È in giardino. Se vuole interrogarlo…»
«Ora della morte, Carboni?»
«La finestra aperta è un problema. Ha abbassato di colpo la temperatura della stanza facendola passare da, immagino, una ventina di gradi a dieci-dodici.»
L’agente intervenne di nuovo. «Commissario, il fratello dice che la donna dormiva quando è uscito di casa prima delle otto di stamattina e che era morta quando è tornato alle due. Però potrebbe averla uccisa prima di uscire. O quando è tornato.»
«Il fratello che violenta la sorella?»
L’agente arrossì violentemente. «Ormai si vede di tutto» balbettò.
«Carboni, dammi almeno un’idea approssimativa.»
«Direi in tarda mattinata, forse anche a mezzogiorno. Posso sbagliare di un’ora. Ma non di tre, su questo stai sereno. A stare larghi, è successo tra le undici e l’una.»
«Che cosa abbiamo dell’aggressore?»
«Pezzi di pelle sotto le unghie, come ti ho detto. Qualche piccola macchia di sangue in bagno potrebbe essere la sua. E poi c’è il suo seme. Lo becchiamo.»
Calabrò si toccò le palle. «Non dirlo. Non dirlo mai, Carboni.»
«Lo dico perché ti conosco. Ne hai presi di molto più furbi. Questo ha fatto un lavoro di merda. Tu devi solo andarlo a ripescare, prove ce ne sono in abbondanza.»
«Telefonini?»
Carboni gli porse una busta. Dentro c’era un Samsung con la cover leopardata. «Immagino sia della donna» sorrise Calabrò. Aveva in mano il parente più prossimo della vittima. Il suo migliore amico e confidente. L’archivio che conservava ogni singola mossa della proprietaria, e probabilmente anche il nome dell’assassino. O almeno il suo numero, che era ancora più importante.
Guardò un’ultima volta il corpo di Renata Massari. Che brutta fine, poveraccia. Già non doveva fare una gran vita, ma morire così dev’essere stato orribile.
«Non ha sofferto tanto, sai,» disse Carboni quasi intuendo i suoi pensieri «anzi dev’essere morta godendo, e quanti hanno una fortuna del genere?»
«Dai, Carboni. Non mi piace scherzare davanti a un cadavere.»
«Fa parte integrante del mio lavoro, commissario. Al colloquio ci chiedono di raccontare una barzelletta, e se non fa ridere non ci assumono.»
«E tu quale hai raccontato?»
«Quella delle due lumache che vanno a fare un picnic.»
«È vecchia.»
«Al mio colloquio era nuova. E sai perché non ho mai cambiato lavoro?»
«No.»
«Perché non ne ho trovata un’altra migliore.»
Calabrò uscì dalla casa e si guardò attorno. Il giardino era grande e luminoso, ma aveva un’aria trasandata, trascurata. E non solo perché eravamo a dicembre. Erba alta, rifiuti abbandonati qua e là, pietre smosse, alberi che alzavano i rami al cielo implorando di essere potati.
Il fratello della vittima era accasciato su una sedia di plastica verde scuro, davanti a un tavolo bianco sporco, anch’esso di plastica. Guardava fisso davanti a sé.
«Il signor Massari? Sono il commissario Giovanni Calabrò.»
L’altro gli porse la mano. «Mi scusi se non mi alzo. Ho appena corso una maratona. Ho le gambe a pezzi. E questa cosa…»
«Le faccio portare qualcosa da bere?»
L’altro scosse la testa. «Me l’ha ammazzata, commissario. Me l’ha ammazzata.»
«Chi, signor Massari?»
«Quel negro bastardo. Quel figlio di puttana. Lei lo aveva aiutato, lo stava aiutando. Era un angelo, mia sorella. Una che si prendeva a cuore la gente. Una che si fidava degli altri. E guardi che fine ha fatto.»
Calabrò prese il taccuino dalla tasca della giacca.
«Mi dica tutto quello che sa di questa persona. Sa come si chiama?»
«John.»
«John e poi?»
«John… e basta.»
«Sa almeno se è il suo vero nome?»

Marco e Renata

Quando si alzò, intorno alle otto e mezza, Marco Luciani trovò il giornale sul tavolo della cucina e la caffettiera già pronta, soltanto da mettere sul fuoco. Sua madre stava stirando davanti al televisorino che teneva lì, per non perdersi neppure dieci minuti degli imperdibili programmi di Raiuno. Dormiva poco, Donna Patrizia, e verso le sette usciva di casa, faceva una passeggiata di dieci minuti per raggiungere l’edicola più vicina, quindi tornava a casa e leggeva il giornale da cima a fondo, partendo dai necrologi. Era il suo modo di cominciare bene la giornata. A Marco aveva fatto trovare sulla tavola pane tostato, burro, marmellata, succo d’arancia, biscotti, brioches, sperando che almeno una delle offerte lo attirasse.
«Vuoi che ti faccia un’omelette con il prosciutto? Dopo tutti quei chilometri hai bisogno di tirarti su.»
«Mamma, quand’è l’ultima volta che mi hai visto mangiare un’omelette? O un uovo in generale?»
«Mah… non so… non mangi le uova?»
«Dall’età di otto anni. Ogni volta che me le facevi mangiare, vomitavo. Ci sono voluti quei tre-quattro anni, ma alla fine hai rinunciato.»
Patrizia lo guardò, perplessa. «Non me lo ricordavo. Mangia una brioche, allora.»
«Grazie mamma, ma non mangio nemmeno la farina.»
«Non mangi la farina? In che senso?»
«Nel senso che non mangio frumento. Quindi niente pasta, biscotti, brioche, pizza, focaccia…»
«Ma se l’hai mangiata ieri, la pasta!»
«L’altroieri. Prima della gara. Ma era quella senza glutine.»
Patrizia agitò le mani, come a scacciare delle mosche fastidiose. «Fai come vuoi, io ci rinuncio. È impossibile stare dietro a tutte le tue paturnie.»
«Prendo il caffè, va benissimo così» disse Marco accendendo il fuoco sotto la moka. Si sedette, aprì «Il Secolo XIX» e andò subito a cercare la doppia pagina dedicata all’omicidio, riassumendo le notizie salienti alla madre.
La vittima si chiamava Renata Massari, 43 anni, impiegata. Da mesi aveva problemi di salute e l’azienda le aveva concesso un part time in telelavoro. Aveva difficoltà a camminare e passava molto tempo in casa, dove viveva con il fratello Vincenzo, due anni più vecchio. I genitori erano morti da qualche anno. C’erano diverse foto della vittima, una grande, di ottima qualità, scattata durante una vacanza in Sardegna e risalente a parecchi anni prima. Poi altre, più recenti e sfuocate, prese dal suo profilo Facebook. La prima cosa che colpiva di Renata Massari è che era grassa. Molto grassa. La seconda era l’aria incarognita. Non sorrideva mai. Ma magari, in altre immagini, lo faceva. Marco si ripromise di andare a cercare il suo profilo, vedere se aveva postato qualcosa di particolare. La morte risaliva alla tarda mattinata del giorno precedente. Il corpo lo aveva scoperto il fratello intorno alle due del pomeriggio, di ritorno dalla maratona alla quale aveva partecipato. Un compagno di avventura, sorrise Marco Luciani, chissà quanto ci ha messo a finirla. Le ipotesi al vaglio degli inquirenti, scriveva il cronista, erano principalmente due: un tentativo di furto finito male o un omicidio passionale. La donna aveva avuto un rapporto sessuale prima di morire, quindi l’assassino l’aveva sgozzata con un unico colpo di coltello alla gola. Marco immaginò la scena, l’uomo che entra in casa pensando for...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. FINE DELLA CORSA
  4. Prologo
  5. PRIMA PARTE
  6. SECONDA PARTE
  7. Ringraziamenti
  8. Copyright